Archivio per giugno, 2011

IN MERITO AI RISULTATI RESI NOTI DALL’ASL DI SALERNO SUGLI ABUSI SESSUALI SU MINORI

29 giugno 2011

 

Salerno, 29 giugno 2011

Ambrogio IETTO

ABUSI SU MINORI

 

I dati relativi ad abusi compiuti su minori e resi noti dal nucleo operativo territoriale dell’ex ASL Salerno 2 producono sconcerto, disorientamento sia per il numero dei casi sia per gli stadi evolutivi di appartenenza della maggioranza delle vittime.

La stampa, che ha riportato l’entità numerica del tristissimo e ricorrente fenomeno, non fa cenno ad un particolare non secondario da poter tradurre con un semplice interrogativo: sono casi ancora sub judice oppure acclarati in sede di avvenuto pronunciamento con sentenza di condanna almeno di primo grado? Il riferimento anche ai ventinove casi dell’anno in corso autorizza a dedurre che per un buon numero di episodi si è fermi alla fase della denuncia e della conseguente, avvenuta apertura delle indagini.

Pertanto una più corretta classificazione statistica avrebbe potuto offrire le cifre, ripartendole per casi definiti con sentenza di condanna di primo grado per gli autori dell’ignobile reato e per casi presunti, ipotizzati ma non ancora confortati da pronunciamenti giurisdizionali. L’osservazione, ovviamente, ha pertinenza soprattutto per abusi collocabili dentro la sfera della sessualità che non sono sempre così semplici da accertare tanto da motivare inconfutabilmente la sanzione collegata alla colpevolezza e, quindi, alla responsabilità del soggetto individuato come reo.

Oggi è pur vero che le strumentazioni tecnologiche riferibili all’informatica, alle minuscole videocamere, ai cellulari, alle microspie telefoniche consentono all’autorità inquirente di acquisire spesso prove inconfutabili sugli atti vergognosi ed irripetibili commessi da soggetti affetti da perversione sessuale che li spinge a riversare l’interesse erotico su bambini teneri ed indifesi.

La categoria dell’incertezza, del dubbio, della titubanza, della perplessità subentra, invece, quando a ricoprire il ruolo dell’accusa siano proprio bambini collocabili tra i due anni e mezzo e i quasi sei anni, vale a dire  in quella fascia evolutiva che costituisce l’utenza della scuola dell’infanzia ove non di rado vengono registrati, almeno in sede di denuncia e di accusa, casi del genere.

A differenza di abusi subiti all’interno del vissuto familiare, più facilmente riconducibili a figure parentali distintamente conosciute e riconosciute dai piccoli, quelli invece ipoteticamente praticati nel contesto scolastico possono ampliare l’area dell’ indeterminatezza, dell’approssimazione, della possibile inattendibilità di quanto riferito e, troppo spesso, ripreso da insistenti e ripetute narrazioni materne  o a seguito di sollecitazioni riproposte in termini facilitanti da consulenti in alcuni casi  non eccellentemente preparati per un compito di così straordinaria delicatezza.

Le figure professionali che ruotano intorno a questo tipo di istituzione sono diverse per la particolare sua organizzazione: doppio organico di insegnanti per ogni sezione, frequente avvicendamento di supplenti, collaboratori scolastici, addetti alla mensa.

Si sa che la stagione evolutiva che vivono bambini di questa fase evolutiva è ricca di potenziale di creatività, di elaborazioni immaginarie favorite e stimolate non soltanto dall’azione invasiva svolta per ore ed ore a casa da un’offerta mediatica  realizzata specificamente per soggetti di questa età ed animata da personaggi surreali, fantastici che quasi sempre si ripropongono in manifestazioni oniriche notturne.

Nello stesso contesto scolastico quotidiane risultano le narrazioni riferite al mondo della favola e della fiaba accompagnate da correlate attività grafico – pittoriche, gioco – drammatiche, ludico – motorie.

Si aggiunge, poi, nelle dinamiche di sviluppo di questa età, una dimensione emotivo – affettivo – relazionale particolarmente complessa e spesso anche contraddittoria. Molto opportunamente gli ‘Orientamenti per la scuola materna statale del 1969’ raccomandavano all’insegnante di “ evitare con cura di favorire, spesso inconsapevolmente, la formazione di tensioni emotive ingiustificate e dannose ( come la paura dell’<uomo nero>, dei morti, del diavolo, del tuono o la paura di adulti o di luoghi chiamati in causa nelle situazioni in cui si desidera che il bambino sia <buono> “).

