Archivio per ottobre, 2011

QUALI DIRIGENTI PER LA NOSTRA POVERA SCUOLA ?

27 ottobre 2011

 

Salerno, 27 ottobre 2011

Ambrogio IETTO

 

DALLA PROVATA INEFFICACIA DEL FORMEZITALIA

ALLA MANCATA INDICAZIONE NEL BANDO DELLE ORE

ASSEGNATE PER LE DUE PROVE SCRITTE

 

Si è ad otto giorni dall’inizio delle operazioni di revisione e non di correzione, così come si continua erroneamente a scrivere sul sito di FormezItalia, delle prove preselettive del concorso a dirigente scolastico ed ancora non tutti i concorrenti conoscono i relativi risultati.

E’ da poco dopo la pubblicazione del bando che il presidente Amalfitano non sta facendo altro che declamare l’alto tasso di efficienza, di efficacia e di affidabilità assicurato alle procedure concorsuali dalla sua qualificatissima task-force. Egli cominciò, in verità con un po’ di supponenza, ad accogliere con un déjà vu le prime perplessità che venivano espresse dai diretti interessati sulla faccenda del librone, sui suoi costi, sulla ‘operazione consegna’ dell’intero materiale presso le diverse sedi d’esame.

Successivamente, più o meno col medesimo tono del ministro Brunetta che l’ha chiamato a quella responsabilità, ricevendone in cambio la laica benedizione matrimoniale, Amalfitano ha fatto pubblicare sul sito dell’ente che presiede una dichiarazione che, nel mentre enfatizza il raddoppio delle ‘attività di assistenza per i presidenti delle commissioni di vigilanza’ operanti nei vari edifici scolastici dei capoluoghi di regione, aggiunge che ‘bisogna far tesoro di quanto sta accadendo in questo concorso e rivisitare la procedura selettiva, procedura che attualmente, di fatto, finisce per impedire quella che dovrebbe essere l’unica finalità di un concorso e cioè la selezione’.

Le dichiarazioni di Secondo Amalfitano, laureato in geologia, dipendente par – time della Comunità Montana Alto e Medio Sele di Oliveto Citra ma esercitante anche la libera professione, già sindaco di Ravello, sono di una certa gravità in quanto, nella sostanza, avanzando in modo implicito dubbi sulla qualità e sulla pertinenza dei quesiti utilizzati per la prova e sulla stessa procedura seguita, il nostro finisce con l’affermare che l’operazione nel suo complesso  non avrebbe selezionato i migliori candidati.

L’andamento della mattinata del 12 ottobre, giorno riservato alla prova selettiva, è risultato a dir poco kafkiano: mediamente i candidati hanno atteso dalle tre alle quattro ore per ricevere il nécessaire indispensabile  per dedicarsi alla soluzione dei quiz.

Quindi ha avuto avvio la fase di comprensibile preoccupazione in attesa dei risultati. E, a tutt’oggi, c’è ancora chi attende la sentenza di ammissione o meno alle prove scritte. La verifica degli elaborati dei candidati campani, ad esempio, partita alle 9.57 del 19 ottobre si è conclusa nientedimeno alle 19.46 del giorno successivo. E’ pur vero che si trattava di 5.539 schede da leggere col sistema ottico e di 1484 di esse cui attribuire la paternità. E’ anche vero, però,  che il nubifragio abbattutosi su  Roma ha potuto rallentare le operazioni ma non sembra che il presidente di FormezItalia possa andare poi tanto orgoglioso dell’efficacia e dell’efficienza della sua struttura che, probabilmente, sarà stata contagiata dal medesimo virus che gironzola indisturbato da tempo per gli ampi e lunghi corridoi della Minerva.

Da viale Trastevere i candidati che hanno superato la prova preselettiva e i tanti che, di certo, saranno ammessi con riserva a svolgere le due prove scritte, attendono almeno un decreto ministeriale che indichi il numero delle ore assegnate per lo svolgimento di ‘ un elaborato su una o più tra le aree tematiche’ di cui all’articolo 8–comma 9 del bando e l’indicazione del  tempo concesso per la ‘soluzione di un caso relativo alla gestione dell’istituzione scolastica’.

