Archivio per giugno, 2010

IL CONVEGNO DI CONFINDUSTRIA SALERNO SUL MEZZOGIORNO TRA CRISI E FUTURO

30 giugno 2010

 

 

Salerno, 30 giugno 2010

 

Ambrogio IETTO

 

 

DAI  FATTOIDI  DI  DE  LUCA

 

ALLA SOBRIETA ‘ DI VETRELLA

 

 

‘ Mezzogiorno tra crisi e futuro ‘: un tema, se si vuole anche usato troppo, ma che rimane sempre accattivante soprattutto per quanti sperano che dal cilindro dei partecipanti ad incontri finalizzati all’approfondimento dell’odierna questione meridionale esca qualche idea, se non nuova, almeno propositiva, costruttivamente orientata ad indicare il possibile ‘ da farsi ‘ ora che cominciano a cogliersi finalmente segnali di ripresa nella produzione industriale.

Onestà intellettuale impone di considerare l’intervento introduttivo di Agostino Gallozzi, presidente di Confindustria Salerno, sostanzialmente contraddistinto dalla volontà di andare ben oltre la sequela lunga e noiosa dei problemi e delle difficoltà,  pur precisando che le imprese da sole non possono riuscire a determinare crescita e sviluppo senza il superamento di limiti oggettivamente riscontrabili nel Sud del Paese: il crimine organizzato, presente nella considerevole misura del 75% in Sicilia, Campania e Calabria, la restrizione creditizia, il surplus delle istituzioni che si sovrappongono nei processi autorizzativi, l’antico mostro autoreferenziale della burocrazia, le ben note carenze in campo strutturale.

Ad affrontare e a risolvere simili questioni dovrebbe essere la politica che, secondo Gallozzi, è rigidamente ferma a logiche di schieramento animate, purtroppo, da prevalenti interessi di parte.

In attesa di tempi e venti migliori gli imprenditori sono chiamati a socializzare tra loro idee e progetti, superare l’ambito individualistico della propria azienda, elevare la soglia della qualità dei prodotti, ‘fare filiera ‘ per andare oltre un’improduttiva frammentazione ( 7800 stabilimenti in provincia di cui la metà occupano meno di venti addetti!), elevarsi alla dignità di ceto dirigente, responsabilmente rispettoso del codice etico di Confindustria, possedere chiara consapevolezza dei mercati di sbocco e puntare all’ internazionalizzazione delle vendite. L’attività manifatturiera va posta al centro dell’attenzione.

La cronaca del convegno, riportata in altra parte del giornale, consente di acquisire ulteriori particolari sul contributo di Gallozzi che, pur avendo fatto riferimento ai due milioni di giovani meridionali laureati e diplomati fuori dai circuiti occupazionali, non ha mai menzionato scuola ed università, evitando – ad esempio – di indicare il contributo che quei settori imprenditoriali in positiva crescita  possono assicurare all’intero nostro filone formativo  in oggettive difficoltà secondo le rilevazioni internazionali e nazionali e ulteriormente penalizzato dai ben noti tagli apportati dal governo.

Eppure Gallozzi è esponente qualificato della Fondazione Italia Futura, presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, che nello scorso gennaio presentò proprio a Napoli l’ottimo studio di Adolfo Scotto Di Luzio sui ‘ Maestri d’Italia ‘, una figura professionale – secondo l’ex presidente di Confindustria – ‘ fondamentale nella costruzione del futuro di una nazione e del suo spirito comune, una figura ampiamente trascurata dalla nostra discussione pubblica e che merita di recuperare dignità e prestigio ‘.

Gli interventi che si sono succeduti hanno avuto come protagonista la componente politica. La posizione di Squillante, assessore provinciale al bilancio, è stata percepita come fortemente condizionata dal patto di stabilità e dalla vertenza Stato – regioni sulla manovra economica in atto. Questa, comunque, costituiva un’occasione preziosa per offrire una visione organica della politica di sviluppo e di crescita economica perseguita dall’Ente interessato ad un territorio ampio, variegato in fatto di potenzialità con due poli di eccellenza produttiva quali l’agro sarnese- nocerino per il comparto manifatturiero e la piana del Sele per il settore industriale – chimico.

Così a vivacizzare la scena è entrato in campo De Luca nella qualità di sindaco del capoluogo di provincia che, in fatto di potenzialità produttive, possiede solo il mare col relativo movimento collegato al porto. In verità non è mancato un riferimento al consorzio per l’area industriale che è stato richiamato per esprimere solidarietà al  collaboratore Marotta e per definire atto di cafoneria il comportamento assunto dagli esponenti del centrodestra nel corso del blitz dell’altro giorno.

Per il resto i presenti hanno ascoltato una filippica più aggressiva ed avvelenata del solito. Sotto processo i vari esponenti del governo con Tremonti in testa e, di tanto in tanto, la precedente giunta regionale. Ovviamente anche Caldoro non ha combinato nulla finora mentre sono stati quantificati i fondi  impegnati e gli interventi operati dal comune capoluogo per la trasformazione urbana e la migliore, complessiva vivibilità.

Nell’offrire anche un saggio del personale retroterra culturale, De Luca ha ritenuto opportuno citare lo scrittore statunitense Norman Kingsley Mailer, autore del notissimo romanzo ‘ Il nudo e il morto‘, coniatore del termine “fattoidi“ per indicare qualcosa che prima di apparire sugli organi di stampa o in televisione non esisteva.

Berlusconi e soci, secondo il sindaco di Salerno, sono produttori di “ fattoidi “ che hanno una forte capacità persuasiva in quanto risulta difficile contrastare la loro veridicità, gratificano chi li accetta prima di metterli in discussione e costruiscono la nostra immagine del mondo.

Dimenticava De Luca che anche noi salernitani siamo gratificati da “ fattoidi “, sentendo parlare di città europea, centro del Mediterraneo, metropolitana leggera, palazzetto dello sport, polis della cultura et similia.

Molto sobrio, al contrario, l’intervento del neo-assessore regionale alle attività produttive e ai trasporti Sergio Ventrella, ordinario di impianti aerospaziali alla Federico II, dal 1999 presidente del Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, autore di 91 pubblicazioni scientifiche, membro di diversi organismi internazionali.

Forse perché laureato in ingegneria aerospaziale come lo scomparso scrittore Norman Mailer, l’assessore regionale non ha voluto utilizzare “ fattoidi “. Non è caduto nella trappola del politichese e, a proposito delle opere strutturali, ha precisato che eventuali interventi della regione a favore dell’aeroporto di Salerno – Costa d’Amalfi ci saranno soltanto dopo avere verificato, con rilevazioni oggettive, l’effettiva esistenza e la reale entità di un mercato produttivo che ha bisogno di questa infrastruttura.

Egli si considera un imprenditore pubblico chiamato a spendere i soldi della povera gente e, quindi, primariamente impegnato a soddisfare le esigenze di quanti sono costretti per lavoro o per elementari, vitali ragioni ad utilizzare i mezzi pubblici.

Contestualmente l’impegno delle risorse pubbliche per potenziare il sistema logistico rimane solo se funzionale alla mobilità competitiva. Un parlare chiaro per nulla prossimo ai tanto menzionati “fattoidi “.

IL FUTURO DELLA CHIESA SALERNITANA

28 giugno 2010

 

Salerno, 28 giugno 2010

 

Ambrogio IETTO

 

 

 

DALL’EDITORIALE DI MONS. PIERRO

 

ALLA LETTERA DI MONS. MORETTI

 

 

Sull’ultimo numero di ‘Agire ‘, il settimanale cattolico della Curia salernitana, è stato possibile leggere non soltanto il testo della prima lettera alla Chiesa di Salerno da parte di Mons. Luigi Moretti, arcivescovo metropolita eletto, ma anche le considerazioni nel merito espresse da alcuni laici credenti.

Nell’articolo di fondo, collocato accanto al messaggio di Mons. Moretti, è stato inserito anche un contributo siglato coi tre asterischi e, quindi, da attribuire all’arcivescovo uscente Mons. Pierro, dall’emblematico titolo ‘ Preti per il proprio prestigio ? ‘.

L’intervento del presule uscente, pur muovendo dal recente ammonimento del Pontefice sull’impraticabilità di un sacerdozio vissuto al servizio della propria gloria, è motivato di certo dalla ben nota sua amarezza nell’essersi imbattuto, nel corso dei 18 anni di episcopato salernitano, in una nutrita serie di episodi che lo hanno visto in evidente, a volte rissoso contrasto con suoi presbiteri. Confermano il discutibile clima consolidatosi nel clero salernitano ulteriori, recenti dichiarazioni dello stesso arcivescovo e una delle prime affermazioni  di Mons. Moretti in cui si sottolinea l’impegno personale finalizzato a riportare pace tra i non pochi presbiteri che sono stati in rotta con gli ambienti curiali.

Nel suo articolo Mons. Pierro delinea il profilo del prete ideale che, tra le altre qualità, deve avvertire una ‘costante tensione alla santità ‘ ed essere pronto a ‘ creare comunione col proprio vescovo ‘ il quale, ovviamente, può anche sbagliare nelle sue valutazioni. In simili casi, aggiunge  il presule, va tenuto presente che le sue sono  ‘decisioni umane ‘ e che, quindi, ‘ non godono del crisma dell’infallibilità‘.

Queste ed altre considerazioni contenute nell’editoriale, nel mentre lasciano trasparire un sofferto processo di ripensamento da parte di Mons. Pierro su non poche discusse sue decisioni assunte nel corso del lungo episcopato salernitano, ripropongono, però, aspetti piuttosto delicati riguardanti la funzione del presule,  del suo rapporto, in particolare, col proprio clero e col laicato cattolico di riferimento, e del più volte richiamato principio dell’obbedienza.

E’, infatti, la conclusione del fondo che alimenta, come in altre occasioni, comprensibili perplessità. Scrive testualmente il presule: ‘ Non si può diventare presbiteri a qualunque costo anche in contrasto col proprio vescovo e vanificando il giudizio della comunità educante ‘.

Egli, nel mentre tende a raccogliere la filiale comprensione di quanti convengono sulla possibile erroneità delle decisioni umane, riafferma note caratteriali assolutamente poco compatibili con la delicatissima funzione di Pastore di anime. Ci si riferisce ad una discutibile caparbietà, ad una perseverante ostinazione, al mancato ascolto di una sia pure minima parte della cosiddetta ‘comunità educante ‘, ad un rapporto fiduciario esclusivo con qualcuno solo dei suoi presbiteri da sempre al centro di severe illazioni provenienti non soltanto da una fetta consistente di clero ma anche e, soprattutto, dal laicato cattolico i cui gruppi dirigenti, però, hanno non poca responsabilità nell’avere assecondato, con un conveniente silenzio e con ipocriti comportamenti,  decisioni e posizioni delicate che hanno messo in discussione l’autorevolezza e il carisma del presule.

Così chi ha osato manifestare interrogativi, perplessità, disorientamento in occasione di deliberazioni, pronunciamenti, decisioni, scelte assolutamente discutibili, è stato collocato, nel migliore dei casi, nella lista degli arteriosclerotici precoci.

La lettera di Mons. Moretti  contiene considerazioni significative che, anche se collocate in una visione generale del futuro suo impegno pastorale, consentono di dedurre una puntuale conoscenza delle questioni cui dovrà da subito rivolgere particolare attenzione: unità e solidarietà della Chiesa locale, un ‘ legame sacramentale ‘ tra l’intero clero e il proprio Pastore ‘ sancito dal vincolo dell’ordinazione sacerdotale ‘, la ‘edificazione di una comunità capace di diventare essa stessa riflesso della presenza di Dio sulle strade e nelle case ‘ della diocesi, un ‘ ruolo importante, se non decisivo ‘ dei laici,  la famiglia  quale ‘ fonte di ricchezza ‘ e sede della ‘ missione educativa verso i figli ‘, l’attenzione particolare per ‘ i  poveri e gli emarginati ‘ che ‘ non sono gli ultimi della fila ‘, un saluto, sia pure per il momento da lontano, per i sofferenti, ricordando che ‘ quando più si è capaci di chinarsi sulla sofferenza tanto più l’uomo riesce a innalzare il proprio animo ‘.

Sono espressioni forti e significative, proferite da un Pastore proveniente da ambienti vaticani e non soggetto a fattori propri di un deteriore localismo.

La sua paziente disponibilità all’ascolto e l’intelligente, serena valutazione di uomini e cose gli consentiranno, questa è la speranza diffusa tra quanti amano la Chiesa, di guadagnarsi da subito la fiducia e l’affetto dell’intera comunità salernitana.

 

                                                                                         www.ambrogioietto.com

FORMAZIONE CONTINUA DEI DOCENTI E INTRODUZIONE DI CRITERI OGGETTIVI PER VALUTARE IL MERITO: E’ LA RICETTA PER MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA SCUOLA

20 giugno 2010

 

 

Salerno, 20 giugno 2010

 

Ambrogio IETTO

 

A PROPOSITO DELLE CHIACCHIERATE PROVE INVALSI

 

A quanti operano con serietà professionale e con costanza d’impegno nella scuola deve far piacere che anche la grande stampa quotidiana abbia dedicato ampio spazio alla prova nazionale di giovedì 17 giugno, sostenuta da circa 580.000 allievi a conclusione del primo ciclo di istruzione ( ex terza media ).

Si potrà osservare che anche questa volta non mancano critiche all’istituzione scolastica e ai suoi operatori giudicati non sempre in grado di attivare processi di apprendimento funzionali alla risoluzione dei test oggettivi che vengono somministrati dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione.

Subito dopo la conclusione della prova, infatti, c’è stato addirittura un velocissimo sondaggio di Skuola.Net  con 863 interviste ad altrettanti studenti partecipanti alla rilevazione il 61% dei quali ha giudicato particolarmente difficili le prove in quanto non rapportabili alla routine delle ordinarie interrogazioni.

Può darsi che anche notizie allarmistiche di questo tipo possano finalmente contribuire a convincere importanti responsabili istituzionali ( nell’ordine Tremonti, Brunetta e Gelmini ) ad affrontare con la necessaria determinazione il problema della qualità del servizio scolastico e del ‘ successo formativo dell’alunno ‘, così enfaticamente dichiarato dal comma primo dell’articolo 4 del DPR n. 275/99 che regola l’autonomia scolastica.

Evidentemente si tratta di trovare le necessarie risorse finanziarie e di codificare l’obbligo per i docenti di ogni ordine e grado ad una qualificata formazione in servizio, introducendo contestualmente criteri oggettivi ed affidabili per la valutazione del merito delle loro prestazioni professionali.

Al momento sembra pertinente richiamare, sia pure per tratti essenziali, documenti ed impegni di respiro europeo che sollecitano i paesi aderenti ad impegnarsi per una scuola di qualità. Occorre innanzitutto riferirsi alla sessione straordinaria del Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000 che individua il seguente nuovo obiettivo strategico: ‘ diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo , in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale ‘. In questo quadro s’impone ‘ che ogni cittadino possieda le competenze necessarie per vivere e lavorare in questa nuova società dell’informazione ‘.

Nel linguaggio ufficiale trova, pertanto, piena legittimazione il concetto di competenza. E’ così che alla fine del 2006 Parlamento europeo e Consiglio d’Europa definiscono otto competenze chiave per l’apprendimento permanente. Tra queste si collocano in posizione prioritaria la comunicazione nella madrelingua  e la competenza matematica con le competenze di base in scienza e tecnologia. La prima competenza presuppone la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale e scritta e di interagire adeguatamente e in modo creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali.

Per competenza matematica, invece, gli organismi europei intendono l’abilità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane. Si chiede di porre attenzione, oltre che sugli aspetti della conoscenza, anche su quelli del processo e dell’attività.

Le successive indagini OCSE – PISA, come è noto, rilevano ancora una volta, nei due ambiti disciplinari richiamati, performance piuttosto modeste da parte dei nostri allievi quindicenni in rapporto alla media Ocse.

Il governo di centrosinistra, col ministro Fioroni, consapevole della necessità – dovere di dimostrare agli organismi europei l’impegno nel perseguire l’obiettivo di migliorare la qualità degli esiti scolastici, decide di inserire nella legge sulla Finanziaria 2007  importanti modifiche riguardanti l’assetto e le finalità dell’Invalsi con l’obiettivo primario di potenziarne la qualificazione scientifica e l’autonomia amministrativa.

A presiederlo viene chiamato Piero Cipollone, economista alla Banca d’Italia, confermato nell’incarico dalla nuova titolare di Viale Trastevere Mariastella Gelmini e coautore, insieme all’altro economista Paolo Sestito, del recente, prezioso volume Il capitale umano ( il Mulino, Bologna,2010).

Si sa che le indagini internazionali si sforzano di garantire la comparabilità delle prove tra i diversi paesi sotto osservazione e che le stesse tendono a rilevare non solo il possesso di determinate conoscenze ma anche la capacità di utilizzarle in determinati modi e tempi, tenendo conto  di circostanze adeguate alla necessità.

Di conseguenza anche le prove recentemente somministrate dagli esperti dell’Invalsi agli alunni dell’ultimo anno del primo ciclo di istruzione tendono ad accertare il livello di competenza raggiunto, cioè a verificare in quale misura il sapere posseduto risulta dotato di senso nella reciprocità tra azione e riflessione.

Le considerazioni critiche lette o ascoltate sulla loro non piena rispondenza alle periodiche verifiche, tradizionalmente utilizzate dai docenti italiani, rientrano nell’ordinaria letteratura giornalistica. Lo stesso presidente Cipollone, interrogato nel merito, ha spiegato molto semplicemente che lo scopo  della somministrazione dei test va individuato nell’esigenza primaria di rilevare gli apprendimenti degli studenti nella ‘ speranza che gli insegnanti usino i risultati per migliorare la didattica, per riflettere ‘.

E’ questo, infatti, il problema centrale: alimentare e consolidare tra i docenti la pratica della verifica continua al fine di assicurare  alla dinamica insegnamento – apprendimento risultati più soddisfacenti per la generalità  degli allievi.

Purtroppo anche le operazioni collegate alla rilevazione hanno risentito, almeno durante lo svolgimento delle prove dello scorso anno, da parte di non pochi docenti e dirigenti di istituzioni scolastiche, di comportamenti definiti eufemisticamente dal Miur ‘ opportunistici ‘, vale a dire non corretti. Il fenomeno ha preso il nome di ‘ cheating ‘ da to-cheat, cioè imbrogliare.

Una lettera spedita nella seconda metà di maggio dai direttori generali dei diversi uffici scolastici regionali ha notificato alle scuole interessate agli imbrogli i comportamenti opportunistici assunti – probabilmente – nell’infantile consapevolezza che i risultati ottimi raggiunti dagli alunni nei test avrebbero assicurato all’istituzione un’immagine referenziata e più credibile.

Ovviamente la Campania anche in questo campo ha conquistato un poco felice primato, offrendo agli alunni sotto verifica suggerimenti e indicazioni per la risoluzione positiva dei test e, in non pochi casi, provvedendo a dettare letteralmente le risposte giuste. Quanto accaduto si porta dietro, così, anche dal punto di vista educativo, ampie zone d’ombra.

Ora il ministro Gelmini ha intenzione di inserire, a partire dal 2012, prove oggettive anche negli esami finali del secondo ciclo di istruzione ( la comunemente detta maturità ). Avremo, così, ulteriori riscontri sulla fragilità del nostro sistema di istruzione. Il problema, allora, come anticipato all’inizio di questa riflessione, va affrontato all’origine con una seria formazione iniziale e una qualificata formazione in servizio, accompagnata dall’introduzione di oggettivi criteri per la rilevazione del merito della prestazione docente.

L’avere esteso le rilevazioni Invalsi anche a tutti gli allievi delle classi seconda e quinta della scuola primaria e alla classe prima della secondaria di primo grado ( ex prima media ) conferma che l’impresa coinvolge di fatto i docenti di ogni ordine e grado a partire dalla scuola dell’infanzia per la quale le stesse ‘ Indicazioni Fioroni – Ceruti ‘, da armonizzare con quelle del duo Moratti – Bertagna, individuano i ‘ traguardi per lo sviluppo della competenza ’ nei diversi ‘campi di esperienza ‘ compresi quelli relativi alla comunicazione, alla lingua, alla cultura, all’ordine, alla misura, allo spazio, al tempo e alla natura, tutte conoscenze, abilità ed esperienze collegate tra loro e propedeutiche alle competenze successivamente sottoposte a verifiche ufficiali.

Come per dire che la conquista di un sapere personalizzato, da manifestare in specifici contesti, presuppone un itinerario di apprendimento da individuare e da percorrere coerentemente da subito, impegnando le fondamentali dimensioni della cognitività, dell’operatività e dell’affettività.

UNA FIABA DEL NOSTRO TEMPO CONCLUSASI A LIETO FINE

10 giugno 2010

 

 

Salerno, 10 giugno 2010

 

Ambrogio IETTO

 

QUANDO A LUCA VERRA’ RACCONTATA LA SUA STORIA…

 

 

Annalisa Fortunato, la dolce e tenera mamma  di Luca così sensibile e buona da non avvertire odio nei riguardi di Annarita Buonocore la rapitrice del neonato, e suo marito Fabio Cioffi, l’integerrimo maresciallo dell’esercito, militare professionista impegnato in diverse missioni di pace, di qui a qualche anno, su puntuale consiglio dello psicologo di fiducia, dovranno pur raccontare a Luca la storia della straordinaria vicenda di cui egli fu involontario ed innocente protagonista a distanza di appena qualche ora da quando era arrivato al mondo.

Essi dovranno necessariamente  renderlo partecipe non appena Luca sarà in grado di comprendere il senso della loro narrazione e di avanzare, incuriosito al massimo da quanto sta ascoltando, la lunga catena dei  ‘ perché ‘ per i quali occorreranno risposte convincenti.

Il piccolo, infatti, avrà trascorso i primi due anni di vita tra le continue, forse anche apprensive attenzioni dei congiunti e gli sguardi compiaciuti ma anche curiosi dei vicini e dei conoscenti. Molte volte sarà stato anche additato, dall’altra parte della strada, mentre veniva condotto in carrozzina, come il tenero protagonista di una storia tanto più grande di lui.

Annalisa e Fabio saranno pronti, tenendosi per mano e guardandosi negli occhi, per raccontare a Luca la meravigliosa fiaba di cui egli fu il personaggio più importante.

Mamma e papà, infatti, volendosi un gran bene, decisero un giorno di farlo arrivare tra loro. Occorreva, però, del tempo prima che, trovandosi nel comodo pancione della mamma, si facesse sentire con degli insistenti calcetti e manifestasse, così, il desiderio di vedere come fosse bello il mondo in cui  mamma e papà stavano ad aspettarlo.

Anzi proprio papà Fabio, che era andato  molto lontano da casa per convincere uomini e donne a volersi bene e a vivere in pace, aveva  tanta fretta di salutarlo da prendere un rumoroso aeroplano ed arrivare in tempo alla fabbrica dei bambini di Nocera per fargli festa e dargli un bel bacio sulla fronte.

A salutarlo per prima, in verità, fu mamma Annalisa che, pur soffrendo un poco per la finestrina che le avevano aperto sul pancione, con orgoglio riuscì a pronunciare: “Fabio, vedi che bel regalo t’ho fatto. Meno male che quando Luca sarà grande non ci saranno  più guerre tra gli uomini. Però, per come è bello e pacioso, potrà fare sicuramente il comandante dei corazzieri al Quirinale ”.

Alle prime, curiose interlocuzioni del piccolo la narrazione entrerà più nei dettagli, facendo apparire in scena una bella fata, vestita di bianco, che viene attratta non solo dalla bellezza di Luca ma anche dal sonno profondo che l’ha preso dopo la laboriosa uscita dal pancione materno.

Così la fata, coi suoi occhi così profondi ed espressivi dietro gli eleganti occhiali da vista, si compiace con mamma Annalisa e non ha difficoltà a complimentarsi con lei per il bel pargolo che ha accanto.

Le confida anche che sarebbe stato suo desiderio poter essere madre di un bimbo così bello e tranquillo. Lei vuole tanto bene ai bambini da avere particolare cura per loro. E’ per questo motivo che prende Luca tra le accoglienti e delicate braccia e, con l’assenso scontato della mamma, decide di condurlo da un bravissimo medico che desidera conoscere tutti i bimbi nati quel giorno.

Strada facendo, però, la fata pensa che al piccolo faccia piacere compiere un bel giro in auto tra le strade della città che tanti anni dopo Luca percorrerà, prima in compagnia di mamma e di papà, e poi, da aitante adolescente, a braccetto con la fidanzatina.

Luca, da bambino buono qual è, si presta al gioco tanto da non spaventarsi per niente quando la fata lo condurrà nella sua casetta e si troverà al cospetto del suo innamorato  che, commosso e sorridente, crede davvero che il piccolo rassomigli tanto alla sua fatina vestita di bianco con le scarpette di color rosa.

C’è tanta gioia in quella casetta da non far comprendere che si sta facendo tardi e che mamma Annalisa comincia a manifestare impazienza per il mancato rientro nella  culletta del suo Luca.

Così in tanti si danno da fare per andare a cercare il piccolo con la fata un poco impertinente. Ormai tutti chiedono di Luca ed alcuni pensano che egli sia cresciuto così in fretta da darsela a gambe per conto suo in compagnia di qualche marmocchia venuta al mondo nello stesso giorno e precocissima come lui.

In città si organizza, così, un grandissimo cerchio con giovani, vecchi, fanciulli, poliziotti, nonne, badanti che, tenendosi per mano, danno vita ad un chiassoso ed immenso girotondo mai visto prima di quel momento.

Luca e la fata, frattanto, se la ridono, osservando da dietro la finestra tutta quella gente che li cerca. Così si mettono  a giocare a nascondino per prolungare la gioia di un incontro programmato dalla signora vestita di bianco e, tutto sommato, gradito anche da Luca.

Ora, però, l’attende mamma Annalisa che, finalmente contenta, l’abbraccia al seno.

La primissima avventura di Luca su questo mondo, come tutte le  fiabe che si rispettano, si conclude fortunatamente con un lieto fine.

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