GIULIA ALBERICO: ” CUANTA PASION”

Giulia ALBERICO:

“ Cuanta pasiòn “ ( Edizioni Mondadori )

                                                     Recensione di

                                                     Ambrogio IETTO

 

 

 

Tra il 2006 e il 2007 escono in Francia due libri che trattano di scuola. I loro autori, entrambi noti scrittori, prima di raggiungere il successo determinato dalla loro attività letteraria, di professione sono stati docenti. Il primo, in ordine di tempo, è Francois Bégaudeau che pubblica ‘ Entre les  murs ‘, uscito in Italia col titolo ‘La classe ‘ ed ispiratore dell’omonimo film premiato a Cannes con la Palma d’oro. L’altro è Daniel Pennac col suo Chagrin d’école reso nella nostra lingua col più comune titolo di Diario di scuola.

Le due pubblicazioni ottengono una discreta risonanza anche in Italia, in particolare per merito della stessa categoria degli insegnanti da tempo in crisi e alla responsabile ricerca di indicazioni e suggerimenti in grado di aiutarli nella difficile ricerca di comportamenti funzionali alla costruzione di una positiva relazione coi propri allievi.

In verità convince di più Pennac che, nel prendere in esame la specifica condizione dell’allievo somaro e la sua difficoltà a capire, respinge una rappresentazione idealizzata dello studente, sostenendo che ‘ il buon senso pedagogico dovrebbe rappresentarci il somaro come lo studente più normale che ci sia: quello che giustifica pienamente la funzione di insegnante ‘.

Lo scrittore d’Oltralpe non delinea il profilo del docente ideale anche perché è convinto che ognuno di noi ha avuto la fortuna di incontrarne qualcuno nel corso dell’itinerario scolastico. La spiegazione che egli dà dell’amore pedagogico, cui far ricorso, non va nel senso di una protezione espressa senza limiti, di una scuola lattemiele, melliflua, di una relazione costruita esclusivamente sull’onda dei sentimenti. Egli pensa ad un insegnante che considera attentamente e non abbandona l’allievo in difficoltà, un docente padrone del sapere ma anche capace di comunicarlo in termini creativi e coinvolgenti.

Bégaudeau, invece, presenta l’identikit di un insegnante sostanzialmente incerto, impegnato con sufficiente onestà professionale a costruire una possibile didattica interattiva con un gruppo-classe indubbiamente difficile, molto diversificato dal punto di vista antropologico, spesso insofferente o addirittura indisponente nei suoi confronti. I suoi tentativi, però, non vanno nel senso auspicato; di conseguenza non poche volte esplode in minacce verso gli allievi più turbolenti, insiste nel distribuire con una certa facilità insulti e giudizi piuttosto offensivi fino al punto da scaricare la tensione accumulata dando un calcio così forte ad una sedia da far volare per aria i quattro ferri che le assicuravano stabilità. D’altro canto si ha di fronte un docente che dichiara, senza ricorrere a giri di parole, di essere ‘irritabile come tutti i lunedì ‘. Insomma, dopo il weekend, il solo pensiero di tornare a scuola e di convivere per cinque lunghi giorni con quella scolaresca lo rende irascibile, insofferente, potenzialmente privo della serenità necessaria per costruire una relazione educativa significativa.

‘ Cuanta pasiòn !‘, il libro recentemente regalatoci da Giulia Alberico per le Edizioni Mondadori, si colloca nel medesimo genere letterario dei primi due ed anche in questo caso l’autrice, come i due omologhi francesi, si porta dietro l’esperienza, maturata nel corso degli oltre trenta anni di attività didattica e svolta – nella qualità di docente di discipline letterarie – presso istituti  secondari di secondo grado operanti in Roma.

Qui la platea scolastica non è proprio quella della periferia diseredata di Parigi o dell’agglomerato suburbano di Lione. Essa, però, presenta il variegato quadro di un’utenza proveniente in prevalenza da contesti socio – familiari piuttosto fragili dal punto di vista economico – culturale ed affettivo –relazionale. Non mancano a volte presenze di ragazzi stranieri e di allievi giudicati diversamente abili e, quindi, fruitori anche dell’apporto di docenti di sostegno.

