CARENTE IL SENSO DI APPARTENENZA ALL’IDENTITA’ NAZIONALE

 

Salerno, 17 Marzo 2011 – Anniversario dell’Unità Nazionale

Ambrogio IETTO

 

A SALERNO POCHISSIME BANDIERE E NEANCHE UN MANIFESTO CELEBRATIVO

 

Fa riflettere il fatto che di bandiere tricolori se ne vedono davvero pochissime in città. Ieri sera ho percorso in bus il tratto da Mercatello al teatro Verdi per contarne non più di una quindicina senza calcolare, ovviamente, quelle esposte, per atto dovuto, agli edifici pubblici. Se non ci fossero stati i bambini delle scuole dell’infanzia e delle primarie le cartolerie non avrebbero venduto un solo foglio di carta crespata colorata in verde, rosso e bianco, necessaria per confezionare, con le proprie mani, tanti piccoli tricolori.

E che dire delle vetrine piene, come sempre, di merce in esposizione ma collocata lì, anonima, senza anima. Qualche raro segnale negli esercizi pubblici. Tra i negozi fa eccezione soltanto qualche storica vetrina del centro ancorata ancora ad antica, consolidata tradizione.

La scuola dei piccoli, come sempre, ha funzionato, illudendosi ancora una volta di alimentare nelle giovanissime coscienze quel senso di identità nazionale che manca alla stragrande maggioranza dei loro genitori.

La scuola dei grandi, invece, ha preferito costruire curricoli antinazionali, recuperando pagine di storiografia partigiana che fa di Garibaldi un bandito usurpatore e dei Borbone dei sovrani illuminati. Eppure Ferdinando II non amava di certo la cultura. Utilizzando il pronome ‘ tu ‘ con tutti, si beava di definire pennaruli gli intellettuali e, ad un ballo di corte, nel presentare agli ospiti la bella ed illuminata sua consorte, la regina Maria Cristina di Savoia, che indossava un abito nuovo, non indugiò molto nel profferire: “Guardatela: sembra una frittata col prezzemolo “.

Era il sovrano di un regno, quello delle Due Sicilie, che, ancora nel 1908, a distanza di mezzo secolo dalla fine della dinastia borbonica,  sollecitava un grande meridionalista come Gaetano Salvemini a descrivere Napoli, l’ex capitale, ancora con espressioni di questo tipo: “ Napoli, vasto centro di consumi e di attività improduttive, in cui una metà della popolazione campa borseggiando e truffando l’altra metà, sembra fatta apposta per incoraggiare alla poltroneria e per educare all’immoralità. Tutto è chiasso, tutto è dolce far niente, quando non è imbroglio e abilità “ ( ‘ Scritti sulla questione meridionale “, Einaudi, pagg. 265-266 ). Eppure a Napoli, mentre a Torino, Venezia, Bologna i negozianti hanno esaurito le scorte di bandiere tricolori, ancora oggi, festa dell’Unità d’Italia’, nelle vendite vincono i vessilli borbonici esposti e listati a lutto.

A Salerno le cose non vanno meglio. Un liceo artistico del centro cittadino ha preferito anticipare il ponte festaiolo, ospitando Luxuria, presentata non solo come brava scrittrice ma anche come valida pedagogista. Pure lei ha fatto riferimento al 1861, mettendo sotto processo i Pontefici e una politica che non riesce a difendere sufficientemente i diritti dei transessuali, dei gay e delle lesbiche. Anche questi sono segni dei tempi.

L’Amministrazione Comunale, non si riesce a comprenderne i motivi, non ha vergato nemmeno un manifesto celebrativo né ha invitato i cittadini e i commercianti ad adornare finestre e vetrine del simbolo nazionale.

Eppure De Luca ha ospitato qualche giorno fa, a Palazzo di Città, il sindaco di Verona Tosi, si è recato all’Università Bocconi di Milano per parlare anche lì di federalismo e delle prospettive che si intravedono per l’economia meridionale come conseguenza della riforma federalista.

Egli, che pur ha impegnato una parte consistente delle risorse disponibili per le luci natalizie d’artista, al fine di solennizzare la ricorrenza celebrativa, non è andato oltre alcuni  cartelloni sistemati nelle piazze cittadine illustranti, con schematizzazioni raffigurative discutibili e, a volte, anche umoristiche, personaggi significativi del Risorgimento.

L’Ente Provincia ha fatto qualcosa, aprendo le celebrazioni con una manifestazione prevalentemente canora ospitata alla pinacoteca provinciale di Via Mercanti. Si è ascoltata della buona musica, animata dall’ottimo maestro Cataldo, con motivi collegabili coi momenti più significativi del percorso unitario.

Ma né il presentatore né il presidente della Provincia hanno avuto l’intuizione di collegare, sicuramente per mancata conoscenza di pagine significative della storia locale, l’ambiente che ospitava la manifestazione con eventi verificatisi in passato e particolarmente importanti per la città e per la provincia.

In quelle ampie stanze, infatti, Giovanni Cuomo, salernitano doc, nominato ministro dell’Educazione Nazionale nel secondo governo Badoglio, insediò il nascente magistero pareggiato, voluto da lui con un decreto legislativo del marzo 1944, e dal quale è gemmata poi la grande università funzionante oggi nel magnifico Campus di Fisciano.

In quegli stessi ambienti per decenni ha funzionato la biblioteca provinciale, la più antica biblioteca provinciale d’Italia che, nel periodo post – bellico, ha consentito a migliaia di studenti, appartenenti a famiglie poco abbienti, di elevarsi culturalmente. Ma si sa la memoria passata e la cultura non entusiasmano molto i politici.

Così personaggi illustri, da Riccardo Muti al presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali Andrea Carandini, all’editorialista Ernesto Galli Della Loggia s’inginocchiano ai piedi del ministro dell’Economia ed implorano: ‘ Tremonti, ci ripensi! “.

Ma la politica si giustifica, evidenziando la mancanza di risorse. Essa, però, non risparmia per niente sui costi che lei stessa produce. Così capita di verificare, nei comportamenti di buona parte delle persone chiamate a gestire anche le nostre pubbliche istituzioni, supponenza, arroganza, presunzione, saccenteria. Celebrare i 150 anni dell’unificazione nazionale dovrebbe significare anche disporsi a ridimensionare quegli aspetti dell’identità umana che contribuiscono non poco a far allontanare i cittadini dalle istituzioni e, ancor più, dalla politica.

 

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