Archivio per ottobre, 2009

POLITICA AUTOREFERENZIALE E STAMPA SOTTOVALUTATA

13 ottobre 2009

Salerno 13 Ottobre 2009

 

Ambrogio  Ietto

 

IN MARGINE AL FORUM SUL MEZZOGIORNO

del

10 OTTOBRE 2009

 

POLITICA AUTOREFERENZIALE

E STAMPA SOTTOVALUTATA

 

 

L’intera giornata di sabato, trascorsa all’interno del teatro Verdi per seguire le due sessioni di approfondimento su un tema determinante per le prospettive di sviluppo dell’intero Paese e per una speranza, sia pure contenuta, in un miglioramento complessivo della qualità della vita all’interno della nostra realtà socio – economica e culturale, ha consentito di verificare ancora una volta l’alto tasso di autoreferenzialità, di saccenteria  e di superficialità di cui è portatrice buona parte della nostra classe politica a partire dai semplici consiglieri comunali ai sindaci, ai consiglieri regionali e alla stessa deputazione parlamentare.

La presenza di questi referenti politici è risultata quasi sempre ( in verità qualche eccezione c’è stata) occasionale, episodica, funzionale al farsi vedere in prima fila nelle battute di apertura o quando in sala è arrivato qualche personaggio importante del proprio schieramento politico o della propria corrente, se non di pensiero, sicuramente di azione.

Eppure, in particolare nel corso della seduta antimeridiana, c’erano le condizioni, soprattutto da parte di amministratori locali e regionali, di seguire un seminario di studio di straordinario interesse con interlocutori dotati di pregevole retroterra culturale e di specifiche competenze in materia di politica economica e di strategie progettuali riferite specificamente al Mezzogiorno d’Italia.

Da Aldo Bonomi, sociologo, animatore e direttore dell’Aaster, consulente del Cnel e componente del ‘Gruppo di Lisbona ‘, a Massimo Lo Cicero, docente di economia dello sviluppo  e noto meridionalista, dallo storico ed editorialista Paolo Macry ad Andrea Geremicca, ex deputato comunista, scrittore e fondatore, con Giorgio Napolitano, dell’attiva Fondazione Mezzogiorno Europa, i partecipanti al forum erano e sono espressione di quanto oggi di meglio ci sia sul tema dell’ interconnessione e dell’interazione Nord – Sud in fatto di politica di sviluppo nel contesto europeo e, più specificamente, nell’area mediterranea.

A seguire questi relatori si è rimasti purtroppo in pochi nel parterre del nostro massimo e tra questi, come chi scrive, alcuni pronti ad annotare passaggi significativi dei vari interventi, a fermare sulla carta strutture concettuali fondamentali per stimolare la ricerca di nuove conoscenze e, soprattutto, contribuire all’incentivazione continua del personale itinerario di studio e di formazione permanente.

Se poi da questa full immersion è risultato possibile ricavare ed elaborare alcune considerazioni di fondo, correlarle col contesto socio – economico e culturale di riferimento e parteciparle su di un dignitoso quotidiano di provincia nella speranza – certezza che dei lettori attenti e sensibili avrebbero pur manifestato la loro  disponibilità a riflettere sul problema e, quindi, ad affinare ulteriormente il personale senso critico, allora l’obiettivo poteva pur considerarsi raggiunto.

Il Mezzogiorno, infatti, continua a pagare il prezzo di una complessiva incapacità di tradurre in scelte politiche, significative e  determinanti per il suo definitivo decollo, quanto di positivo viene indicato da fonti scientificamente importanti della ricerca economica e sociologica soprattutto perché c’è una classe dirigente ai vari livelli che, ad esempio, al posto di utilizzare le consistenti risorse provenienti dai fondi europei per interventi strutturali di ampio respiro, propedeutici ad una fondata prospettiva di sviluppo, preferisce allestire ben 250.000 microprogetti per mettere su una fontanella ornamentale o realizzare l’ennesima rotonda stradale.