Tra le tante classi che si sono avvicendate nel corso della lunga attività didattica dell’autrice una in particolare, la II B, offre un quadro di insieme oggettivamente complesso, sicuramente difficile da gestire nell’ordinaria quotidianità della convivenza scolastica ma, soprattutto, straordinariamente problematico per quanto riguarda i personali itinerari didattici da progettare ed implementare: venti ragazzi in tutto ma con quattro di loro provenienti da due diversi paesi africani, da uno Stato dell’Est e dal Brasile, in più due disabili psichici, tre ripetenti e un ultimo arrivato che preferisce isolarsi   dal gruppo  e  starsene in  silenzio  in un angolo dell’aula.  

Ricercare  i criteri  che  possono giustificare la composizione di un gruppo – classe così assortito è pura esercitazione teorica. Gli ex istituti magistrali, caratterizzatisi quasi sempre in licei socio – pedagogici e linguistici, oggi quasi sempre finiscono con l’accogliere ragazzi che, nel personale sforzo autovalutativo, ritengono di non essere nelle condizioni di base per accedere al liceo classico o allo scientifico né di essere dotati di capacità ed attitudini valorizzabili presso uno dei tanti indirizzi dell’ampia area tecnica. Così si collocano in questa sorta di limbo della formazione.

La sistemazione in una stessa classe di diversi casi problematici, come quelli presenti all’interno della II B, molto probabilmente va letta come la manifestazione di una molto positiva considerazione che il dirigente scolastico competente ha nei riguardi dell’insegnante Alberico, giudicata, per la particolare sensibilità ampiamente dimostrata in precedenza verso le diversificate problematiche formative, e per il personale, dignitoso  retroterra culturale,  professionista in grado di dar vita, comunque, alla costruzione e al consolidamento di relazioni educative attente primariamente al vissuto esistenziale di ciascuno degli allievi.

Dal goffo De Collibus al volitivo Daniele, dalla discola Mariani alla terrorizzata Luciana, da Natayan, mamma precoce, alla silenziosa Deiana, dall’irrefrenabile Paolucci alla sfrontata Barbara, aspirante velina, da Sara, coi suoi problemi psichici, ad Urbani la sfacciata, dalla bulgara Aida alla rumena Joana, aspirante regista, dall’innamorato Micozzi all’ombrosa ed altalenante Lucrezia, da Lentini, la sfinge, a Lapo e alle sue domande complesse, dalle foto osé di Isabella all’identità sessuale di Diego, dalla responsabile riservatezza di Elena a Bettini lo spaccone, il campionario umano col quale s’ incontra l’autrice, nel corso della quotidiana funzione docente, è quanto mai assortito e richiede una buona dose di stabilità emotivo – affettiva, una particolare disponibilità all’ascolto e all’osservazione del modo di comportarsi di ciascuno, la costante ricerca di ‘ quel certo non so che ‘ su cui far perno al fine di dare all’allievo la percezione di essere positivamente considerato, facilitando, così, l’avvio di una comunicazione interattiva e, quindi, l’auspicata costruzione di un percorso educativo – didattico personalizzato.

La Alberico, giustamente, chiama tutto questo la ‘relazione di senso ‘, la via maestra che un docente responsabile deve seguire per far percepire ai ragazzi, in modo discreto e indiretto, uno stile di vita, un modo di pensare e di interagire, una forte motivazione per il lavoro scelto, comportamenti che risultino alternativi alla logica del denaro, della superficialità, dell’effimero e della banalità così ricorrente tra i modelli adulti del nostro tempo.

