PRIMO GIORNO DI SCUOLA

L’avvio della giornata è apparso subito più caotico del solito: traffico intenso e disordinato, frotte di persone agli incroci, mamme e anche papà a condurre per mano, con passo frettoloso, i bambini più piccoli, quelli della scuola dell’infanzia, che con molta probabilità faranno il loro esordio tra i tavolini in stile montessoriano con qualche lacrimuccia a suggello del primo distacco ufficiale dalla protezione materna.

Un tempo succedeva ai remigini cioè ai bambini che, in via di compimento dei sei anni, esordivano nel flusso della scolarizzazione obbligatoria con la frequenza della prima classe elementare, oggi definita un poco enfaticamente primaria. Si chiamavano remigini perché il calendario scolastico nazionale prevedeva l’avvio ufficiale delle lezioni il primo di ottobre, giorno in cui la Chiesa festeggia San Remigio. Poi, in considerazione del fatto che l’attività legislativa in materia di istruzione vede concorrere Stato centrale e singole regioni, si è passati ai calendari regionali e, quindi, è stato superato anche il riferimento al santo del giorno.

Ora non è neppure sufficiente la scelta ufficiale di inizio delle attività didattiche da parte della regione in quanto non sono poche le scuole che, avvalendosi del principio dell’autonomia, finiscono, pur operando nello stesso comune, col dare un avvio differenziato alle lezioni. Di conseguenza  il caos aumenta e consolida in non pochi il convincimento di trovarci in una repubblica delle banane.

Comunque, finalmente, la scuola ha avuto inizio dopo un gran parlare, come tutte le estati, delle novità introdotte dal legislatore e, per quanto ci riguarda, anche del dilemma del sabato sì e del sabato no. La vera innovazione l’hanno trovata i piccoli esordienti della scuola primaria. La scelta dell’insegnante unico/prevalente, compiuta il primo di settembre dell’anno scorso dal governo e, quindi, convertita in legge dal Parlamento, è irreversibile. Quando completeranno il quinquennio della scuola primaria i fanciulli che ora frequentano la seconda classe questa figura di riferimento governerà l’intera struttura organizzativa del primario segmento di studi.

C’è un’evidente esigenza di risparmio, confermata da subito anche con l’eliminazione definitiva della contemporanea e/o contestuale presenza di due maestri sulla stessa classe. La presenza dell’insegnante unico/prevalente risulta ufficialmente motivata, secondo l’Atto di Indirizzo dell’otto settembre scorso del ministro Gelmini, dall’esigenza di assicurare un ruolo di coordinamento alla relazione educativa nei riguardi del singolo alunno e della classe, nei rapporti con le famiglie, ‘nella assunzione dell’impegno di istruzione ed educazione‘. Insomma si vogliono evitare i rischi della frammentazione disciplinare e della precoce secondarizzazione dei percorsi formativi.

In pratica la Gelmini rafforza il concetto di insegnante tutor, previsto dalla riforma Moratti, ma mai applicato per la ferma opposizione dei sindacati che ora sono costretti ad ingoiare non pochi bocconi amari. Nel documento richiamato si raccomanda ai docenti di assicurare a ciascun allievo dell’intero sistema di istruzione una buona preparazione in italiano, in matematica, nella lingua inglese e nelle scienze. Non vengono nascosti i precari risultati rilevati dalle indagini internazionali e la necessità di risalire il pendio.

Il ministro sa bene che il miglioramento potrà verificarsi a medio e lungo termine a seguito di alcune scelte coraggiose: più solida formazione iniziale dei docenti, obbligatorietà dell’aggiornamento culturale e professionale, severi meccanismi di reclutamento, immediata introduzione di criteri di merito, valutazione del personale a cominciare dal dirigente scolastico che, in un sistema centrato sull’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e di sviluppo della singola istituzione educativa, è figura trainante del successo o del fallimento dell’impresa formativa.

 

Pubblicato su ‘Il Nuovo Salernitano’  di Martedì 15 Settembre 2009

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