Archivio per ottobre, 2010

DE LUCA, COME BERLUSCONI, E’ INVISO A DE MAGISTRIS

13 ottobre 2010

 

Salerno, 13 Ottobre 2010

Ambrogio IETTO

I TRATTI ‘ BERLUSCONIANI ‘ DI DE LUCA

 

Su ‘ Il Nuovo Salernitano ‘ del 9 febbraio 2010, in piena campagna elettorale per le regionali, scrissi un ‘ pezzo’, oggi tuttora leggibile su questo blog ( archive febbraio 2010 ) dal titolo ‘ De Luca come Enrico IV’.  

In quell’intervento mi permettevo avanzare un parallelismo tra il sindaco di Salerno, all’epoca candidato alla carica di governatore della Campania, e l’imperatore tedesco  che, al fine di prevenire e scongiurare il viaggio in Germania di Gregorio VII, pontefice a noi salernitani particolarmente caro, ed evitare, così, di sottoporsi al giudizio papale in seno alla dieta di Augusta, appositamente organizzata dai grandi feudatari, preferì presentarsi a piedi nudi, in abito di penitente, al castello di Canossa ove si trovava, ospite della contessa Matilde di Toscana, il grande Ildebrando di Soana.

Ebbene il nostro primo cittadino, pur di ottenere il sostegno elettorale del partito di Di Pietro, si recò a Roma all’assemblea di ‘ Italia dei Valori’ ove chiarì la sua posizione processuale e le linee programmatiche della sua candidatura a presidente della giunta regionale della Campania, conquistando, grazie all’indiscutibile carisma di cui è dotato, l’entusiastica adesione della folta platea.

In quella stessa occasione, condizionati dal loro linguaggio tecnico – professionale, si pronunciarono ovviamente Luigi De Magistris, che  richiamò l’evento come una sorta di ‘ processo breve ‘, e il suo ex collega  e leader Antonio Di Pietro che definì l’intervento di De Luca frutto di ‘dichiarazioni spontanee‘.

Si sa che, a seguito dell’accettazione, da parte del sindaco, dell’avvenuta prescrizione per un’antica vicenda giudiziaria collegata all’attivazione di un sito provvisorio di stoccaggio, sono arrivati i giudizi severi di entrambi gli ex magistrati ora leader rivali dentro l’aggregazione partitica fondata dal molisano.

De Luca ha informato la stampa di avere querelato per diffamazione De Magistris in relazione alle affermazioni contenute nell’intervista resa ieri dall’europarlamentare al ‘Corriere del Mezzogiorno‘.

Anch’io ho letto quel testo e non nascondo di essere rimasto significativamente impressionato soprattutto da un’espressione dell’ex magistrato: ‘ E poi se proprio vuol saperlo, per me quel sindaco ha tratti tipicamente berlusconiani ‘. Perbacco, finalmente si è scoperto l’arcano! A De Magistris De Luca sta sullo stomaco perché somiglia troppo al cavaliere Berlusconi.

Non ha chiarito, però, l’europarlamentare se col termine ‘ tratti’  volesse far riferimento al modo di rapportarsi con gli altri da parte di De Luca, alle peculiarità che contraddistinguono il suo metodo di governo ( decisionismo, centralismo, pragmatismo, populismo et similia ) o, in senso decisamente positivo, al carisma, all’indubbia ascendenza che riesce ad avere su una parte consistente dei suoi amministrati.

A me sorge il sospetto che De Magistris e il suo maestro Di Pietro siano invidiosi soprattutto dell’espressività facciale, delle fattezze che assume il viso di De Luca quando interviene in pubblico o quando tiene le sue omelie settimanali in TV. Entrambi vorrebbero risultare efficaci come il sindaco nonostante la  consolidata veemenza verbale di quest’ultimo.

Il loro modo aggressivo ed arrogante di comunicare, invece, indispone non poco. La gente comune, infatti, li osserva e ringrazia Iddio di non essere caduti nelle loro grinfie quando svolgevano l’attività di magistrato.

De Luca tutt’al più richiama alla mente il Cavaliere perché senza giri di parole cerca in ogni modo di agire, di operare, di realizzare. E’, però, più fortunato di Berlusconi. Infatti ha da governare un consiglio comunale tanto meno numeroso del Parlamento e molto più benevolo ed accomodante.

