DOPO LE DIMISSIONI DI MONSIGNOR GERARDO PIERRO

 

 

Salerno, 28 Aprile 2010

 

Ambrogio IETTO

IL FUTURO DELLA CHIESA SALERNITANA

 

 

In un intervento pubblicato sabato 3 aprile, nell’immediata vigilia pasquale, fu dedicata una particolare riflessione su mons. Gerardo Pierro e si tentò anche, con la piena, responsabile  consapevolezza di non essere stati, soprattutto negli ultimi anni del suo episcopato, né teneri né omissivi nei suoi riguardi per alcune non belle vicende coinvolgenti la Curia vescovile, di immedesimarsi nella condizione psicologica del Pastore costretto, per rigide disposizioni del diritto canonico, a lasciare la guida del popolo di Dio che è nell’Arcidiocesi di Salerno, Campagna ed Acerno.

Nell’augurare a mons. Pierro una lunga, serena stagione di riposo che si accompagni anche con un ulteriore impegno di studio e di meditazione, sembra opportuno soffermarsi sul futuro della Chiesa salernitana.

E’ molto probabile che in Vaticano siano già state compiute le scelte sul probabile successore e sulle procedure che saranno seguite prima di arrivare al giorno dell’ingresso ufficiale in città del nuovo Pastore. Sulla stampa e negli ambienti delle aggregazioni laicali si leggono e si ascoltano notizie, più o meno attendibili, sull’ipotetico successore di mons. Pierro e sul particolare attivismo che nella vicenda sta di certo manifestando il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli e, nel caso specifico, soprattutto presidente della Conferenza Episcopale Campana.

Alcuni osservatori considerano abbastanza fondata l’ipotesi del trasferimento a Salerno di uno dei presuli attualmente titolari di diocesi campane.

L’auspicio, ovviamente opinabile di chi scrive, va in direzione diversa. Ci si augura, infatti, che la nostra arcidiocesi venga retta in futuro da un presule non campano né da un esponente sia pure autorevole della curia vaticana. I motivi sono piuttosto semplici: un vescovo attualmente impegnato in altra diocesi della regione arriverebbe a Salerno carico di pregresse informazioni, di personali convincimenti sulle vicende e sulla situazione di fatto dell’arcidiocesi e, forse, anche di qualche riserva mentale o, addirittura, di eventuali prevenzioni.

Così un ecclesiastico della curia romana si porterebbe dietro il condizionamento dei troppi carteggi che nei diciotto anni dell’episcopato Pierro sono arrivati presso la Congregazione per il Clero e la Cancelleria vaticana.

D’altro canto lo stesso Bollettino Diocesano della Curia salernitana ospitò sul n. 4 del 2008 il testo del voto della Conferenza Episcopale Campana, espresso nell’Assemblea Ordinaria del 29 ottobre dello stesso anno, nel quale si chiedeva “ all’unanimità e collegialmente al Cardinale Presidente della CEC (ndr Sepe ) di  farsi interprete verso il Santo Padre del desiderio affinché S. E Mons. Gerardo Pierro “ rimanesse Arcivescovo di Salerno- Campagna –Acerno  “ fino alla scadenza del mandato (26 aprile 2010 ), senza pensare ad altre soluzioni che si rileverebbero controproducenti “.

In una nota sottostante, dopo la firma del segretario della CEC mons. Michele De Rosa, si legge testualmente che “ in data 30 ottobre 2008 S.E. Mons. Arcivescovo in tal senso inoltrava supplica al Santo Padre Benedetto XVI che l’ha benevolmente accolta: Grazie Padre Santo“.

Per chi scrive il futuro cui aspira la Chiesa salernitana è subordinato al profilo di un presule colto ma con significativa pregressa esperienza pastorale, capace in primo luogo di recuperare e riaggregare l’intero clero che, nel corso degli ultimi anni, è stato percepito dalla comunità dei fedeli, se non diviso, di certo spiritualmente disancorato dalla struttura curiale.

La città capoluogo e il vasto territorio rientrante nella competenza dell’arcidiocesi hanno bisogno di un’intensa, profonda, significativa opera di evangelizzazione. Il rapporto con le autorità civili va ricomposto all’insegna del reciproco rispetto ma anche della piena autonomia da parte dell’episcopato.

Di un vescovo cui si potrebbe attribuire uno sponsor politico o un’aggregazione partitica non si avverte proprio la necessità. Talune commistioni vanno assolutamente evitate anche perché tolgono di fatto carisma ed autorevolezza al Pastore. Questa è la città che ospita le spoglie di Gregorio VII, un pontefice che, nel combattere vigorosamente simonia e corruzione del clero, tentò di realizzare un progetto di autonomia della chiesa, sforzandosi di sottrarla ad ogni condizionamento del potere politico. Egli ebbe modo di verificare di persona il livello che può raggiungere l’ipocrisia, l’ambiguità e l’inganno dei potenti: infatti Enrico IV, l’imperatore scomunicato, nel 1077 fece finta di umiliarsi a Canossa nei riguardi del pontefice; tre anni dopo, però, nominò un antipapa e costrinse Gregorio VII a rifugiarsi a Salerno dove morì.

Ha prodotto grande amarezza nei laici credenti verificare come negli ultimi anni la processione del santo Patrono si sia trasformata in una festosa passerella di politici e pubblici amministratori ben felici di rispondere con eloquenti gesti di saluto ad una folla plaudente non sempre altrettanto generosa nei riguardi del suo Vescovo.

La città capoluogo e i centri urbani più popolosi della circoscrizione diocesana ospitano sacche di miseria bisognevoli del messaggio e della testimonianza di una chiesa caritatevole.

Infine da tempo si chiede alla chiesa locale di procedere ad una radicale discontinuità nell’apparato curiale.

L’augurio del laicato credente e non credente è di poter salutare l’arrivo di un rappresentante di Papa Benedetto XVI interprete fedele del vangelo, sensibile alle attese del popolo di Dio e di quanti ricercano nella fede la sicura difesa al relativismo imperante.

 

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