ALLA RICERCA DELLA NUOVA REGIONE SALERNITANA

 

Salerno, 3 febbraio 2011

Ambrogio IETTO

DALL’ANTINAPOLICENTRISMO DI DE LUCA E DI CIRIELLI

ALLA PONDERATA PROPOSTA DI ERNESTO MAZZETTI

 

E così Edmondo Cirielli è riuscito in pochi mesi a guadagnarsi anche la scena nazionale col suo progetto, apparentemente debole e poco credibile, finalizzato all’istituzione di una nuova regione identificabile con la dimensione territoriale dell’attuale provincia di Salerno e da denominare, molto discutibilmente, principato di Arechi.

L’attribuzione di questo nome, ammesso che l’operazione, irta di oggettive difficoltà, andrà felicemente in porto, lascia in verità piuttosto perplessi in quanto un principato presuppone che la conduzione politica venga affidata ad una sola persona e che la continuità del governo del relativo territorio sia assicurata da un principe ereditario. Il che non è proprio previsto dal nostro ordinamento costituzionale.

Ma si sa che l’iniziativa assunta dal presidente della provincia, pur animata dalla passione e dal decisionismo, tratti caratteriali distintivi del personaggio, ha avuto sin dall’inizio il prioritario scopo di catturare l’attenzione della componente più vivace della popolazione salernitana e di offrire, contestualmente, alle centinaia di amministratori locali disseminati da Scafati a Sapri un Leitmotiv abbastanza convincente: il ruolo egemone che Napoli ricopre dal 1970, epoca di avvio dell’istituto regionale, nell’accaparramento delle risorse finanziarie disponibili a danno, ovviamente, degli altri 550 comuni della Campania.

Il disegno di Cirielli, comunque, ha seguito, sia pure in tempi  piuttosto brevi, un percorso logico – politico per niente improvvisato. La prima mossa ha riguardato la proposta del cambio dello stemma col quale iconicamente raffigurare la provincia come unità amministrativa. La sua intuizione lo ha orientato verso il maniero che sovrasta Salerno col monte Bonadies e che si identifica comunemente col toponimo di castello di Arechi.

Il personaggio del principe longobardo, di probabile origine friulana, tutto sommato piace a Cirielli che, come lui migrante da Nocera Inferiore a Salerno, trasferì la reggia dal capoluogo sannita all’Hippocratica Civitas che si affaccia sul Mediterraneo, aprendogli così più ampi orizzonti.

Anche Cirielli, come Arechi, si fa paladino della cultura e dell’identità del popolo amministrato e dirige il suo disegno politico verso l’itinerario della liberazione e, quindi, della piena indipendenza della città di Salerno dal ruolo egemone del potente per antonomasia rappresentato dal sindaco Vincenzo De Luca.

Il presidente della provincia ricorda anche che, quando si trattò  di dare una denominazione al nuovo stadio comunale, tifosi e cittadini salernitani  si attivarono nel compiere le prime ricerche storiche sul principe longobardo e si convinsero che, tutto sommato, il nome di un potente avrebbe portato successo alla squadra locale. Che poi così non è stato è altro discorso.

Allora un grande giornalista sportivo, Gianni Brera, salutò con entusiasmo la scelta operata dal consiglio comunale di Salerno nel tramandare ai posteri il nome dell’importante esponente della Longobardia e,  da padano doc, apprezzò la lungimiranza storico – culturale dei salernitani.

Cirielli è andato ben oltre in quanto ha voluto denominare anche  un suo sottogruppo politico all’interno del consiglio provinciale col nome del princeps.

Frattanto un ex collega del presidente della provincia, il senatore Vincenzo De Masi, ha avviato, più o meno contestualmente con la proposta Cirielli, un percorso di certo molto più lento ma geopoliticamente più attendibile. Con l’associazione ‘ Silenia – – Terranuova ‘, di cui è presidente, persegue l’unico fine statutario di dar vita alla costituzione di una nuova regione che aggreghi tutti i comuni delle province di Salerno, Avellino e Benevento. Silenia è il toponimo da dare all’ipotetica nuova entità territoriale in omaggio alle antiche divinità dei fiumi e delle sorgenti presenti nell’intera area interessata.