 

 

 

 

 

IL TERMOVALORIZZATORE DI SALERNO ‘ BRUCIA ‘ CIRIELLI E IL PDL

9 ottobre 2010

 

Salerno, 9 Ottobre 2010

Ambrogio IETTO

UNA POLITICA DA TORRE DI BABELE

 

Dal libro della ‘ Genesi ‘ ( 11,9 ) è possibile apprendere che dopo il diluvio gli uomini, accampati nella pianura di Sinnar, a sud della Babilonia, motivati dal comune desiderio di potenza, avvantaggiati dall’uso di un’unica lingua e preoccupati di disperdersi, convennero sull’opportunità di costruire una città con una grande torre. Il loro sogno di onnipotenza e di gloria, però, non piacque a Dio che ritenne opportuno determinare le condizioni per l’abbandono  dell’orgoglioso disegno. La soluzione fu trovata in un semplice ma efficace escamotage: confondere il linguaggio, rendere impossibile tra loro l’interazione verbale, vanificare l’originario progetto, generare incomprensioni ed inevitabili conflitti a causa dell’acquisita incapacità di capirsi e mettere  tutti nella  condizione .- necessità di frazionarsi in mille rivoli sul pianeta terra.

A Salerno, in verità, è in uso il medesimo codice linguistico che, abbastanza diverso dal dialetto napoletano, consente ai suoi abitanti di esprimersi in modo sufficientemente chiaro con una ben specifica pronuncia. A non farsi comprendere, in verità, è la sola politica che, presa ormai dalla sindrome tipica di ogni vigilia elettorale, utilizza e parla linguaggi diversi, assolutamente incomprensibili almeno tra i suoi primi attori. L’unica lingua che la gente comune riesce a comprendere è quella dei dispetti reciproci, dei toni sconci scambiati in interviste televisive, delle volgarità scritte sui manifesti murali, delle insinuazioni proferite a volte verso esponenti della stessa aggregazione di appartenenza.

Le vicende riguardanti la Salernitana e la tribuna dei vip, la telenovela dell’aeroporto,  il termovalorizzatore da impiantare e  la stessa mensa dei poveri, animata e portata avanti da semplici e generosi volontari, costituiscono al momento le questioni che consentono a quotidiani ed emittenti televisive locali di riempire i propri spazi informativi.

In verità la squadra del cuore ha rappresentato da sempre un boccone prelibato per quanti ricoprissero ruoli presso le istituzioni locali. Nel considerare, infatti, ben presente nella mente della gente  l’entusiasmo  espresso dalla tifoseria granata  nel salutare De Luca vincitore dello spareggio con Andria e nell’accogliere la notizia della nomina dell’attuale allenatore Breda ad assessore allo sport,  non va dimenticata nemmeno l’immagine del buon De Biase che, in uno dei primi giorni del luglio 2001, esultava con la fascia granata al collo, all’interno del  salone dei marmi di Palazzo di Città, nel salutare il ritorno di Zeman alla funzione di allenatore della squadra. 

Chi non ricorda l’amico Andrea De Simone, all’epoca presidente dell’Amministrazione provinciale, impegnato in tribuna ad attribuire all’arbitraggio ogni insuccesso interno dei calciatori salernitani ? Un altro inquilino di Palazzo Sant’Agostino, che con indiscutibile onestà intellettuale affermava di non avere mai visto un incontro di calcio, nel campionato del ritorno in serie A della squadra di Delio Rossi, fu visto in tribuna vip esultare ad un goal segnato dalla squadra avversaria. Un vicino cercò di contenerne l’entusiasmo per motivi di opportunità ‘ politica ‘. L’equivoco poco dopo fu chiarito: egli aveva creduto che la rete fosse stata segnata al portiere della squadra ospite.

Ora il segretario del partito democratico Landolfi e l’assessore provinciale allo sport Iannone fanno a gara per rivendicare il proprio ruolo di tifosi doc a prescindere dall’impegno politico. Anche la querelle sull’aeroporto ha raggiunto esasperati livelli di incomunicabilità istituzionale mentre quella sul termovalorizzatore, riproposta dall’intervento del presidente del Consiglio in conferenza – stampa, conferma quanto la babele linguistica sia presente addirittura all’interno della maggioranza di governo.

A mio avviso è quanto mai grave che Bertolaso e, quindi, Berlusconi non conoscessero la questione del termovalorizzatore di Salerno, dell’originario incarico commissariale a suo tempo attribuito al sindaco De Luca, dei passaggi non positivi registrati in sede di assegnazione di appalto, delle successive, sopraggiunte modifiche legislative nel settore del ciclo dei rifiuti.

Mentre può essere compresa la risposta data dal Cavaliere al giornalista che aveva posto la domanda sulla nuova emergenza napoletana non è altrettanto possibile capire come la scaltrezza informativo – comunicativa di De Luca abbia potuto trovare accoglienza e legittimazione a Palazzo Chigi.

