LE POSIZIONI DI GALASSO, MAZZETTI E MUSI SU SALERNO NON CAPITALE

 

 

 

Salerno, 19 gennaio 2011

Ambrogio IETTO

SALERNO CAPITALE PROVVISORIA D’ITALIA MA SEMPRE CAPITALE

 

Come è noto il 7 gennaio scorso ha avuto inizio a Reggio Emilia il ciclo ufficiale delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’ Italia. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel corso della manifestazione, ha consegnato la copia del primo tricolore, decretato nella città emiliana nel 1797 come bandiera della Repubblica Cispadana, ai sindaci delle tre città italiane di Torino, Firenze e Roma che si sono susseguite nel ruolo di capitale d’Italia.

Non è stato invitato alla manifestazione Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, in quanto – da parte dell’Ufficio Cerimoniale del Quirinale – si è ritenuto il capoluogo salernitano non rientrante nella qualifica di capitale di quella parte dell’Italia meridionale liberata dalle truppe anglo – americane e amministrata, con tutte le difficoltà proprie di quel momento storico, dal primo e secondo Governo Badoglio e dal secondo Governo Bonomi.

Rappresentanti istituzionali della comunità salernitana hanno formalizzato corrette rimostranze per il mancato coinvolgimento della città di Salerno. Ora sembra che, da assicurazioni ricevute dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il comune della città emiliana provvederà a far tenere anche alla municipalità ippocratica copia del tricolore mentre per l’autunno prossimo potrebbe approdare a Salerno addirittura il materiale della Mostra della Bandiera Italiana prevista originariamente solo per le tre città capitali storicamente consolidate.

Questa vicenda, registratasi all’inizio dell’anno celebrativo del centocinquantesimo anniversario dell’unificazione nazionale, ha generato – come era da prevedersi – interventi da parte di politici, di storici e della stessa stampa. Particolarmente interessante è risultata l’attenzione rivolta alla questione dal ‘Corriere del Mezzogiorno ‘ che, oltre i puntuali contributi del suo redattore Gabriele Bojano, ha dato voce a studiosi quali Aurelio Musi e Nicola Oddati ospitando , contestualmente, anche due preziosi interventi dello storico Giuseppe Galasso, di cui mi onoro di essere stato allievo, e dell’altro autorevole docente della Federico II Ernesto Mazzetti, ordinario di geografia economica e politica.

I tre esponenti dell’intellighenzia campana ( va escluso Oddati in quanto sostenitore del pieno diritto della città di Salerno a rivendicare la denominazione di capitale), motivando le proprie posizioni con argomentazioni sostanzialmente diverse, hanno espresso parere opposto.

L’irpino Musi, infatti, più docilmente sostiene che le capitali riconosciute ai fini dell’anno celebrativo sono quelle del periodo immediatamente post – unitario e, quindi, per Salerno, risultando fuori da questo periodo storico la fase immediatamente successiva al secondo conflitto mondiale, l’appellativo di capitale può assumere soltanto un valore simbolico.

Più decisa se non proprio rigida la posizione di Galasso che motiva il suo netto diniego al riconoscimento del ruolo di capitale a Salerno col ‘ grave e distorcente equivoco ‘ derivante ‘ dal confondere tra capitale e sede del governo ‘. Infatti ‘ la capitale ha uno status singolare, dagli effetti anche internazionali e diplomatici’. Infine Ernesto Mazzetti che, nel richiamare il realismo di Claudio Velardi orientato a dare del capoluogo partenopeo un’immagine sobria e moderna rinunciando al retorico e lamentoso richiamo dei suoi antichi splendori di capitale e di culla del Mediterraneo, non solo condivide la posizione del suo collega Galasso, ma va ben oltre, spingendosi ad immaginare Salerno ‘ fulcro d’una nuova gravitazione di attività ,.. protagonista d’un rinnovo urbano che è mancato a Napoli ‘ e che, pur ritrovandosi nel malinconico ruolo di ‘ capitale effimera’, potrebbe divenire un efficiente capoluogo della Regione. A beneficio di Napoli e dell’intero territorio campano ‘.