Al Miur si è stati così pignoli da scomodare il DPR n. 686 del 3 maggio 1957 che, agli articoli 5 e seguenti, raccomanda di dare avvio alla prova alla stessa ora in tutte le sedi ( ! ) e di come far combaciare le buste grandi con le corrispondenti  buste piccole. Purtroppo, però, questa norma lazzarona di 54 anni fa non prevede il tempo da assegnare alle singole prove scritte.

Quindi bisognerà pur indicare l’entità del tempo messo a disposizione. Il problema, però, si complica in quanto il distratto legislatore che diede vita al DPR n. 140 del 10 luglio 2008 preferì utilizzare, all’articolo 6, il termine ‘elaborato’ che, secondo i dizionari Devoto – Oli, Sabatini – Coletti, Garzanti – Repubblica, usato da sostantivo, corrisponde al generico ‘ componimento scolastico, al compito scritto, al lavoro presentato da un singolo concorrente’. Ma il vocabolo ‘elaborato’ può anche essere aggettivo  derivante dalla voce verbale ‘elaborare’ né costituisce forzatura raccordarlo  alla radice di ‘elaborazione’. Anzi Sabatini e Coletti al lemma ‘elaborazione’ attribuiscono quale terzo significato, sia pure non comune, proprio la voce ‘elaborato’. In questo caso si tratta di redigere un ‘ lavoro accurato’ che dimostri di avere esaminato ‘a fondo una questione, un’idea, una proposta’ e di averla definita ‘ in tutti i particolari’.

Sembra  scontato, pertanto, che per lo svolgimento di una prova scritta così intesa  occorra poter disporre di  un tempo collocato intorno alle otto ore. Sul fattore tempo ben operò sei anni fa la commissione preposta alla selezione dei dirigenti scolastici  in Puglia che, al fine di evitare gli equivoci sorti anche intorno al termine ‘ saggio ’, nello stesso contesto della traccia data invitò il candidato ad ‘elaborare un testo argomentativo – espositivo’ che risultasse ‘ pertinente, coerente, sintetico e personale’.

Comunque, resta impellente ed indispensabile l’indicazione del tempo disponibile che, per la seconda prova, potrà essere anche inferiore a quello che si indicherà per lo svolgimento dell’elaborato.

I responsabili del Miur, infine, offrirebbero finalmente prova di prudenza e di avvedutezza nel raccomandare i direttori generali degli uffici scolastici regionali ad individuare le date delle due prove scritte nelle stesse giornate in tutte le regioni. Va evitato, infatti, l’assurdo calendario di sei anni fa con il Piemonte che previde lo svolgimento degli esami scritti l’uno e il due settembre mentre la Campania scandalosamente  rimase arroccata al 21 e 22 novembre con tutte le altre regioni impegnate  in ordine sparso a prevedere  nei giorni 6-7-8-9-13-14-20-21-26-27-28-29 e 30 settembre l’effettuazione delle prove medesime!

Programmare le due prove scritte negli stessi due giorni in tutto il territorio nazionale sottrarrebbe un’altra motivazione al fecondo contenzioso che impegnerà non poco i giudici amministrativi.

URGE UN SALDO PATTO SOCIALE PER LA SCUOLA

26 ottobre 2011

 

Salerno, 26 ottobre 2011

Ambrogio IETTO

 

LA SCUOLA TRA MEMORIA E FUTURO

 

Sabato 22 ottobre, presso il salone della scuola ‘Vicinanza’ in Salerno, si è aperta la mostra espositiva sui 150 anni della scuola salernitana. Trattasi di 27 significativi pannelli che riproducono il laborioso percorso compiuto dal 1861 ad oggi dal nostro  sistema educativo – formativo alla luce delle disposizioni emanate dai vari ministri dell’istruzione pubblica, prima da Torino, quindi da Firenze e poi da Roma, e delle iniziative assunte dai prefetti, investiti della responsabilità primaria di essere promotori significativi del processo di alfabetizzazione.

Nel censimento del 1871, cioè a dieci anni dal compimento del processo di unificazione, l’analfabetismo raggiunge in Campania ancora la ragguardevole percentuale del 79% contro il 42% del Piemonte e il 45% della Lombardia.  Nel 1911, a cinquant’anni dalla raggiunta unità, a Salerno capoluogo si conta ancora il 44,67% di analfabeti mentre nei comuni contigui il tasso di analfabetismo si attesta al 59,96 %.

