Archivio per dicembre, 2010

LA CHIESA SALERNITANA: IL SUO CONTRIBUTO PER AFFRONTARE LA SFIDA EDUCATIVA

17 dicembre 2010

 

Salerno, 17 dicembre 2010  

Ambrogio IETTO

SCUOLA, CHIESA ED EMERGENZA EDUCATIVA

di Ambrogio Ietto

 

Ieri l’altro, su iniziativa dell’ufficio catechistico diocesano, l’arcivescovo mons. Luigi Moretti ha voluto incontrare i dirigenti delle istituzioni scolastiche statali operanti nell’ambito territoriale dell’arcidiocesi di Acerno, Campagna e Salerno. L’intento ufficiale era quello di favorire una più diretta conoscenza tra il nuovo presule e i diretti responsabili del sistema scolastico pubblico del territorio per poi avviarsi, con  successivo percorso, ad un’analisi meno epidermica dell’itinerario formativo dei fanciulli e dei giovani  e alla possibile ricerca di strategie didattico – metodologiche funzionali ad affrontare le sfide educative proprie della complessa realtà sociale del nostro tempo.

Da informazioni acquisite tra alcuni partecipanti all’incontro, svoltosi presso l’auditorium del seminario di Faiano – Pontecagnano, risulta che la presenza dei dirigenti o di loro rappresentanti delegati non sia andata oltre un quarto delle oltre 100 scuole autonome statali funzionanti nell’ambito circoscrizionale della Curia salernitana.

Il dato dà spunto ad alcune considerazioni che vanno ben oltre l’atto di cortesia istituzionale, a nostro avviso comunque dovuto, nei riguardi di chi è stato investito da qualche mese del governo dell’arcidiocesi ed aveva ritenuto corretto incontrare per la prima volta i funzionari dello Stato preposti a garantire la fruizione del servizio scolastico – formativo .

La prima, essenziale considerazione: il nostro sistema scolastico e gli ordinari diocesani, grazie all’articolo 7 della Costituzione e all’Accordo bilaterale e al Protocollo addizionale del 18 agosto 1984 tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, sono tenuti ad una costante collaborazione in considerazione del fatto che il presule designa per l’insegnamento della religione cattolica, fruito nell’ambito diocesano dal 98% degli allievi delle scuole di ogni ordine e grado, docenti di sua esclusiva fiducia. L’incontro programmato avrebbe potuto offrire ai dirigenti scolastici la possibilità, pur nel rispetto dell’autonomia decisionale dell’ordinario diocesano, di partecipare osservazioni, indicazioni, personali convincimenti su attese formative e bisogni educativi emergenti, da parte delle diverse fasce evolutive dell’utenza scolastica, da prendere in particolare considerazione anche al fine di rendere il curricolo della scuola più coerente e meglio integrato.

Dal canto suo il vescovo, da poco inserito nella nostra realtà socio – culturale, avrebbe potuto ricavare informazioni e sollecitazioni di certo interessanti in quanto riguardanti aspetti distintivi della specifica emergenza educativa  del nostro territorio.

Un interscambio comunicativo franco, corretto, responsabile, rispettoso sempre delle rispettive peculiarità, consente, infatti, di comprendere di quanto abbia bisogno la nostra scuola di ambienti parrocchiali aperti nella fascia pomeridiana della giornata, di oratori ed di altre forme di aggregazione giovanile disponibili ad accogliere bambini, fanciulli e preadolescenti desiderosi, comunque, di rompere la solitudine di quel che resta di una famiglia anche da noi spesso frammentata e priva di modelli genitoriali significativi ed incontrarsi con coetanei positivamente orientati da adulti impegnati nel volontariato educativo.

La scuola, che non è un’isola, ha una necessità impellente di questo tipo di aiuto che non catechizza ma apre alla socialità, alla scoperta e al rispetto di regole essenziali di convivenza e contribuisce al consolidamento dell’equilibrio emotivo – affettivo – relazionale dell’educando.

Benedetto XVI, trattando dell’emergenza educativa come emergenza inevitabile, ha affermato testualmente che si apre ‘ uno spazio di impegno e di servizio’ per ‘ parrocchie, oratori, comunità giovanili e, anzitutto, per le stesse famiglie cristiane, chiamate a farsi prossimo di altre famiglie per sostenerle ed assisterle nell’educazione dei figli ‘.

