A 150 ANNI DALL’UNIFICAZIONE CONTINUA LO STILLICIDIO DI OFFESE DA PARTE DI INCIVILI PERSONAGGI DEL NORD ITALIA

 

Salerno, 12 Novembre 2010

Ambrogio Ietto

 

DALL’IGNORANZA DI ZAIA ALLA DEMAGOGIA DI PAOLUCCI

 

 

Che Luca Zaia, cittadino di Conegliano Veneto, laureato in ‘ scienze della produzione animale ‘ presso la Facoltà di medicina veterinaria ad Udine, sia un ignorante in archeologia e non sappia cosa sia l’Unesco col suo elenco dei beni culturali, artistici e paesaggistici da considerare patrimonio dell’umanità e, quindi, da tutelare col consapevole e responsabile impegno di tutti gli abitanti del pianeta, è questo un dato oggettivo.

Dalla sua biografia, infatti,  non risulta un’attività pubblicistica orientata verso la predetta area disciplinare. E se fosse stato un cultore in questo campo non avrebbe mai potuto proferire quelle stupidate che hanno accompagnato il suo commento sul crollo della ‘domus dei gladiatori ‘ di Pompei.

Zaia, che è anche presidente della regione Veneto, non potrà mai offendersi dell’appellativo di ignorante in quanto anche chi scrive, incolto già in tanti ambiti disciplinari, ignorava finanche che il Consiglio di Facoltà di medicina veterinaria della città friulana, alla ricerca di indirizzi disciplinari innovativi per un corso di laurea di 3 anni, inventò l’ opzione scelta dallo studente Zaia che consente sbocchi professionali di questo tipo: potenziale direzione di aziende zootecniche e di ditte mangimistiche per animali da reddito oppure attività di programmatore presso aziende faunistiche – venatorie.

Al dottore Zaia, grazie a Bossi, è andata molto meglio in quanto è stato chiamato a dirigere e a gestire le scelte politiche interessanti i 4.912.438 abitanti che vivono nelle province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza. Ovviamente sono esclusi dal computo alcuni milioni di capi di bestiame della cui produzione il governatore Zaia è competente, avendo conseguito una specifica laurea triennale presso l’ateneo di Udine.

Sul crollo della ‘ casa dei gladiatori ‘ si è pronunciato anche un autentico specialista del settore, il prof. Antonio Paolucci che, laureato in storia dell’arte, ha compiuto una carriera brillantissima al Ministero dei Beni Culturali tanto da reggere alcune delle più importanti Soprintendenze compresa quella speciale per il Polo Museale Fiorentino.

Paolucci, che per niente stanco della funzione dirigenziale svolta per tanti anni a tutela del patrimonio artistico del Paese ha accettato di buon grado l’incarico offertogli da Papa Benedetto XVI° di direttore dei Musei Vaticani e la ben remunerata funzione di curatore della mostra sull’ identità artistica dell’Italia storica in visione a Torino nel corso delle prossime celebrazioni per i 150 anni dall’unificazione, porta con sé l’ambita referenza di essere stato anche ministro per i Beni Culturali dal gennaio 1994 a maggio 1996.

Non risulta che egli abbia fatto molto per Pompei durante la funzione ministeriale. Forse ha fatto qualcosa in più di Walter Weltroni che, da suo successore in quel dicastero, non fece nulla. In verità l’ex sindaco di Roma, come tutti i ministri di provenienza politica e non tecnica, si limitò a nominare alcuni suoi amici in incarichi dirigenziali di prestigio.

Ebbene il prof. Paolucci, che avrebbe potuto esprimere considerazioni di taglio specialistico sul crollo della domus pompeiana, si è sentito autorizzato, da romagnolo di Rimini, a dirottare sul versante sociologico – antropologico – politico la vicenda, sostenendo che quanto accaduto è dovuto al particolare non secondario di trovarsi la località di Pompei in un contesto territoriale problematico.

Secondo questo autorevole personaggio se l’antica Pompei fosse stata situata in Lombardia o in Toscana o addirittura in Turchia sarebbe stato il ‘ sito archeologico più importante del mondo ‘. Insomma l’ex ministro della Repubblica, evidenziando che ‘ il nostro Paese si divide in aree sviluppate e non ‘ ha voluto far comprendere che l’incultura, il degrado, la malavita organizzata, l’immorale gestione della cosa pubblica sono di casa soltanto da noi.

Eppure si racconta e si legge di lui ( sito Tafter – http://www.tafter.it ) che il Paolucci,  nel 2004, sollecitato ad esprimere un parere, nella qualità di esperto e di soprintendente dei beni culturali di Firenze, su di un’opera lignea raffigurante un crocifisso ed  attribuita a Michelangelo, si pronunciò sostenendo la necessità – opportunità di una ‘ disamina critica la più seria e la più rigorosa possibile ‘ al fine di accertarne l’autenticità.

Tre anni dopo, nonostante mancasse ancora un  favorevole giudizio nel merito, lo stesso Paolucci propose al Ministero, di cui in precedenza era stato titolare, l’acquisto del crocifisso. Il buon Bondi sottoscrisse, così, l’11 dicembre del 2008 l’atto di acquisto da parte dello Stato per 3 milioni e 250 mila euro.

Ora sulla vicenda ci sono un’inchiesta della Corte dei Conti per ipotetico danno erariale e due indagini giudiziarie da parte delle Procure di Roma e di Torino.

Peccato che il prof. Paolucci, da direttore dei Musei Vaticani, non possa fare il demagogo al cospetto di Papa Ratzinger che, anche se molto pacifico, ha sangue tedesco e che, ad un pronunciamento simile a quello proferito sul crollo di Pompei, non indugerebbe a metterlo fuori della porta di San Pietro.

 

                                                                                     

 

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