La generosità di Mazzetti nei riguardi di Salerno, non seconda a quella espressa da Galasso che riconosce alla città di Masuccio ‘titoli storici da andare fiera della sua storia ‘, supera ogni limite e mette al bando l’antica tesi, prima di Vincenzo De Luca e successivamente di Edmondo Cirielli, sul napolicentrismo. Personalmente non oso ribattere le argomentazioni di così autorevoli, virtuali interlocutori. Però sembra anche giusto avanzare qualche osservazione sulla questione, recuperando anche dei documenti dell’epoca che forse contribuiscono a fare chiarezza non solo sul ruolo di Salerno capitale provvisoria d’Italia ma anche su posizioni e decisioni, assunte a danno di questa città, da parte di un certo mondo culturale – politico del capoluogo partenopeo.

Innanzitutto  non convince del tutto il distinguo tra capitale e sede di governo. Diversi dizionari identificano la capitale con la città di uno stato in cui ha sede il governo ( Utet – Treccani – Garzanti Sapere.it – Sabatini e Coletti ).

Ebbene, come è noto, Salerno ha ospitato il primo e il secondo Governo Badoglio dall’11 febbraio  all’8 giugno e il secondo Governo Bonomi fino al 10 luglio 1944. In questo lasso di tempo sono stati approvati e implementati importanti provvedimenti normativi riguardanti i diversi settori della società  di quel periodo, erede di una situazione generale assolutamente deficitaria di strutture e di risorse primarie.

Ad esempio non furono poche, e tutte di significativa importanza,  le decisioni riguardanti la scuola e l’università grazie all’opera meritoria di Giovanni Cuomo, ministro salernitano dell’Educazione Nazionale e, ad interim, anche della Cultura Popolare: dalle nuove norme sull’immatricolazione degli studenti universitari ( RDL n. 47 del 27.1.1944 ) all’estensione dell’esonero dal pagamento delle tasse scolastiche (RDL n. 49 del 27.1.1944 ), dalle norme relative alla nomina dei rettori e dei presidi di Facoltà ( RDL n. 50 del 27.1.1944 ) alle disposizioni sul trasferimento dei docenti universitari (RDL n. n. 58 del 27.1.1944 ), dalla preparazione del regio decreto riguardante la sostituzione della denominazione ‘ Ministero dell’Educazione Nazionale’ con quella di ‘ Ministero della Pubblica Istruzione’ alle più dettagliate disposizioni riguardanti le ‘istruzioni per la riapertura ed il funzionamento delle scuole ‘ ( quest’ultimo documento anche nella versione italiana porta la firma autografa di Carleton Wolsey Washburne, esponente autorevole dell’educazione progressiva, allievo di Dewey, sperimentatore a Winnetka ma a Salerno tenente colonnello inquadrato nella V Armata del generale Clark, responsabile della Sottocommissione Alleata per l’educazione dell’A.M.G. – Governo Militare Alleato ed ispiratore del processo di democratizzazione della nostra scuola avviato coi programmi del 1944/1945 per la scuola elementare e per gli istituti magistrali ).

L’attività di decretazione di Cuomo, all’interno del Governo Badoglio insediato a Salerno, raggiunse il top con l’emanazione del RD n. 149 del 9 marzo 1944, istitutivo dell’Istituto Superiore di Magistero da cui gemmerà sempre più fiorente l’università della ‘ Hippocratica Civitas Studium Salerno ‘.

Come si sa questo atto di governo non fu gradito dal mondo accademico napoletano e, quando il 22 aprile 1944 al concittadino Cuomo subentrò, nelle funzioni di ministro della pubblica istruzione, in rappresentanza del Partito d’Azione, il rettore dell’ università partenopea Adolfo Omodeo, si intuì subito che la nascente istituzione universitaria sarebbe andata incontro ad un cammino molto tormentato.

