LA DISPUTA TRA DE LUCA E CIRIELLI AVVIATA NEL PEGGIORE DEI MODI

 

Salerno, 26 Ottobre 2010

Ambrogio IETTO

GUERRIGLIA URBANA

 

Il titolo non inganni i pochi cortesi lettori. Non oso far riferimento a quanto sta accadendo nell’area vesuviana di Terzigno e di Boscoreale ove, come da antico, consolidato copione, vien data puntuale conferma di una classe politica locale irresponsabile, guidata esclusivamente dalla logica del mantenimento del consenso ad ogni costo e comodamente in attesa che sia lo Stato centrale ad affrontare e a risolvere problemi riemersi soprattutto a causa della propria inettitudine, della mancanza di coraggio e, non di rado, della stretta contiguità col mondo del malaffare ad assumere decisioni, temporaneamente dolorose per le comunità amministrate, ma indispensabili per garantire un minimo livello di vivibilità alle giovani generazioni.

La guerriglia cui intendo far riferimento è quella parolaia e volgare che ormai già da qualche mese alimenta la cronaca della città e del suo territorio. Ci sono due leader in campo, Cirielli e De Luca, caratterialmente abbastanza affini: il primo, formatosi all’interno di un contesto familiare probabilmente rigido e determinato e di una comunità educativa esterna ispirata da un ramo delle scienze dell’educazione, qual è la pedagogia militare, riconosciuta anche in sede scientifica. L’ingresso in politica del presidente della provincia ha rappresentato l’occasione desiderata per dare implementazione alle strategie acquisite in sede di formazione teorica tanto da trasformarsi in autentico bulldozer umano capace di demolire quanti, all’interno del partito d’origine, avevano cercato di collocarsi in sua alternativa. Ora queste persone, anche se valide e dotate di un sufficiente grado di autonomia critica, sono costrette a pendere dalle sue labbra e ad assumere comportamenti politici assolutamente non discostanti dalla linea del capo che, va detto a chiare lettere, ha tutte le qualità per imporsi non solo quale leader istituzionale ma, soprattutto, come soggetto carismatico, dotato di intelligenza superiore e di indiscutibile ascendente.

Di De Luca si conoscono altrettanti tratti di personalità che conducono ad un profilo di eguale autorevolezza e determinazione: approdato preadolescente a Salerno da Ruvo del Monte, come migliaia di altri lucani, ha affrontato l’iniziale processo di integrazione cittadina nel quartiere Calenda e, quindi, al liceo classico ‘ Tasso ‘ ove, tra i tanti coetanei aderenti all’impegno politico contestatario del 1968, ha consolidato rapporti di riflessione e di azione politica con la più giovane Lucia Annunziata e con l’enfant terrible Michele Santoro.

L’attività speculativa in campo filosofico l’ha orientato poi ad un’adesione convinta all’ortodossia marx – leninista: prima la scuola sindacale di Ariccia con impegno diretto nella delicata ma affascinante realtà del proletariato agrario, quindi l’ascesa ai vertici del PCI e del PDS con itinerari formativi privilegiati alle Frattocchie e a Botteghe Oscure.

Il resto è storia personale che pesa da trenta anni sulla più importante storia della città capoluogo. Palazzo di Città, infatti, ospita l’inquilino De Luca dal 1990, cioè da quando, a 41 anni di età, il gruppo oligarchico che guidava il partito gli diede l’ok per andare ad occupare, di lì a qualche anno, la poltrona più alta del Salone dei Marmi.

Con lui ha preso corpo la cosiddetta stagione dei sindaci e, strada facendo, il processo di identificazione di De Luca con la città, col sindacato e col ‘ faccio tutto da me ‘ si è definitivamente consolidato.

A latere sia del sindaco di Salerno sia del presidente della provincia è cresciuta qualche risorsa giovanile che ha inteso interiorizzare la dimensione caratteriale peggiore dell’identità del rispettivo leader. Vanno comprese, così, ma per niente giustificate, espressioni al vetriolo che si leggono sui manifesti murali o si ascoltano in dichiarazioni rilasciate alle emittenti televisive e ai giornali.

La campagna elettorale che, di fatto, si è già aperta in città per le amministrative della prossima primavera vede utilizzare impropriamente pseudonimi e termini che finiscono con l’aggravare ulteriormente il clima da guerriglia verbale e piuttosto incivile respirabile in città.

Entrambi i leader si portano il limite di avere deciso da soli come e con quali candidati affrontare la disputa elettorale. Gli Andria, i Iannuzzi, i Valiante Antonio, i Pica, i Cuomo, i Vaccaro sono costretti a tacere per elementari motivi di sopravvivenza. Sull’altro fronte il copione seguito è lo stesso: al ‘principe ‘ Cirielli si riconosce la sacralità del verbo e dell’azione mentre la stessa Mara Carfagna, che pur sta dando una forte identità culturale e politica al dicastero che presiede, è costretta semplicemente a contare i tanti tradimenti subìti a causa dell’irresistibile fascino di cui è portatore il collega di partito Cirielli.

 

                                                                            

 

 

 

 

 

 

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