Scelte di questo tipo, compiute oltre che per meschini interessi elettorali anche per una complessiva incapacità di interpretare correttamente i processi di cambiamento e le dinamiche collegate ad una visione d’insieme del sistema Paese e dell’Europa intera, confermano un molto contenuto patrimonio culturale ricoperto di presunzione e di tanta saccenteria.

Allora affermare, con ostentata  superiorità, di non leggere i quotidiani locali o far finta di non sapere che l’interlocutore occasionale ascolta con attenzione chi ne sa più di lui, quindi rielabora dei concetti giudicati di particolare importanza  per poi tentare di tradurli in messaggi comprensibili nella speranza che risultino di stimolo a far riflettere altri, significa non comprendere che la democrazia e la cittadinanza attiva si alimentano col dialogo e col confronto e non certamente con le omelie unidirezionali o con un eccesso di superba ed improduttiva autoreferenzialità.

MEZZOGIORNO E NUOVI VALORI

11 ottobre 2009

Salerno, 11 Ottobre 2009

 

Ambrogio Ietto

MEZZOGIORNO E NUOVI VALORI

 

Ci disponiamo a celebrare i 150 anni dell’unità dello Stato italiano e siamo ancora impegnati a riflettere sulla cosiddetta questione meridionale che, sorta all’indomani della stessa unificazione risorgimentale, si trascina tuttora sia pure con aspetti profondamente diversi grazie anche al complessivo miglioramento delle condizioni di vita delle nostre popolazioni.

Del Sud, come problema a sé, si cominciò originariamente a parlare a causa del malcontento delle popolazioni meridionali costrette a pagare il prezzo dell’unità con l’aggravio degli oneri tributari e a rapportarsi con un’amministrazione pubblica, prevalentemente piemontese, disancorata dai propri costumi e dalla propria mentalità.

Dalle ‘ Prime lettere meridionali ‘ del napoletano Pasquale Villari  alle critiche puntuali rivolte alla borghesia dal lucano Giustino Fortunato, anticipatore della tesi di un Mezzogiorno fragile anche dal punto di vista fisico per la secolare erosione del suolo, l’aridità del clima e l’incostanza delle piogge, dagli interventi puntuali del pugliese Gaetano Salvemini a favore del suffragio elettorale da estendere alle masse contadine al piglio più rivoluzionario dell’irpino Guido Dorso, impegnato anche lui a portare questa essenziale componente della società meridionale ad un ruolo di piena soggettività politica, la letteratura meridionalistica è ricca di contributi e di testimonianze di straordinario valore.

I problemi del Sud di oggi fortunatamente non sono quelli di cento o di cinquanta anni fa, ma assumono  una loro particolare complessità in rapporto all’intero continente europeo e ad un’economia planetaria difficile da governare. Bene hanno fatto, quindi, i responsabili delle due fondazioni ‘ Farefuturo’, vicina al presidente della Camera Fini, e ‘Mezzogiorno Nazionale ‘, messa su ed animata dal sannita Pasquale Viespoli, sottosegretario di Stato, a destinare l’intera giornata di ieri sabato per discutere del Sud quale interesse nazionale.

Le due associazioni che, come le altre omologhe, sostituiscono ormai  i partiti incapaci di essere come un tempo luogo di incontro, di discussione e di proposte, hanno potuto contare sull’apporto organizzativo e sul patrocinio pieno della Provincia di Salerno il cui presidente, Edmondo Cirielli, ha inteso dare un messaggio di particolare valenza politica: disporsi al difficile compito di pubblici amministratori inquadrando le proprie scelte in un’ottica sistemica, rispondente a coordinate idonee a coniugare esigenze locali con  prospettive più generali interessanti l’intera area meridionale e compatibili con gli sviluppi della politica nazionale.

