Archivio per aprile, 2011

DAL PAPA ‘ INADEGUATO E SMARRITO ‘ DI NANNI MORETTI AI CANDIDATI ONNIVEGGENTI E ONNISCIENTI AL CONSIGLIO COMUNALE DI SALERNO

28 aprile 2011

 

 

Salerno, 28 aprile 2011

Ambrogio Ietto

LE PROMESSE E GLI IMPEGNI DEI CANDIDATI AL COMUNE DI SALERNO

Sera di venerdì  santo: so che è in programmazione vicino casa mia Habemus Papam,  l’ultimo film di Nanni Moretti. In coerenza con scelte già da me compiute nella fase iniziale della settimana di passione penso che la visione di questa pellicola possa aiutarmi a vivere in modo più personale i tradizionali riti che sin dalla mia infanzia precedono il momento solenne ma anche magico della Resurrezione.

Non sono un critico cinematografico né sono un patito di questo tipo di linguaggio espressivo. Mi dispongo, però, a seguire la proiezione con la massima attenzione, sforzandomi di svincolarmi anche da qualche pregiudizio incuneatosi da tempo dentro di me dopo avere visto Il caimano, altro lavoro di un Moretti fazioso ed eccessivamente sarcastico.

Un papa neoeletto dalla stragrande maggioranza dei componenti del conclave che, nel giudicarsi da subito  inadeguato a guidare spiritualmente un miliardo di persone di fede cattolica sparse per il pianeta e nel non nascondere il personale smarrimento agli increduli colleghi porporati,  decide di non presentarsi al balcone per salutare la folla stipata a piazza San Pietro, non si ricorda tra i successori dell’apostolo privilegiato di Gesù. E’vero,  ci sono i precedenti  di Gregorio XII e del più famoso Celestino V, ‘ colui che fece per viltade il gran rifiuto ‘, un po’ maltrattato da Dante nel terzo canto dell’Inferno ma omaggiato dall’attuale pontefice Benedetto XVI che depose il suo pallio sull’urna funeraria del papa molisano in occasione della visita compiuta alla basilica di Santa Maria di Collemaggio a l’Aquila, pochi giorni dopo il terremoto  dell’aprile 2009.

Le abdicazioni di questi papi si verificarono però, in contesti storici radicalmente diversi dall’attuale e per differenti motivi . Invece il pontefice ideato da Moretti, man mano che procede lo scrutinio delle schede e si prospetta sempre più nettamente la sua elezione, ha sempre più nitida la percezione dell’enorme carico di responsabilità che quell’incarico comporta  e, contestualmente, aumenta in lui il senso di personale inadeguatezza a reggere e ad onorare  nel migliore dei modi il mandato fiduciario ricevuto.

Alcuni critici hanno opportunamente sottolineato come la personalità del pontefice espressa  da Moretti sia pervasa in termini esclusivi da tanta umanità e che manchi la forza inesauribile della fede e, quindi,  la consapevolezza che quella designazione rappresenta anche la risultanza dell’intervento illuminante dello Spirito Santo.

E’ fuor di dubbio che il turbamento invasivo che logora la mente del pontefice neoeletto, interpretato da un bravissimo Michel Piccoli, è generato dall’immediata, lucida presa di coscienza di una società non solo complessa ma anche lacerata, contraddittoria, sostanzialmente indisponibile ad accogliere il messaggio utopico di fraternità, di giustizia e di pace lanciato e sostenuto dal capo spirituale di una Chiesa, specchio fedele di questa stessa società e, dunque, contraddistinta anch’essa da problemi giudicati di difficile se non di impossibile soluzione.

La figura sofferta, tormentata di questo papa, la cui interiore angoscia non riesce ad essere curata nemmeno dalla messa in campo di strategie suggerite dalla più avanzata psicoterapia, disciplina arroccata nel caso specifico intorno ad un infantile ‘ deficit di accudimento ‘, mi porta a pensare, per semplice contrasto, alla presunzione, all’eccesso di autostima, alla boria, all’alta opinione di sé e delle proprie capacità che manifestano, a quindici giorni di distanza dall’evento elettorale, quasi tutti i cinquecento aspiranti al consiglio comunale di Salerno.

