LA SCOMPARSA DI GABRIELE DE ROSA

 

Ambrogio IETTO

 

UN RETTORE DECISIONISTA ED ILLUMINATO

 

La morte di Gabriele De Rosa sollecita riflessioni che, per noi salernitani, vanno ben oltre gli indiscutibili meriti del grande studioso di storia contemporanea, approdato all’ordinariato della cattedra nel 1960 in compagnia di Giovanni Spadolini e di Aldo Garosci, del coerente antifascista costretto all’esilio durante il ventennio prima a Londra e poi a New York, dell’insostituibile ricercatore della storia del movimento cattolico italiano e dell’epistolario di don Luigi Sturzo.

Il suo nome è legato indissolubilmente a Salerno in quanto primo rettore della sua Università degli Studi ( 1969/1974 ) e, in questa veste, sostenitore consapevole e protagonista di fatto dell’insediamento dell’ateneo nella valle dell’Irno.

A favore di questa scelta all’epoca non si pronunciò un altro autorevole docente, il pedagogista Roberto Mazzetti, che nel 1960 da direttore del pareggiato Istituto di Magistero aveva intrapreso una contesa impari nei riguardi del senatore Alfonso Tesauro, fermo oppositore dell’ammissione delle donne all’istituzione salernitana in quanto caparbio tutore del ‘Suor Orsola Benincasa’ di Napoli. Nella storica seduta alla Camera dei Deputati del 7 dicembre 1960 l’intera deputazione politica salernitana, da Carmine De Martino a  Pietro Amendola, da Feliciano Granati a Francesco Cacciatore, aveva dato atto allo studioso romagnolo della coraggiosa posizione assunta in difesa del nascente istituto universitario.

Gabriele De Rosa, subentrato a Mazzetti nelle vesti di direttore del Magistero Pareggiato, ne aveva sostenuto da subito la statizzazione giudicata ‘ necessaria come il pane ‘ per potersi avvalere, così,   della legge per l’edilizia universitaria, dare maggiore sicurezza agli studi e rendere più effettiva e reale la presenza dell’istituzione.

Anche a seguito del puntuale interessamento di Salvatore Valitutti la statizzazione arrivò nel 1968. Essa aprì una nuova fase tanto da consentire la trasformazione, anche nel testo statutario, della denominazione di Istituto di Magistero in Università degli Studi con l’immediata fioritura, durante il rettorato De Rosa, delle Facoltà di Lettere e Filosofia, Economia e Commercio, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali e Giurisprudenza.

Nel diario politico di Gabriele De Rosa dal titolo “ La storia che non passa “ ( editore Rubbettino ) la prima fase del nascente Ateneo venne ad essere  identificata con la stagione della ‘ campagna acquisiti ‘ di autorevoli cervelli. A Salerno arrivarono, infatti, nomi prestigiosi del mondo accademico quali Carlo Salinari, Lucio Colletti, Renzo De Felice, Nicola Cilento, Edoardo Sanguineti, Tullio De Mauro, Edoardo Caianiello, Fulvio Tessitore, Gaetano Arfé, Biagio De Giovanni, Vincenzo Buonocore.

Erano gli anni della contestazione studentesca e De Rosa, con questa intelligente operazione, intese accreditare il livello e il ruolo della nuova università, dando priorità ad un’ambizione culturale protesa verso il superamento di un improduttivo localismo.

L’indiscutibile qualità del corpo docente ( l’ eccezione si ebbe solo con lo scandalo degli incarichi a Giurisprudenza lamentato nel marzo 1973 dallo stesso De Rosa ) e l’istituzione di nuove Facoltà spinsero il compianto rettore ad affrontare con straordinaria determinazione il problema dell’insediamento dell’Università.

Il suo disegno di regionalizzare l’ateneo imponeva il superamento della ‘ dimensione municipalistica ‘ a sostegno di  una politica capace di uscire ‘dalla cultura e dagli interessi della provincia’. Lo studio Beguinot, approvato dal Consiglio di Amministrazione, aveva già individuato la possibile localizzazione nella Valle dell’Irno. Nell’aprile 1970 venne affidato, così, al prof. Pierluigi Spadolini l’incarico di elaborare il bando di concorso per la realizzazione del progetto  del futuro ateneo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 1973.

Ormai la scelta a favore del Campus di Fisciano e della struttura di Baronissi, condivisa dai due maggiori partiti politici ( Democrazia Cristiana e Partito Comunista ), divenne irreversibile mentre veniva definitivamente sconfitto il pronunciamento della Commissione speciale, voluta dal sindaco Menna, a favore dell’area di Ogliara – Matierno. De Rosa assicurava che il centro storico del capoluogo avrebbe potuto e dovuto ospitare le sedi di rappresentanza, il rettorato e i vari centri  di studio fiancheggiatori dell’opera dell’Università.

Da allora Comune e Provincia di Salerno hanno rinunciato di fatto a mettere a disposizione della struttura universitaria ambienti idonei e dignitosi per legare, almeno in parte, la città alla sua università.

Da Gabriele De Rosa la questione era stata inquadrata nel migliore dei modi: assicurare al futuro ateneo respiro europeo e di grande apertura ai problemi dello sviluppo economico e civile del Sud e, contestualmente, rafforzare sia pure simbolicamente le sue radici all’Hippocratica Civitas.

Chissà che la sua morte non alimenti nei pubblici amministratori la dose sufficiente di orgoglio per dotare la città capoluogo della sede di rappresentanza ufficiale del nostro ateneo.

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