L’ULTIMO LIBRO DI GAETANO TROISI

 

Salerno, 24 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

“ SOTTO LE STELLE DELLA GALIZIA “

Dalla sfida alla scommessa, dalla scommessa alla speranza

 

Siamo alla vigilia dell’evento più travolgente per l’umanità: Cristo Gesù che si ripropone ad essa, attraverso la ricorrenza ciclica della sua nascita nell’umile grotta di Betlemme, al fine primario, da molti considerato utopico, di redimerla dal peccato dell’odio, della violenza, della guerra ed accompagnarla, col personale sacrificio della Croce, verso la piena pacificazione interiore.

Il credente, il dubbioso, l’indifferente, lo stesso agnostico non può percepire il Natale come semplice, rituale scadenza da identificare con la cena coi propri cari, con lo shopping ai grandi magazzini, con la spinta attrattiva delle luci d’artista che pur fanno degna cornice alla frenesia collettiva di cogliere e di vivere il senso dell’effimero, al fluire di una folla anonima che fa del tutto per non pensare, per evitare di riflettere anche su di un semplice messaggio, storicamente accertato,  proteso umilmente ad invocare la pace in terra per gli uomini di buona volontà.

A venire in aiuto nel tentativo non sempre riuscito di dare un senso al mistero della natività può essere anche la sola lettura di un’epigrafe, di una pagina sgualcita recuperata dentro le carte che la burocrazia istituzionale ci raccomanda di conservare.

A chi scrive è capitata la fortuna di ritrovare, tra l’abituale disordine della personale biblioteca, un libro che l’autore, Gaetano Troisi, gli aveva regalato in piena estate dopo un occasionale incontro, rivissuto con gioia dopo anni di non voluto distacco. La lettura del testo, frettolosamente compiuta nel caldo agostano più per un doveroso atto di omaggio all’amico ritrovato che per bisogno interiore, aveva lasciato, però, qualche traccia significativa nella mente e nel cuore del lettore.

L’esigenza primaria, propria della vigilia natalizia, di ricercare stimoli in grado di attivare processi riflessivi funzionali ad una riscoperta meno epidermica del grande evento,  ha fatto ritrovare tra le mani “ Sotto le stelle della Galizia “ di Gaetano Troisi ( Edizioni Jaca Book – euro 16,00 ). La seconda lettura, compiuta grazie ad una motivazione più viva ed autentica e al contesto prenatalizio decisamente più favorevole, genera una predisposizione, psicologicamente forte, a cogliere aspetti decisamente emblematici del ‘buen camino ‘ che l’autore realizza, compiendo per intero soltanto una delle tappe del percorso classico, ahimè lungo 800 chilometri, che ha contraddistinto, secondo la tradizione,  il pellegrinaggio dei credenti verso il santuario di Santiago de Compostela.

L’autore, un avvocato – bancario non nuovo alla narrativa, in una delle ultime pagine dell’accattivante lavoro, si sforza di precisare che egli non ha nulla a che vedere con Gualtiero, il protagonista del racconto. L’affermazione ha fondamento fino ad un certo punto. Di certo il suo ‘ camino ‘ è comune a quanti non sono destinatari privilegiati del dono illuminante della fede.

E’ un percorso testardamente condizionato dalla ragione tanto cara al cartesiano ‘ cogito ergo sum’, un itinerario che sollecita ad osservare, a scrutare, a riflettere, a cogliere e ad interpretare in termini  soggettivi i variegati segni che la simbologia tenta di decodificare.

Trattasi di un viaggio che, ci si augura sia pure inconsciamente, possa essere all’improvviso gratificato da un’intuizione, da quella percezione che la psicologia tradizionale identifica con l’improvvisa soluzione del problema.

Nel caso specifico si tratta di un problema che attanaglia l’umanità fin dai suoi albori: la certezza dell’esistenza di Dio, di quel Padre che decide di rendere uomo suo figlio, il Gesù di Betlemme, e di farlo immolare sulla Croce a testimonianza del suo incommensurabile amore nei riguardi del prossimo.

Nel ‘camino’ verso Santiago c’è, però, anche il travaglio, la sofferenza interiore dell’autore che, come tante creature umane, vuole transitare dalla sfida alla scommessa e da questa alla speranza. La percezione che il lettore ricava dall’interessante volume è che Santiago de Compostela abbia fatto del bene all’autore almeno nella medesima misura prodotta in chi si è avvicinato a questa narrazione con la dovuta attenzione e con la sufficiente dose di pathos, liberandosi da ogni pregiudizio e da comode riserve mentali.

Troisi si rivela narratore capace, fertile e, soprattutto, autentico. I continui processi introspettivi che egli attiva risentono di una sofferta esigenza dell’animo di interrogarsi, di mettersi in discussione, di rivisitare per intero la propria esistenza, rivolgendo  particolare attenzione alle esperienze adolescenziali di giovane di Azione Cattolica e di figlio di una madre portatrice di quel saldo patrimonio di fede che è proprio del messaggio antropologico della nostra gente.

Per ‘ scavarsi dentro ‘ fino in fondo l’autore rivede al computer le centinaia di immagini fissate con la macchina fotografica digitale durante il ‘ camino’. Ogni foto manifesta il ‘ perché ‘ l’acuto osservatore abbia voluto ‘fermare ‘ quel paesaggio, quella chiesetta rupestre, l’epigrafe scolpita su di una pietra o la stele che segna il percorso al pellegrino penitente.

Le spiccate doti narrative emergono, in particolare, nell’inventare, per i curiosi nipotini, la storiella del miracolo della conchiglia. Da questo e da tanti altri fugaci elementi, raccolti  di qua e di là nel volume, emerge, infine, la forte carica emotiva dell’autore nei riguardi del contesto familiare di appartenenza.

Ed è questo legame che molto probabilmente spinge Troisi a fermare sulla carta la sua avventura spagnola verso la riscoperta della fede.

Per lui, come per ogni persona sensibile, la scrittura è salvifica, svolge una funzione catartica, aiuta a star meglio con se stessi e alimenta la speranza che altri, preferibilmente le generazioni che seguono, possano ricollegarsi al passato per rivivere interrogativi e dubbi e trovare, finalmente, quelle certezze che rasserenano e che fanno il bene dell’umanità.

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