Questi riferimenti, sia ben chiaro, non tendono a scagionare atti inenarrabili compiuti anche da figure professionali istituzionali all’interno di questo segmento di scuola. Essi, però, tendono a sottolineare la complessità e la delicatezza dell’accertamento della responsabilità di quei soggetti che si portano addosso il peso di un simile delitto.

La stessa legge n. 444/1968, istitutiva della scuola materna statale, prevedeva che tutte le figure in essa operanti fossero di sesso femminile. Poi è successo che provvedimenti adottati ad hoc dal legislatore, al solo fine di risolvere situazioni occupazionali carenti, hanno fatto migrare verso questo delicatissimo settore di scuola personale ausiliario già dipendente dai comuni e lavoratori socialmente utili, quasi tutti di sesso maschile,  convertiti ex abrupto in collaboratori scolastici ovvero bidelli.

Frattanto l’ansioso passaparola tra madri e nonne, l’inevitabile alterazione della narrazione portata avanti da adulti sia nel linguaggio sia nel contenuto delle situazioni descritte, i resoconti non sempre radicalmente spontanei dei bambini  ampliano inevitabilmente l’area delle indagini mentre i tempi inevitabilmente lunghi, indispensabili per acquisire elementi certi di conoscenza, consolidano illazioni e sospetti spesso infondati.

Insegnanti, dirigenti, altre figure professionali corrono il rischio, così, di essere catapultati in un gioco al massacro che, oltre a mortificarli, li qualifica irreversibilmente come potenziali orchi. Per questi casi, che finiscono con l’ apporre un sigillo infamante ed irreversibile sull’identità umana e professionale di un educatore, occorrerebbe aprire una pista processuale veloce, idonea a sostituire un itinerario procedurale tuttora inevitabilmente lungo,  che ha – come unico sbocco – un sofferto ed amaro processo di autodistruzione della propria personalità. 

 

                                                                                         

ROMA, NAPOLI, SALERNO: UNA CLASSE POLITICA CHE NON ALIMENTA FIDUCIA NEL CITTADINO

25 giugno 2011

 

Salerno, 25 giugno 2011

Ambrogio IETTO

DESIDERIO DI ZITTIRE

 

Ho preso l’impegno con l’amico D’Angelo di scrivere di tanto in tanto un ‘ pezzo’ da ospitare su questa sua nuova creatura editoriale che, tra gli inevitabili, comprensibili  limiti, ha il grande merito di ospitare opinioni pensate e scritte in piena libertà, un valore questo che diventa sempre più raro a trovarsi. Diciamolo francamente: chi fa politica attiva non gradisce interventi critici anche quando ci si sforza di assumere posizioni analoghe con chi si trova collocato dalla parte opposta.

Il potere, modesto o importante che sia, ti vuole suo servo, esaltatore di scelte che non puoi condividere perché le consideri illogiche, controproducenti per la comunità, espressive soltanto  della faziosità o, peggio, dell’affare, ispirate al primato esclusivo dell’appartenenza e non del bene comune.

Ti rendi conto che, a partire dalle vicende nazionali, tu, semplice cittadino o libero pensatore, non conti letteralmente nulla. Può soltanto confortarti il dato, ormai indiscutibile, che a comandare non sono nemmeno i componenti del governo. C’è, infatti, sempre un Bisignani nella stanza dei bottoni che ascolta, fa il confessore laico, interrompe le lamentazioni altrui, promette, dà assicurazioni sul fatto e sul da farsi, attenua le posizioni, rende meno aspra la contesa. Succede, però, che pure lui, riconosciuto come soggetto dotato di potenti attributi e di notevoli qualità di mediatore e di faccendiere, ad una certa ora della lunga, interminabile giornata di lavoro, perda la pazienza e utilizzi un vocabolario poco decente.