Già a partire dai candidati alla carica di sindaco l’ostentazione delle personali migliori qualità, idonee a risolvere nel migliore dei modi i problemi della comunità salernitana, raggiunge livelli preoccupanti di onniveggenza e di onniscienza. Se l’orgoglio di De Luca e dei suoi seguaci ostenta la categoria della fierezza che, anche se riferita alla città di Salerno, nel caso specifico intende ribadire la consapevolezza delle personali capacità del sindaco uscente, non è da meno il tasso di presunzione dei suoi avversari che giurano sulla loro personale autorevolezza capace di porre rimedio alle vere o presunte angherie compiute dall’amministrazione in carica.

I candidati al consiglio comunale non sono da meno e non manca chi, con illimitata spregiudicatezza, richiama il valore della coerenza che avrebbe ispirato la sua chiacchierata presenta all’interno del consiglio comunale uscente. Uno di questi, collocato in una lista del centrodestra ma attento nel corso della passata consiliatura ad esprimere il proprio incondizionato assenso alle posizioni della maggioranza, ha raggiunto gli elettori a casa col suo bel volto pacioccone e sorridente, assicurando che la sua rielezione al consiglio comunale garantirà un’amministrazione onesta, trasparente ed efficiente, una Salerno sicura, con progetti fattibili, con più occasioni di lavoro, attenta alle esigenze dell’imprenditoria locale e degli anziani, impegnata ad urbanizzare le zone collinari ed a caratterizzarsi sempre più con la sua vocazione turistica da affermare non solo con un mare pulito ma anche grazie alla cultura dell’ospitalità.

Non c’è che dire. Sono certo che se la sua scelta di vita fosse stata quella sacerdotale, confortata nel corso della carriera ecclesiastica dalla nomina a cardinale e, quindi, dall’ascesa a pontefice, Nanni Moretti avrebbe dovuto modificare la generale impostazione del suo “ Habemus papam “ e presentare, al contrario, tenendo presente le precedenti performance e l’attuale proclama di questo candidato, il prototipo di un pontefice, non solo onniveggente ed onnisciente, ma anche millantatore e sbruffone.

LETTERA NELLA SETTIMANA DI PASSIONE A PADRE FRANCO IZZO SACERDOTE ALL’AVERSANA DI BATTIPAGLIA

21 aprile 2011

 

Salerno, 21 aprile 2011

Ambrogio Ietto

LA COMPRENSIBILE AMAREZZA DI UN UOMO DI CHIESA

Caro Padre Franco,

noi due non ci conosciamo da molto tempo. Infatti ho avuto la fortuna di incontrarla per la prima volta soltanto qualche anno fa, quando, su cortese invito di Fortunato Ricco, all’epoca dirigente anche della scuola primaria ‘ Angelo Patri ‘, funzionante presso il borgo rurale dell’Aversana in agro di Battipaglia,  mi trovai indegno ospite della contigua chiesa da lei retta per presentare ai docenti di quel plesso, ai genitori degli allievi e ai cittadini il profilo umano, culturale e professionale del personaggio cui è intitolata quella scuola che, nato nel 1876 a Piaggine ed emigrato al seguito del padre negli Stati Uniti, fu uno dei più autentici seguaci della pedagogia progressiva di John Dewey e di Carleton Wolsey Washburne, dando vita alla famosa Public School 45 nel quartiere del Bronx di New York.

L’altro giorno, grazie alla gentile mediazione di Barbara Figliolia, nuova dirigente dell’Istituto Comprensivo competente, sono ritornato da lei per una normale visita di cortesia inserita volutamente da me nel contesto della Settimana Santa che, come lei ben sa, per noi credenti osservatori dell’anno liturgico, si identifica coi sette giorni che collegano la Domenica delle Palme alla Pasqua.

