ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA DI COPERCHIA NEL SALERNITANO

 

 

Salerno, 24 Maggio 2010

 

Ambrogio IETTO

 

I PRESUNTI ABUSI SESSUALI DEL BIDELLO

E IL DIFFUSO SENSO DI SFIDUCIA NEI RIGUARDI

DELLA SCUOLA E DEI SUOI OPERATORI

 

 

Emittenti televisive e testate giornalistiche sia locali sia nazionali hanno dato il giusto risalto all’arresto di un collaboratore scolastico ( è questa la qualifica ufficiale riconosciuta in sede contrattuale al bidello del tempo passato ), destinatario della duplice, gravissima accusa di responsabile dei reati di pornografia minorile e di violenza sessuale aggravata.

La vicenda coinvolgerebbe la scuola dell’infanzia di Coperchia di Pellezzano facente parte della circoscrizione di competenza della Direzione Didattica dello stesso Comune di cui è apprezzato dirigente il prof. Renzo Stio.

Come si sa il dipendente pubblico è stato arrestato nella notte tra il 21 e il 22 maggio presso il suo domicilio di Siano, sempre in provincia di Salerno. Gli stessi mezzi di informazione evidenziano le diffuse perplessità raccolte tra gli abitanti del ridente centro collinare confinante col capoluogo di città e di provincia.

Anche tra i genitori dei bambini frequentanti le tre sezioni di scuola dell’infanzia, ospitate all’interno del medesimo edificio ove funzionano gli uffici della direzione scolastica e dei servizi generali ed amministrativi, vengono espresse ampie riserve sul caso. Si sottolineano le particolari qualità umane e professionali del pubblico dipendente giudicato dalla maggioranza dei genitori particolarmente attento alle esigenze e alle sensibilità di allievi la cui età cronologica varia dai tre ai sei anni mentre si sono costituiti nella comunità locale, come era prevedibile, i due schieramenti degli innocentisti e dei colpevolisti.

La notizia frattanto viaggia soprattutto attraverso la rete informatica e la si ritrova anche sul blog di Roberta Lerici da Rignano Flaminio intitolato ‘Bambini coraggiosi ‘. Quasi sempre sotto accusa per così abominevoli reati sono figure adulte che coi piccoli destinatari delle perverse attenzioni hanno rapporti privilegiati costruiti nel tempo su base fiduciaria: familiari, insegnanti, sacerdoti, operatori del volontariato, vicini di casa.

Non sono pochi, però, i casi in cui improprie dinamiche comunicative, attivate in certi contesti sotto forma di passarola tra una fila o  un cerchio di persone, finisca con lo sbattere l’orco di turno in prima pagina.

Proprio la vicenda di Rignano Flaminio, giunta ormai alla fase processuale che inizierà a Tivoli nei prossimi giorni, ha assunto da tempo una sua emblematica dimensione che conferma quanto rischioso ed irriverente sia il pronunciarsi nel merito di accadimenti di questo genere non sempre sufficientemente chiariti nemmeno in sede di sentenza giudiziaria.

Così succede anche a chi scrive di sentirsi emotivamente coinvolto nell’osservare sulla copertina dell’ ultimo numero di ‘Sette’, periodico del ‘Corriere della Sera ’, l’immagine sofferta, dimessa, pensosa di Gianfranco Scancarello, diventato nel tempo bravo e notissimo regista televisivo, ma conosciuto e apprezzato già quaranta anni fa, all’interno del gruppo giovanile dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, quando il suo straordinario potenziale creativo  cominciava a manifestarsi nella migliore valorizzazione, a fini didattici, del linguaggio teatrale dei bambini.

Ora lo stimato amico del tempo passato, ‘ finito un giorno all’inferno senza sapere perché ‘ lo percepisci uomo psicologicamente distrutto, appoggiato ad uno dei secolari alberi di Villa Borghese, alla ‘ Casa del Cinema ‘ in attesa di giudizio.

La vicenda di Coperchia, al di là delle responsabilità o meno del bidello arrestato, alimenta qualche perplessità che investe direttamente il sistema scuola anche, e soprattutto, nella sua dignità istituzionale.

Viene in mente, innanzitutto, un riferimento normativo: la legge istitutiva della scuola materna statale, la n. 444 del 1968, il cui parto mandò in crisi per ben due volte il governo presieduto all’epoca dal compianto Aldo Moro. Bene, l’articolo 7 di quella norma prevedeva che il personale di custodia di questo primo segmento di scuola fosse esclusivamente ‘ femminile ‘. In verità il genere femminile era richiesto anche per tutte le figure professionali previste dall’organico: ispettrici, direttici ed insegnanti.

Una successiva sentenza della Corte Costituzionale consentì, a partire dal 1980, di estendere la partecipazione allo specifico concorso anche ad aspiranti docenti di sesso maschile. Sicuramente un pronunciamento giustissimo che, ad avviso di chi scrive, dovrebbe spingere un legislatore intelligente e sensibile a prevedere una ‘ quota azzurra ‘ per i prossimi, auspicabili concorsi a favore degli aspiranti docenti maschi delle scuole dell’infanzia e primaria la cui fascia di utenza risente spesso dell’ assenza stabile della figura  paterna all’interno di una famiglia inevitabilmente sottoposta negli ultimi anni e in entità notevole a frequenti processi di frammentazione.

Per il profilo del personale ausiliario operante a livello della scuola dell’infanzia andava mantenuta, però, l’esclusiva utilizzazione di personale femminile necessaria nell’attività di assistenza per la tutela dell’igiene intima di bambini ancora non dotati dell’indispensabile autonomia per praticare correttamente le operazioni collegate all’uso della vaschetta idrosanitaria del bidè o addirittura non in possesso del fermo controllo degli sfinteri.

Il passaggio del personale ausiliario dai Comuni allo Stato, l’impropria utilizzazione dei cosiddetti lavoratori socialmente utili disposta a livello centrale in sede di accordi siglati oltre dieci anni fa tra il governo e le organizzazioni sindacali, la rigida applicazione del principio della pari opportunità, la contrazione notevole degli organici, il generalizzato funzionamento a tempo pieno della scuola dell’infanzia,  rendono oggi impossibile, da parte del dirigente scolastico, l’esclusiva assegnazione di personale femminile a compiti inevitabilmente delicati che possono alimentare sia l’immaginario infantile nella fase di esplorazione e di manipolazione delle parti intime del corpo sia le  inaugurabili tendenze perverse eventualmente presenti nel subconscio dell’adulto preposto a quel tipo di compito.

Della vicenda, comunque brutta, di Coperchia di Pellezzano ciò che genera forti perplessità è, soprattutto, lo strano comportamento assunto dall’autorità inquirente e dagli stessi genitori che hanno formalizzato la denuncia.

I carabinieri, infatti, in un pomeriggio dello scorso mese di aprile, all’ora di chiusura delle attività didattiche, senza informare della visita il dirigente scolastico competente,  notificarono al collaboratore, successivamente arrestato, l’atto in cui veniva indicata la sua posizione di indagato per detenzione di materiale pedopornografico.

Le insegnanti di turno, che in quel momento stavano lasciando l’edificio, informarono telefonicamente della visita dei militari dell’Arma il capo di istituto che subito dopo si preoccuperà di contattare il comando della stazione dei Carabinieri per avere ragguagli sull’episodio. Generiche espressioni sdrammatizzanti sono considerate, da parte di chi le profferiva, sufficienti per ritenere  tranquillizzato il dirigente che il legislatore, all’art. 25 del decreto legislativo n. 165/2001, lo impegna ad ‘assicurare la gestione unitaria dell’istituzione scolastica, ad averne la legale rappresentanza, ad essere responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio ‘, attribuendogli, per giunta,  ‘ autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane ‘.

Insomma egli non sa,  perché nessuno ha ritenuto opportuno comunicargli notizie ufficiali in merito, che una sua ‘ risorsa umana ‘, incaricata di un compito delicato, è indiziata nientedimeno di detenzione di materiale pedopornografico. Nelle ore immediatamente successive all’episodio il passaparola, però, comincia a circolare con insistenza tra i genitori e la comunità del piccolo centro collinare.

Il dirigente, che  ufficialmente non ha letto né sa nulla di quanto accaduto, ascolta le posizioni quasi esclusivamente innocentiste dei genitori rappresentanti delle sezioni di scuola dell’infanzia interessate e consiglia al bidello di interrompere temporaneamente il servizio, formalizzando richiesta di congedo per malattia al fine anche di contenere l’inevitabile stress derivante dal sentirsi comunque bersaglio della comprensibile curiosità  della comunità scolastica.

Contestualmente il prof. Stio, nel rispetto dell’art. 69 del recente decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009, comunemente definito decreto Brunetta, aveva l’ardire di formalizzare al dipendente interessato – entro i prescritti 20 giorni da quando i carabinieri hanno fatto visita a scuola per contattare il bidello – formale atto di contestazione di addebito per le strane notizie che circolavano  nell’ambiente ma di cui egli dirigente non disponeva dell’ombra di un’informazione ufficiale da parte di chi avrebbe dovuto dargliele.

Infatti è soltanto nel momento in cui il collaboratore è convocato in ufficio, per il previsto contraddittorio, che il dirigente apprende dal legale di fiducia che l’accompagna la natura dell’ipotetico reato contestato.

La considerazione che viene da esprimere in proposito è primariamente questa: ci sono modi e modi per contribuire al processo in atto di delegittimazione e di dequalificazione dell’istituzione educativa statale. Spesso, purtroppo, vi contribuiscono anche altre istituzioni e figure teoricamente significative del panorama politico – culturale del Paese.

In questo caso meraviglia, proprio per la delicatezza del problema, la manifestazione di totale sfiducia manifestata dall’autorità inquirente nei confronti del funzionario responsabile esclusivo della  scuola coinvolta nella vicenda. Come sconvolge l’atteggiamento della coppia che ha formalizzato la denuncia all’ autorità competente senza avere anticipato al dirigente scolastico dubbi, perplessità, preoccupazioni che man mano affioravano nella mente, osservando i comportamenti del piccolo,  vittima presunta degli ipotetici, sconcertanti atti perversi dell’adulto. Eppure a guida di quella scuola è uno dei più qualificati dirigenti scolastici, uno studioso della psicopedagogia infantile, in gioventù già docente proprio di scuola dell’infanzia, autore di opere di pedagogia e di didattica dal riconosciuto apprezzamento accademico, presidente provinciale e dirigente nazionale dell’ANDIS, Associazione Nazionale dei Dirigenti Scolastici.

Ma cosa si vuole di più, vivendo in un Paese in cui il leader dell’opposizione Bersani non trova di meglio, al fine di riscaldare la platea dell’assemblea nazionale del suo partito, che invitare la donna Gelmini, madre da qualche mese di una bimba e ministro pro – tempore dell’istruzione pubblica, a non rompere continuamente i coglioni agli insegnanti che, tra l’altro, per essere in stragrande maggioranza donne, non ne sono nemmeno in possesso.

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