L’ISEF DI POGGIOMARINO E LA QUALITA’ DELL’OFFERTA DIDATTICA NELLE SCUOLE PARITARIE

 

 

 

Salerno, 21 gennaio 2011

Ambrogio IETTO

SCUOLE PARITARIE: SOLO COLPA DEI GESTORI SE LA LORO

ATTIVITA’ DIVENTA OGGETTO DI INDAGINI GIUDIZIARIE ?

 

Il recente fatto di cronaca, che vede ancora volta al centro dell’indagine sulle scuole paritarie l’ Isef (Istruzione e Formazione ) di Poggiomarino, fotocopia del vecchio ‘ Luigi Settembrini’ che negli anni ottanta e novanta acquisì – come comune, poco nobile denominazione – quella di ‘ diplomificio ‘, coinvolge sia pure indirettamente l’intero sistema nazionale di istruzione costituito, come è noto, dalle ‘ scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali ‘ ( art. 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62 ).

Dalla stampa si è appreso che la Guardia di Finanza di Napoli, a seguito di puntuali  ed attente indagini condotte e di un regolare provvedimento disposto dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, nel porre sotto sequestro l’istituzione scolastica pubblicizzata come ‘ la più grande scuola paritaria italiana ‘ ed ‘azienda leader del settore ‘, impegnata dal decorso anno scolastico anche nella gestione del ‘ Liceo del mare ‘ situato in un palazzo d’epoca al centro di Napoli ‘ e in corsi di preparazione alla selezione dei futuri dirigenti della scuola di Stato con pubblicizzate ramificazioni in tutto il territorio nazionale, ha dovuto dare esecuzione anche all’arresto, presso i rispettivi domicili, dell’amministratore unico e della dirigente generale amministrativa dell’Isef con contestuale notifica di denuncia a sei cosiddetti vicepresidi.

Non è la prima volta, dunque, che l’opinabile sottosistema delle scuole paritarie è sotto i riflettori dell’autorità giudiziaria o del giornalismo di inchiesta così come avvenne qualche anno addietro, da parte della redazione della trasmissione ‘ Reporter ‘ di Rai Tre, che impegnò addirittura suoi giornalisti, con speciali candid camera, a rilevare il mercato dei diplomi facili presso scuole paritarie del salernitano.

Una riflessione meno epidermica sul problema rimanda preliminarmente alla richiamata legge n. 62/2000, voluta dal governo D’Alema di centrosinistra  e controfirmata dal ministro guardasigilli dell’epoca Diliberto. Questa norma, regolativa dei commi 3 e 4 dell’art. 33 della Carta Costituzionale, concede il riconoscimento alle scuole non statali richiedenti che, oltre ad alcune referenze abbastanza scontate, abbiano assunto il personale dirigente e insegnante per il tramite di ‘ contratti individuali di lavoro che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore ‘.

Lo stesso legislatore, però, risulta essere eccessivamente generoso e comprensivo nel prevedere, al comma 5 dell’art. 1, che ‘ tali istituzioni, in misura non superiore ad un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purché fornito di relativi scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a contratti di prestazione d’opera di personale fornito dei necessari requisiti ‘.

Insomma sembra sufficiente già il richiamo di queste disposizioni per comprendere come una verifica a tappeto, condotta con sistemi non limitati alla semplice lettura delle buste paga e della sottoscrizione delle stesse da parte degli insegnanti nominati, consentirebbe di accertare non solo la frequente non rispondenza di quanto stipulato nei contratti individuali alla concreta erogazione delle somme dichiarate ma anche la complessiva logica dello sfruttamento e della mortificazione di giovani laureati ed abilitati che fa da cornice al mercato dei diplomi facili.

La prospettiva dell’acquisizione di titoli di servizio, necessari per l’avanzamento nelle graduatorie ad esaurimento funzionali alla nomina nelle scuole statali, costituisce, infatti, lo strumento per ricattare gli insegnanti in servizio presso questa scuole e rendere le stesse istituzioni scolastiche, sedi ufficiali di ‘educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva’, uno dei luoghi privilegiati dell’illegalità e della umiliazione della dignità della persona.

I reati ipotizzati dalla magistratura inquirente per l’Isef di Poggiomarino, a quanto sembra, investono specificamente la posizione degli allievi altrettanto determinante per l’acquisizione dello status di scuola paritaria.

Non di rado, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione, si tratta necessariamente di far ricorso ad elementari sprazzi di creatività, costruendo ex – novo  nominativi e date di nascita degli allievi. Il sistema informatico del Miur, infatti, è attrezzato per rilevare eventuali nominativi doppioni. Occorre ricorrere, quindi, per tutta l’area prescolastica e della scuola dell’obbligo, a questo espediente per assicurare consistenza numerica alle classi e alle sezioni da rendere paritarie.