E’ questo un avvio felice da parte dei nuovi amministratori di Palazzo Sant’Agostino che, dando anche prova di maturità istituzionale, non hanno indugiato ad offrire uno spazio significativo all’intervento del sindaco De Luca, non solo perché concessore del superbo ed ospitale salotto del nostro teatro Verdi ma anche perché espressione, nella specificità di uno stile politico unico e piuttosto originale, di un meridionalismo funzionale ad una visione europea e più propriamente mediterranea.

I concetti espressi dai vari partecipanti al forum e le idee da loro elaborate in produttive, reciproche interlocuzioni   sono ripresi dalla cronaca. La percezione che si ricava dall’incontro di ieri può essere così sintetizzata: emerge una corale convinzione che la questione meridionale si identifichi con le stesse prospettive di sviluppo economico e sociale dell’intero Paese. Anche da Aldo Baroni, direttore dell’istituto di ricerca Aaster, componente del ‘ Gruppo di Lisbona ‘e valtellinese come Tremonti, è stato sottolineato che va definitivamente abbandonato lo stereotipo di un Nord produttivo e di un Sud parassita.

Purtroppo al centralismo statale di un tempo si è andato sostituendo un centralismo regionale che è risultato peggiore del primo.

Tutti si sono dichiarati concordi sulle innegabili responsabilità di una classe politica meridionale spesso incapace e fortemente condizionata da un clientelismo funzionale esclusivamente al mantenimento del consenso e, quindi, molte volte sensibile anche alle tentazioni della criminalità organizzata. Vanno fatte crescere con diretto, pieno  coinvolgimento le autonomie funzionali: Università, Camere di Commercio, Fondazioni Bancarie, strutture portuali ed interportuali, aeroporti, autostrade. La speranza per il futuro è offerta dal fatto che buona parte della gente meridionale, in particolare la fascia giovanile, si fa una ragione di ciò che si sta verificando. Essa sta cambiando la testa, opta per una cultura meritocratica, modifica i propri comportamenti. La stessa migrazione al Nord delle nostre migliori intelligenze può rappresentare un fenomeno positivo nel senso che il contatto con una realtà diversa, una più rapida mobilità territoriale, consentono di vivacizzare le coscienze di chi rimane.

La destra, lo ha ribadito con chiarezza Paolo Macry, se conquisterà nelle prossime consultazioni  regioni come la Campania e la Puglia avrà delle notevoli chance a suo favore, potendo contare su un terreno sociale favorevolmente cambiato.

Speriamo che la politica non mortifichi anche questo fattore positivo.

 

 

Salerno, 12 Ottobre 2009

 

Ambrogio Ietto

 

E L’EQUILIBRIO DI EMMA CONQUISTO’ TUTTI

 

 

Il forum di ieri, pur animato da interventi di particolare interesse, ha avuto in Emma Mercegaglia la protagonista per eccellenza. Un protagonismo il suo per niente ostentato, anzi contraddistinto da sobrietà, senso di misura, delicatezza spiccatamente femminile integrata con essenzialità concettuale e chiarezza espressiva.

Gli imprenditori italiani possono andare orgogliosi di avere voluto alla massima responsabilità della loro organizzazione confederale questa giovane signora mantovana, appena quarantaquattrenne, laureata in economia aziendale alla Bocconi con regolare master negli Stati Uniti, impegnata in prima persona ad occuparsi dell’ importante azienda di famiglia leader nel settore dell’acciaio, madre felice di una bimba di cinque anni., prima responsabile della Fondazione Areté, finalizzata a sostenere concretamente le attività di ricerca  dell’ospedale San Raffaele di Milano.

Il suo modo di interagire e di comunicare con gli interlocutori, la sua franca, naturale disponibilità as assumere posizioni nette, l’organizzazione logica del suo pensiero contribuiscono a darle, nel modo più naturale, autorevolezza e stile.