Ho compreso subito che la persona che mi stava di fronte, costretta a sedere su di una poltrona per una consolidata infermità, non era la stessa di qualche anno prima. Anche se accolto con garbo e con indiscusso sentimento di  piacere, sul suo volto ho rilevato con immediatezza una traccia piuttosto evidente di amarezza, di profonda sofferenza interiore, di un contenuto turbinio di pensieri e di stati emotivi.

Dopo un rapido scambio di convenevoli e la partecipazione da parte mia delle doverose scuse per avere interrotto il suo colloquio silenzioso con la Sacra Bibbia, il cui testo era ben in visione sul tavolinetto che si affianca alla sua amica poltrona e che raccoglie, tra il ricevitore del telefono fisso, il cellulare e il telecomando, quanto considera necessario per essere a contatto col mondo, non è stato difficile per me comprendere le serie, umane motivazioni  che rendono ormai il suo viso specchio fedele di una molto tormentata condizione dell’animo.

Lei, dopo circa 15 anni di conduzione della locale parrocchia, è stato di fatto rimosso dall’incarico con la nomina, da parte del neo arcivescovo mons. Luigi Moretti, di un sacerdote con le funzioni di amministratore.

Il provvedimento ha prodotto non poca amarezza in lei e nei tanti fedeli estimatori, facenti parte della sparsa comunità parrocchiale. Gli oltre venti anni di missione sacerdotale in Messico all’interno della Congregazione Saveriana, l’essere stato successivamente incardinato, su sua richiesta, nel clero dell’arcidiocesi di Salerno, l’avere trasformato l’originario baraccone del borgo in vera e propria casa di culto, l’essere riuscito a guadagnarsi la stima e l’affetto di quanti hanno rilevato nel suo comportamento,  anche se oggettivamente condizionato dalla ben evidente disabilità,  la permanente, nitida trasparenza della serenità d’animo e l’inarrestabile spinta della speranza cristiana e della salvezza, tutti questi non secondari elementi di conoscenza non sono risultati sufficienti ad evitare un provvedimento che assume paradossalmente  un carattere punitivo verso una persona indifesa e portatrice nella quotidianità di una croce abbastanza prossima a quella materiale che contraddistinse  l’ascesa sul Calvario di Nostro Signore Gesù Cristo.

Se restano poco chiare, caro Padre Franco, le ragioni del suo allontanamento di fatto dalle funzioni di parroco, incomprensibile se non sconcertante appare il comportamento di chi, suo confratello nella scelta sacerdotale, è stato designato alla responsabilità di amministratore pro – tempore della stessa parrocchia. Lei non dispone più delle chiavi della chiesa e, quindi, della possibilità di celebrare a quell’altare la messa quotidiana che, oltre a rispondere ad un’interiore esigenza, rientra tra gli atti dovuti per la sua scelta sacramentale. Anzi ora, da quel luogo di culto, è scomparsa anche la specifica pedana che le consentiva di accedere senza particolari problemi all’altare per la celebrazione della santa messa grazie alla carrozzella con motore elettrico che le competenti autorità sanitarie le hanno assegnato.

Così lei si ritrova a fare del modesto appartamento che occupa non solo il luogo della sua quotidiana sofferenza ma anche il tempio per le  sue preghiere e per la quotidiana celebrazione. In questo stesso ambiente si ritrova chi dei suoi fedeli avverte il bisogno, nel rito sacramentale della penitenza, di partecipare a lei, ministro di Dio, le personali infrazioni dei precetti della Chiesa cristiano – cattolica.

Del breve incontro  avuto con lei, Padre Franco, mi rimane soprattutto la percezione della luminosità dei suoi occhi nell’annunciarmi l’imminente pellegrinaggio che compirà, come  ormai fa da tempo due volte all’anno, tra il monte Kicevak e la collina di Crnica nella Bosnia/Erzegovina per pregare dinanzi l’immagine della Madonna di Medjugorje.

