Archivio per luglio, 2010

CALDORO NON SI PRONUNCIA, CIRIELLI FA FINTA DI NULLA MENTRE SICA CONTINUA A FARE IL SINDACO E IL PRESIDENTE DEL CONSORZIO AEROPORTO

17 luglio 2010

 

Salerno, 17 luglio 2010

 

Ambrogio IETTO

DISGUSTO PER LA POLITICA

 

E NOSTRE RESPONSABILITA’

 

 

Più segui, attraverso la stampa, le vicende della politica nazionale e di quella locale, e più prendi atto che faresti meglio ad interessarti di altro, a spaziare, grazie al potenziale fantastico – creativo di cui sei dotato, verso lidi ludico – ricreativi idonei a liberarti da una sindrome che non conosce né riesce a trovare un’adeguata terapia capace di debellare il cancro del pragmatismo elevato a sistematico malaffare e di ridimensionare il continuo riferimento al consenso popolare trasformatosi ormai in forme di cronico delirio giustificative della ricorrente arroganza personale e della impudente sfacciataggine.

Così non può far ridere la battuta del Cavaliere che liquida il trio Carboni, Martino, Lombardi come ‘ tre pensionati sfigati ‘ che si prendono il lusso, non solo di utilizzare un linguaggio spregiudicato e confidenziale con alti magistrati e importanti personaggi della politica, ma di essere addirittura accolti con tutti gli onori a casa di Verdini, uomo di sua stretta fiducia.

Allo stesso tempo fa riflettere l’iniziativa del Consiglio Superiore della Magistratura che, dopo aver assegnato con 14 voti contro 12 la responsabilità di presidente della Corte di Appello di Milano al giudice Alfonso Marra, quello stesso che rivolgendosi al geometra Lombardi da Cervinara promette molto confidenzialmente “ Pasqualì, poi facciamo ‘na bella festa, a Milano o a Roma”, avvierà nei prossimi giorni l’atto di incolpazione per il trasferimento d’ufficio dello stesso presidente.

Come per dire che sarà lo stesso CSM  a mettere in discussione e, eventualmente, a considerare manipolata la decisione assunta in precedenza a favore di Marra.

In calendario c’è anche un procedimento conoscitivo, in vista di una probabile iniziativa disciplinare anche contro lo stesso magistrato, da parte della Corte dei Cassazione il cui procuratore generale Vitaliano Esposito espresse uno dei 14 voti a favore dell’attuale presidente della Corte di Appello di Milano.

Insomma non è proprio operazione mentale facile districarsi in un simile ginepraio di illazioni, di iniziative contraddittorie, di supposizioni più o meno fondate.

Il panorama della politica locale non offre spettacoli migliori. Caldoro dice e non dice mentre a Napoli compaiono  manifesti con una scritta a caratteri cubitali “ Forza Cosentino, siamo tanti, siamo con te ! “.

La sollecitazione operata da Berlusconi a farlo dimettere da sottosegretario all’economia accontenta soltanto in parte i finiani desiderosi di vederlo cacciato via anche da coordinatore regionale del partito.

Il nostro presidente della Provincia Cirielli s’inserisce nel discorso e, pur avendo letto come tutti noi di un Cosentino consapevole dell’operazione dossieraggio affidata al rampante suo ex assessore provinciale di Pontecagnano, non solo non condivide le dimissioni da sottosegretario del parlamentare casertano, ma  eleva le stesse addirittura a testimonianza del senso dello Stato e della responsabile compartecipazione al destino dell’esecutivo.

Dall’onorevole Cirielli e da tutti i big del PDL nostrano, invece, non si ascolta e non si legge una sola parola che esprima perplessità, riserva, sconcerto, disappunto, biasimo, disapprovazione per quanto combinato dal loro amico di cordata Ernesto Sica, ancora sindaco di Pontecagnano e, soprattutto, ancora presidente del Consorzio chiamato a gestire l’Aeroporto.

