Archivio per aprile, 2010

LA FACCIA TOSTA DELL’EX CONDUTTORE DI ” MI MANDA RAI TRE “

21 aprile 2010

 

Salerno, 21 aprile 2010

 

Ambrogio IETTO

 

L’ITALIA PORGA LE SCUSE A MARRAZZO

 

Finalmente siamo tutti più sereni. La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla vicenda Marrazzo e, codice in mano, ha giustamente sentenziato che nei confronti dell’ex conduttore televisivo ed ex presidente della Regione Lazio ‘ nulla autorizza ad ipotizzare condotte delittuose ‘. Egli, come sapevamo, è stato soltanto fragile vittima di un manipolo ristretto di carabinieri ricattatori che predisposero ad arte il setting dello scandalo con la droga sistemata sul comodino e l’uomo politico costretto a non tirarsi su i pantaloni precedentemente abbassati, avendo voluto distrarsi dagli onerosi obblighi istituzionali con giochetti erotici con la sua amica trans Natalie.

Ovviamente i componenti dell’organo supremo dell’autorità giudiziaria hanno pure considerato ‘penalmente irrilevante ‘ l’utilizzo dell’auto di servizio a suo tempo regolarmente autorizzato. Di questo pronunciamento il diretto interessato si è dichiarato pienamente soddisfatto, aggiungendo di ritenersi vittima,  non solo della volgare imboscata tesagli degli indegni esponenti della benemerita Arma, ma anche del sistema dell’informazione.

Siamo tutti convinti che non sempre le norme giuridiche coincidono con le norme morali le quali fissano le direttive cui deve attenersi la persona onesta che desidera sentirsi in regola con la propria coscienza e comportarsi in modo da ottenere l’approvazione delle altre persone che si considerano o presumono di essere oneste.

Marrazzo ha ritenuto doveroso sottolineare il male compiuto nei riguardi della moglie e delle figlie, precisando, però, che gli errori personali legati alla vita privata, commessi nei confronti dei cittadini del Lazio, sono stati puntualmente pagati, dimettendosi dalla carica di governatore nonostante non avesse commesso reato.

Sembra di poter dedurre che la comunità laziale e, in senso lato, quella italiana debba tener conto di  questo suo atto di sensibilità civica ed istituzionale, manifestargli la propria ammirazione e forse porgergli anche scuse per aver espresso nei suoi riguardi qualche apprezzamento non  generoso e probabilmente anche un poco osé.

Dimentica Marrazzo, oriundo salernitano per essere figlio del compianto giornalista Giuseppe, nato a Nocera Inferiore e morto prematuramente 25 anni fa, che egli per sei anni, dal 1998 al 2004, ha sollecitato gli italici spettatori a partecipare alla trasmissione ‘ Mi manda Rai Tre ’, da lui condotta, i casi di ingiustizia subita, le amare esperienze prodotte dagli altrui imbrogli, le lungaggini e i silenzi di una pubblica amministrazione sorda e cieca ?

Dimentica ancora che, grazie alla notorietà guadagnata da difensore civico, è approdato, col consenso popolare, a presidente del governo regionale del Lazio?

Ebbene, nei giorni immediatamente successivi allo scandalo, ha cercato di tranquillizzare l’opinione pubblica, sostenendo l’assurdità di questa vicenda da lui definita surreale, l’inesistenza del video hard, la clamorosa infondatezza  della notizia.

Il suo coraggio da pubblico accusatore è venuto meno all’improvviso, tradendo di fatto quel rapporto di fiducia costruito ad arte prima coi telespettatori e, quindi, coi suoi elettori.

Una curiosità pruriginosa, inevitabile a causa della notorietà e del ruolo istituzionale del protagonista, ha spinto interi nuclei familiari a disquisire sulle consolidate, atipiche abitudini sessuali del conduttore – presidente. Laddove è emersa una percezione di comprensibile e condiviso disgusto si è provveduto col telecomando ad eludere ulteriori, piccanti particolari.