Pensate un po’ cosa significhi per lui ascoltare donne in carriera: la Santanché che ormai ha rotto tanto da essere definita anche str…. , la Prestigiacomo invidiosa della Mara, la Carfagna che aveva garantito a Micciché di andare con lui e che poi non ha avuto il coraggio di tradire  il Cavaliere, la Gelmini che non ne può più di Tremonti.

Gli uomini, però, non è che brillino per intelligenza. Lo stesso Berlusconi è giudicato poco intelligente dalla Prestigiacomo mentre l’ex direttore generale della Rai Masi, riconoscendo evidentemente i suoi limiti anche nell’organizzazione scritta del pensiero in lingua italiana  chiede al salvatore del mondo, che è il Bisignani di turno,  di provvedere direttamente lui a redigere la lettera di licenziamento per Santoro.

Anche un generale, responsabile dei Servizi Segreti, si serve della sua mediazione per poter essere presentato a D’Alema. Ha letto, infatti, sui giornali che il personaggio in causa è davvero un pezzo che conta.

Diciamo la verità: c’è proprio da piangere. La voglia, però, di tacere, di pensare ad altro, di liberarsi definitivamente dalla sindrome di interessarsi di queste frattaglie è alimentata continuamente anche da quanto si verifica tra noi. Non soffermiamoci, per carità di patria, sul dramma napoletano dei rifiuti, che è dramma – come stanno le cose – dell’intera Campania né sulla sua classe politica assuefatta ormai ad un processo degenerativo irreversibile.

Per limitarmi all’orticello salernitano va detto a chiare lettere che a me sembra una follia il fallimento, prodottosi a Nocera Inferiore, di ogni tentativo di intesa tra l’eletto sindaco Torquato e l’opposizione, però maggioranza di fatto per numero di consiglieri eletti. La città capofila dell’Agro ha problemi davvero gravi da affrontare. E’ possibile che i gruppi in campo si irrigidiscano a tal punto da mandare tutto a carte quarantotto per ritornare alle urne ? E’ o non è questa una manifestazione lampante di irresponsabilità, di presunzione di stare dalla parte giusta, di incomunicabilità?

La stessa riunione del nuovo consiglio comunale di Salerno, svoltasi giovedì al Salone dei marmi, ha confermato non solo e non tanto le comprensibili differenti posizioni esistenti tra maggioranza ed opposizione ma anche il mantenimento e il consolidamento, da parte del sindaco De Luca, di una virulenza che, ammesso e non concesso che possa  liberarlo dell’adrenalina, radicalizza ulteriormente lo scontro con Cirielli.

Dal canto suo il presidente della Provincia lascia addirittura sconcertati quando dichiara la potenziale sua disponibilità a cambiare partito. Per sua fortuna lo sconcerto si prova in misura maggiore nel leggere le novità che arrivano da Maiori dove si è ritenuta decisione giusta ed opportuna nominare assessore ai Grandi Eventi e alla Comunicazione e Promozione del territorio nientedimeno il grande personaggio televisivo Alessandro Cecchi Paone che, in un incontro pubblico, ha lanciato alle lesbiche, agli omosessuali e ai transessuali dell’intero pianeta l’annuncio che il centro della Costiera sarà meta del turismo sessuale di tutti i gusti.

Non è il caso di esprimere giudizi nel merito per il rispetto che si deve alle scelte che organismi democraticamente eletti, si allude al sindaco e alla maggioranza che lo sostiene, ritengono di compiere molto probabilmente in coerenza col programma presentato e scelto dai propri elettori.

Pronunciarsi su opzioni che presuppongono rottura radicale con l’antropologia culturale di una comunità da sempre ancorata a principi considerati incompatibili con l’annuncio di Cecchi Paone, significa essere definiti affetti da omofobia, da incultura, da senilità cognitiva.

Meglio, quindi, zittire, e, ovviamente, non ascoltare,non leggere, non osservare  né tantomeno pensare.

 

                                                                            

 

LA STANDING OVATION PER MONSIGNOR MORETTI

18 giugno 2011

 

Salerno, 18 Giugno 2011

Ambrogio IETTO

CHIESA IN CAMMINO

 

 

Giovedì sera, presso il seminario diocesano di Pontecagnano Faiano  si sono concluse le tre sedute del convegno pastorale diocesano sul tema ‘ Dal Vangelo alla vita, dalla vita al Vangelo ‘.