Le differenti situazioni tra capoluogo di circondario e territorio periferico di riferimento si confermano a Vallo della Lucania ( capoluogo 57,83 %, retroterra 64,71 %) e a  Sala Consilina (61,60 % capoluogo  e 65,42 % nell’intero Vallo di Diano ).

La rassegna muove dalla riforma dell’organizzazione amministrativa e scolastica nel Napoletano ( 1862 ) per poi prendere in esame il tortuoso cammino compiuto dall’istruzione pubblica tra carenza di insegnanti e tentativi anche seri di riforma. Le lettere autografe di due maestri di Treviglio (Bergamo ), scritte entrambe il 28 luglio 1863, con le quali  essi  si rendono disponibili ad insegnare nelle nostre ‘ricche, meravigliose contrade  a fine di diffondere il benefico seme dell’istruzione e dell’educazione’ confermano una complessiva situazione di carenza di insegnanti e della necessità di organizzare corsi accelerati di formazione e di istituire nel tempo scuole normali,  all’epoca abilitate a formare la nuova classe magistrale . Sono molteplici e tutti interessanti i richiami culturali e professionali recuperati dalla mostra: dall’istruzione femminile (1863) alle ‘scuole libere’, dalla funzione ispettiva alle biblioteche circolanti, funzionali al perseguimento dello speciale  obiettivo dell’educazione degli adulti.

A Salerno, ad esempio, opera nel 1903 in via Umberto I ( già dei Mercanti 174 ) l’Agenzia Giornalistica di Pasquale Stanzione che apre una biblioteca circolante economica. Con una lira al mese è possibile fruire in prestito  di un numero illimitato di libri sempre che l’abbonato sia nelle condizioni di leggerli.

Sono in competizione tra loro anche diversi collegi ( il ‘ Carucci’ in via Tribunali 9, il ‘Sinno’ in via Duomo 1, il ‘De Sanctis’ di Berardino Altieri ubicato sempre nel centro storico ). Non manca chi bara, presentando un’offerta formativa affidata a docenti di fama che, nei fatti, sono rimpiazzati da insegnanti novelli, alla prima esperienza didattica.

Il materiale recuperato e scannerizzato presso l’Archivio di Stato e alla Biblioteca Provinciale documenta, comunque, una diffusa, significativa attenzione nei riguardi della scuola anche da parte dei giornali periodici dell’epoca. Nella mostra è riportata, ad esempio, la prima pagina di un periodico, la ‘Idea Fascista’, che pubblica stralci significativi  del discorso pronunciato da Giovanni Gentile nel 1932 al teatro ‘Verdi’ in occasione dell’inaugurazione a Castiglione del Genovesi del monumento ad Antonio Genovesi.

L’acuto esponente dell’idealismo ed ex ministro dell’istruzione elabora un prezioso  confronto tra Giambattista Vico e l’Abate nostro conterraneo che, come si sa, si dichiarò allievo del precettore dei marchesi Rocca di Vatolla.

L’esposizione consente anche di prendere atto dell’attenzione che l’istituzione scuola riceve da quanti sono in grado di sostenerla con lasciti e donazioni. I comuni quasi sempre non sono  nelle condizioni di assumere e di assicurare la misera paga ai maestri, il nascente Stato è nell’oggettiva difficoltà di erogare risorse, gli ambienti destinati all’attività didattica sono precari ed insalubri, però si percepisce una diffusa, condivisa attenzione ad assicurare tutto il possibile sostegno ad un’istituzione considerata essenziale per elevare il senso dell’appartenenza alla nascente, comune identità nazionale.

Purtroppo oggi manca proprio questa tensione partecipativa al destino della scuola che spesso è sottoposta al pubblico ludibrio: ragazzacci violenti che compiono atti vandalici contro gli indifesi edifici, distruggendo le poche strumentazioni didattiche disponibili, la maggioranza dei genitori pronti a scaricare sull’istituzione formativa la propria inettitudine a svolgere con senso di responsabilità quanto previsto dall’articolo 30 della Carta Costituzionale, vale a dire ‘il dovere e diritto a mantenere, istruire ed educare i figli’, i mezzi di comunicazione di massa ben disposti a metterla sotto processo nei talk show e nelle più popolari trasmissioni con la ricorrente affermazione del ‘cosa fa la scuola’, gli enti locali, obbligati a sostenerla materialmente con edifici idonei, che lamentano la carenza di risorse finanziarie, lo Stato che taglia indiscriminatamente organici e finanziamenti per l’ordinario funzionamento.