Sui luoghi di lavoro, nei treni, sui bus, nelle chiacchiere di salotto la vicenda Marrazzo ha generato barzellette, ammiccamenti, illazioni. Le aule scolastiche, anche quelle del primo ciclo di studio, sono diventate sedi privilegiate per approfondimenti non sempre gestiti con competenza ed equilibrio dai docenti di turno.

Per la ricaduta pedagogica e didattica prodotta occorrerebbe, a quanto pare, esprimere un atto di gratitudine all’ex presidente della regione Lazio mentre gli andrebbero formalizzate scuse per essere stato frequentemente destinatario di volgari allusioni.

Nelle sue dichiarazioni nemmeno un pensiero per l’altra trans Brenda, deceduta in circostanze misteriose, e per Gianguerino Cafasso, il giovane originario del nostro bel paesino di Cicerale, a quanto sembra ammazzato da una dose letale di eroina. Per carità, Marrazzo con questi tragici eventi non ha nulla a che vedere. Ci mancherebbe altro. Purtroppo, però, la fine poco chiara di queste due persone viene correlata dalle autorità inquirenti col video hard girato al governatore in difficoltà nella casa della trans Natalie.

Anche questo  solo pensiero avrebbe potuto dare alle dichiarazioni proferite un contenuto e un tono diversi. 

Marrazzo, invece, ha ritenuto opportuno anticipare che racconterà tutto ‘ a modo suo ‘ in una lunga intervista in sede Rai. Poi riprenderà il suo lavoro e rientrerà di nuovo nelle case degli italiani per enfatizzare ancora una volta termini quali moralità, giustizia, correttezza, trasparenza, equità et similia.

LA SETTIMANA DELLA CULTURA A SALERNO E IN CAMPANIA

15 aprile 2010

 

 

Salerno, 15 aprile 2010

 

Ambrogio IETTO

 

LA NOSTRA ORIGINARIA IDENTITA’ CULTURALE

 

Da domani e fino al 25 aprile, per lunghi dieci giorni, tutti i luoghi statali dell’arte, dalle aree archeologiche ai musei, dagli archivi storici alle biblioteche, dalle mostre d’arte ai monumenti, saranno a nostra completa disposizione per una visita sistematica che consenta di accostarci, sia pure episodicamente, ai tanti, paradossalmente anche troppi beni culturali disponibili sull’intero territorio nazionale e, in particolare, su quello campano e salernitano.

Lo Stato rinuncia per questa ‘Settimana della Cultura ‘ finanche al modestissimo ticket la cui acquisizione di solito rende possibile l’ingresso nei luoghi dedicati all’arte e al sapere. Perché lo fa? Semplicemente per alimentare e consolidare, a seconda dei casi, in ciascuno di noi il piacere – desiderio della conoscenza, per tenere accesa la fiammella della curiosità che ha spinto chi ci ha preceduto ad esplorare la realtà, a ripercorrere i passaggi più significativi delle stagioni, dei tempi, delle epoche precedenti, a ravvivare, grazie all’impegno nella ricerca e nella ricostruzione di condizioni e di abitudini pregresse di vita, il personale potenziale di estro e di creatività.

Andare in giro per luoghi e siti che ci riconducono al passato significa rendersi conto della straordinaria genialità dell’essere umano, delle enormi difficoltà superate, di quanto sia stato duro il cammino percorso dall’umanità prima di arrivare all’odierna era delle tecnologie sofisticate e della globalizzazione.

Ma, al di là della spinta conoscitiva, che pure è giusto sostenere per una più diffusa e responsabile presa di coscienza del cammino lentissimo all’inizio e successivamente sempre più spedito verso il progresso compiuto dalle civiltà che ci hanno preceduto, l’iniziativa del Ministero dei Beni Culturali assume una particolare valenza educativa: intende offrire a noi cittadini italiani, troppo spesso disponibili ad enfatizzare i limiti e i difetti che antropologicamente ci contraddistinguono, ad amare di più il nostro Paese, ad essere orgogliosi del nostro passato, ad avvertire in misura maggiore il senso di appartenenza alla nostra comunità, a rafforzare la comune identità nazionale non di rado messa in discussione da superati ed improduttivi velleitarismi di incerta radice storica. C’è, è vero, anche l’indiretta sollecitazione a custodire nel migliore dei modi un patrimonio che l’intera umanità ci invidia, a dare all’auspicato sviluppo socio – economico il segno della responsabile sostenibilità col contesto ambientale circostante.