Ora la proposta di Cirielli, limitata al solo territorio salernitano, formalmente approvata dal consiglio provinciale  e regolarmente trasmessa alla Corte di Cassazione, è passata al vaglio della Corte Costituzionale per un suo preliminare parere riguardante la procedura da seguire per dare avvio al referendum al fine di acquisire il favorevole pronunciamento della ‘ maggioranza delle popolazioni stesse ‘,  così come previsto dal primo comma dell’art. 132 della Costituzione. Si vuol conoscere, in sostanza,  se al referendum debbono  partecipare anche le province e i comuni che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale è proposto il distacco.

La stessa Corte Costituzionali, con la sentenza n. 334 del 10 novembre 2004, giudicò costituzionalmente illegittimo l’articolo 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 232, che prevedeva un così lungo e cavilloso iter per la proposta di distacco di comuni dalla propria provincia o regione. Ora si tratta di avere analogo pronunciamento per le province che intendono dar vita ad una nuova regione e, quindi, di vedere affermato il principio che a pronunciarsi sulla proposta referendaria siano soltanto i cittadini residenti nei comuni direttamente coinvolti nell’operazione ‘ distacco dalla Campania ‘. Nel caso specifico si tratterebbe dei  158 comuni della provincia di Salerno.

In attesa del verdetto il sindaco di Salerno bolla col suo solito linguaggio fiorito e per niente garbato la proposta licenziata dal consiglio provinciale. E dire che è stato proprio lui il teorico e l’enfatico retore dell’antinapolicentrismo. Il recupero dai suoi interventi televisivi settimanali di tutti gli espliciti riferimenti alla Napoli sprecona e ladrona consentirebbe la redazione di una voluminosa e colorita antologia monotematica.

Va ricordato che l’iniziativa – proposta assunta da Cirielli non è nuova. Nel 1947 vi provò anche , in seno all’assemblea costituente, Carmine De Martino, parlamentare salernitano, imprenditore nei settori dell’essiccazione e della lavorazione del tabacco  e del trasporto pubblico.

Negli ultimi giorni Ernesto Mazzetti, ordinario di geografia economica e politica, giornalista di chiara fama e già direttore della sede RAI di Napoli, in due interventi pubblicati sul ‘ Corriere del Mezzogiorno ‘ ha motivato la sua proposta di trasferire il capoluogo della Campania da Napoli a Salerno per due essenziali motivi: ‘ il declino di Napoli, centro di una congestionata e disagiata area metropolitana ‘ e ‘ il dinamismo palesato nell’ultimo ventennio da Salerno e sue propaggini’.

La proposta, supportata dall’esigenza di ‘animare processi evolutivi verso nord – est, la valle dell’Irno, coinvolgendo Irpinia e, in prospettiva, il Sannio; e ,verso sud, la vasta piana del Sele, Cilento, Vallo di Diano’ include anche ‘ l’aspirazione a un mutamento antropologico della società napoletana. Turismo e musei, certo; ma meno sbrigafaccende  e portaborse. Più imprenditori. Che proiettino la città verso orizzonti di modernità e operosità ‘.

Giustamente Mazzetti lamenta il ‘ silenzio mantenuto sul tema da quanti, investiti di responsabilità politiche a Napoli, Salerno e in Regione, avrebbero ben potuto trarne spunto ’ per interloquire  sui problemi richiamati e sulle motivazioni poste a fondamento della proposta che, è bene ricordarlo, è stata avanzata da un napoletano doc, da un giornalista di lunga e qualificata esperienza e da un tecnico, attento osservatore e conoscitore del territorio campano, delle sue potenzialità socio – economiche e della sua antropologia.

C’è qualche politico serio disponibile a riprendere la proposta Mazzetti e a discuterla in una sede qualificata?

 

 

 

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