L’augurio che le porgo è che in quel luogo, rafforzando la sua fede, lei possa riconquistare la serenità necessaria per accettare cristianamente  le gravi amarezze  eventualmente prodotte in lei anche dagli uomini di Chiesa.

Mi creda suo,

 

                                                                                       Ambrogio  Ietto

SCHIFANI – DE LUCA – CIRIELLI : QUANDO LE ISTITUZIONI NON SI RISPETTANO TRA LORO

17 aprile 2011

 

Salerno, 17 aprile 2011

Ambrogio IETTO

UNO SPETTACOLO CHE NON FA ONORE ALLA CITTA’

 

Non conosco le motivazioni ufficiali che hanno sollecitato il presidente del Senato Renato Schifani, seconda carica dello Stato, chiamato dall’articolo 86 della Carta Costituzionale ad esercitare le funzioni del Presidente della Repubblica ‘ in ogni caso che egli non possa adempierle ’, a raggiungere Salerno sabato 16 aprile 2011. Dal sito ufficiale dell’Amministrazione provinciale si apprende, però, che il presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, ‘ ospite a Palazzo S. Agostino del presidente della Provincia di Salerno onorevole Cirielli’  è stato ‘ in visita alla Provincia di Salerno per suggellare il ruolo di Salerno capitale ‘.

Da quanto letto è possibile, così, dedurre che Schifani sia venuto a Salerno anche sulla base di quelle che alcuni giorni fa sono state le precisazioni del Quirinale a proposito del mancato inserimento della città di Salerno, ove tra il febbraio e il luglio del 1944 svolse la sua ordinaria attività istituzionale il governo dell’Italia liberata, tra le capitali riconosciute del Paese da considerare in occasione delle celebrazioni in corso per i 150 dell’unificazione nazionale.

L’invito avanzato dal presidente della Provincia o, ipotesi molto meno probabile, l’eventuale, cortese sollecitazione dello stesso presidente Napolitano al suo ‘ vice’ di porre rimedio al formalismo della storia (la mancanza di un atto normativo di formale trasferimento della capitale a Salerno ‘) recandosi in visita in questa città, ha trovato disposto, comunque, il presidente del Senato a dedicare a tal fine mezza giornata del suo ruolo istituzionale.

Egli, quindi, è stato tra noi in questa veste tanto è vero che Cirielli ha inteso riceverlo ed ossequiarlo con la fascia azzurra prevista dal protocollo per le cerimonie ufficiali.

Dalle cronache si legge che il sindaco De Luca non è apparso mai nel corso dei diversi ‘passaggi ‘ della visita: salone di rappresentanza della Provincia, Duomo, Castello di Arechi. Anzi i quotidiani riportano la notizia del sindaco impegnato, nelle stesse ore in cui Schifani girava lungo le strade della città, a presentare il progetto ‘ Salerno wi-fi libero ‘ e a partecipare idealmente al presidente dell’assemblea di Palazzo Madama il ‘ cahier de doléances ‘ di tutti i torti presunti o veri subiti da Salerno  per volontà di Berlusconi e compagni.

Alla luce di questi elementi di conoscenza, che sembrano abbastanza oggettivi, mi permetto, da semplice cittadino dotato – grazie a Dio – di una sufficiente dose di autonomia critica, di osservare quanto segue:

a ) lo staff e la stessa persona di Schifani, nell’apprendere che la venuta a Salerno sarebbe stata motivata esclusivamente dall’esigenza simbolica di ‘ suggellare il ruolo di Salerno capitale ‘, avrebbero dovuto precisare a Cirielli, presidente della Provincia, di inserire nel programma, dopo intesa raggiunta col sindaco della città, anche una visita a Palazzo di Città ove, oltretutto, si è svolta nella prima metà del 1944 l’attività istituzionale del governo Badoglio.