La scuola di Stato, che non è né può essere confessionale in quanto istituzionalmente votata a garantire pluralismo culturale ed autonomia critica all’allievo in formazione, nell’elaborare e nell’implementare la propria offerta formativa, è chiamata a tener conto di quanto viene offerto nel contesto territoriale di riferimento in fatto di rispetto della legalità e di promozione della cittadinanza attiva.

Questo collegamento con la realtà esterna e l’auspicata valorizzazione di contributi e stimoli valutati positivamente non intaccano la laicità, che è  propria della scuola ma che non può essere considerata ostilità pregiudiziale alla Chiesa, al mondo cattolico e alla fede. In tal caso ci si troverebbe di fronte a chiare manifestazioni di laicismo che è atteggiamento culturale estremista.

L’auspicio è che si stringa un patto sociale forte, e la Chiesa locale è una delle componenti più significative della nostra comunità organizzata, per affrontare davvero l’inevitabile emergenza educativa del nostro tempo.

 

                                                                                                  

 

DA SINISTRA A DESTRA E’ SEMPRE PIU’ DI MODA UN LINGUAGGIO VOLGARE E GROSSOLANO

15 dicembre 2010

 

Salerno, 15 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

POLITICA E CATTIVI MAESTRI

 

L’odierna riflessione non intende entrare nel merito dei risultati ottenuti ieri dalle mozioni di sfiducia presentate contro il governo Berlusconi che, grazie al voto del Senato e della Camera dei deputati, potrà continuare a svolgere il suo lavoro a patto che riesca ad ampliare la lista dei suoi sostenitori in sede parlamentare.

Le agenzie di stampa e le tante pagine web offrono un’ampia rassegna delle dichiarazioni espresse nel merito dai rappresentanti  delle diverse aggregazioni partitiche. Scopo primario di questo intervento, invece, è quello di esprimere alcune essenziali considerazioni su quanto accaduto ieri l’altro, presso l’Auditorium della Cisl a Roma in occasione della presentazione del libro del suo leader Raffaele Bonanni ‘ Il tempo della semina’, e sulle manifestazioni svoltesi ieri, sempre a Roma, intorno alla cosiddetta zona rossa tracciata  da Palazzo Madama, sede del Senato, a Montecitorio, da Palazzo Chigi, sede del governo, a Palazzo Grazioli, residenza del premier Berlusconi.

In casa Cisl si è presentato un gruppo di cosiddetti  ‘lavoratori autoconvocati ‘ con tanto di pugno chiuso sollevato e la pretesa di porre fine alla manifestazione in atto anche mediante spintoni e bruschi urti. Quanto accaduto ieri nella capitale su iniziativa di studenti, centri sociali, terremotati aquilani e popolo Viola ci è stato riproposto dai telegiornali di tutti i canali televisivi. Sono scene di premeditata violenza con migliaia di manifestanti in assetto di guerriglia e con polizia e carabinieri in difficile posizione di difesa.

Da giorni erano in atto in diverse città italiane manifestazioni di protesta, sotto forma anche di occupazione delle sedi scolastiche ed universitarie, preparatorie anche alla ‘ marcia su Roma ‘ di ieri. Ancora una volta giovani ragazze e ragazzi, fomentati da agitatori di professione, hanno lanciato slogan contro il ministro Gelmini e la riforma universitaria, invocando il voto di sfiducia e, quindi, la cacciata di Berlusconi.

E’ capitato anche a chi scrive di ascoltare giovani che da giorni affermavano di doversi recare martedì 14 dicembre a Roma per festeggiare la caduta del governo. Quindi è fuor di dubbio che il clima generale risultasse funzionale a questa data ormai diventata fatidica.

Tanti episodi della nostra storia passata e recente ci ricordano dell’uso strumentale che la politica ha inteso fare dei giovani per mettere alle corde il governo in carica in quel determinato momento. E la scuola e l’università sono state le sedi privilegiate per fomentare gli animi degli adolescenti e mandarli allo sbaraglio. Anche nelle vicende di questi giorni non sono mancati i cattivi maestri a cominciare da Bersani che ha compiuto il gesto ‘eroico’ di salire sul tetto della Facoltà di Architettura a Roma e di cantare ‘ Bella Ciao ‘.