Lo stesso segretario generale della Cgil Epifani, intervenuto nel dibattito dopo di lei, ha mostrato una particolare pacatezza nel corso del suo ragionamento, consapevole che, nel riferirsi anche a quanto detto dalla rappresentante della controparte imprenditoriale, non poteva che esprimersi con tono moderato e con evidente manifestazione di grande rispetto.

Dal canto suo la classe politica presente, da De Luca ad Andria, da Iannuzzi a Cosentino, ha avvertito l’esigenza, nel mentre la Emma nazionale lasciava il teatro Verdi, di salutarla con autentiche manifestazioni di riguardo che andavano ben oltre il consueto, ossequioso garbo degli uomini nei riguardi di una gentile, giovane ed anche piacente signora.

Si è trattato di una diffusa  testimonianza di stima guadagnata sul campo, fin dalla prima battuta, quando la rappresentante del mondo imprenditoriale  ha confessato alla platea di essere stata raggiunta telefonicamente in mattinata da alcuni giornalisti che le chiedevano sull’effettiva intenzione sua di venire a Salerno dopo che era stata acquisita la rinuncia di Fini e di Tremonti. Ebbene ella non ha avuto difficoltà a confermare la partenza dalla natia Mantova per Salerno in quanto  motivata dal primario bisogno di testimoniare ai suoi associati imprenditori della Campania la personale solidarietà ed amicizia e di offrire ai presenti e agli organizzatori del forum l’atteso contributo.

La platea ha particolarmente gradito l’equilibrato suo riferimento alle due prioritarie condizioni che si impongono nel particolare, delicato momento che il Paese vive: allontanare la tentazione di delegittimare le istituzioni, dando concreta prova di una collaborazione armonica ed efficace tra le stesse, e fare in modo che il governo dimostri solidità e compattezza, favorendo Berlusconi nel concentrare la sua attenzione alla risoluzione dei problemi.

L’invito al comune senso di responsabilità, partecipato con naturale, delicata grazia femminile, ha prodotto un particolare effetto sui meridionali presenti: il tempo delle vacche grasse è terminato, la stagione del comodo assistenzialismo è dietro le spalle, il Mezzogiorno può farcela grazie soprattutto ad un generale, diffuso mutamento di mentalità, favorito da una crescita culturale e da una nuova soggettività politica, fattori indispensabili per debellare clientelismo e criminalità, riconoscendo criticamente gli errori commessi in passato e facendo ammenda di non più ricaderci.

QUANDO IL SALERNITANO NEL 1863 RACCONTAVA…

3 ottobre 2009

Ambrogio Ietto

 

Nel ricco archivio dell’avvocato Nino Bassi

 

QUANDO IL SALERNITANO NEL 1863

RACCONTAVA…

 

 

Al di là delle ricorrenti dichiarazioni che soprattutto referenti istituzionali amano proferire sulla loro salernitanità, c’è chi, con straordinaria discrezione,  profonda umiltà, forte senso di appartenenza, grande generosità ha orientato e continua ad orientare la sua esistenza verso un amore illimitato ed autentico nei riguardi di Salerno e del territorio che da sempre fa riferimento alla città capoluogo.

Il vincolo affettivo, nel caso specifico, è manifestato dalla pluridecennale attività di ricerca tra antiquari, rigattieri, bancarellisti, mercatini delle pulci di quanto storicamente ed antropologicamente possa riguardare la Salerno del passato: dai libri alle pergamene, dalle stampe figurate alle  fotografie d’epoca, dagli editti alla corrispondenza privata di nostri uomini illustri. Della disinteressata disponibilità  dell’avvocato Nino Bassi, questo il nome del collezionista, hanno fruito, a volte anche con comportamenti piuttosto discutibili, ricercatori ufficiali, liberi studiosi, enti pubblici tra cui l’Archivio di Stato, la Biblioteca provinciale e lo stesso Comune di Salerno, destinatario di un busto in gesso, opera dello scultore Chiaromonte, di Giovanni Cuomo, già ministro dell’educazione nazionale nel governo di Badoglio che si insediò nella Salerno libera del 1944.