La dichiarazione proferita nel merito dal presidente della provincia Cirielli e quella ancora più grave dell’assessore Iannone, in quanto portatrice di possibile, maligna allusione nei riguardi di un ‘ fuoco amico ‘ identificabile addirittura con la persona del ministro Carfagna, la dicono lunga sul clima presente all’interno del PDL.  

In un momento particolarmente difficile, in cui anche a Salerno si agita la fronda finiana, sembra in verità atto di suicidio, da parte di esponenti non secondari dell’egemone gruppo Cirielli, avanzare questo genere di supposizioni. La babele delle lingue, così, si infittisce e, nel caso specifico, non può che far gongolare il mastino De Luca.

CRISI DI IDENTITA’ ED OFFERTA DI SENSO

5 ottobre 2010

 

Salerno, 05 Ottobre 2010

Ambrogio IETTO

GIORNATA MONDIALE DELL’INSEGNANTE

Dal 1994, su decisione dell’Unesco e dell’Unicef, si celebra oggi in oltre 100 Paesi dei cinque continenti  la Giornata Mondiale dell’Insegnante che vuole ricordare la ‘ Raccomandazione ‘ espressa dalle Nazioni Unite  il 5 ottobre 1966 per il pieno riconoscimento dell’insegnamento da considerare non semplice  attività esecutiva ma espressione di professionalità responsabile, decisiva per lo sviluppo sociale, economico ed intellettuale delle nazioni.

Lo slogan coniato dagli organismi internazionali per l’odierna celebrazione è il seguente: “ La reconstruction passe per les enseignants “. Tradotto letteralmente  il termine francese ‘reconstruction ‘ sta per azione finalizzata a ricostruire ciò che è stato distrutto o da riportare al suo stato d’origine. Con significato ampio si tratta di riconoscere alla professione docente la funzione primaria di promuovere processi di cambiamento e di assicurare la spinta necessaria all’emergenza culturale delle comunità istruite. In sostanza, per utilizzare un’espressione abbastanza usata nel linguaggio tecnico italiano, è giusto immaginare un docente in grado di pensare il futuro, di ipotizzare situazioni e contesti sottoposti a continui mutamenti per l’avvento di sempre più sofisticate tecnologie, per i condizionamenti propri prodotti dalla globalizzazione e per l’incontro, lo scambio e, a volte, lo scontro tra culture altre determinati  da dinamici, continui flussi migratori. Va detto subito che la ‘ reconstruction ‘ auspicata dall’Unesco, dall’Unicef, dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, dall’Organizzazione per il Lavoro, dall’Internazionale dell’Educazione ( sono tutte queste le organizzazioni che sponsorizzano l’odierna ‘ giornata ‘ ) non può essere, tout court, identificata con un semplice ritorno al passato per un ripristino della scuola di un tempo considerata, anche dalla nostra gente comune, autorevole, severa, valida, dignitosa. E’ necessario, di certo, restituire alle istituzioni scolastiche le qualità sopra richiamate, estendendo, però, i saperi ad un’utenza sempre più generalizzata al fine di consentire a ciascun allievo di essere protagonista del suo futuro e di considerare il rispetto delle regole poste a fondamento della convivenza democratica condizione indispensabile per svolgere un effettivo ruolo di cittadinanza attiva.

La professione docente in Italia attraversa indubbiamente una forte crisi di identità determinata da non pochi fattori tra i quali:

a ) la percezione sociale del lavoro dell’insegnante non è di certo positiva. A sostegno di questa tesi si  richiamano il contenuto impegno lavorativo determinato anche dai lunghi periodi di interruzione delle attività didattiche, la scarsa incidenza dell’ azione della scuola sul processo di costruzione dell’identità dell’allievo e sull’acquisizione di competenze specifiche spendibili ai fini dell’inserimento nel mondo produttivo, l’incapacità – impossibilità di molti docenti a porsi come agenti di cambiamento e di reali professionisti di scuola, la mancanza  di un sistema di valutazione oggettiva del livello di qualità raggiunto dalle singole istituzioni scolastiche, l’assenza di un meccanismo di comparazione delle prestazioni dei singoli docenti e, quindi, di riconoscimento del merito;

b ) il processo di frammentazione della famiglia e la sostanziale rinuncia da parte della stessa a svolgere il primario compito di natura educativa richiamato dall’articolo 30 della Carta Costituzionale con la conseguente difficoltà, da parte dei docenti, di attivare significativi processi di insegnamento – apprendimento che richiedono, di norma, una classe – comunità rispettosa delle regole di convivenza, aperta al dialogo, disponibile ad una didattica di tipo cooperativo;