Infatti “L’Ora del Popolo “, settimanale della Democrazia Cristiana del 10 maggio dello stesso anno, sotto il titolo ‘ Caparbietà ministeriale ‘ scrisse testualmente: ‘ S. E. Omodeo, allorché era soltanto Rettore dell’Università di Napoli, oppugnò tenacemente e violentemente l’istituzione del Magistero e si meritò una definitiva mise au point da parte dell’allora Ministro dell’Educazione Nazionale. Ci si sarebbe aspettato che, nominato a sua volta ministro, avrebbe considerata la questione con un pochettino di serenità o, in mancanza, dal punto di vista di una delicatezza verso il suo predecessore, salernitano, e verso la sede che ospita il governo. Al contrario egli vuole sopprimere un Istituto di istruzione quasi alla vigilia della chiusura dell’anno scolastico e come se non ci fossero, per 400 alunni, insormontabili difficoltà di trasferimento da una sede all’altra “.

Così dopo pochi giorni, esattamente il 21 maggio 1944, Vittorio Emanuele III firmò il decreto di soppressione dell’Istituto Superiore di Magistero Pareggiato redatto dal neo – ministro Omodeo. Le vicende che seguirono sono ben note. Infatti occorrerà arrivare tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta per salutare la statizzazione del Magistero e l’istituzione delle nuove Facoltà di Lettere, Economia e Commercio, Giurisprudenza e Scienze.

Questi essenziali richiami normativi, anche se relativi ad uno solo dei tanti problematici  settori affidati alla competenza dell’esecutivo insediato a Salerno, confermano che i componenti del Governo Badoglio non trascorsero le loro giornate andando a passeggio per il rinascente lungomare.

Anche per quanto riguarda gli effetti internazionali e diplomatici non va dimenticato che già a Brindisi Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti inviarono i loro rappresentanti per il formale riconoscimento della prima edizione del Governo Badoglio.

Infine non può passare come mancanza di sobrietà e come discutibile manifestazione di superata vanagloria il recupero di quanto la stampa dell’epoca volle scrivere sull’esperienza di Salerno capitale provvisoria dell’Italia. Per l’autorevolezza del redattore piace richiamare in questa sede alcuni passaggi dell’articolo di commiato apparso su “ Il Corriere “ del 12 luglio 1944, quotidiano ufficiale del governo con direzione e redazione a Salerno in via Mercanti 76. La firma è di Mario Berlinguer, padre di Enrico, componente del secondo Governo Badoglio in quanto ‘ Alto commissario aggiunto dell’epurazione’ e, successivamente, deputato del Partito Socialista Italiano fino al 1963.

Il titolo del ‘pezzo’ è “ Saluto a Salerno”: “” In questi giorni lasciano Salerno i ministri e gli organi centrali dell’amministrazione dello Stato da questa capitale provvisoria, che per prima esaltò la liberazione di Roma; si trasferiscono alla capitale definitiva dell’Italia che rinasce. La storia ricorderà questo nuovo episodio degli annali di Salerno già gloriosa nei secoli.

Salerno fu capitale del Mezzogiorno con Roberto il Guiscardo ed insigne per la luce della sua scuola che irradiò le tenebre di un’età oscura, per la genialità dei suoi artisti, per il fervido patriottismo dei suoi eroi e dei suoi martiri del Risorgimento.

In quest’ora risoluta della vita nazionale, a Salerno due governi hanno segnato con l’opera due tappe laboriose dell’ascesa democratica dell’Italia, in un clima di severo accoglimento che il civismo della popolazione, il senso di misura e di ospitalità cordiale e comprensivo ha indubbiamente favorito.

Forse chi non conosceva bene l’anima di Salerno non sperava tanta comprensione e tanta dignità civica, degna veramente di una capitale; né tanta generosa ospitalità e tanta affettuosa cortesia diffusa in ogni strato sociale, spontanea e senza che un solo episodio ne offuscasse mai la continuità “”.

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