Il consesso, voluto dall’arcivescovo metropolita mons. Luigi Moretti e preparato da una speciale commissione che ha elaborato un documento – guida dell’itinerario formativo affidato alle parrocchie e alle molte aggregazioni laicali operanti nell’ambito arcidiocesano, ha favorevolmente impressionato per tre essenziali motivi: la valorizzazione della forania quale ambito circoscrizionale aggregativo di più parrocchie contigue, la folta partecipazione di presbiteri, delegati di gruppi, rappresentanti foranei alle sedute plenarie e, per usare un’espressione anglofona per niente familiare a chi scrive, la standing ovation che ha salutato l’intervento conclusivo dell’arcivescovo Moretti.

Dal punto di vista metodologico l’aggregazione dei  partecipanti per forania, nel mentre ha reso possibile una riflessione a più voci sulla traccia di studio e, quindi, un significativo interscambio di esperienze vissute a grandi linee in un ambito territoriale abbastanza simile almeno dal punto di vista antropologico – comunitario, ha presentato il limite del troppo breve tempo offerto per un prezioso e contestuale lavoro di analisi e di sintesi dei temi affrontati.

Trattasi, comunque, di un itinerario metodologico – didattico da riprendere, potenziare e valorizzare soprattutto per una mirata azione formativa degli animatori e degli operatori di base. L’entità numerica dei partecipanti ha superato ogni più rosea previsione. Non è azzardata l’ipotesi avanzata di una presenza,  nell’immensa e forse sprecata palestra del seminario e nella zona immediatamente contigua, di almeno millecinquecento persone.

Tanti i laici presenti, prevalentemente  appartenenti al sesso femminile, e considerevole il numero dei sacerdoti, soltanto poche unità nella classica tonaca, i frati minori e i cappuccini nell’inconfondibile saio francescano, pochi presbiteri in clergyman, tanti con camicia e collarino bianco e un buon numero con pantaloni jeans senza ombra di riconoscimento dell’appartenenza alla compagine presbiteriale e curiale ma individuabili per l’affettuoso ‘ don ‘ scandito da propri parrocchiani.

Il terzo elemento positivo rilevato va strettamente collegato col secondo. E’ stato questo folto e variegato  pubblico, infatti, che ha ritenuto doveroso e simbolicamente espressivo salutare l’intervento finale di mons. Moretti, levandosi in piedi ed acclamandolo per alcuni, lunghi minuti.

Viene, pertanto, da chiedersi: l’ovazione così manifestata costituiva un segnale forte di  incoraggiamento in occasione della prima, folta assemblea di presbiteri e di laici presieduta dal nuovo presule ?

Voleva esprimere un bisogno – speranza di discontinuità ?

Intendeva testimoniare sostegno all’auspicata pedagogia di una pastorale dalla testimonianza viva, umanamente ricca, concretamente protesa a difesa delle componenti fragili della società salernitana, degli anziani, dei bambini, dei poveri, degli indifesi ?

Desiderava opporsi ad un laicato spesso autoreferenziale, abituato a pontificare e lontano mille miglia da una pratica della carità e della disponibilità nei riguardi del prossimo ?

Osava forse incoraggiare, sollecitare con linguaggio non verbale ma  festoso i tanto attesi cambiamenti all’interno della struttura curiale ?

Probabilmente la standing ovation ha voluto raccogliere l’insieme di queste motivazioni. Essa ha dimostrato, comunque, che c’è soprattutto una chiesa in cammino, rappresentata in prevalenza da un laicato con fede radicata, umilmente impegnato nella quotidianità a dare testimonianza viva di fraterna solidarietà.

 

                                                                                       

 

 

DIGNITA’ ED AUTOREVOLEZZA PER UN PARTITO DEMOCRATICO INESISTENTE IN CAMPANIA E A SALERNO ?

11 giugno 2011

 

 

Salerno, 11 giugno 2011

Ambrogio IETTO

GIANFRANCO E IL PARTITO DEMOCRATICO      

 

Ho letto col sorrisetto le dichiarazioni virgolettate partecipate alla stampa dal consigliere  Gianfranco Valiante in merito alla situazione interna al Partito Democratico e all’esigenza, dichiarata indifferibile, di procedere ad irrogare la più grave delle sanzioni previste dagli statuti e dai regolamenti di partiti, ordini professionali, organizzazioni sindacali, associazioni professionali, club sportivi: l’espulsione.