Va ripetuto a chiare lettere che il testo  della riforma dell’università, approvato finora da uno solo dei rami del Parlamento, è stato patrocinato in buona misura proprio dal Partito Democratico nel corso dell’ultimo governo Prodi.

A suo favore in questi ultimi giorni si sono pronunciati non solo importanti accademici ed editorialisti come Angelo Panebianco, Francesco Giavazzi, Giorgio Israel, Ernesto Galli Della Loggia, ma anche intellettuali ed accademici da sempre schierati a sinistra come Michele Salvati, già deputato alla Camera all’epoca dell’Ulivo e primo ideologo nel 2003 del costituendo Partito Democratico, e Giovanni Sartori, politologo di fama internazionale, sempre schierato a sinistra, il quale , nell’editoriale di sabato scorso sul ‘Corriere della Sera’, ha testualmente scritto: ‘ I giovani di oggi che si battono contro la riforma universitaria Gelmini si battono a proprio danno e per il proprio male’.

Lo stesso presidente del Consiglio universitario nazionale Andrea Lenzi, ordinario di endocrinologia, si è espresso a favore del testo in discussione. Anche il discusso Gianfranco Fini, sostenendo l’esigenza primaria di introdurre il merito nei nostri atenei, non solo ha giudicato favorevolmente questa riforma, ma ha criticato i giovani manifestanti definiti ‘ strumentalizzati‘ da veri ‘professionisti della protesta’.

La causa primaria di quanto accade in Italia va ricercata proprio nel linguaggio utilizzato dalla politica che spinge tanti giovani, ancora coinvolti nel processo di definizione della personale identità e, quindi, privi  della piena e consolidata autonomia critica, a fare propria l’espressione  di Berlusconi quando chiama ‘traditori’ i finiani,  ad imitare l’arrogante e velleitario intervento  alla Camera del campano Bocchino, a divertirsi un mondo quando Di Pietro definisce il premier Berlusconi ‘ buffone di corte’ che ‘ compra a suon di bigliettoni i voti dei parlamentari’, a sghignazzare nell’ascoltare il ‘coglionazzo ‘ rivolto da alcuni deputati del PDL a Fini dopo il voto di ieri, a fregarsi le mani, ascoltando Massimo D’Alema,  ex presidente del Consiglio, che giudica ‘comprati ‘ e ‘raccattati’ da Berlusconi i voti che lo avrebbero salvato dalla sfiducia. Purtroppo questa generale caduta di stile si ripropone anche in periferia.

Così anche De Luca, il sindaco di Salerno, che pur potendosi sentire sostanzialmente tranquillo per il molto probabile esito favorevole della futura campagna elettorale, rivolto ai suoi oppositori, ripropone espressioni da strada e non da sede istituzionale. Termini quali ‘ cafoni, dilettanti allo sbaraglio che non capiscono assolutamente niente’ e ‘ vanno ricoverati’, a nostro avviso, non si addicono al sindaco di una città che viene riproposta continuamente come esempio da imitare e di assoluto prestigio a livello europeo.

 

                                                                                        

 

L’ANNUALE RICERCA DE ‘ IL SOLE 24 ORE ‘

9 dicembre 2010

 

Salerno, 9 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

SALERNITANI: OTTIMISTI DELLA VOLONTA’ ED ANCHE PIUTTOSTO EDONISTI  

Entro la prima decade di dicembre torna puntuale l’indagine de ‘Il Sole 24” sulla qualità della vita e, con eguale puntualità, siamo costretti a leggere o ad ascoltare le considerazioni critiche da parte dei responsabili istituzionali della nostra vita organizzata che, a seconda dei risultati e della propria collocazione di maggioranza o di opposizione, si dispongono, così, ad esaltare la propria azione politico- amministrativa o a valutare severamente l’opera della parte opposta.