c ) l’azione invasiva di internet e degli altri mezzi di comunicazione di massa che molto spesso, non opportunamente raccolta e sottoposta alle mediazione critica della scuola,  finisce col contenere o addirittura annullare quanto di positivo è ricavabile dall’offerta formativa;

d ) l’insieme di questi fattori rende la scuola e, quindi, la funzione docente destinataria di attese e di aspettative sociali sproporzionate alle reali sue possibilità. Di conseguenza si generalizza e si consolida un giudizio sostanzialmente negativo nei riguardi dell’istituzione scolastica e dei suoi operatori, destinatari  delle frustrazioni delle famiglie e degli altri organismi istituzionali, inidonei o impossibilitati a svolgere compiutamente compiti di loro pertinenza integrativi di quelli ordinariamente di competenza della scuola;

e ) non ultima, anzi una delle cause  primarie della crisi d’identità, la politica di forte contenimento delle risorse umane, strutturali e funzionali disponibili. Recenti modifiche degli ordinamenti e tagli, in alcuni casi anche indiscriminati, hanno contribuito sensibilmente  ad alimentare sfiducia e demotivazione tra i docenti costretti ad operare con classi più numerose anche in contesti socio – culturali deprivati.

Analizzare i fattori di crisi non significa, però, abdicare ad una offerta di senso. La scuola, anche per i motivi richiamati, deve continuare a vivere e a proporsi con la diffusa consapevolezza della sua indispensabilità soprattutto nell’odierna società della conoscenza e della globalizzazione. In particolare il nostro Mezzogiorno ha bisogno di una scuola in grado di far migliorare il rendimento dei propri allievi giudicato assolutamente insufficiente da tutte le rilevazioni nazionali ed internazionali. Va riconosciuto l’uso troppo spesso improduttivo dei fondi europei. Gravi carenze in matematica, in scienze e in lingua non possono essere superate, attivando interventi con linguaggi non pertinenti e per niente funzionali la cui gestione, in aggiunta, viene affidata a presunti esperti meno preparati degli stessi insegnanti di classe.

In aree negativamente condizionate da fenomeni di illegalità come le nostre necessita che in primo luogo l’istituzione scolastica sia espressione di pieno rispetto delle regole, cresca in autorevolezza culturale e offra messaggi indicativi di umanità, di socializzazione e si sussidiarietà. Se gli insegnanti per un secolo, a partire  dal 1861, sono stati i protagonisti della costruzione culturale della nazione italiana è possibile, muovendo dalla prossima ricorrenza dei 150 anni di unità, riprendere con forza e far veicolare idee fondanti quali il bene comune, la solidarietà, il senso di appartenenza, il rispetto delle regole di convivenza civile, il legame con un’identità nazionale ricca di richiami culturali.

L’autonomia scolastica, elevata a dignità costituzionale a seguito della modifica del Titolo V, è strumento essenziale per cambiare in meglio la qualità del servizio educativo – scolastico, potendo contare su un’elaborazione progettuale e su risoluzioni organizzative di esclusiva pertinenza degli organi di gestione della singola istituzione scolastica. Pur tra le tante difficoltà presenti dirigenti scolastici e docenti non possono rassegnarsi ad una quotidianità stanca e ripetitiva. E’ tempo di risvegliarsi, mettendosi in discussione con umiltà professionale e ricercando, nella coralità dell’impegno, strategie didattico- metodologiche rispondenti ai cambiamenti in atto, senza rinunciare all’entusiasmo e al potenziale di creatività che l’incontro quotidiano coi fanciulli e coi giovani genera sempre.

GIORNATA MONDIALE DELL’ANZIANO

1 ottobre 2010

 

1° OTTOBRE 2010

Ambrogio IETTO

ESSERE ANZIANI OGGI

 

Si compiono venti anni da quando nel 1990 l’ONU individuò nella data del primo ottobre la giornata da dedicare agli anziani. Nel nostro Paese, in particolare nel Mezzogiorno, non sono molte le iniziative che vengono organizzate per una riflessione collettiva sulla condizione della persona che ha superato la fase della maturità e si avvia, inesorabilmente, verso quella della vecchiaia.

Può darsi che la ricorrenza, celebrata in tutto il mondo, non abbia trovato particolare successo in Italia a causa della contiguità con la festa religiosa del successivo due ottobre quando la Chiesa celebra gli ‘ Angeli Custodi ‘ identificabili, sul versante laico, con i nonni. Non sono poche, infatti, le scuole dell’infanzia che in questo giorno organizzano semplici manifestazioni teatrali da dedicare al ‘ grand – pére ‘ e alla ‘ grandmother ‘, termini rispettivamente di lingua francese e di lingua  inglese indicanti i nostri ‘ nonno ‘ e ‘ nonna ‘ elevati, grazie al prefisso ‘ grande ‘, anteposto a ‘padre ‘ e a ‘madre ‘, ad una cultura del rispetto  da manifestare in una dimensione superiore a quella partecipata agli stessi  genitori.