La sanzione, ad avviso del simpatico amico, ormai votato a pieno tempo alla politica, andrebbe inflitta ad alcuni esponenti dalle antiche origini democristiane e, successivamente, transitati nella Margherita e, quindi, nel calderone del partito democratico. I nomi dei presunti rei, accusati nientedimeno di alto tradimento, congiura – complotto e doppiogiochismo, rispondono ai nomi di un parlamentare nazionale, Domenico Vaccaro, del consigliere regionale Antonio Valiante, già vice – presidente della giunta della Campania, dei consiglieri  provinciali Simone Valiante e Antonio Romano, il secondo già sindaco di Nocera Inferiore ove, in occasione delle recenti elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, avrebbe tramato addirittura contro il candidato a sindaco per il PD Felice Ianniello.

L’accusa per Vaccaro riguarda, invece, il sostegno che avrebbe dato alla candidata a sindaco nel capoluogo Rosa Masullo mentre per i  due omonimi di Gianfranco la combine sarebbe stata architettata in occasione della consultazione per il rinnovo del consiglio comunale di Vallo della Lucania, rientrante nella loro area di influenza. Ovviamente non conosco i fatti né mi interessano.

So, però, che il partito democratico non esiste a Salerno capoluogo. Infatti, tra tante liste in gara, non è stato possibile  presentarne una  col logo ufficiale dell’aggregazione di Bersani il quale, ad esempio, nel corso della campagna elettorale, è stato costretto a fermarsi a Napoli mentre il suo sponsor D’Alema non ha potuto superare la barriera autostradale di Nocera Inferiore.

D’altro canto non risulta che questo partito abbia avuto mai ‘ dignità ed autorevolezza ‘ in Campania e a Salerno. Il sindaco De Luca, infatti, si propose ed ottenne la candidatura a presidente della giunta regionale, buttando alle ortiche le norme regolamentari che prevedevano le cosiddette primarie. Questa volta le primarie si sono tenute a Napoli per la scelta del candidato a sindaco ma sono state annullate.  E’ stato necessario, così, imporre dall’alto la candidatura di un povero e buon servitore dello Stato, puntualmente boicottato dall’oligarchia bassoliniana.

Invocare, da parte dell’ottimo consigliere regionale Valiante, il ‘ recupero ‘ di una presunta autorevolezza significa confondere il partito democratico odierno col partito comunista di Togliatti e di Longo. Il suo intervento chiama in causa anche i parlamentari Alfonso Andria e Tino Iannuzzi ai quali chiede ‘più coraggio’ e ‘condivisioni delle decisioni da assumere ‘. La richiesta di maggior coraggio è assolutamente pertinente e da condividere. Però in senso contrario a come auspica il consigliere regionale.

I due deputati, infatti, si sono mostrati straordinariamente tiepidi e tolleranti nei confronti di De Luca e del suo rappresentante segretario provinciale. Infatti non hanno potuto osare di chiedere la presentazione della lista ufficiale del partito democratico a Salerno, non sono stati giudicati idonei ad esprimere sia pure un saluto  in una delle tante manifestazioni pubbliche delle tre liste filodeluchiane e pare che si siano dovuti accontentare della candidatura di un solo loro amico, ottimamente eletto ma non considerato idoneo ad entrare in giunta.

A ben ricordare gli stessi Andria e Iannuzzi non furono considerati nemmeno degni di fare da assistenti di linea a Bersani quando questi fu sollecitato da De Luca a recarsi a Palazzo Chigi per sostenere la posizione del sindaco di Salerno nella complessa vicenda dei rifiuti. Il segretario nazionale del PD, invece, fu sollecitato a portarsi dietro, in qualità di  testimoni, due parlamentari del nord. Eppure Andria era ancora consigliere comunale di Salerno e Iannuzzi era stato segretario regionale del partito.

Conclusione: credo proprio che il buon Gianfranco abbia voluto proferire soltanto una boutade  per fare un po’ di chiasso e dimostrare che, comunque, lui al partito democratico crede davvero.

                                                                                                      

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