L’imputata preferita, messa sotto accusa, resta, così, soltanto la povera ed indifesa istituzione che, tra le tante sue fragilità, manifesta la diffusa perdita di autorevolezza a causa di un eccesso di autoreferenzialità che l’allontana sempre più dai rapidi mutamenti sociali, incapace come è di affrontare, con la dovuta ed attesa autorevolezza culturale, l’emergenza educativa rilevabile da una comunità, giustamente definita da Bauman ‘liquida’, e condizionata da logiche individualistiche, prive di saldi principi etici, sostanzialmente  demotivata  a ricercare un orizzonte di senso.

La memoria del passato dovrebbe aiutarci a recuperare almeno un sufficiente senso di vicinanza psicologica e materiale alla scuola, assumendo in prima istanza piena consapevolezza della sua impossibilità – incapacità ad assicurare, da sola, alle giovani generazioni un itinerario formativo che le renda rispettose delle regole del buon vivere e portatrici del pieno diritto alla cittadinanza attiva.

Il momento è davvero difficile: o si realizza il conclamato patto di corresponsabilità educativa tra genitori, operatori scolastici, istituzioni pubbliche, corpi intermedi, gruppi di autentico volontariato oppure si sprofonda definitivamente nel baratro dell’ignoranza e dell’illegalità.

IL GIUDIZIO POCO SERENO DI SERGIO ROMANO SU SALVATORE VALITUTTI MINISTRO DELL’ISTRUZIONE

15 ottobre 2011

 

Salerno, 15 ottobre 2011

Ambrogio IETTO

LA COERENZA DI VALITUTTI DURANTE GLI OTTO MESI DA

MINISTRO DELL’ISTRUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

 

 

L’odierna riflessione riguarda un  modo di fare giornalismo che può essere anche compreso quando il redattore del ‘pezzo’ o il responsabile della rubrica non ha alle spalle un percorso severo di studi e un’esperienza professionale e di vita di altissimo livello. Delude, invece, quando l’interlocutore è davvero illustre e i suoi contributi sono ospitati stabilmente sul più autorevole quotidiano del Paese. Alludo a Sergio Romano come persona e, ovviamente, al ‘ Corriere della Sera’ come organo di stampa.

Entro nel merito della questione che mi ha visto molto umilmente  coinvolto. Il giorno 1 ottobre u. s., nella rubrica condotta dal prof. Romano sul ‘Corriere’, viene ospitata la lettera di un lettore che, nel fare indiretto riferimento alla ridicola storia dei neutrini e all’ennesima brutta figura del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, elenca una decina di nomi che hanno preceduto la Gelmini quali titolari del palazzo della Minerva a viale Trastevere. Ovviamente sono richiamati, tra gli altri, i nomi di Croce, Gentile,  Moro, di De Sanctis, De Mauro, Spadolini, Credaro.

Successivamente,  in data 7 di ottobre, un altro lettore integra il precedente intervento , segnalando a Romano un’inesattezza e un’omissione che riguarda la mancata citazione dello ‘studioso di dottrina dello Stato Salvatore Valitutti, ministro liberale della Pubblica Istruzione nel 1979’.

L’ex diplomatico ( su questa esperienza molto interessanti risultano le sue Memorie di un conservatore ) ed ora autorevole editorialista del quotidiano di via Solferino riconosce l’omissione fatta e recupera nella risposta aspetti della personalità dello studioso e del politico nostro conterraneo, esprimendo sul suo conto un giudizio complessivo decisamente positivo.

Valitutti, infatti, è definito ‘intelligente, affabile, cordiale, un vero signore meridionale nello stile di coloro che frequentavano il salotto di Casa Croce a Napoli in palazzo Cito Filomarino ’. Egli, però, aggiunge che ‘alla Pubblica Istruzione la sua influenza, come quella di tutti i liberali che passarono dal ministero, fu tutto sommato’, a suo avviso, ‘ piuttosto modesta. I veri padroni della casa erano la democrazia cristiana e i sindacati’.

