NOTTE DI NATALE 2009

UNA LETTERA SPECIALE PER VINCENZO

Caro Vincenzo,

manca qualche ora  all’arrivo del Bambino Gesù ed avverto forte il bisogno di mettermi, comunque, in contatto con te. Non sapendo come fare per raggiungerti nella postazione celeste che occupi ho pensato di utilizzare il mezzo informatico al posto di quello cartaceo che, fin da piccolo, raccoglieva i miei anemici ma teneri pensieri diretti al neonato di Betlemme.

Sai, la mia cara e buona maestra aveva alimentato in noi scolari questo rapporto particolare con Lui. Ci riferiva della sua origine divina ma anche, e soprattutto, della scelta coraggiosa e drammatica compiuta di nascere in una misera, fredda capanna, di accontentarsi del respiro di un bue e di un asinello per riscaldarsi, di manifestare, nel corso della sua breve vita terrena, straordinarie qualità di trascinatore di folle ma di affrontare anche, con un’eccezionale testimonianza di amore nei confronti di tutti noi, il sacrificio della croce.

Sono certo  che Egli condivida la mia iniziativa di scriverti nelle stesse ore in cui ripropone all’intera umanità il messaggio di salvezza e di pace per tutti gli uomini di buona volontà.

Anche tu, infatti, sei stato a modo tuo un predicatore ed un testimone di pace. Lontano dai pettegolezzi e dai contrasti, assertore convinto che le stesse competizioni sportive vanno disputate all’insegna della correttezza e del rispetto reciproco, responsabilmente impegnato a ridimensionare e ad attutire ogni parvenza di situazione conflittuale,  hai conquistato – grazie al tuo modo naturale di essere e di comportarti – l’affetto e la stima di quanti hanno avuto la fortuna di conoscerti e di frequentarti.

Tra noi due, Vincenzo carissimo, non c’è stata una sistematica frequentazione. Nel corso della tua infanzia ti incontravo quasi sempre la domenica quando, nel solco di una tradizione che, ahimè, non si ripropone più, ci ritrovavamo in tanti a consumare il ricco e saporito pranzo preparato da nonna  Emilia e ad ascoltare gli interventi austeri e piuttosto severi di nonno Bartolomeo. Tra i tanti cugini che cercavano di contenere la tua vivacità preferivi trattenerti con Nicola la cui esuberanza percepivi più prossima al tuo modo di essere e di esprimerti. Soltanto qualche giorno dopo la tua dipartita ho appreso che con lui avevi consolidato questo periodico, personale rapporto, raggiungendolo spesso a tarda sera nel suo studio professionale di Salerno per discutere non solo dei fatti del giorno e dei progetti per l’avvenire ma anche per offrigli alcune delle tue simpatiche, spontanee battute che gli alleggerivano di molto la fatica della giornata.

Avrai avuto modo, poi, di renderti conto dell’entità della sofferenza prodottagli  dall’interruzione di questa privilegiata relazione.

Con l’altro cugino Bartolomeo, pur ammirandolo per la serafica pacatezza e per il ruolo ricoperto, amavi discutere del comune, grande amore verso la Salernitana. Entravate nel merito anche delle prestazioni dei singoli calciatori e, non di rado, ricordandovi entrambi del mio passato di arbitro di calcio, ricercavate il mio assenso per legittimare la presunta, errata decisione assunta dal direttore di gara a danno, ovviamente, della vostra squadra del cuore.

Verso di me provavi un po’ di soggezione, una sorta di timidezza. Da parte mia ho cercato sempre di comunicarti con naturalezza e nel modo più immediato. Mi rendevo conto, però, che non avevo colpa nell’essere percepito come persona sostenuta o, peggio, superba. Lo stesso problema, infatti, si era presentato con tuo padre fin dalla sua adolescenza quando, su delega di nonno Bartolomeo, dovevo seguire il suo profitto scolastico presso i docenti della scuola secondaria da lui frequentata oppure quando ero costretto a rimproverarlo, sempre per le mie funzioni vicariali, perché sorpreso a fumare una sigaretta.

Col tempo ho avuto modo di apprezzarti sempre di più. La tua onesta decisione di non proseguire gli studi universitari, l’autonoma ricerca di un lavoro dignitoso, la responsabile scelta compiuta in campo affettivo, preferendo la cara Rosanna, hanno fatto crescere sempre di più la mia stima nei tuoi riguardi. Così in più di un incontro diretto vissuto con te ho avuto modo di prendere atto e di compiacermi per il livello di maturità raggiunto e per il grande senso di responsabilità che caratterizzavano le tue riflessioni.

Poi…poi è successo quel che è successo.

Tu sai bene che anch’io mi sono sentito uno sconfitto. Col passare dei giorni, però, mi sono andato convincendo che quanto accaduto andava interpretato in modo meno condizionato dall’emotività del momento.

Ora ti trovi nella privilegiata condizione di verificare  quanto siamo stati superficiali tutti noi nel non capire fino in fondo l’intensità e la ricchezza del tuo messaggio di concordia e di bene.

E’ per questo motivo che ho deciso di aprirmi a te nella prima notte dell’Avvento che trascorreremo senza di te e, per quanto mi riguarda, senza la tua telefonata di augurio.

Mi manchi anche per questo.

Zio Ambrogio

Salerno, Notte di Natale 2009

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