L’invito e le raccomandazioni valgono in particolare per questa Campania Felix, per il territorio salernitano che soltanto dall’epoca romana presenta un aspetto culturalmente omogeneo. In precedenza, e anche in questo particolare si ritrovano peculiarità e ricchezza della nostra terra, due ben distinte identità culturali si sono andate formando. Il fiume Sele ( Silaris per i Greci e Silarus per i Romani ) ha rappresentato la linea di demarcazione tra la componente etrusca e campano – sannitica presente a nord nell’area picentina, in quella nocerino – sarnese, nella valle dell’Irno e nella penisola sorrentina e quella greco – lucana insediata nella parte meridionale della piana pestana, ad Elea ( Velia in età romana ), Pyxous ( Buxentum in età romana ) a Policastro Bussentino, a Buccino con l’antica Volcei.

E’ stata proprio la realtà territoriale della Piana del Sele a costituire la terra di frontiera dove, grazie agli inevitabili e preziosi scambi tra identità culturali diverse, si sono incrociate antropologie e dimensioni di vita profondamente differenti.

Ma l’umanità fin dall’età preistorica e protostorica ( dai 300.000 ai 10.000 anni avanti Cristo ) ha lasciato traccia della sua presenza tra noi  in  grotte e ripari sotto roccia. Del periodo romano e post – romano rimangono, come è noto, testimonianze e reperti di eccezionale valore. L’epoca longobarda, la stagione della scuola medica hanno rafforzato la naturale vocazione multiculturale di Salerno e della sua costa.

I dati che periodicamente diffondono gli enti preposti al turismo e le agenzie di viaggio evidenziano la propensione nostra a visitare altri Paesi. I rientri in sede non di rado lasciano trasparire la nostra delusione.

La comparazione tra i luoghi e i siti visitati all’estero e il nostro patrimonio archeologico ed artistico ci fa cogliere, sia pure per poco, il divario notevole esistente a nostro favore. Poi ci si dimentica e si ricomincia a discutere con gli amici sulle mete estere da raggiungere nel prossimo viaggio.

Così può accadere, come è capitato due settimane fa allo scrivente, di ritrovarsi per quasi tre ore ad essere l’unico visitatore dello straordinario museo archeologico di Pontecagnano ove pure sono occupati circa quaranta addetti.

QUALI RAPPORTI ISTITUZIONALI TRA DE LUCA E CIRIELLI ?

10 aprile 2010

 

 

 

 

Salerno, 10 aprile 2010

 

Ambrogio IETTO

 

SALERNO TRA DUE FORTI LEADERSHIP

 

 

Il tempo trascorso tra l’acquisizione dei risultati elettorali e i commenti successivi è sufficiente per tentare di ipotizzare possibili scenari futuri per Salerno e il suo territorio. Sembra opportuno, però, muovere da un’analisi meno superficiale della personalità dei due protagonisti in campo i cui comportamenti finiranno con l’incidere, in misura più o meno determinante, sulla gestione della cosa pubblica e sulle scelte collegate ad un serio processo di sviluppo socio – culturale ed economico della comunità salernitana.

Ovviamente il riferimento è diretto alle persone del presidente della provincia Edmondo Cirielli e del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Sono questi, infatti, i due soggetti che contribuiranno, ci si augura nel bene, a determinare una svolta significativa per la nostra gente e per la nostra terra.

E’ importante, allora, cogliere preliminarmente alcuni tratti comportamentali emersi nel corso della storia politico – amministrativa dei due referenti istituzionali.

L’approdo in politica di Cirielli, che è più giovane di De Luca di ben 15 anni, avviene mentre vive le prime esperienze professionali di ufficiale dei Carabinieri.