Non c’è ombra di riserva mentale nei riguardi del giovane uomo politico di Pontecagnano ma come si fa, all’indomani della pubblicazione delle sue considerazioni in merito al dossier ricco di porcherie sul conto di Caldoro, ad entrare spavaldo nella sala consiliare del Comune che amministra e lanciare anche dei baci a suoi supporter orgogliosi di essere guidati da un sindaco giovanotto filiforme ed aitante che ridicolizza sui presunti froci presenti anche all’interno di una formazione politica presieduta da un amatore di fama come il Cavaliere ?

Ieri si attendevano le promesse sue dichiarazioni in sede di conferenza stampa che non c’è stata. Qualcuno gli avrà consigliato di non assumere comportamenti da smargiasso su una vicenda che, anche se non dovesse avere serie ricadute dal punto di vista giudiziario, non depone bene per quanto riguarda il profilo carico di esemplarità pedagogica che il senso comune attribuisce di solito ad un sindaco.

Il disgusto per la politica, ovviamente, non scaturisce soltanto da quanto accade nella compagine di centrodestra. Alle contraddizioni e alle posizioni divergenti, presenti da sempre a livello nazionale anche all’interno del partito democratico, il sindaco De Luca, per quanto ci riguarda più direttamente, conferma di meritare pienamente il titolo di ‘Pinocchio’ attribuitogli dalla redazione del ‘ Corriere del Mezzogiorno ‘.

A distanza di pochi mesi, nonostante avesse ribadito per un’intera campagna elettorale, il suo impegno a fare eventualmente anche l’oppositore all’interno del consiglio regionale, ha confermato, così afferma il bidonato ma ancora fedele Picarone, il suo amore per Salerno, disponendosi a correre per il Palazzo di Città per la quarta volta.

In questa logica, si legge su ‘Il Nuovo Salernitano’, il nostro sindaco si rende disponibile a far crescere ulteriore zizzania all’interno di diverse ordini professionali e di alcune associazioni di categorie non più disponibili ad accettare la riconferma dei rispettivi presidenti uscenti.

Che vergogna!

A quale autonomia potranno aspirare queste aggregazioni se ricorrono al sindaco per un ricambio dei propri quadri rappresentativi ?

Insomma non c’è solo il disgusto per la politica ma, purtroppo, anche la rinuncia definitiva ad ogni forma di libera determinazione.

La colpa, così, diventa primariamente nostra, disponibili come ci riveliamo sempre di più a non ascoltare gli essenziali richiami valoriali della libertà e della democrazia al fine primario di perseguire anche stupide, effimere gratificazioni, diventando inevitabilmente strumenti dell’altrui volontà.

SICA E IL DOSSIER ANTI CALDORO

13 luglio 2010

 

Salerno, 13 luglio 2010 

 

Ambrogio IETTO

 

L’ENFANT PRODIGE DI PONTECAGNANO

 

 

A metà maggio, quando si conobbe la composizione della nuova giunta regionale della Campania, meravigliò non poco anche me la nomina ad assessore di Ernesto Sica tanto che mi soffermai, con una nota di commento, ad ipotizzare un intervento risolutivo a tal fine da parte di un giovane imprenditore di Battipaglia, Davide Cincotti junior, che in Sardegna ha un consolidato rapporto di amicizia e, probabilmente, anche di affari con  Paolo Berlusconi, amato fratello del Cavaliere. Anche quotidiani di respiro nazionale fecero riferimento a questo stesso canale preferenziale che sarebbe stato scelto dal giovane sindaco di Pontecagnano. Ora si apprende, da una dichiarazione rilasciata dal faccendiere Flavio Carboni, personaggio da mezzo secolo al centro di  troppe vicende oscure e, purtroppo, ancora accreditato in ambienti romani che contano, di essere stato proprio lui ad aiutare ‘ Ernesto Sica a diventare assessore regionale, ottenendo una sorta di compensazione dopo la mancata designazione di Nicola Cosentino a candidato presidente della Regione Campania“.