In caso di acquisita indisponibilità a dar vita ad un simile programma Schifani avrebbe potuto egualmente raggiungere Salerno per un incontro politico ad esplicito sostegno della vice presidente della provincia Ferrazzano, sua compagna di partito e, al momento, candidata a sindaco di Salerno in opposizione all’attuale primo cittadino De Luca;

b ) Cirielli, dal canto suo, quale uomo di istituzioni, avrebbe dovuto rendersi conto che una manifestazione messa su come quella di ieri non avrebbe prodotto, come non ha prodotto, tra la comunità cittadina e quella dell’intero territorio provinciale, una percezione positiva del vero significato di una visita effettuata, comunque, dalla seconda carica dello Stato;

c ) per quanto riguarda De Luca, che non ha resistito alla tentazione di porsi come un povero disgraziato che lamenta di essere stato destinatario dell’indebita espropriazione di risorse finanziarie a lui spettanti in quanto rappresentante della polis, egli ha confermato la sua naturale, aggressiva avversità nei confronti di chi col governo Berlusconi non c’entra nulla e che ha avuto il solo torto di circondarsi di cattivi consiglieri, cedendo alle pressioni della sua parte politica per partecipare ad un evento da realizzare o alcuni mesi fa, subito dopo la venuta del Capo dello Stato, o nell’autunno prossimo a conclusione dei festeggiamenti per l’unità d’Italia e a tormentone elettorale cessato.

In conclusione: un’ulteriore brutta pagina per la città di Salerno con due esponenti, Cirielli e De Luca, incapaci di volare alto e di offrire alla gente, lontana dalla subcultura di una politica aggressiva ed arrogante, un messaggio significativo di consapevolezza istituzionale, e con la seconda carica dello Stato coinvolta in una querelle che avrebbe fatto molto bene a spegnere sul nascere.

 

 

 

 

UN EVENTO CHE APPARTIENE SOLO A TE MA CHE PROVI GIOIA NEL PARTECIPARLO AGLI ALTRI

15 aprile 2011

 

Salerno, 15 Aprile 2011

 

Ambrogio IETTO

I MIEI SETTANTACINQUE ANNI

 

Mi rendo conto che all’occasionale lettore sembrerà piuttosto strano, se non proprio anomalo, che oggi 15 aprile 2011, ricorrenza del mio genetliaco, io decida di  mettere in circolazione nella piazza mediatica la notizia di un evento che riguarda soltanto la mia persona e che, quindi, non coinvolgendo personalmente il Presidente della Repubblica o quello del Consiglio dei ministri oppure un noto personaggio dello spettacolo, è privo di ricaduta pubblica e non produce altro effetto che quello di prendere atto, da parte mia, del trascorrere inesorabile del tempo e dell’avere vissuto già per tre lunghi quarti di secolo.

Organizzare mentalmente oggi delle idee su di una ricorrenza che, non appartenendo ad altri, è soltanto mia e metterle in rete significa per me soddisfare un duplice bisogno: esprimere un ‘ grazie’ al Signore e a mia madre che accompagnarono il mio affacciarmi alla vita e consolidare dentro di me quella condizione di rasserenamento derivante dalla consapevolezza di avere ricevuto soltanto bene dal prossimo, restituendo ad esso appena una parte piuttosto contenuta delle attenzioni a me rivolte.

Bellizzi di Montecorvino Rovella 15 aprile 1936: non più di sette – otto case di fattura rurale in una piana ancora governata dalla malaria ma aggredita per la prima volta da un’opera di generale risanamento,  accompagnata dalla prima organica asfaltatura della strada nazionale 18, unica arteria di collegamento nord – sud Italia.

Secondogenito di Emilia e Bartolomeo, entrambi nati alla stessa ora del medesimo giorno del luglio 1908 in uno degli angoli più belli del mondo, accanto alla spiaggia ove nel giugno del 1857 si spense il sogno insurrezionale di Carlo Pisacane.

Una coppia migrante dal mare alla pianura per dare concretezza ad un progetto di vita con una figliolanza numerosa e ad una piccola, umile attività imprenditoriale che consentì la piena ma laboriosa autonomia esistenziale del nascente folto nucleo familiare.