Nella casa museo – archivio di Nino Bassi è stato possibile recuperare anche un esemplare del progenitore dell’attuale quotidiano “ Il Nuovo Salernitano “  giunto ormai al tredicesimo anno di vita.

Trattasi de “ Il Salernitano – Giornale dei Comuni e della Provincia “, pubblicato sabato 25 aprile 1963 col n. 15. Gerente responsabile di quel periodico Carlo Sparano, stampato presso lo stabilimento tipografico di Raffaello. Migliaccio al n. 45 della Salita dei Canali, al costo di centesimi 15 a copia e con una tariffa per l’abbonamento annuale di 6 lire ed 80 centesimi, risulta di particolare interesse l’esame e l’analisi del contenuto.

L’articolo di fondo, non firmato ma probabilmente da attribuire al ‘ gerente responsabile ‘, affronta, infatti,  il delicato tema del comportamento del clero salernitano durante e immediatamente dopo il processo di unità nazionale. La sua impostazione, sufficientemente serena, pone interrogativi di particolare interesse che possono essere riproposti ancora oggi sul delicato rapporto tra fede e politica, tra azione pastorale del clero e conseguente impegno politico.

La constatazione da cui muove l’editoriale tiene conto della generale, diffusa avversione di gran parte del clero nei riguardi delle pubbliche istituzioni. Va ricordato che soltanto il 18 febbraio del 1861 si svolge la prima riunione del nuovo Parlamento italiano che ratifica l’avvenuta unificazione del paese e che un mese dopo il papa Pio IX riafferma l’impossibilità di una riconciliazione fra Stato italiano e Chiesa.

Di fatto la cosiddetta questione romana costituisce la maggiore preoccupazione del nuovo governo unitario acuita dalle posizioni piuttosto rigide del Pontefice che nel 1864 (quindi l’anno successivo alla pubblicazione del n. 15 de “ Il Salernitano “) scrive l’enciclica “ Quanta cura“ a cui si allega “Il Sillabo “, un elenco di 80 errori riconosciuti dalla Chiesa.

Trattasi di una vigorosa presa di posizione che rende inutile l’opera dei cattolici liberali mentre rafforza quella degli integralisti clericali.

Il redattore de “ Il Salernitano “ del 1863 non può non tenere conto di questo delicato contesto storico – culturale e sottolinea subito l’apporto prezioso offerto dalla maggioranza del clero salernitano e, in particolare, dai sacerdoti più giovani dell’Archidiocesi che, nel riconoscere il governo nazionale, sono intervenuti al plebiscito, hanno consacrato con riti religiosi le feste della neo – nazione, dando una concreta testimonianza del rispetto che si deve all’autorità costituita e alle leggi varate dal neonato Parlamento.

Un merito particolare viene espresso nei riguardi dell’ ultimo “Arcivescovo defunto i cui esempi di disinteresse, di abnegazione e di tolleranza è desiderabile che siano sempre imitati, affinché più vantaggiose ritornino le condizioni del nostro clero “.

Il testo non cita il nome del Presule riconducibile a quello di mons. Marino Paglia, arcivescovo primate di Salerno dal 6 aprile 1835 al 5 settembre 1857, il quale “ in mezzo ai furori della reazione, quando era supremo intento dei Borboni che sempre più fitte fossero addiventate le tenebre dell’ignoranza, senza curarsi di cadere in disgrazia dei superbi vincitori, pose mano a provvedere ad una migliore educazione morale ed intellettuale del clero nel suo seminario “.

E’ riconosciuta, così, la preziosa, determinante azione pedagogica svolta dal presule Paglia nella formazione dei nuovi presbiteri la cui apertura mentale consente di trovarli “ devoti alla patria ed alla civiltà “ ed intellettualmente pronti ad  adoperarsi per “ ingenerare amore alle libere istituzioni, mostrandole conformi coi principi della religione “.