Non è il caso di soffermarsi molto su chi sia stato il vero sponsor del rampante primo cittadino di Pontecagnano che, laureato in scienze politiche, ad appena 23 anni si trovò già destinatario di una designazione elettiva in qualità di consigliere comunale a cui fecero seguito ulteriori conferme al consiglio provinciale ( 1999 ), a sindaco della città (2000 ), a consigliere regionale ( 2005 ).

Di certo fu proprio questa elezione che fece scalpore, sollecitando politici ed osservatori ad interrogarsi sul fenomeno Sica gratificato da ben 27.759 consensi personali su di un budget complessivo di 86.255 voti raccolti dalla Margherita in provincia di Salerno con una percentuale complessiva pari al 14,82 %.

A calcoli fatti, considerando il meccanismo della preferenza unica, quasi un elettore su tre della Margherita aveva scelto Sica. All’epoca ci fu anche chi, invertendo la riflessione,  attribuì al giovane politico di Pontecagnano il merito di avere portato al partito di Rutelli almeno due dei tre seggi assegnati.

Allora il suo grande sponsor fu Ciriaco De Mita, inossidabile protettore di troppi salernitani approdati nel suo reame di Nusco e, successivamente, o scaricati oppure approdati ad altre rive.

Il rapporto De Mita – Sica fu particolarmente solido tanto che non pochi, attribuendo al secondo fama di tombeur de femmes, non escludevano l’ipotesi di un possibile matrimonio con una congiunta dell’ex presidente del Consiglio.

Pontecagnano, a seguito di questo clamoroso exploit elettorale di Sica, da ‘ terra di frontiera ‘ degli Etruschi, divenne l’ombelico della Margherita campana e nazionale. Si fece del tutto per rendere l’annuale kermesse politica non solo sede settembrina di confronti e di dibattiti ma anche occasione festaiola di forte attrattiva popolare.

L’enfant prodige doveva dimostrare, in particolare ai suoi concittadini, che la festa della Margherita di Pontecagnano non aveva nulla a che vedere, per qualità degli ospiti e per fastosità organizzativa, con le iniziative assunte in precedenza da Paolo Del Mese a favore del biancofiore democristiano. Tra l’altro allora arrivavano Andreotti, Pomicino e gli altri antidemitiani, ora la star fissa era proprio il visir di Nusco.

Con la mobilità politica tanto di moda nel primo decennio del terzo millennio entrambi i personaggi richiamati cambiarono casacca per ritrovarsi poi, strano destino,  a sostenere la coalizione di centrodestra.

I fatti recenti, appresi dalla stampa e dalle emittenti nazionali, vedono, dunque, Sica indagato perché avrebbe partecipato al piano finalizzato a screditare Stefano Caldoro aspirante alla carica di governatore della Campania, ruolo successivamente suggellato dal voto popolare della primavera scorsa.

A leggere i testi di alcune affermazioni proferite da Sica e registrate dalle intercettazioni riprese dal gip Giovanni De Donato ( ‘ Corriere della Sera ‘ di domenica 11 luglio, pag. 16 ) c’è da restare sconcertati. L’8 febbraio scorso un sms avverte Arcangelo Martino, ex sindacalista della Cgil e già assessore al Comune di Napoli: “ Dici a Nicola che dovrebbe uscire il rapporto di Caldoro con i trans…Siamo finiti in un mondo di froci…Povero Berlusconi “.

A digitare il messaggio sarebbe stato proprio Ernesto Sica che domenica, dopo aver rassegnato le dimissioni nelle mani del povero e sconcertato Caldoro, ha dichiarato: “ Sono l’ultima ruota del carro. Io là in mezzo sono il più scemo “.