A questa attività ha guardato con viva motivazione fin da ragazzo, avendo vissuto fanciullezza e preadolescenza dentro un contesto familiare condizionato dalla presenza di un papà ufficiale dell’Esercito. Completata la scuola dell’obbligo l’opzione per il futuro itinerario formativo, infatti, è netta e decisa: ginnasio e liceo alla scuola militare della Nunziatella di Napoli e, quindi, Scuola Ufficiali  Carabinieri di Roma.

Poco prima dei trenta anni comincia l’avventura politica: consigliere regionale nel 1995, Cirielli viene riconfermato nelle successive consultazioni del 2000. Un anno dopo affronta la competizione vincente per  la Camera dei Deputati, ottenendo puntuale riconferma nel 2006 e nel 2008 con la conseguente gratificazione della presidenza della Commissione Difesa.

E’ all’interno del partito di Alleanza Nazionale che emerge, però, la particolare leadership dell’ex ufficiale dei Carabinieri: gradualmente, utilizzando fini ed intelligenti strategie facenti parte evidentemente del curricolo della pedagogia militare, sconfigge tutta la vecchia guardia storica dell’ex Movimento Sociale ed assurge a leader indiscusso della destra salernitana con conseguenti, blasonati riconoscimenti da parte della dirigenza nazionale.

Nella più recente esperienza di presidente della provincia Edmondo Cirielli  ridimensiona del tutto il potenziale carisma della collega di partito Mara Carfagna e, in preparazione della consultazione regionale, attiva un lucido gioco di squadra, non disgiunto da machiavellico pragmatismo. Infatti punta le sue chances su di un quartetto che, puntualmente, risulterà vincente: non vive complessi di natura etica con Gambino, conosce bene il consolidato consenso elettorale di Baldi a Cava de’ Tirreni, ha valutato con realismo la navigata esperienza amministrativa di Eva Longo nella Valle dell’Irno e, considerando necessario il contenimento dell’egemonia elettorale di Franco Brusco nel golfo di Policastro, colloca il sindaco Fortunato nella lista del presidente Caldoro, ottenendo così il poker d’assi.

La storia politica di Vincenzo De Luca non è solo più lunga in quanto più grande d’età ma perché corrisponde all’itinerario classico di chi decide, fin dagli originari studi di filosofia, di operare la scelta della carriera sindacal – politica all’interno della più ortodossa tradizione comunista.

Ariccia, le Frattocchie, Botteghe Oscure diventano luoghi sempre più familiari al giovane salernitano di via Calenda con forti richiami antropologici della vicina Lucania. Dalle ricorrenti ed agitate manifestazioni sindacali degli anni ottanta De Luca arriva, soltanto a quaranta anni suonati, a fare il consigliere comunale a Salerno e, dopo la sofferta ed ingiusta vicenda umana del compianto sindaco socialista Vincenzo Giordano, a vincere nel 1993 la competizione a sindaco di Salerno grazie alla spregiudicata intesa siglata, durante i 15 giorni di ballottaggio con Pino Acocella, con la classe dirigente del vecchio MSI che qualche anno dopo proprio Cirielli toglierà di mezzo.

Il seguito del percorso amministrativo – politico di De Luca è ben noto: due mandati da sindaco, eletto alla Camera dei Deputati nel 2001 e nel 2006 e, quindi, di nuovo sindaco ed ora anche capo dell’opposizione all’interno del neo – costituito consiglio regionale della Campania.

Gli essenziali, anche se piuttosto lunghi richiami delle esperienze politico – amministrative dei due personaggi in causa, consentono di tentare una rapida descrizione delle due forti leadership con qualche importante nota distintiva. Entrambe possono essere collocate nella categoria ‘ democratico – autoritaria ‘ nel senso che i due uomini politici sono il prodotto di un ampio consenso popolare  gestito di solito con ferma autorevolezza e con sicuro decisionismo.

Si differenziano, però, notevolmente nello stile: Cirielli ha seguito e segue più o meno in modo ortodosso regole, procedure e linee di orientamento dettate dal partito di appartenenza, non disdegna l’area culturale di provenienza mentre con sufficiente chiarezza porta avanti i suoi disegni anche di natura punitiva all’interno del proprio schieramento.