In realtà un tempo in Italia, nel primo giorno di scuola, venivano festeggiati i ‘ remigini ‘, vale a dire i bambini di sei anni obbligati alla leva scolastica che aveva inizio col primo giorno di scuola, fissato in un’unica data  per l’intero territorio nazionale. Il termine venne coniato, fino a trovare normale collocazione  nei dizionari di lingua italiana, in omaggio a San Remigio che la chiesa cattolica celebra appunto il primo giorno del mese di ottobre ( Vocabolario Sabatino – Coletti, lemma ‘remigino ‘, pag. 2176; Dizionario Italiano de ‘l’Enciclopedia ‘ – 23° volume, pag. 2549 ). 

Dunque, oggi primo ottobre si celebra o dovrebbe celebrarsi in tutto il mondo l’anziano. Ma quando si è anziani e qual è la considerazione di cui essi godono nella società del nostro tempo ?

E’ difficile dare una risposta corretta a questi due interrogativi. Molti, infatti, sono gli stereotipi e non pochi i pregiudizi che contraddistinguono il rapporto tra la persona che ha superato la fase della cosiddetta maturità ed il contesto socio – culturale che la circonda. A cominciare dalla stessa famiglia di originaria appartenenza.

Se si ha la fortuna di vivere a contatto diretto o indiretto con essa non è raro ascoltare pseudoraccomandazioni del tipo: ‘ statti attento quando esci di casa ‘, ‘ancora guidi l’auto ? Non ti rendi conto che alla tua età i riflessi diventano sempre più lenti ?’, ‘ il tempo della gioventù è passato. La vuoi smettere di impegnarti tanto ?’.

Magari sono espressioni proferite in assoluta buona fede ma che non contribuiscono a rafforzare l’identità del congiunto che già non è positivamente condizionato, a livello soggettivo, da una fase dell’esistenza in cui si rincorrono domande ed eventuali riserve sulla vita trascorsa, sulle scelte compiute in passato, sulla presa di consapevolezza dell’avvicinarsi della vecchiaia, sulla certezza di una vita successiva, sul timore – paura nei riguardi della morte, sulle conseguenze prodotte dalla propria generatività.

Capita, al contrario, in non pochi casi, che l’anziano venga di fatto ‘sfruttato ‘ nelle sue residue risorse fisiche e psicologiche. Ancora autonomo e dotato di discreta salute, assume, a causa di obbiettive difficoltà del nucleo parentale giovane, le funzioni ora di baby – sytter ora di tutor dei compiti pomeridiani assegnati dalla scuola ai nipotini. Non mancano in questi casi adempimenti aggiuntivi riguardanti la preparazione del pranzo o la commissione in banca. Una vita da anziani vissuta in questo modo è, fuor di dubbio, già pienamente appagante, ti fa sentire vivo, utile, in certi casi addirittura indispensabile.

Le reali difficoltà subentrano quando l’anziano comincia ad avvertire una percezione non positiva della propria condizione fisica e psicologica che modifica anche il rapporto e la reazione dei familiari nei suoi riguardi, in pratica quando ci si rende conto che i propri congiunti cominciano a considerarlo un peso.

Allora dietro l’angolo è pronta la soluzione della badante o del badante. Sembra che in Italia svolgano questa attività regolarmente retribuita e notificata all’Inps non meno di 600.000 lavoratori stranieri. E’ una cifra enorme che spinge a pensare alla condizione triste di solitudine e di sostanziale emarginazione di tante persone incamminate inesorabilmente verso la fine della propria esistenza terrena. Indubbiamente, in non pochi casi, il ricorso a questa soluzione è necessitato da obbiettive difficoltà organizzative dei consanguinei giovani.

In tante situazioni, però, l’affidamento dell’anziano ad un estraneo è soltanto l’eloquente manifestazione dell’ egoismo di quanti da lui hanno assorbito il meglio nel corso della sua esistenza e non avvertono ora l’essenziale dovere della sussidiarietà.

Senza sottolineare  che ai bambini e agli adolescenti la mancata convivenza con l’anziano toglie la gioia e la preziosità del rapporto intergenerazionale, li priva di un messaggio pedagogico di alto valore, annulla il connettivo della narrazione che lega l’oggi al passato e che consente di immaginare e di ipotizzare il futuro.

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