Vanno chiarite per i cortesi lettori l’impostazione e la metodologia delle due ricerche che sono a fondamento dell’indagine: la prima poggia su dati oggettivi elaborati da istituti o organismi qualificati ( Camere di Commercio, Ministeri degli Interni, del Lavoro, dell’Economia, delle Infrastrutture e della Giustizia, Istituto Tagliacarne, Legambiente Ecosistema, Aziende Sanitarie Locali, Amministrazioni Comunali, SIAE, ecc, ) mentre la seconda è il prodotto di un sondaggio realizzato dall’Istituto demoscopico IPR Marketing tramite interviste effettuate tra il 15 settembre e il 15 novembre di quest’anno a 700 soggetti residenti in ognuna delle 107 province per un campione totale di quasi 75000 soggetti maggiorenni. Nell’ambito territoriale di ogni provincia il campione degli intervistati è stato disaggregato per le seguenti variabili: sesso, età, area di residenza ripartita tra il comune capoluogo di provincia e gli altri comuni non capoluogo.

Il questionario era articolato in 14 domande (l’inflazione percepita, la problematica del lavoro, i servizi, l’ambiente e la salute, la percezione del miglioramento della qualità della vita, la sicurezza, le strutture e la disposizione per il tempo libero )  poste tramite contatto telefonico e/o telematico.

Questa seconda rilevazione tendeva a delineare il cosiddetto ‘ sentiment ‘, termine anglosassone che sta per ‘parere’ o, meglio, per ‘percezione’. In altre parole l’intervistato doveva pronunciarsi sul come egli interpreta e percepisce la situazione di fatto rilevata nei settori e nei servizi di cui al questionario.

Insomma l’importante dossier del quotidiano della Confindustria mette in relazione il contesto oggettivamente ‘ fotografato ‘, sulla base dei dati richiamati, con la percezione, cioè  col parere espresso nel merito delle medesime questioni dai protagonisti del sondaggio.

Sembra corretto essenzializzare in primo luogo la situazione di fatto: la tabella del livello complessivo della qualità della vita nell’intera provincia di Salerno vede la stessa collocata al 95° posto, la stessa posizione dell’anno 2009 ma peggiore di quella relativa al 2008 (90° posto ) e ancora più grave dell’87^ posizione del 2007.

La collocazione nella graduatoria finale tiene conto di sei settori d’indagine: tenore di vita, affari e lavoro, servizi ed ambiente, popolazione, reati e tempo libero. Nell’ambito di ciascun settore sono dettagliatamente individuati sei parametri  per complessivi 36 indicatori.

Una lettura meno epidermica della classifica consente in primo luogo di evidenziare che la situazione generale del tenore di vita nell’intero territorio provinciale peggiora inesorabilmente da cinque anni a questa parte e non riesce a risalire la china nemmeno di un posto, fermandosi nelle ultime 13 posizioni addirittura dopo Avellino, Benevento, Vibo Valentia, Ragusa e Catanzaro.

Eppure per Prodotto Interno Lordo (PIL – pro capite ) non si sta proprio male ( 48° posto ), così per i depositi bancari ( 80° con euro 7.832 per abitante ), per presenza di infrastrutture ( 54° ), per pagella ecologica ( 19°), media climatica (9°) ed emigrazione ospedaliera (67°).

Il disastro si rileva nell’importo medio mensile delle pensioni ( 545 euro = 92° posto ), per la bassa percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni occupati ( 49,40% = 91°), per il numero di imprese fallite ( 18 su 1000 ), per i protesti bancari ( 165 euro ad abitante = 107°, cioè ultimo posto in graduatoria ), per l’indice del costo della vita (96°), per il basso consumo delle famiglie (97°), per le estorsioni ( 98°), per i furti d’auto (89°), per la microcriminalità e le rapine (68°).

I 700 protagonisti del sondaggio, invece, beati loro, pur dichiarando una percezione sostanzialmente negativa per quanto riguarda gli indicatori più significativi (servizi, ambiente e salute = 102°; carovita = 75°; gravità del problema lavoro = 85°; criminalità ed ordine pubblico = 87°; tempo libero = 95°) colgono, grazie evidentemente ad una osservazione  sistematica della realtà circostante vista nel suo complesso e nella specificità dei singoli aspetti, segni di miglioramento così rilevanti e significativi da far piazzare Salerno capoluogo e il suo territorio provinciale alla poltrona d’onore, vale a dire in seconda posizione, la stessa conquistata l’anno scorso.