Invece, a livello di classi terminali della scuola secondaria di secondo grado, settore particolarmente redditizio a causa del mantenimento, nel sistema scolastico italiano, del valore legale del titolo di studio, molto verosimilmente i nominativi degli iscritti rientrerebbero in entrambe le categorie, quella degli inventati, necessari per irrobustire la documentazione finalizzata ad ottenere il riconoscimento paritario alle singole tipologie di scuole e ai relativi indirizzi di studio, e quella dei nominativi corrispondenti a persone fisiche effettivamente esistenti in vita e fortemente interessati a conseguire il diploma di maturità.

La legge n. 1 dell’11 gennaio 2007, nel dettare ‘ disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore ‘, ha posto, come è giusto che fosse, gli alunni delle scuole paritarie sullo stesso piano di quelli frequentanti le scuole statali. La frequenza dell’ultimo anno di corso, pertanto, nei limiti minimi delle giornate previste da specifiche norme, è diventata condizione essenziale per essere ammessi all’esame di Stato dinanzi ad una commissione composta da tre commissari interni, nel caso specifico docenti della scuola paritaria, e tre esterni più il presidente nominati dall’Ufficio scolastico regionale.

Tra le ipotesi di reato contestati all’Isef rientra anche quello relativo alla falsa frequenza  delle attività didattiche ordinarie da parte di molti allievi residenti in regioni del nord piuttosto  lontane da Poggiamarino e, di conseguenza, l’altro riguardante la falsificazione e l’edulcorazione delle periodiche prove scritte di accertamento delle competenze apprese dagli allievi e delle stesse verbalizzazioni delle sedute dei singoli consigli di classe.

L’impianto generale dei fatti contestati, al di là delle responsabilità ipotizzate per i vari denunciati, rileva chiaramente una diffusa, generalizzata situazione di lassismo e di generosa indulgenza da parte dell’amministrazione scolastica competente.

Già tra gli ordini del giorno accolti dal Governo come raccomandazione, in sede di approvazione della citata legge n. 62/2000, è possibile leggere, in un voto del Senato della Repubblica, che ‘ allo Stato compete non solo l’obbligo di istituire scuole di ogni ordine e grado, bensì anche la funzione di controllo e valutazione stante la vigenza del valore legale dei titoli di studio ‘.

La stessa Ordinanza Ministeriale n.44 del 5 maggio 2010 si preoccupa di ricordare il  divieto per candidati esterni ‘ di sostenere gli esami in scuole paritarie che dipendano dallo stesso gestore o da altro gestore avente comunanza di interessi ‘ con i gestori degli istituti pareggiati e legalmente riconosciuti. Più volte vengono richiamati, in questa e in altre norme, le dirette responsabilità dei direttori generali degli Uffici Scolastici Regionali nell’accertamento dei dati relativi al riconoscimento della parità alle scuole richiedenti e alla verifica della reale frequenza da parte degli allievi iscritti, nell’assegnazione dei candidati esterni agli esami di maturità, nella costituzione e nella composizione delle commissioni preposte agli stessi esami di Stato.

Ancora il DPR n. 260/2007, nel regolamentare la riorganizzazione del Miur, attribuisce all’Ufficio scolastico regionale primari doveri di vigilanza ‘ sul rispetto delle norme generali sull’istruzione ‘ e sulle ‘ scuole non statali paritarie e non paritarie ‘.

Chiamare in causa il modesto numero di ispettori disponibili, rivendicare il merito di avere disposto la chiusura ‘ negli anni ’90 di molte scuole paritarie e private dove avevano accesso anche parenti di boss, pagando semplicemente le rette senza mai frequentare ‘ ( stampa quotidiana del 13 gennaio 2010 ), significa francamente mortificare ulteriormente il sistema scolastico statale già penalizzato da una pluralità di fattori compresa la  polemica scaturita dalla pubblicazione degli ultimi dati Ocse Pisa che vedrebbero complessivamente migliorata la posizione degli studenti italiani grazie, in particolare, alle performance degli studenti frequentanti le scuole paritarie.

In conclusione: un poco di pudore istituzionale e un maggiore, diffuso  senso di responsabilità da parte di quanti sono direttamente o indirettamente chiamati a svolgere opera di controllo in questo sottosettore della vita sociale, aiuterebbero la scuola di Stato, nonostante le  sue non poche carenze, ad essere giudicata più favorevolmente dalla comunità.

 

 

 

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