A queste qualità, sicuramente essenziali per avviare e  consolidare sempre più un rapporto umanizzante con l’adolescente e il giovane di oggi, va aggiunto un altro fattore, di certo non secondario: un dignitoso retroterra culturale e, più specificamente, una convinta passione per la materia che si insegna. E così anche la letteratura, che ‘ se arriva può spiegare la vita, lo stupore per il bello, l’emozione dei sentimenti ‘, fa da collante tra i protagonisti del processo di insegnamento – apprendimento,  attira  l’attenzione  del  singolo  e  dell’intero gruppo – classe;  la consueta,  diffusa 

vivacità si trasforma in un religioso silenzio che consente ai soli occhi di socializzare emozioni, stati d’animo particolari, processi di identificazione in atto.

L’autrice ha piena consapevolezza dei molteplici problemi che vive la nostra scuola: carenze di strutture, insegnanti non sempre in grado di porsi come  timonieri efficaci per una navigazione non di rado  piuttosto agitata, dirigenti scolastici a volte privi di autorevolezza culturale e di carisma, difficoltà di natura  amministrativo – gestionale.

La scuola, però,  rimane ancora oggi come l’unico ambiente in cui risulta possibile porre al centro ed esaltare nei fatti e nei comportamenti la dignità della persona, determinando le condizioni migliori per una reale esperienza di convivenza civile e per la pratica costante del dialogo e della solidarietà.

Le ultime pagine di  ‘ Cuanta pasiòn ! ‘ risentono del clima generale che vive il Paese all’indomani dell’approvazione  della  legge  n. 133 del  06.08.2008, che  prevede  la predisposizione di  un piano

programmatico di misure finalizzate ad un più razionale utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili   per  il sistema  scolastico, e  del  decreto –  legge  n. 137  dell’1 di  settembre 2008  che

reintroduce nella scuola primaria la figura dell’insegnante unico. Lo stesso brano del discorso pronunciato l’11 febbraio 1950 a Roma da Piero Calamandrei, giurista ed esponente del Partito d’Azione, in occasione del  III Congresso in difesa della scuola nazionale, col quale l’autrice chiude la sua bella storia ‘ di fatica, d’avventura e d’amore nella scuola pubblica italiana ‘, ha avuto un’ampia diffusione via internet e nel corso delle tante manifestazioni di piazza che hanno segnato l’ultimo autunno scolastico italiano.

La Alberico, infatti, è personalmente convinta che la migliore riforma introdotta nella scuola italiana sia stata quella voluta dal ministro Berlinguer in quanto all’origine dell’introduzione del Piano dell’Offerta Formativa. E’ fuor di dubbio che l’avvenuta concessione dell’autonomia e della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche, secondo quanto voluto dalla legge n. 59/97 e dal successivo DPR n. 275/99, abbia offerto ed offra la possibilità di dar vita ad esperienze educative e didattiche rispondenti al meglio ai bisogni formativi dell’utenza e alle potenzialità socio – culturali del territorio di riferimento.

Diventa, pertanto, ancora più determinante, per la migliore qualità del servizio scolastico, la figura di un insegnante culturalmente e professionalmente preparato, attento ai processi di cambiamento della società del tempo e alle mutevoli attese di una gioventù strumentalmente orientata verso i richiami del consumo e dell’effimero, disponibile all’ascolto e pronto a mettersi in discussione.

Giulia Alberico in questo suo ultimo lavoro, nel confermare le già ampiamente riconosciute doti di scrittrice limpida, lineare, coinvolgente, rivela le straordinarie qualità di docente innamorata della sua professione e della materia che insegna, consapevole della missione civile affidata dallo Stato al mediatore culturale in quanto  promotore primario della cittadinanza attiva auspicata per ogni allievo, appassionatamente coinvolta nelle tante storie di emarginazione e di sofferenza dei suoi ragazzi, convinta – secondo il prezioso messaggio di Don Milani – che la scuola esiste per curare soprattutto chi ha bisogno di aiuto e di comprensione e non solo Pierino, il figlio del dottore.

 

                                                                                                        Ambrogio Ietto

 

 

 

I commenti sono chiusi.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi