Archivio per marzo, 2010

ELEZIONI REGIONALI IN CAMPANIA. QUANTO CONTANO GLI APPELLI FIRMATI DAGLI ‘ INTELLETTUALI ‘ ?

21 marzo 2010

 

 

Salerno, 21 Marzo 2010

 

Riflettendo

 

Ambrogio IETTO

L’INTELLETTUALE MANCATO

 

Quando molti mesi fa il direttore de ‘ Il Nuovo Salernitano ‘ volle generosamente affidarmi una rubrica di apertura che portasse in alto a sinistra, a mo’ di occhiello e con carattere corsivo, la parola ‘ riflettendo ‘, non credevo al mio orecchio di destra che, per fortuna, non invaso da permanenti acufeni come il suo omologo di sinistra, quasi sempre riesce a darmi una percezione sufficientemente chiara del suono che arriva attraverso la cornetta.

L’incarico assegnatomi addirittura con tono suadente mi lusingava non poco. ‘ Riflettendo ‘ era e rimane fino a prova contraria modo infinitivo del verbo riflettere che, chiariscono  i più accreditati dizionari di lingua italiana, significa ‘ essere riflessivi, meditare, ponderare ’, assumere una condotta che, prima di giudicare e di agire, prenda coscienza critica della valutazione che esprime e dell’azione che svolge.

Insomma, poiché per riflettere occorre far prevalere il pensiero sul sentimento e sulla fantasia e impegnare la facoltà di intendere e di elaborare concetti, mi andavo convincendo che l’incarico ricevuto potesse finalmente farmi aspirare ad essere incluso nella ristretta lista di quelli che vengono definiti intellettuali e che ritornano di moda quando si tratta di firmare un appello a favore di qualche leader politico sudamericano o contro una non troppo chiara ingiustizia subita dall’umanità. Ho dovuto, però, amaramente constatare che ancora una volta posso solo definirmi un povero illuso. Infatti anche per le prossime elezioni di fine marzo nessuno mi ha telefonato o mi ha avvicinato per farmi firmare una lista o sottoscrivere un appello a favore di qualcuno.

Eppure, leggendo i nomi dei sottoscrittori con le relative qualifiche professionali,  del documento di sostegno al candidato De Luca, ho pensato che un’eccezione potesse essere fatta per me,  pur convenendo sull’oggettiva impossibilità di avanzare la pretesa di essere annoverato  in così referenziata categoria.

Evidentemente le tante ‘ riflessioni ‘ attivate in mente ed espresse pubblicamente, grazie alla dichiarata inavvedutezza del direttore, non mi hanno fatto superare l’esame.

E dire che i segnali di una molto probabile bocciatura ad entrare nel limbo dorato degli intellettuali erano già arrivati nei giorni scorsi quando sulle stesse pagine del quotidiano salernitano un attento, puntuale interlocutore aveva ritenuto opportuno giudicare, al contrario di quanto scritto in precedenza da me,  ‘ buone ‘ e forse anche machiavelliche le ragioni di Cirielli di inserire in lista qualche candidato imbattutosi in incidenti giudiziari.

D’altro canto proprio l’invito a firmare l’appello pro – De Luca non poteva arrivarmi mai. Dopo anni di corretta messa in discussione del suo concetto di democrazia e di partecipazione potevo sperare a tanto?

Comunque mi fa piacere rilevare che, tra gli altri, anche l’ottimo amico Cacciatore sostiene che  Vincenzo De Luca  ‘ ha le carte in regola ‘ per ‘recidere i legami inquietanti e pervasivi tra la camorra e il sistema politico, tra il malaffare e la pubblica amministrazione, capace di rompere il metodo e la pratica politico – clientelare ‘.

Si vede proprio che la senilità produce danni irreversibili alla mia struttura cognitiva, togliendomi ogni speranza di entrare nel novero dei blasonati intellettuali. Finora, infatti, ero convinto che il sistema politico in Campania fosse stato retto da almeno dieci anni dai diessini e da Bassolino e non dal centrodestra e che la pratica politico – clientelare fosse stato un peccato rilevato e denunciato anche per Salerno da parte di non pochi  firmatari dell’appello.

Credo, pertanto, che sia giunto il momento di rinunciare responsabilmente all’incarico a suo tempo affidatomi dal direttore. Mi sono convinto, infatti, che riflettere significa soprattutto dotarsi di spiccata duttilità cognitiva contraddistinta da particolare attitudine a modificare la propria mentalità e il proprio comportamento secondo necessità  e  circostanza.

 

IL DRAMMA DI NOCERA INFERIORE

18 marzo 2010

 

Salerno, 18 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

IL MESSAGGIO DI CIRO

 

Il suicidio di Ciro Pellegrino preoccupa giustamente anche il procuratore capo della Repubblica di Nocera Inferiore nel cui ambito circoscrizionale si è consumato il tragico gesto dell’ex dipendente dell’Alvi. Con decine di imprese in fase avanzata di crisi ed un tasso di disoccupazione in Campania tra i più elevati del Paese anche una trattazione particolareggiata dell’episodio da parte degli organi di stampa può involontariamente contribuire ad accrescere lo stato di tensione se non di vera esasperazione che già vivono in tanti , vittime designate della grave crisi economica e di un sistema creditizio ed imprenditoriale  mirato a prevalenti interessi speculativi.

Questa preoccupazione per niente infondata non può evitare, però, che si esprimano alcune essenziali considerazioni in grado di contribuire a prendere piena consapevolezza della difficile, complessa situazione psicologica in cui vengono a trovarsi quanti, soprattutto nella fase esistenziale della maturità, sono costretti a prendere atto come il futuro proprio  e della famiglia costituita risulti più o meno irrevocabilmente compromesso.

E’ una stagione della vita, quella della maturità, nella quale di norma si è naturalmente portati ad una verifica del percorso compiuto, delle scelte operate, delle opportunità presentatesi in gioventù e che sono state o non considerate oppure attentamente vagliate e valorizzate. L’avere messo su famiglia, la scelta di generare dei figli, il sogno di una casa con le inevitabili obbligazioni da rispettare rappresentano contestualmente acquisizioni forti di riferimento ma anche motivo di comprensibile preoccupazione.

Le speranze, i progetti si accompagnano inevitabilmente alle difficoltà, alla constatazione di vivere in un mondo governato dall’incertezza e dalla prevalente logica di uno sconvolgente egoismo e di uno sfrenato  consumismo. Per fortuna c’è il lavoro, un impegno al quale si sente di dare il meglio di sé perché rappresenta una sorta di seconda famiglia.

E’ tanto diverso dall’impiego pubblico ove l’entità padronale è rappresentata dai dirigenti e dai capiufficio che di tanto in tanto si avvicendano,  a volte anche senza offrire il calore di un sorriso o la classica pacca sulla spalla.

L’azienda alla quale si offre la dimensione migliore della personale intelligenza  o l’estro creativo della propria manualità ormai è parte integrante della tua esistenza. I suoi successi sono in parte anche i tuoi, l’espansione della rete distributiva è motivo di orgoglio perché vi hai contribuito anche tu con la serietà e la passione che hanno contraddistinto per tanti anni le tue prestazioni.

Un bel giorno, però, si percepisce che c’è qualcosa che non convince. Il passaparola diventa sempre più fitto e ricorrente. L’insolvenza verso i creditori, gli scaffali sempre meno assortiti di merce, la clientela abituale che si lamenta e che piano piano diminuisce di numero e di qualità.

Il vissuto familiare diventa il contesto abituale in cui le preoccupazioni si trasformano gradualmente in ingovernabili tensioni e in autentici stati di angoscia. L’insonnia e gli incubi ormai sono i padroni della notte. Ci si sente impotenti e sconfitti.

Nello stesso tempo con rabbia si analizzano le dinamiche che hanno condotto allo sfascio aziendale e si finisce col sentirsi anche traditi da una conduzione probabilmente discutibile. Il problema grave ed insolubile ora investe soltanto te e la tua famiglia. Si comincia a temere di non farcela. Il senso di sfiducia nel domani si mescola con la rabbia.

Una strana lucidità suggerisce che quella può essere la decisione migliore. Ma almeno l’atto irreversibile va compiuto in strada, deve essere notificato all’intera comunità, occorre far riflettere sul proprio destino e su quello  dei tanti compagni di cordata.

Resta l’inutile speranza che altri, sia pure per un attimo, provino almeno un brivido e si interroghino sull’accaduto.

ELEZIONI IN CAMPANIA: L’INFANTILISMO POLITICO DEL CENTRODESTRA PUO’ FAVORIRE DE LUCA

16 marzo 2010

 

 

Salerno, 16 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

 

GLI ERRORI DELLA CARFAGNA E DI CIRIELLI

 

 

Ad appena due settimane dal voto il centrodestra nazionale e locale continua a commettere errori che vanno ben oltre la stupidata romana della lista non presentata. Ora, accanto a Farefuturo, la fondazione che raccoglie la cosiddetta intellighenzia finiana, si andrà ad aggiungere Generazione Italia, definita dalla grande stampa ‘ creatura politica fondata da Italo Bocchino ‘, un personaggio che, pur rivelando doti eccellenti di abile comunicatore per interviste televisive da 45 secondi, di certo non si porta dietro nobili referenze, almeno in Campania, in fatto di capacità di raccolta di consensi elettorali.

L’annuncio dell’evento a pochi giorni dall’importante consultazione regionale la dice lunga sulle reali intenzioni del fondatore e del suo leader presidente della Camera dei Deputati le cui vere intenzioni vanno ben oltre il dichiarato ‘ gruppo di riflessione ‘ all’interno del Partito della Libertà. Le dichiarazioni ufficiali espresse la scorsa settimana sull’appoggio di fatto dato dal centrodestra a De Luca, nel corso dello spareggio giocato con Andria in occasione delle ultime consultazioni elettorali, confermano una linea di condotta non nuova ma che già sotto le insegne del vecchio Movimento Sociale contribuì in misura determinante all’ascesa definitiva dell’attuale aspirante alla presidenza regionale al seggio di sindaco di Salerno.

Da sempre, infatti, la destra salernitana è stata molto morbida nei suoi riguardi, patteggiando con singoli consiglieri scambi di ragionevoli cortesie. Ora criticare i metodi di gestione della cosa pubblica in Salerno città è atteggiamento di evidente infantilismo politico. D’altro canto ancora in questi giorni arrivano telefonate al domicilio di elettori, da parte di imberbi collaboratori di segreteria di candidati appartenenti all’area di Caldoro, non esclusi alcuni inseriti nella lista ufficiale del PDL, che offrono la possibilità del voto disgiunto a favore del sindaco di Salerno e candidato a governatore della Campania.

A superare ogni misura, ovviamente, è il veleno viscerale che sprizza tra la componente del presidente della provincia Cirielli e quella facente capo a Mara Carfagna. Le dichiarazioni proferite dal ministro alle Pari Opportunità a Scafati sono più che esplicite anche se si accompagnano a manifestazioni di scuse nei riguardi di quella parte dell’elettorato di centrodestra svincolato dalla logica delle due subaggregazioni ed interessato soltanto a dare un contributo al superamento della condizione di stallo in cui almeno da un decennio trovasi la Campania.

La giovane esponente di governo, però, non si interroga sui molti errori da lei commessi, all’interno del territorio di suo riferimento, da quando è assurta al ruolo di parlamentare e, quindi, a responsabilità di governo.

Ella avrebbe potuto costruire un’alternativa intelligentemente moderata ma significativa al metodo da lei giudicato ‘ arrogante e prepotente ‘ del suo collega di partito. Invece si è circondata di figure anonime, disarmanti ed anemiche dal punto di vista dell’esperienza e, soprattutto, dell’autorevolezza culturale il cui dilettantismo politico ha agevolato  non poco il gioco dello stratega Cirielli.

E anche quando ha cercato di recuperare personaggi da lanciare nell’agone elettorale ha finito  col far capo, in alcuni casi, ad esponenti la cui storia politica ha attraversato, nell’ultimo decennio, l’intero firmamento partitico.

Un senso eccessivo di autostima ha spinto il ministro Carfagna a non prendere in seria considerazione il suo rapporto col territorio, in particolare con le espressioni moderate del mondo femminile, delle professioni, dell’associazionismo e delle componenti più genuine del volontariato. Si è limitata, così, a tentare di costruire rapporti con vecchi volponi della politica, venendo meno al dovere primario di costruire e valorizzare una componente di centrodestra culturalmente qualificata ed alternativa al metodo Cirielli alla cui intelligenza politica va riconosciuto il merito di avere annullato di fatto ogni manifestazione critica dentro il  partito di provenienza.

Infatti oggi tutti i suoi avversari interni di un tempo svolgono il ruolo di docili agnellini al servizio della sua componente.

Ovviamente anche Cirielli, ad avviso di chi scrive, ha commesso degli errori. Da sicuro e saldo testimone di legalità ha imbarcato, purtroppo, sulla zattera elettorale anche chi, al momento, non è compatibile col codice etico datosi dallo stesso PDL.

Il presidente della provincia ha messo sulla bilancia esclusivamente il potenziale elettorale di ciascuno, sacrificando, come nel caso dell’uscente Pasquale Marrazzo, persone che con onestà e fedeltà alle istituzioni non avrebbero portato, col loro nome, anche discutibili zone d’ombra.

E’ pur vero che l’unica legge che conta in politica è quella dei risultati.

E’ possibile, però, continuare con metodi di questo tipo? Quali reali prospettive di cambiamento si aprono per i tanti che si disaffezionano sempre più al diritto – dovere del voto ?

TRA TAR E CONSIGLIO DI STATO SI SCRIVE UNA PAGINA NON BELLA DELLA BREVE STORIA DEL COMUNE DI BELLIZZI

6 marzo 2010

 

 

Salerno, 6 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

 

 

LA LEZIONE DI BELLIZZI

 

 

La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale, che annulla le elezioni tenutesi lo scorso mese di giugno a Bellizzi per il rinnovo della compagine amministrativa, sollecita alcune riflessioni in chi scrive che ebbe i natali proprio in quel luogo, all’epoca catalogabile in un precario borgo rurale invaso dalla malaria trasmessa dalle migliaia di zanzare anofeli che invadevano la piana a destra del fiume Sele, sottoposta a radicale bonifica dal governo fascista.

Il fatto che i giudici amministrativi abbiano assunto questa decisione preoccupa non poco. L’una delle due: se si tratta di banale superficialità dei componenti di ben sette seggi su dieci la dice lunga sul loro molto contenuto senso di responsabilità. Al contrario, se dovesse malauguratamente trattarsi di mirata strategia, funzionale all’attuazione di un vero e proprio broglio elettorale, l’atto costituirebbe un’ulteriore conferma del basso livello raggiunto dalla politica locale e dalle relative dispute elettorali.

E dire che qualche mese fa il più giovane comune della provincia di Salerno ha voluto solennemente festeggiare il ventesimo genetliaco. La pronuncia del Tar, comunque, getta un’ombra che mortifica la parte sana della cittadinanza e, soprattutto, la componente molto esigua dei nuclei familiari che all’originario sviluppo del borgo dedicarono idee, sacrifici di ogni tipo e beni materiali.

L’antico villaggio agreste, infatti, venne a trovarsi, nel corso dell’ultimo conflitto bellico, al centro di inenarrabili vicende. Collocato tra l’importante nodo ferroviario di Battipaglia e il vecchio aeroporto militare di Montecorvino, ospitando inoltre un tabacchificio, una fabbrica di conserve alimentari, la sede-granaio del consorzio agrario provinciale  e un reggimento di fanteria, divenne il bersaglio privilegiato delle rapide scorribande di “ Ciccillo ‘o ferroviere “ ( così fu battezzato dalla gente del posto un aereo ‘ esploratore ’ britannico), dei successivi bombardamenti a ripetizione, prima da parte dei caccia di nazionalità inglese e, immediatamente dopo l’armistizio dell’otto settembre, per iniziativa dell’aviazione tedesca.

Le complesse operazioni di sbarco della Quinta Armata del generale Clark, rese drammatiche dalla stoica difesa delle molto contenute truppe germaniche, completarono l’opera di generale distruzione degli opifici e delle private abitazioni. Quindi subentrò il problematico dopoguerra con la presenza di migliaia di soldati del Commonwealth e l’inevitabile fenomeno del contrabbando e della prostituzione.

Fino alla metà degli anni cinquanta la vita della cresciuta comunità fu irta di difficoltà: priva di acqua potabile, di pubblica illuminazione, di fognature e lontana ben dieci chilometri dal capoluogo Montecorvino Rovella cui era collegata, nel corso delle 24 ore, da due sole corse di bus. Furono anni di rinunce ma anche di fervore e di orgoglio civico.

Si animarono proteste e, con entusiasmo propriamente giovanile, furono scritti coraggiosi articoli anche sulla stampa nazionale inneggianti all’autonomia comunale quale mezzo indispensabile per risalire la china e conquistare condizioni dignitose di vita.

Il resto è storia recente. La raggiunta autonomia era stata  preceduta da un disastroso boom edilizio che aveva già alimentato interessi congiunti tra speculatori e malavita organizzata. La vita pubblica cominciava, così, ad inquinarsi. Gli entusiasmi iniziali per la raggiunta autonomia si canalizzarono, così come già era avvenuto nei comuni contigui, verso l’assalto alla cittadella  civica. L’avvio della stagione dei sindaci si identificò inevitabilmente con la personalizzazione della politica.

La conquistata autonomia avrebbe richiesto un’azione seria, caparbia, mirata alla crescita culturale della comunità. Si trattava di orientare le migliori energie alla scoperta e al conseguente rafforzamento di una possibile antropologia comune. Nove decimi della comunità provenivano da decine e decine di paesi e borghi del retroterra picentino, del Cilento e della stessa vicina Lucania. Il comune di Salerno aveva trovato comodo risolvere il problema abitativo di centinaia di suoi cittadini, rilevando interi fabbricati che l’attività speculativa aveva potuto tranquillamente realizzare a Bellizzi..

Risultava impellente l’esigenza di costruire un generalizzato percorso  formativo orientato ad individuare alcuni  richiami valoriali comuni che potessero determinare un collante minimo tra centinaia di dialetti, tradizioni, abitudini, riti, stili di vita diversi.

Se la cittadina fosse stata guidata da amministrazioni pubbliche lungimiranti avrebbero potuto svolgere un ruolo significativo in tal senso la parrocchia e le istituzioni scolastiche che, purtroppo, con sacerdoti, dirigenti e docenti troppo spesso itineranti, da sole non riuscirono a cogliere  l’assoluta priorità di un’azione pedagogicamente significativa da svolgere per dare un’anima e un’identità culturale al paese.

L’ente locale, a causa dell’anonimato formativo di molti suoi amministratori, ritenne di animare cultura, regalando a iosa targhe, medaglie e trofei a centinaia di generosi e creativi cantori, poeti e scrittori dilettanti. L’enfatizzazione di tante manifestazioni del genere e la fioritura di innumerevoli associazioni ufficialmente costituite per organizzare e gestire tali eventi offrirono l’errata percezione che la comunità potesse realmente crescere nella dimensione culturale.

Invece il più delle volte, anche nella brevissima vita dell’amministrazione disciolta dalla sentenza del Tar, l’attenzione primaria è stata rivolta alla semplice conquista della simpatia di singole persone e di gruppi costituiti.

Il ventennio di autonomia amministrativa è volato, così, tra le accuse che  le diverse aggregazioni  impegnate nella  conquista della polis si sono scambiate, tra le migliaia di manifesti affissi a ripetizione sulle cantonate dei fabbricati e ospitanti epiteti di dubbio gusto, tra scambi verbali velenosi avvenuti, anche nelle sedi ufficiali, tra ex padri protettori  ed ex figli non solo transfughi ma anche irriconoscenti.

Le accuse di brogli elettorali lanciati dagli sconfitti ai vincitori di giugno scorso e la sentenza sanzionatoria dell’altro ieri del Tar scrivono una pagina per niente dignitosa nella breve storia di Bellizzi, il decantato 158° comune della provincia di Salerno, ed infrangono definitivamente le speranze giovanili dell’estensore di questa nota.

 

                                                                         

 

 

 

 

 

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