UN GALANTUOMO

                                                               

 

Salerno 30 Ottobre 2009

 

LA SCOMPARSA DELL’AVVOCATO

 

GIUSEPPE TEDESCO

 

IL RICORDO DI AMBROGIO IETTO

 

 

Atipico, inconsueto rapporto il nostro. Germogliò a metà degli anni sessanta in un contesto ambientale diverso sia dal mondo dell’avvocatura di sua specifica pertinenza sia da quello a me più familiare della scuola.

Ci conoscemmo, infatti, sulla spiaggia di Mercatello, presso il complesso balneare del ‘Lido’ che l’amalfitano don Attilio Olivieri aveva realizzato all’altezza dell’attuale piazza Monsignor Grasso. Era questo il punto di incontro di molte giovani coppie, più fortunate di tante altre, che avevano messo su casa da qualche anno e potevano prendersi il lusso di disporre di una cabina – spogliatoio al fine di assicurare la terapeutica balneazione ai propri figlioletti.

Naturalmente a favorire l’incontro fra noi due erano state le rispettive consorti che, pur prese dalla particolare vivacità dei loro pargoli, coglievano di tanto in tanto, nel corso della mattinata, insieme ad altre comuni conoscenti, l’opportunità di scambiarsi impressioni su temi di attualità e, in condizioni ottimali, anche di impegnarsi in una partita di scopone non proprio scientifico.

Una buona fetta del già ridotto tempo che noi uomini trascorrevamo al ‘Lido’ era destinato a riflessioni di prevalente sapore sportivo e politico. Con l’avvocato Peppino Tedesco ( 45 anni di autentica, feconda amicizia non sono stati sufficienti per arrivare al confidenziale pronome del ‘ tu’) l’intesa fu raggiunta subito per comuni, condivisi interessi.

Chi arrivava per primo alla spiaggia chiedeva dell’altro, subendo anche la bonaria irrisione delle ‘nostre ‘ donne. Entrambi amavamo il mondo del calcio: egli, patito della Salernitana, gradualmente si avvicinava sempre più anche all’assetto societario della squadra granata, della quale in anni successivi avrebbe assunto con ineguagliabile passione ed ineccepibile conduzione la presidenza, ed io ancora impegnato sui campi della serie semiprofessionisti in qualità di arbitro.

La nostra comunicazione interattiva scivolava piuttosto spesso anche nel comparto della politica: egli già scrupoloso e convinto militante del Movimento Sociale, che rappresentò con grande dignità ed incomparabile rigore anche nell’aula consiliare di Palazzo Sant’Agostino, ed io consigliere e poi assessore comunale democristiano a Montecorvino Rovella ove ero espressione elettiva della frazione Bellizzi.

Discorsi sempre molto pacati i nostri che si intrecciavano lungo strutture concettuali di ampio respiro che ci coinvolgevano molto e che, alla fine, ci facevano sentire, nella reciprocità, non solo appagati ma anche arricchiti interiormente grazie alla serena convergenza verso comuni, essenziali richiami valoriali.

La stagione delle estati trascorse insieme al ‘ Lido ‘ di Mercatello passò, purtroppo, molto velocemente: i figli, crescendo, presero le loro strade negli studi e nelle professioni, e i nostri incontri, diminuiti notevolmente di numero, divennero prevalentemente occasionali anche se, per nostra fortuna, aumentarono di molto in intensità partecipativa.

In un avanzato pomeriggio di settembre di un paio di anni fa comuni conoscenti ci sorpresero impegnati, al corso Vittorio Emanuele, in una silenziosa riflessione vis – à – vis che durava già da un paio d’ore. Nell’aria diventava sempre più rinfrescante la brezza che arrivava dal lungomare ma noi due, incuranti dell’ipotetico danno che avrebbero potuto subire  le nostre comuni, già presenti cardiopatie, andavamo avanti in un’ anomala, reciproca confessione contraddistinta da tenero, profondo sapore intimistico.

Quasi coetanei d’età ci dichiarammo sostanzialmente soddisfatti di come si fosse svolta la nostra vita: figli felicemente realizzati nei rispettivi campi lavorativi, il nostro impegno professionale espresso al meglio delle rispettive potenzialità, la gioia dell’arrivo e della crescita dei nostri nipoti. Scoprimmo, però, che entrambi eravamo amareggiati per tutto il resto: una politica animata e gestita in prevalenza da faccendieri ed incompetenti, le nostre rispettive realtà professionali mortificate da un troppo modesto retroterra culturale e da tanta improvvisazione, il mondo del calcio contaminato da manovre occulte ed illecite, una comunità sociale minata da marcati individualismi e da perverse logiche malavitose, l’inesorabile annacquamento dei concetti di famiglia, di patria, di religione, di onestà, di solidarietà.

Altri incontri si susseguirono e quasi tutti in occasione del doveroso atto di omaggio che sentivamo di esprimere ad amici e conoscenti che avevano lasciato questo mondo. Pur cercando di attutire la nostra reciproca commozione erano queste le occasioni per riabbracciarci e riprendere il filo degli antichi discorsi.

Ora, purtroppo, in notevole anticipo, siamo chiamati noi a dare l’estremo saluto ad un esponente autorevole del nostro foro, ad un professionista di straordinaria competenza e di ricca umanità e, per quanto mi riguarda, ad un galantuomo che mi donò immeritata stima ed affettuosa amicizia.

 

 

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