Questo risultato di per sé più che lusinghiero, oltre tutto, è decisamente inferiore del primo posto acquisito sempre come ‘ sentiment ‘ negli anni 2006, 2007 e 2008.

Insomma c’è in giro un diffuso ottimismo della volontà che si accompagna ad un  bisogno altrettanto condiviso  del piacere. Infatti a Salerno e provincia funzionano 3,5 sale cinematografiche per ogni 100 mila abitanti (30° posto) e 474 ristoranti e bar per ogni 100 mila abitanti (41°),

Non sono molte, però, le librerie ( 73° posto) né si svolge sufficiente pratica sportiva ( 83° nell’indice di sportività ). Trattasi di due indicatori che evidenziano, a quanto sembra, una consistente allergia alla lettura e una diffusa pigrizia corporale.

In verità siamo anche piuttosto indisponibili ad impegnarci per il prossimo ( 97° nell’attività di volontariato). In compenso su ogni 1000 giovani, tra i 25 e i 30 anni, sono ben 70 (36°) quelli che conseguono  la laurea, ovviamente con scarsissime possibilità di trovare lavoro, mentre abbiamo sufficienti motivi per essere soddisfatti per l’ottimo clima ( 9°) e per la pagella ecologica (19°).

Cosa vogliamo di più? E, soprattutto,  chi sta meglio di noi ?

L’ AUDITORIUM DI NIEMEYER : UN BENE DA CUSTODIRE E DA VALORIZZARE

1 dicembre 2010

 

Salerno, 1 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

RAVELLO E LE SUE GIOVANI GENERAZIONI

 

Un molto gradito invito da parte delle amiche Franca Buononato ed Elena Samaritani, avallato dalla cortesia del loro dirigente scolastico Vincenzo D’Onofrio, mi riporta sabato scorso nella cara ed ineguagliabile Ravello  ove circa trentacinque anni fa ebbi modo di offrire per un biennio, a quelle istituzioni educative, il mio contributo professionale.

L’occasione è particolarmente accattivante: si tratta di assistere all’avvio di un interessante progetto pedagogico – didattico centrato su di una rivisitazione critica del fenomeno del brigantaggio nel Mezzogiorno d’Italia che imperversò, in particolare, dal 1861 al 1865 con 388 bande accertate e circa 14.000 ‘ briganti’ eliminati dall’esercito del neocostituito stato unitario.

Ovviamente il progetto, che si svilupperà nel corso dell’intero anno scolastico, si inserisce nel contesto delle iniziative programmate, in occasione dei  150 anni dall’unificazione, dal locale Istituto Comprensivo orientato, nel triennio terminale del primo ciclo, ad indirizzo musicale -strumentale in coerente raccordo con l’identità culturale propria della cittadina della costiera che, oltre per le sue bellezze naturali, ha guadagnato una parte della sua fama in Italia e nel mondo anche grazie ai concerti wagneriani.

L’interesse per la manifestazione, in verità, è ulteriormente alimentato da una esibizione straordinaria di Lina Sastri, impareggiabile artista napoletana coinvolta nel 1999 da Pasquale Squitieri nel film ‘ Li chiamarono…briganti‘  e al particolare, non meno interessante, della messa a disposizione, da parte del dott. Salvatore Grillo, commissario prefettizio, dell’auditorium ideato in assoluta gratuità dal centenario architetto brasiliano Oscar Niemeyer, inaugurato nel gennaio scorso con il gala di danza della Escola do Teatro Bolshoi no Brasil  e successivamente non aperto al pubblico per sopraggiunte difficoltà burocratiche. L’intelligente mediazione didattica offerta da un ingegnere, che ha ricoperto un ruolo primario nella fase delicata dell’implementazione dell’originario progetto dell’architetto sudamericano, ha consentito di farsi un’idea per niente aleatoria di un’opera sottoposta per anni al giudizio critico di componenti della variegata realtà ambientalistica italiana, ai tanti pronunciamenti giurisdizionali espressi a seguito di ben nove ricorsi attivati solo da Italia Nostra, ad un cammino accidentato compiuto dal 2003, epoca in cui viene approvato  il progetto e il relativo impegno di spesa di fondi europei per un totale di 18,5 milioni di euro all’effettiva apertura del cantiere avvenuta soltanto nell’ottobre 2006 da parte di una cooperativa anticamorra di Orta di Atella e, non ultimo elemento frenante, alle faide  di un localismo storicamente consolidato.

