IN ATTESA DEL 2010
Ambrogio IETTO
PENSIERI DI FINE ANNO
Sono queste le ultime ore di vita di un altro anno che va via. Televisione e stampa informano che, nonostante la crisi, è sensibilmente aumentata la percentuale dei nostri connazionali che hanno deciso di salutare il novello anno in luoghi lontani dall’abituale residenza. Molti di essi hanno preferito recarsi in ambienti caldi e dall’indiscutibile fascino esotico al fine primario non solo di abbandonare, sia pure temporaneamente, il clima non incoraggiante delle nostre contrade ma anche, e soprattutto, per dare un taglio netto ai problemi dell’ordinaria quotidianità e, di conseguenza, all’inevitabile accumulo di tensioni, di preoccupazioni e di frustrazioni che la stessa produce.
Chi scrive non ha ombra di invidia verso costoro, anzi augura loro un avvio festoso del nuovo anno contraddistinto, nel corso dell’intera sua durata, da serenità e benessere. E’ segno di maturità e di corretto, dignitoso distacco evitare anche di cadere in anacronistiche comparazioni col tempo che fu, quando qualche stellina, bruciando con fiamme colorate, dava il segnale del passaggio all’anno nuovo cui seguiva l’incivile lancio sulla strada sottostante di vasi lesionati e bottiglie con residui di filetti di pomodoro giudiziosamente conservati durante il mese d’agosto.
Tra gente di una certa età queste ore quasi sempre sono vissute per compiere, con o senza commozione, un consuntivo dell’anno trascorso. Spesso si è portati ad esprimere un giudizio non positivo per le attese ambiziose andate deluse, per i gravi torti subiti, perché anche gli umani, possibili desideri espressi non si sono attuati.
Così si cerca di investire le proprie aspettative sull’anno nuovo che sta per arrivare. In questo modo tra traguardi sognati e non raggiunti, tra bilanci negativi e prospettive incoraggianti ci si rende conto che buona parte della propria esistenza si è consumata e che il consuntivo da sottoporre ad esame interessa ormai l’intero arco della vita vissuta.
Una serie nutrita di fotogrammi viene passata in rassegna con sorprendente velocità: sequenze significative del proprio percorso esistenziale, volti cari e meno noti, immagini e suggestioni di stagioni ed esperienze che non possono più riproporsi si susseguono.
Si intrecciano, a volte anche in modo confuso, i ricordi.
Troppi volti sono volati altrove in un’entità fuori dallo spazio che si spera e si considera decisamente migliore e più rasserenante dell’angolo di mondo in cui si è ancora tormentati da pensieri e suggestioni. La rapida successione di eventi, di volti, di melodie, di incontri che hanno segnato la personale esistenza sottopone la coscienza a severi interrogativi.
Qual è stato il personale rapporto col prossimo? La ricerca della possibile verità, il richiamo frequente dei motivi dell’onestà, della coerenza, dell’autonomia, il cosiddetto senso del dovere, della responsabile partecipazione alla vita della comunità sono state espressioni soltanto profferite e, quindi, non messe in pratica sia pure entro i limiti dell’umano?
L’educazione ricevuta, la consueta severità nel sottoporre a verifica i propri comportamenti solleciterebbero una risposta per niente incoraggiante.
A rendere meno fallimentare il bilancio della personale esistenza giunge salvifico il meccanismo della comparazione e della compensazione. Intorno si colgono, purtroppo, insistenti, consolidati segnali e messaggi di un diffuso individualismo, di una ricerca sfrenata di edonismo fine a se stesso, di elucubrazioni messianiche di questo o di quel politico, di un protagonismo senza limiti, di una contagiosa sindrome di autocelebrazione e di personalizzazione, di un abituale ricorso ad un codice linguistico sconcio ed offensivo, di una comune pratica dell’affarismo e dell’inciucio, di una consolidata abitudine a rifuggire dalle proprie responsabilità per scaricarle su altri soggetti, di un’ossessiva presunzione da parte di chi si sente arrivato, di un ricorrente analfabetismo di ritorno, di una navigante incultura.
Il confronto, comprensibile dal punto di vista umano, fa correre il rischio di presumere di sentirsi diversi e migliori.
Per fortuna rimbombano le botte che salutano il 2010. Si abbandonano i tristi pensieri e le facili congetture.
Si spera che l’anno nuovo porti almeno un po’ di serenità.