De Luca, dal canto suo, ha  dato da subito un’accentuazione personalizzata alla sua azione politico – amministrativa, in occasione di scelte importanti ha disatteso con determinazione le indicazioni del partito di riferimento, non ha fatto mancare critiche a Bassolino e alla stessa classe dirigente nazionale, più volte si è definito espressione della più avanzata destra europea, nel corso del sindacato De Biase non ha avuto difficoltà a criticare pubblicamente  l’operato amministrativo del suo uomo di fiducia al fine di motivare il suo rientro nella responsabilità di primo cittadino.

Nella stessa recente vicenda elettorale ha concentrato l’attenzione esclusivamente sulla sua persona, evitando, per quanto riguarda i consiglieri da eleggere nella circoscrizione di Salerno, di puntare almeno sul duo fidato Carpinelli – Picarone. Inoltre non ha inteso avvalersi, almeno a livello di facciata, di Iannuzzi e di Andria, parlamentari del suo partito,  figure considerate di fatto controproducenti ai fini dell’agognato successo.

Ora De Luca dichiara giustamente di farsi carico della responsabilità di capo dell’opposizione alla regione. A prescindere dal come sarà risolto il problema dell’incompatibilità, emerge primaria la questione del rapporto istituzionale tra il comune capoluogo e la futura giunta regionale.

Cirielli, il suo gruppo presente negli organismi regionali, il presidente Caldoro quale atteggiamento assumeranno nella politica di sostegno finanziario e politico ai molti progetti di natura strutturale che interessano il comune di Salerno il cui referente di fatto ha in programma di svolgere, come è giusto che sia, un’opposizione dura e vigile all’interno del consesso regionale ?

Le due forti leadership riusciranno a compiere un salto di qualità, sul versante caratteriale e politico – amministrativo, per raggiungere – da persone responsabili – un’intesa al fine di concedere al capoluogo quanto è giusto e necessario in fatto di pubbliche erogazioni ?

Potrà malauguratamente scattare, in risposta alla conclamata, rigida  volontà oppositiva di De Luca, la reazione orientata a penalizzare la città di Salerno al fine di conquistare successivamente, da parte del centrodestra,  anche il seggio più alto di Palazzo di Città ?

Sono questi alcuni fondamentali interrogativi la cui risposta molto dipende dalla sensibilità, dalla signorilità e dalla cultura istituzionale dei due personaggi in campo.

 

                                                                                                

 

UN’INTELLIGHENZIA SPOCCHIOSA CHE ENFATIZZA UNA PRESUNTA SUPERIORITA’ CULTURALE

8 aprile 2010

 

 

 

Salerno, 8 aprile 2010

 

Ambrogio IETTO

 

LA CULTURA NON E’ DI SINISTRA NE’ DI DESTRA

 

 

Finite le grandi narrazioni del Novecento, superato lo steccato delle ideologie, metaforicamente rappresentato dalla caduta del muro di Berlino, si pensava che potessero considerarsi obsolete anche le antiche categorie di destra e di sinistra che, per lungo tempo, hanno inteso contraddistinguere conservatorismo e progressismo, tradizione e riformismo. Purtroppo permangono ancora intelligenze ancorate a simili schemi mentali troppo spesso prodotti da itinerari formativi unilateralmente orientati, eccessivamente enfatizzati tanto da rivelarsi, a volte anche inconsciamente, quali manifestazione di vera e propria presunzione.

I commenti e le considerazioni critiche che hanno fatto seguito agli ultimi  risultati elettorali confermano il persistere di una forma mentis di questo tipo. Così il successo ottenuto dal centrodestra è dovuto al cosiddetto popolino, vale a dire a quella massa di gente appartenente al ceto meno abbiente e culturalmente poco evoluta, per niente alfabetizzata, assolutamente incapace di pensare, tacitamente disponibile ad accogliere acriticamente l’invito fatto dalle televisioni berlusconiane di andare a votare per il Cavaliere.