L’editoriale, però, sottolinea che pur sono presenti, sia pure in minoranza, preti che “ osteggiano ed inimicano le libere istituzioni e pongono ogni loro opera per frapporre indugi alla compiuta redenzione della patria “.

L’analisi critica, confortata da puntuali richiami culturali e storiografici, va avanti con dignità ed offre al lettore eventualmente interessato preziosi spunti per una valutazione meno affrettata dell’attuale rapporto tra politica, società civile e Chiesa locale.

                                                                        

                                                                                         Ambrogio  Ietto

 

 

ALTRI CONTRIBUTI OSPITATI NE “ IL SALERNITANO “ del 1863

 

Sottoscrizione a favore dei Polacchi

 

Il 16 aprile 1863 l’operaio salernitano Matteo Rossi invia al generale Giuseppe Garibaldi, convalescente nell’isola di Caprera, un vaglia postale di lire 532,05 a supporto dell’eroica lotta che i fratelli Polacchi “ sostengono contro l’autocrate russo “. L’importo costituisce il frutto della raccolta operata tra i “ concittadini Salernitani “.

Particolarmente toccante la parte finale della lettera che accompagna il vaglia postale: “ Le liete notizie che giornalmente ci giungono sulla vostra prossima e completa guarigione ci riempiono di gioia e di speranza. Dio vi conservi alla salute della patria, alla redenzione e fratellanza dei popoli “.

 

La Guardia Nazionale di Cava e le precisazioni del sindaco Genoino

 

Il sindaco di Cava de’ Tirreni dell’epoca, Giuseppe Genoino, chiede ospitalità al gerente responsabile de ‘ Il Salernitano ‘ in merito a quanto pubblicato sul precedente n. 14 del periodico: i due giovani arrestati non erano travestiti da Guardie Nazionali né andavano identificati per briganti. Si tratta, invece, soltanto di “ ladruncoli che avevano lo scopo di rubare “.

Questione più importante riguarda la presunta, mancata accoglienza, da parte del presidio della Guardia Nazionale di Cava, del battaglione della Guardia Nazionale di Salerno in visita di addestramento nella località metelliana. Se l’incontro è mancato lo si deve all’accordo avvenuto tra i due comandanti dei due contingenti che “ avevano già più volte dato prova dei loro nobili sentimenti  reciproci di fratellanza“. Di conseguenza appare inopportuna la dichiarazione di meraviglia del cronista.

Il lettore noterà come i rapporti tra salernitani e cavesi siano stati gestiti sempre con prudente equilibrio ed apparente diplomazia!

 

 

 

Appello alla carità cittadina a sostegno dei detenuti

 

Nelle carceri di Salerno, negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia , soggiornano ben 1400 detenuti. Le condizioni igieniche sono semplicemente disastrose. Al loro risanamento deve provvedere, ovviamente, il governo centrale. Ora, però, è possibile adoperarsi per offrire ai reclusi la possibilità di svolgere un’attività all’interno del penitenziario in considerazione del fatto che il “lavoro è l’unico mezzo per togliere l’uomo dall’oziosità in cui ogni vizio si rinforza e cresce “. Già molti detenuti sono impegnati nel laboratorio di calzoleria.

Necessita, quindi, incentivare l’impegno lavorativo di ciascuno degli ospiti, alimentando “ il bisogno prepotente  di abbandonare la via tempestosa ed amara del vizio per avviarsi sui santificati sentieri della virtù “.

“ Il Salernitano“ del 1863 si rivolge, così, alla “ Commissione delle Signore “, che tante benemerenze ha già acquisito a favore dell’asilo infantile, al fine di promuovere la raccolta di cotone, tela, filo ed “ altre cose per essere lavorate nel carcere “.

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