L’opera occupa un volume di 22.000 metri cubi ed è suddivisa in tre blocchi:  auditorium vero e proprio, parcheggio per oltre 100 auto, edificio di appoggio. Con un’acustica in sala di alta qualità, garantita da un sistema mobile di pannelli riflettenti e posizionati sulla copertura, una platea formata da dieci gradoni per un totale di 400 posti con poltrone di variegata sfumatura di blu tanto da far percepire un’immaginaria onda del mare e studiate per rendere minima, dal punto di vista di assorbimento delle onde sonore, la differenza tra situazioni di sala piena e di sala vuota, un palcoscenico di 167 metri quadrati concepito in modo da assumere diverse configurazioni altimetriche, una piazza antistante, conformata a terrazza belvedere e pavimentata con pietra di Trani levigata.

Insomma con questi ed altrettanti aspetti distintivi di indubbia valenza artistica e di sofisticata tecnologia l’Auditorium di Ravello costituisce già in sé un richiamo-attrattiva di particolare interesse al di là delle sue straordinarie potenzialità di contenitore delle più diversificate espressioni del linguaggio artistico in uno degli angoli più suggestivi del pianeta sul quale si è soffermata la benevola attenzione del Creatore.

Ebbene questa struttura, desiderata e rifiutata allo stesso tempo, attesa e contestata per anni, ora è lì con tutte le sue preziosità tecniche e con la sua triste inutilizzazione di fatto. Ad occhio nudo si rilevano già infiltrazioni e lacerazioni varie nell’intonaco.

Proprio perché creatura delicata essa ha bisogno di cure amorevoli che, al momento, l’egoismo degli uomini, i contrasti propri di una politica di bassa lega, le strumentali avversità prodotte da una considerazione riduttiva del ruolo delle istituzioni non consentono di assicurare.

E’ ben noto che l’Auditorium, giustamente intitolato al suo progettista Niemeyer, è oggi di proprietà del comune di Ravello che non ha né potrà avere mai i mezzi sufficienti per ‘ mantenere in vita ‘ dignitosamente il complesso edilizio, i suoi sofisticati congegni tecnologici e la diversificata e qualificata offerta culturale che va rapportata all’autorevolezza del luogo che la propone.

La riflessione tocca e, quindi, impegna la specifica Fondazione i cui soci fondatori ora sono rimasti in tre: il Comune, la Provincia e la Regione. Il più importante, quello che ha dato finora il più consistente sostegno finanziario, vale a dire il Monte Paschi di Siena, è andato via.

Pertanto è urgente e necessario individuarne un altro, ovviamente sempre e, comunque, nel comparto degli istituti di  credito, che creda realmente nella validità della scelta e nella positiva immagine recuperabile in futuro da un simile investimento.

L’incoraggiamento e l’ offerta di garanzia ad un’opzione del genere, sicuramente delicata ed impegnativa, vanno dati dai tre soci fondatori rimasti, tutti e tre espressione di enti autarchici purtroppo alimentati, ahimè, più da deteriore logica distruttiva che da consapevole assunzione di responsabilità istituzionale. Allora, al momento, una finestra aperta alla  speranza  può essere aperta soprattutto dalle giovani generazioni di Ravello che, grazie ad itinerari formativi mirati ad una solida presa di coscienza dell’unicità del paesaggio a loro affidato dal Dio Creatore, della sua conciliabilità con le più alte espressioni della creatività umana, del suo essere stato elevato a patrimonio dell’intera umanità, si dispongano al superamento delle avversità ancestrali tuttora percepibili e dell’improduttiva logica dell’egocentrismo al fine di approdare in via definitiva ad una visione universale del bene inestimabile loro affidato e ad una concezione equilibrata ed autenticamente democratica del confronto e della cittadinanza attiva.

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