Già, perché i registi dell’operazione sono i  menzionati Carboni e Martino e, terzo ma non ultimo per efficacia di influenza, tale Pasquale Lombardi, un vecchio diploma di geometra, la referenza di giudice tributario onorario, e la carica che più conta per lui e per gli altri, quella di ex sindaco democristiano di Cervinara, un comune di poco meno di 10.000 abitanti in provincia di Avellino. Questo Lombardi, più degli altri, si prende il lusso di dare del ‘tu’ a referenziati magistrati, ad uomini politici e di governo e di compiere interventi, a nome della cricca, nel tentativo di modificare orientamenti e decisioni addirittura della Corte Costituzionale e dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura.

Può darsi pure che Sica, così come dichiara, sia il più fesso di tutti e quattro e che sia incappato in un’operazione ideata da altri ma che, da aitante viveur che per piacere alle donne ha avuto la costanza di perdere non meno di trenta – quaranta chili,  esploda tra il compiaciuto e il rammaricato nell’immaginare il Cavaliere mortificato nell’apprendere di suoi uomini catalogati come frequentatori di transessuali, la dice lunga sulla sua consapevolezza dell’effetto che la bomba avrebbe prodotto.

E’ più che sufficiente, comunque, una simile stupidaggine per prendere atto della brutta fine fatta dalla politica con la P maiuscola.

E’ COMINCIATA LA COMPETIZIONE PER LA CONQUISTA DEL COMUNE DI SALERNO

10 luglio 2010

 

Salerno, 10 luglio 2010

 

Ambrogio IETTO

 

 

TEMPO DI VACANZE NON

 

PER CIRIELLI NE’ PER DE LUCA

 

 

Mentre l’interesse prevalente di quanti reggono pubbliche istituzioni è orientato verso gli esiti finali della manovra economica, pronta per essere licenziata dal Parlamento, un certo movimentismo si avverte in tutte quelle comunità della regione e della provincia ove, nella prossima primavera, si rinnoveranno i sindaci coi relativi consigli comunali.

Un’attenzione particolare è rivolta, ovviamente, al comune di Salerno ove è data per definitiva la riproposizione della candidatura De Luca apparso per la prima volta a Palazzo di Città venti anni fa come consigliere ed assessore e, quindi, come sindaco (1993 ), quando le dimissioni della maggioranza dei consiglieri portarono ad elezioni anticipate.

A dicembre dello stesso anno, però, l’attuale sindaco fu legittimato alla carica di primo cittadino dal voto popolare che si espresse per la riconferma nel 1997 addirittura con una maggioranza del 71%. Dopo la parentesi parlamentare, determinata dall’impossibilità di correre per il terzo mandato consecutivo, De Luca riconquistò il sindacato nel giugno 2006. Ora, se i calcoli non sono errati, egli tenta di nuovo l’impresa per la quarta volta dopo averne assaporata l’importanza nei pochi mesi del 1993 che sono fuori dal calcolo.

Questa caparbia, ossessiva  insistenza a dare continuità alla sua azione amministrativa è ufficialmente motivata dalla necessità di portare a compimento quel ‘rivoluzionario programma di trasformazione urbana ‘ che fu al centro del programma ben 17 anni fa.

In concreto, però, ritengo che ci siano due altri motivi ben più fondati. Il primo è di natura politica: fallita l’impresa per il governatorato della Campania egli non solo non ha interesse alcuno a rivestire il ruolo di capo dell’opposizione nel consiglio regionale così come aveva solennemente affermato nel corso della campagna elettorale ma ha piena consapevolezza dell’impossibilità e dell’improduttività di assumere sul territorio di riferimento la leadership  di un partito democratico frammentato, incerto, privo di idee.

