LETTERA NELLA SETTIMANA DI PASSIONE A PADRE FRANCO IZZO SACERDOTE ALL’AVERSANA DI BATTIPAGLIA
Salerno, 21 aprile 2011
Ambrogio Ietto
LA COMPRENSIBILE AMAREZZA DI UN UOMO DI CHIESA
Caro Padre Franco,
noi due non ci conosciamo da molto tempo. Infatti ho avuto la fortuna di incontrarla per la prima volta soltanto qualche anno fa, quando, su cortese invito di Fortunato Ricco, all’epoca dirigente anche della scuola primaria ‘ Angelo Patri ‘, funzionante presso il borgo rurale dell’Aversana in agro di Battipaglia, mi trovai indegno ospite della contigua chiesa da lei retta per presentare ai docenti di quel plesso, ai genitori degli allievi e ai cittadini il profilo umano, culturale e professionale del personaggio cui è intitolata quella scuola che, nato nel 1876 a Piaggine ed emigrato al seguito del padre negli Stati Uniti, fu uno dei più autentici seguaci della pedagogia progressiva di John Dewey e di Carleton Wolsey Washburne, dando vita alla famosa Public School 45 nel quartiere del Bronx di New York.
L’altro giorno, grazie alla gentile mediazione di Barbara Figliolia, nuova dirigente dell’Istituto Comprensivo competente, sono ritornato da lei per una normale visita di cortesia inserita volutamente da me nel contesto della Settimana Santa che, come lei ben sa, per noi credenti osservatori dell’anno liturgico, si identifica coi sette giorni che collegano la Domenica delle Palme alla Pasqua.
Ho compreso subito che la persona che mi stava di fronte, costretta a sedere su di una poltrona per una consolidata infermità, non era la stessa di qualche anno prima. Anche se accolto con garbo e con indiscusso sentimento di piacere, sul suo volto ho rilevato con immediatezza una traccia piuttosto evidente di amarezza, di profonda sofferenza interiore, di un contenuto turbinio di pensieri e di stati emotivi.
Dopo un rapido scambio di convenevoli e la partecipazione da parte mia delle doverose scuse per avere interrotto il suo colloquio silenzioso con la Sacra Bibbia, il cui testo era ben in visione sul tavolinetto che si affianca alla sua amica poltrona e che raccoglie, tra il ricevitore del telefono fisso, il cellulare e il telecomando, quanto considera necessario per essere a contatto col mondo, non è stato difficile per me comprendere le serie, umane motivazioni che rendono ormai il suo viso specchio fedele di una molto tormentata condizione dell’animo.
Lei, dopo circa 15 anni di conduzione della locale parrocchia, è stato di fatto rimosso dall’incarico con la nomina, da parte del neo arcivescovo mons. Luigi Moretti, di un sacerdote con le funzioni di amministratore.
Il provvedimento ha prodotto non poca amarezza in lei e nei tanti fedeli estimatori, facenti parte della sparsa comunità parrocchiale. Gli oltre venti anni di missione sacerdotale in Messico all’interno della Congregazione Saveriana, l’essere stato successivamente incardinato, su sua richiesta, nel clero dell’arcidiocesi di Salerno, l’avere trasformato l’originario baraccone del borgo in vera e propria casa di culto, l’essere riuscito a guadagnarsi la stima e l’affetto di quanti hanno rilevato nel suo comportamento, anche se oggettivamente condizionato dalla ben evidente disabilità, la permanente, nitida trasparenza della serenità d’animo e l’inarrestabile spinta della speranza cristiana e della salvezza, tutti questi non secondari elementi di conoscenza non sono risultati sufficienti ad evitare un provvedimento che assume paradossalmente un carattere punitivo verso una persona indifesa e portatrice nella quotidianità di una croce abbastanza prossima a quella materiale che contraddistinse l’ascesa sul Calvario di Nostro Signore Gesù Cristo.
Se restano poco chiare, caro Padre Franco, le ragioni del suo allontanamento di fatto dalle funzioni di parroco, incomprensibile se non sconcertante appare il comportamento di chi, suo confratello nella scelta sacerdotale, è stato designato alla responsabilità di amministratore pro – tempore della stessa parrocchia. Lei non dispone più delle chiavi della chiesa e, quindi, della possibilità di celebrare a quell’altare la messa quotidiana che, oltre a rispondere ad un’interiore esigenza, rientra tra gli atti dovuti per la sua scelta sacramentale. Anzi ora, da quel luogo di culto, è scomparsa anche la specifica pedana che le consentiva di accedere senza particolari problemi all’altare per la celebrazione della santa messa grazie alla carrozzella con motore elettrico che le competenti autorità sanitarie le hanno assegnato.
Così lei si ritrova a fare del modesto appartamento che occupa non solo il luogo della sua quotidiana sofferenza ma anche il tempio per le sue preghiere e per la quotidiana celebrazione. In questo stesso ambiente si ritrova chi dei suoi fedeli avverte il bisogno, nel rito sacramentale della penitenza, di partecipare a lei, ministro di Dio, le personali infrazioni dei precetti della Chiesa cristiano – cattolica.
Del breve incontro avuto con lei, Padre Franco, mi rimane soprattutto la percezione della luminosità dei suoi occhi nell’annunciarmi l’imminente pellegrinaggio che compirà, come ormai fa da tempo due volte all’anno, tra il monte Kicevak e la collina di Crnica nella Bosnia/Erzegovina per pregare dinanzi l’immagine della Madonna di Medjugorje.
L’augurio che le porgo è che in quel luogo, rafforzando la sua fede, lei possa riconquistare la serenità necessaria per accettare cristianamente le gravi amarezze eventualmente prodotte in lei anche dagli uomini di Chiesa.
Mi creda suo,
Ambrogio Ietto