Analisi di questo genere sono state compiute anche per il voto espresso dalla maggioranza degli elettori campani che, secondo le considerazioni manifestate da esponenti della cosiddetta intellighenzia, sono prevalentemente incolti, incivili e camorristi, vivono nelle affollate periferie dell’hinterland napoletano e dell’agro sarnese – nocerino ed agiscono sulla spinta di incontrollate emozioni e biechi sentimentalismi.

Così De Luca sarebbe stato votato esclusivamente da quanti vivono in città e nei grossi centri urbani, da coloro che sono abituati a pensare prima di agire, da tutti i docenti delle università e dei licei della Campania e dai cosiddetti liberi pensatori.

C’è anche chi tende  ad attribuire ai politici che si schierano a destra  il limite gravissimo di voler promettere di fare e di operare senza possedere le strutture cognitive per pensare, per elaborare, per riflettere.

Simili considerazioni vanno comprese proprio nell’ottica di quel peccato originale che ha portato la sinistra italiana al suo disfacimento se non alla propria decomposizione. Vincenzo De Luca, che intelligentemente si definisce espressione autentica della migliore destra europea, ha compreso molto bene il problema e, anche su suggerimento dell’ottimo Claudio Velardi che gli ha curato l’immagine, non ha fatto stampare un solo manifesto col logo del Partito Democratico, ripetendo fino alla nausea di considerarsi al di sopra e al di fuori dei partiti. In questo modo ha tolto circa 200.000 voti al suo avversario Caldoro.

Eppure non poche sono state anche in passato le voci provenienti dallo stesso mondo della sinistra che hanno cercato di ribadire quanto improduttivo risulti quel complesso di superiorità etica e culturale ostentato con caparbietà in non poche occasioni.

Luca  Ricolfi, il noto sociologo torinese da sempre dichiaratamente di sinistra, nel 2005 osò scrivere un simpatico libro dall’emblematico titolo ‘ Perché siamo antipatici ? La sinistra e il complesso dei migliori ‘. Nel testo vengono indicate quattro malattie gravi di cui soffre la sinistra italiana: l’abuso di schemi secondari, vale a dire la ricerca esasperata di scappatoie al fine di negare l’evidenza anche di indiscutibili  fallimenti subiti da quella parte politica, la paura delle parole e il ricorso corrente al linguaggio politicamente corretto ( lo spazzino va chiamato operatore ecologico, il bidello collaboratore scolastico, il cieco non vedente, ecc. ), il linguaggio codificato che non consente alla gente comune di comprendere un bel niente e, infine, il complesso di superiorità culturale ed etica (i colti, gli intelligenti e gli onesti sono di sinistra mentre gli incolti, gli ignoranti, i ladri, i corrotti, i malavitosi   si collocano a destra ).

Sembra evidente come l’utilizzo di questi schemi mentali faccia regredire e non migliorare il Paese. Lo sforzo da compiere, invece, va nella necessaria anche se difficile ricerca dei cosiddetti valori condivisi.

Allora c’è da chiedersi: siamo soddisfatti di una scuola e di un’università che non mette a confronto e non valuta la qualità della didattica e della ricerca e che retribuisce allo stesso modo chi continua a studiare e ad aggiornarsi e quanti, invece, vivono di rendita, facendo affidamento su di una formazione iniziale precaria e su provvedimenti ope legis ?

E’ tollerabile una pubblica amministrazione contraddistinta prevalentemente dal burocratismo e dall’inefficienza ?

Lo sfaccendato che naviga a vuoto in internet o circola senza meta lungo il corridoio dei passi perduti va semplicemente compreso perché un poco esaurito oppure severamente redarguito ed, eventualmente, anche licenziato ?

Sono soltanto alcuni banali interrogativi che non appartengono né alla cultura della sinistra né a quella di destra, ma che richiedono risposte coerenti con una società e con un Paese desiderosi di assicurare alla persona condizioni migliori di vita contraddistinte dalla cultura della legalità e della solidarietà e da una pratica effettiva della cittadinanza attiva.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi