IL CAMBIO DI GUIDA NELL’ARCIDIOCESI DI SALERNO

 

Salerno, 4 Settembre 2010

 

Ambrogio IETTO

 

UN SALUTO NON IPOCRITA A

MONSIGNOR PIERRO

 

Eccellenza,

mi avvalgo dell’opportunità offerta da ‘ Il Nuovo Salernitano ‘ che, tra gli inevitabili difetti, ha il merito di dare ospitalità piena alle più diverse opinioni, per parteciparle il mio doveroso saluto di commiato e per augurarle di tutto cuore la desiderata serenità per l’ulteriore percorso della sua esistenza sicuramente lungo e benedetto dal Signore.

Nella qualità di credente e di rappresentante di un gruppo associativo di ispirazione cattolica sarebbe stato atto dovuto da parte mia essere presente questa sera alla cerimonia ufficiale programmata in Cattedrale. Non vi parteciperò perché mi sentirei in difficoltà se non proprio in peccato, avendo assunto da tempo posizioni pubbliche piuttosto critiche nei suoi confronti.

Io ho avuto la fortuna, durante la fanciullezza e l’adolescenza, di fruire della guida di un sacerdote trentino, don Cesare Salvadori, che fu il primo responsabile della dipendente parrocchia del S. Cuore di Bellizzi, affidata dal suo illustre predecessore mons. Monterisi ai Padri Stimmatini  di Verona.

La sua attività di formazione a favore dei pochi ragazzi dimoranti nel borgo rurale di allora fu piuttosto severa. Per il prete della Val di Non anche il solo pensare in chiave critica del prossimo, il sorprendersi a cogliere contraddizioni e comportamenti ambigui negli altri, il giudicare manifestazioni ipocrite le genuflessioni e gli atti di riverenza che riceverà di certo anche questa sera da parte di alcuni presenti in duomo, critici severi in sedi informali di decisioni da lei assunte nel corso del suo episcopato, sarebbero stati considerati pensieri ed atti da classificare indiscutibilmente tra i peccati mortali.

Pertanto, non volendo appesantire ulteriormente il fardello delle mie trasgressioni nei confronti dei ‘Dieci Comandamenti ‘, ho deciso di avvalermi del presente canale di comunicazione per esprimerle comunque un ‘ grazie ‘ per l’opera svolta nel corso dei diciotto anni alla guida della nostra Arcidiocesi.

Certo, essa è stata spesso molto chiacchierata. Già il suo ingresso ufficiale in città, nel luglio del 1992, fu oggetto di pregiudizi e di riserve mentali. Il compianto sindaco Vincenzo Giordano nel salutarla con un pubblico manifesto si augurò che il suo fosse ‘ un Ministero pastorale che, senza alcun condizionamento ‘, potesse  esprimere solo ‘ le aspirazioni vere e profonde di tutto il popolo‘. Personalmente, considerando inopportuna la considerazione sindacale, non ebbi perplessità nel prendere nette posizioni a suo favore ( leggere ‘ Il Mattino ‘ del 7 luglio 1992 ). Le allusioni del primo cittadino si fondavano sulla sua provenienza irpina e sui rapporti privilegiati costruiti ad Avellino con l’onorevole Ciriaco De Mita.

Nel corso degli anni lei ha fatto di tutto per dare ragione al povero Giordano. In decine di editoriali pubblicati sul settimanale ‘ Agire ‘ della diocesi ha cercato di orientare i lettori verso opzioni coincidenti con quelle del noto politico di Nusco, dimenticando che tra il popolo dei fedeli ci sono espressioni culturali e politiche di tutte le tinte. Anzi, Eccellenza, lei ha fatto anche qualcosa di più: ha ostentato la sua scelta di andare a votare anche per le primarie indette dal  partito democratico dell’era Veltroni.

E dire che le sue amarezze emergevano e si consolidavano, purtroppo, anche all’interno della composita e lacerata famiglia dei presbiteri.

La brutta, antipatica storia di don Patrizio, i ricorrenti, discussi  avvicendamenti in Curia, la triste, lunga ed amara controversia con don Antonio Cipollaro e con la comunità ecclesiale di Campagna, le vicende non proprio nobili interessanti il contesto umano impegnato all’interno del seminario, l’improduttivo contenzioso attivato col ‘ Gregge ‘, lo sconcertante spettacolo offerto dal conflitto esploso all’interno dell’Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero, le posizioni assunte nei confronti di Casa Betania e di padre Antonio Tomay, l’incresciosa faccenda della colonia San Giuseppe, i rapporti privilegiati con l’Amministrazione comunale di Salerno, solennizzati anche con la cerimonia di presentazione della sua nota quaresimale di quattro anni fa, svoltasi al Salone dei Marmi di Palazzo di Città e non nel Salone degli Stemmi del Palazzo Arcivescovile, rappresentano eventi ed esperienze che hanno turbato non solo la sua persona ma anche quella parte della comunità ecclesiale più sensibile e meno ipocrita.

Avendo avuto modo, nel corso di questi anni, di conoscere ed apprezzare aspetti distintivi della sua personalità, tra i quali l’autenticità e l’immediatezza del linguaggio, il nobile, ricorrente richiamo all’umiltà delle sue origini e alle sofferenze vissute nel corso della fanciullezza e dell’adolescenza, la sottile arguzia e il simpatico senso dell’ironia, l’attenzione costantemente partecipata verso i deboli e i sofferenti, la ricorrente opzione a favore di un equilibrato pragmatismo, sono convinto, Eccellenza, che gli errori umani commessi e le decisioni discutibili assunte siano il prodotto dell’acritica accettazione, da parte sua, di consigli e suggerimenti offerti non disinteressatamente da personaggi che da troppo tempo hanno di fatto in mano il governo dell’Arcidiocesi.

Come ha avuto modo di leggere, il mio saluto non ha voluto eludere questioni e problemi che, a mio avviso, hanno gettato  ombre sul suo episcopato.

Molto umilmente sono anch’io convinto che la linea scelta da Papa Benedetto XVI di affrontare, con chiara determinazione, anche le vicende più scabrose che coinvolgono la comunità ecclesiale, dia maggiore forza e la necessaria autorevolezza alla Chiesa cattolica, apostolica, romana.

Con affetto sincero, suo

                                                                                Ambrogio Ietto

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