IL SAPERE NON HA PIU’ POTERE

Salerno, 20 Maggio 2010

Ambrogio IETTO

TRE FILOSOFI AL CAPEZZALE DELLA POLITICA

Mettere insieme, dietro l’imponente banco del solenne salone ‘ Genovesi ‘ di Salerno, tre tra i più autorevoli esponenti della filosofia italiana per discutere della crisi della politica, ha significato offrire immediatamente al folto pubblico accorso la percezione della ormai, irreversibile fine di ogni scienza del governo e dell’amministrazione dello Stato.

I tre big dell’indagine critica e della riflessione sui principi fondamentali della realtà e dell’essere rispondono ai nomi di Massimo Cacciari, fondatore della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita – Salute San Raffaele di Milano, Biagio De Giovanni, filosofo ed intellettuale particolarmente attento ai problemi della società, già rettore  dell’Università Orientale di Napoli, e Vincenzo Vitiello già ordinario di filosofia all’Università di Salerno ed ora anch’egli catturato da don Vergé al San Raffaele.

Nell’ascoltare gli interventi, tutti pertinenti ed essenziali, dei tre illustri pensatori è venuta in mente la storia dei tre viaggi compiuti da Platone a Siracusa dal 390 a. C. al 360 ospite dei tiranni Dionigi il vecchio, figura molto particolare del panorama del IV secolo, e del figlio Dionigi II detto il Giovane succeduto al padre, morto nel 367.

Platone, rievocando nella ‘ VII lettera ‘ il suo primo viaggio in Sicilia, scrive: ” Così mi trovai costretto a far le lodi della vera filosofia e dire che solo per suo mezzo è possibile conoscere ciò che è giusto per lo stato e per la vita del singolo e che quindi le generazioni umane non avrebbero mai trovato fine ai loro mali se prima il genere di coloro che sono veramente e rettamente filosofi non fosse pervenuto al governo dello stato, oppure il genere dei potenti avesse cominciato, per sorte divina, a coltivare veramente la filosofia “. Si sa bene la sorte toccata a Platone, in occasione del suo terzo ed ultimo viaggio a Siracusa, quando – soltanto grazie all’intervento dell’amico filosofo Archita di Taranto – è liberato dalla detenzione e può rientrare definitivamente ad Atene.

A distanza di quasi 2400 anni dalle vicende siracusane sembra che nulla sia cambiato. Infatti Vitiello, pur caratterialmente così mite, riesce a dare una più netta intonazione alla voce e scandisce: “ Il sapere non ha più potere. Siamo al  tramonto della teologia politica “.

Le sue considerazioni, ineccepibili dal punto di vista della personale indagine critica, spaziano tra la catastrofe e la lunga traversata nel deserto che attende tutti noi e, in particolare, le generazioni future. Poi, dopo un lungo peregrinare, forse sarà possibile conquistare qualcosa, identificabile magari col senso profondo della religione del vecchio Testamento mica, puntualizza Vitiello, con la ‘ storiella ‘ del Dio – Amore. La vera crisi è della polis, della comunità. E’ venuto meno l’orizzonte di senso  sulla cui base soltanto è possibile costruire la politica.

Gli altri due pensatori, De Giovanni e Cacciari, avendo compiuto concrete esperienze di impegno politico diretto, attutiscono in parte la diagnosi catastrofica dell’inventore dell’originale teoria ermeneutica della topologia.

Entrambi, come si sa, provengono dal vecchio Partito Comunista Italiano. Il primo riconduce la crisi  alla fine delle grandi narrazioni del Novecento che hanno dato lievito alla politica. E’ una crisi che investe la democrazia, lo stato sociale,  rendendo difficile se non impossibile la mediazione, e che travolge definitivamente la sinistra italiana. De Giovanni si augura che si tratti di trasformazione e non di crisi finale, irreversibile.

L’ex sindaco di Venezia, invece, più realisticamente auspica una nuova fase costituente nel corso della quale le forze politiche affrontino il problema di alcune riforme ormai non più rinviabili. L’eventuale indisponibilità ad affrontare responsabilmente e congiuntamente l’emergenza riformistica accentuerà il processo già avviato di decadenza della politica.

L’incontro a tre, insomma, nel dichiarare solennemente la sconfitta della filosofia da parte del potere, non solo non ha contribuito a rigenerare l’animo degli ascoltatori,  orientato da tempo verso un convinto pessimismo  ma, anzi,  ha ricondotto immediatamente molti dei presenti all’ amara realtà di una gestione della cosa pubblica contraddistinta da incultura, arroganza, presunzione, interessato pragmatismo.

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