La seconda ragione ha radici psicologiche: egli è nato ed è cresciuto politicamente per essere l’insostituibile primo della classe. L’esperienza parlamentare gli fece sperimentare la frustrazione di essere uno dei tanti. A Salerno, soltanto a Salerno, c’è la possibilità concreta di vivere la dimensione del migliore, del decisionista, di colui col quale chi lo vota intende identificarsi, percependolo di fatto come difensore della polis, trascinatore delle genti, indubbio ideatore e, sia pure in parte, realizzatore di una città con una precipua identità urbanistica e con un sufficiente grado di vivibilità.

La sua campagna elettorale, pertanto, è già avviata. Lo si vede e lo si legge presente in tutti quei contesti periferici e rionali in cui può riproporre il contatto diretto con la sua gente, con quella componente maggioritaria dell’elettorato che lo vota perché è Vincenzo De Luca e basta.

Dal canto suo il presidente della provincia Edmondo Cirielli è altrettanto attivo in una forma particolare di movimentismo. La stagione della sua campagna acquisti non ha tempi definiti e limitati come quella vigente nel mondo del calcio. Ormai c’è un rischio obbiettivo di implosione se non proprio di saturazione all’interno della sua compagine ove arrivano gladiatori da tutte le parti tenuto conto ormai che il termine transumanza è decisamente obsoleto e superato per assoluta carenza di idee forti e trascinatrici.

Si va, quindi, con naturalezza laddove c’è cultura dell’accoglienza. E l’onorevole Cirielli è quanto mai abile in questa arte. Riesce ad accontentare tutti, finanche chi in precedenza ha visto esprimere nei propri riguardi giudizi piuttosto severi di incapacità politica e di inettitudine operativa.

Se si va sul sito ufficiale dell’Ente Provincia si constata che le deleghe sull’università, sui ‘ rapporti istituzionali ‘, sui ‘ piccoli comuni ‘ , sulla ‘ricerca scientifica ‘, pur riservate alla competenza dello stesso presidente, si ritrovano assegnate anche a tre – quattro assessori. Al di là di questi trascurabili particolari si sa che a disporre di tutto sulla politica della Provincia è la personalità forte del presidente che, però, sembra interessato soprattutto alla complessa e particolare situazione politico – amministrativa dei singoli comuni e delle diverse aree circoscrizionali del territorio.

E’ vero che non si nascondono velleità per la conquista anche del comune capoluogo. Qui, però, il quadro è più complicato e non solo per l’ennesima candidatura di De Luca. I processi aggregativi in una città di 150.000 abitanti sono meno facili di quelli possibili in entità amministrative più a dimensione umana ove il carisma di questo o di quel rappresentante  politico può contare sul seguito consolidato di amici, sostenitori ed amministrati.

Salerno è una città ove, se si escludono le frazioni alte e i quartieri di Mariconda e del Centro storico, vivono e sono elettori decine di migliaia di insegnanti, di impiegati, di liberi professionisti, di commercianti, di pensionati che sono educati, per fortuna, a pensare, a riflettere, a valutare e a decidere per proprio conto.

Hanno bisogno, quindi, di ascoltare proposte concrete e fattibili sul disegno futuro della città, sulle politiche sociali e culturali che si vogliono portare avanti, sui livelli di vivibilità e di sicurezza che si ha in mente di raggiungere. Gli slogan che verranno coniati in autunno non avranno senso se a decodificarli non ci saranno persone qualificate, referenziate, attente ai bisogni diffusi della gente ma anche realisticamente impegnate ad evidenziare, con fondata documentazione, carenze e limiti della lunga gestione De Luca.

La scelta del candidato a sindaco di certo avrà la sua importanza per l’aggregazione di centrodestra. Essa, però, va attentamente meditata e responsabilmente accreditata, rinunciando alla solita fioritura di nominativi inconsistenti ed inadeguati.

Le vacanze sono ormai prossime ma sia per De Luca sia per Cirielli il pensiero sarà egualmente portato, nonostante la calura estiva,  a riflettere, per motivi diversi ma col medesimo obiettivo, su come riconquistare o su come espugnare Palazzo di Città.

 

                                                                                www.ambrogioietto.com

L’ULTIMO ROMANZO DI BARBARA D’ALTO

4 luglio 2010

 

 

Salerno, 4 luglio 2010

 

Ambrogio IETTO

 

“ LE NOTTI DEL CARRUBO LUNATO “

 

 

Possono un carrubo, l’albero sempreverde della famiglia delle leguminose, la luna ed una vecchia, arrugginita teleferica erigersi a protagonisti di una storia animata comunque da diversi personaggi del passato, di ieri e di oggi alcuni straordinariamente generosi, pienamente disponibili verso il prossimo, altri imprigionati dentro un vissuto sofferto, contraddittorio che di fatto impedisce loro di aprirsi, di comunicare, di partecipare stati d’animo delicati ma intensi, ed altri ancora che appaiono di tanto in tanto in retroscena ma che pure sono portatori di attese, di speranze, addirittura di progettualità ?

Eppure questo ‘ miracolo ‘ si verifica ne “ Le notti del carrubo lunato “ ( Plectica Editrice, 2009, euro 12 ) l’ultimo romanzo di Barbara D’Alto che, già dalla scelta del titolo, ha probabilmente inteso esprimere un’opzione a favore di alcuni elementi messi a disposizione da madre natura per farne testimoni discreti, silenziosi ma compartecipi delle variegate storie e delle molteplici vicende che contraddistinguono l’itinerario esistenziale di ognuno di noi.

La presenza del  carrubo dentro questa storia romanzata, da pianta originaria delle zone costiere del Mediterraneo sud – orientale ed importata da noi ad opera degli Arabi, aiuta a localizzare il contesto descritto nelle colline del nostro Vallo di Diano o del nostro Cilento. L’originalità dell’albero, però, non sta, come può dedursi, nel fatto che il suo tronco, di per sé corto e largo, possa richiamare la forma della luna. No, trattasi di un carrubo lunato perché le sue foglie paripennate in superficie di colore verde scuro e i suoi fiori rossi a grappolo giocano un brutto scherzo alla luna tanto da farla percepire, da chi osserva l’albero di notte, impigliata, trattenuta, quasi prigioniera.

Ed è quel carrubo lunato che fa da faro a chi, nella notte, cerca il luogo dove vive, anch’essa imbrigliata, tenuta a freno come la luna, Donna Almerina con gli ossessivi richiami del passato che non riescono, però, ad attutire la sua voglia di amare, il suo desiderio di cogliere e gustare gli attimi significativamente fuggenti della vita.

Ed è proprio quel carrubo lunato che diventa galeotto tanto da porre il sigillo ad una specifica, particolare notte d’amore vissuta prima ancora di un’attenta verifica dell’autenticità e dell’intensità dei sentimenti.

La luna, comunque, non è sola quella bloccata dal carrubo che, a sua volta, finisce col sentirsi costipato da questo abbraccio notturno  tanto da avvertire una sensazione liberatoria quando, nello ‘splendore terso del mattino ‘, riesce ad accendersi ‘ di sole come una fiaccola ardente‘. E’ anche la luna ‘ arroventata e gialla ‘, la luna che sbuca ‘ tra i rami intridendo le foglie di luce ‘, la luna ‘bionda e gobba ’che lava i tetti del paese, la luna ‘ rotonda e chiara ‘ che comincia ad alzarsi nella notte precoce, la luna che, riempiendo il cielo schiarisce  ‘ quella terra silenziosa e tormentata ‘, la ‘luna di rame ‘ che sosta ‘ ampia nel cielo ‘, la luna ‘ esile, trasparente, corrosa come un osso di seppia  sulla riva del mare ‘, la luna che rimbalza ‘ comparendo e scomparendo come un singulto ‘, la luna ‘ infuocata e stretta come la lama di una scimitarra ‘, la luna che fende ‘un cielo sbigottito e nero ‘, la luna ‘ impudica ‘ che sosta sul  ‘carrubo infiammando le foglie ‘, la luna ‘ infuocata ‘ che preannuncia la notte, la luna dalla ‘ bianchezza elettrica, immobile, sospesa in un niente di insensibilità e di lontananza ‘, la luna ‘ di pergamena ‘ che si annida tra i vigneti.

L’esistenza di Almerina per certi aspetti è segnata, se non proprio ossessionata dalla luna. Il papà don Isidoro, di origine spagnola, infatti, da attento e protettivo precettore, l’avvia alla lettura del suo conterraneo di Granada, il grande Garcia Lorca, e spesso le legge ‘ la luna gira nel cielo sopra le terre senz’acqua ‘.

Il ruolo di terzo protagonista, non meno importante del carrubo e della luna, è ricoperto  da una vecchia teleferica militare col suo vagoncino, un obsoleto impianto funicolare a sistema ‘ va e vieni‘, un tempo utilizzato dai carbonai ed ora rimesso in funzione dall’estro innovativo del primo e del secondo Lorenzo.

Ed è proprio sul punto più alto di quella ‘sospensione alta e minacciosa ‘, di ‘ quel vuoto incombente ed oscuro ‘ che si ripropone il rito di un ‘ amore portato alle estreme conseguenze ‘. E’ la stessa autrice a chiarire il senso della metafora: l’amore folle, quel sentimento disposto ad affrontare improponibili scommesse e rischiose situazioni non giustificabili all’occhio dei più, è paragonabile al traballante vagoncino della teleferica, sospeso sul vuoto, che – nel mettere in pericolo la stessa integrità fisica dei due innamorati – genera l’idea di quanto la stessa esistenza umana sia appesa ‘ sul tutto e sul niente ‘.

‘ Le notti del carrubo lunato ‘ confermano le straordinarie doti di narratrice di Barbara D’Alto, già vincitrice, con ‘Dal fronte psiche ‘ della prima edizione del Premio ‘ Torre Petrosa ‘ che si tiene ogni anno in agosto nello stupendo borgo marinaro di Villammare.

Ella, anche se portata a penetrare il profondo del vissuto dei suoi personaggi, a scandagliarne i fondali, rendendo partecipe il lettore di sommerse sofferenze, di ricordi teneri ma rabbuiati da un presente ossessivo e claustrale, alimentata da una narrazione fertile e, a volte, anche imprevedibile nello sviluppo della trama, non trascura i richiami di tradizioni e riti prossimi all’antropologia di cui è essa stessa testimone attenta ed espressione fedele.

Discorso a parte meriterebbe il glossario utilizzato: puntuale, tecnicamente preciso, ricercato anche nella descrizione di particolari minimi.

Barbara D’Alto,  intelligente dirigente scolastico, lascia nel prossimo mese di agosto il servizio attivo. Di certo non si annoierà. Nella parte terminale del romanzo, sicuramente ricca di emblematici richiami autobiografici, è richiamata dalla giovane Teresa, presunta narratrice della storia dei suoi antenati, la funzione arricchente e catartica della letteratura.

L’amica D’Alto è lettrice accanita e competente. Ne ha dato prova anche in ‘Interferenze‘, importante suo primo lavoro letterario. Il suo straordinario potenziale di creatività, ora che è libera dagli impegni ordinari di lavoro, produrrà altre avvincenti storie.

Senza nulla togliere alla dignità e alla serietà della nostra  Plectica Editrice già questo romanzo avrebbe meritato l’inserimento in un catalogo di rilevanza nazionale. Ma fa niente. Importante è scrivere, organizzare in una prosa limpida e scorrevole, come fa la D’Alto, quanto di forte e significativo erompe dalla mente e dal cuore di chi ama narrare sentimenti e storie dell’esistenza umana.

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