La guerra, il richiamo alle armi del capofamiglia, i bombardamenti, lo sfollamento verso i monti Picentini, l’antistante sbarco della sesta armata del generale Clark, la convivenza pedagogicamente discutibile di un bambino  tra militari appartenenti a sette – otto etnie diverse, il contrabbando, la prostituzione, l’eruzione del Vesuvio del 1944, il gravissimo stato di salute di due sorelline, la difficile ripresa, il piacere della riscoperta della scuola, il diploma e il posto vinto di maestro in una scuola della periferia della città capoluogo, le prime tentazioni della politica, il necessitato ruolo dell’improvvisato showman e la presunzione di essere giudice tra ventidue contendenti in un campo rettangolare.

Un insieme disordinato ed eterogeneo di esperienze sulla spinta di un’innegabile voglia di protagonismo e di cittadinanza attiva alimentata dall’autentico, forte desiderio di vivere tra e con gli altri per apprendere e, se possibile, anche donare.

Il dono ricevuto dall’incontro quotidiano con l’umanità fanciulla, l’impareggiabile ricchezza di umanità accumulata dall’interazione comunicativa con essa, dalle sofferte ma anche incoraggianti riflessioni maturate coi colleghi e coi collaboratori, dai tentativi a volte riusciti altre volte vanificati nell’intraprendere percorsi innovativi e nell’affrontare vere e proprie avventure pedagogiche non legittimate dai vigenti ordinamenti, dall’ascolto nelle sedi istituzionali del pensiero dei migliori saggi del momento in campo educativo e dall’apprezzamento da loro ricevuto per i tuoi corretti richiami all’esperienza della didattica e dell’organizzazione, dalle tante fortunate circostanze che ti hanno messo a proficuo contatto con autorevoli personalità della cultura e delle istituzioni, dalla fiducia ottenuta in tanti organismi di partecipazione democratica in una stagione difficile per il Paese in cui era più agevole distruggere che costruire.

Ecco, i settantacinque anni sono tutto questo ma significano, ora e sempre, il piacere di continuare ad essere per giovani ed intelligenti colleghi un punto di riferimento non tanto per i loro dubbi ma, in particolare, per la loro paura di perdere la speranza di continuare a credere nell’efficacia e nell’efficienza di un’azione formativa minata da una famiglia sempre più assente e disimpegnata e dall’azione invasiva dei troppi canali mediatici orientati più a giocare contro che a favore dell’istituzione educativa.

Tre quarti di secolo di vita servono anche per convincerti che l’andare contro corrente nel dibattito pubblico, il rafforzare la tua autonomia di giudizio nei riguardi anche del potente di turno, l’assumere ferma determinazione verso ogni tentativo di condizionamento della libertà altrui, il tentare di testimoniare quanto sia prezioso il bene della libera espressione di pensiero, costituiscono non atti di coraggio ma semplice testimonianza della primaria dignità della persona.

Una rapida riflessione sul tuo vissuto familiare rafforza la validità delle scelte compiute, ti dispone a riconoscere nella compagna di vita analoga testimonianza di linearità e di coerenza concentrata in misura prevalente nell’opera educativa svolta  all’interno della famiglia e a prendere atto, infine, che il messaggio valoriale trasmesso soprattutto nel tuo impegno professionale e pubblico sia stato integralmente raccolto e rafforzato dai figli che hai generato.

Allora anche se i settantacinque anni che oggi conto sulla mia vita sembra siano volati troppo in fretta, mi sorprendo a non avere nostalgia del passato, a sorridere della mia esuberanza del lontano tempo che fu perché ancora oggi, nel percepire concretamente  l’affetto di tante persone care che continuano a volermi bene nonostante i miei innumerevoli difetti, nella mia mente circolano solo tanti programmi e progetti da portare avanti e realizzare.

E poi cosa c’è di più bello dal constatare che per non poche persone, legate a te da consanguineità  e da rapporti di affetto e di stima, sei ancora una piccolissima finestra aperta alla speranza ?

 

 

 

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