Lettore come sono del ‘Corriere’, avevo avuto modo di prendere visione di questa affermazione e di giudicarla non solo poco serena ma anche imprecisa soprattutto perché redatta da una personalità che l’enciclopedia libera Wikipedia definisce, oltre che scrittore, giornalista e diplomatico, anche uno storico. Una telefonata dell’amico Nino Bassi, che aveva cortesemente letto un mio saggio su Salvatore Valitutti, mi sollecitò a chiedere ospitalità alla rubrica del quotidiano per una precisazione-integrazione nel merito.

In poche battute, via e-mail, essenzializzai, con precisi richiami documentari e legislativi, interventi ed atti normativi compiuti da Valitutti durante appena gli otto mesi alla Minerva (questo il titolo che il Nostro diede al libro pubblicato da Armando nel 1980 in cui racconta la sua esperienza ministeriale).

A qualche ora di distanza dall’avvenuta trasmissione del messaggio, al mio indirizzo di posta elettronica arrivò una e-mail da parte della signora Iside Frigerio, probabile segretaria della rubrica, che testualmente scriveva di avere avuto incarico dal dr. Romano di ringraziarmi per il contributo letto ‘ con vivo interesse’. Come da mie previsioni la risposta era di fatto standardizzata. Infatti il mio conciso intervento non ha trovato spazio nemmeno nello spazio riservato alle lettere prive del commento del giornalista.

Con poche battute e con doveroso garbo cosa mai avevo scritto a Romano ?

Essenzialmente tre affermazioni. La prima: Valitutti ha dedicato un libro intero allo strapotere del sindacato anche sulle decisioni  della politica. Questo il titolo: ‘Il quinto Stato’ ( Armando – Roma 1960 ), rappresentato proprio dal ruolo egemone del sindacato. Durante il suo ministero, intervenendo ad un’assemblea di un importante sindacato della scuola, ebbe a sollecitare quei quadri sindacali a farsi rappresentare dai migliori docenti.

La seconda: sempre durante i suoi otto mesi al dicastero di viale Trastevere ripristinò la regola dell’assunzione degli insegnanti mediante regolari concorsi. Da dieci anni le  immissioni nei ruoli avvenivano soltanto ope legis in nome del cosiddetto precariato. In quei pochi mesi di sua permanenza alla Minerva furono messi a pubblico concorso circa 30.000 posti di insegnante di scuola materna statale.

Il terzo riferimento è quello più importante: il governo di cui il nostro conterraneo faceva parte ( il Cossiga Primo) era minoritario. La sua opera, paziente ma determinata, rese possibile l’approvazione della legge di delega n. 28 del 21 febbraio 1980 sul riordino dell’università. Nel giro di appena sei mesi Valitutti era riuscito a far votare il suo disegno di legge anche da una qualificata parte dell’opposizione.

Asor Rosa e Boris Ulianich, intellettuali ed autorevoli esponenti rispettivamente del partito comunista e della sinistra indipendente, pur non potendo votare a favore per disposizioni di partito, espressero in aula al ministro Valitutti il loro doveroso, positivo apprezzamento per il coraggio culturale e politico manifestato nell’avventurarsi in un campo minato, qual era e quale rimane, un’organica riscrittura delle norme  sull’università, ben sapendo di non poter contare su di una maggioranza precostituita.

All’autorevole editorialista e all’ insigne storico del ‘Corriere della Sera’ è mancata in questa occasione l’onestà intellettuale di riconoscere  che Valitutti, da ministro dell’istruzione, si era lasciato guidare dal suo robusto retroterra culturale e da saldi convincimenti sui bisogni effettivi della scuola e dell’università del nostro Paese, senza mai tener conto dei veri o presunti condizionamenti della democrazia cristiana e, peggio ancora, dei possibili ricatti dei sindacati.

UN LIBRO ATIPICO

14 ottobre 2011

Ambrogio Ietto

Lettera postuma al padre

Perché questa lettera

Mentre il rapporto con la madre risulta quasi sempre segnato da quella tenera, delicatissima relazione che viene a costruirsi, giorno dopo giorno, dal momento in cui si scopre di portare nel proprio seno la creatura concepita, il legame col padre, invece, assume una sua specificità prodotta da tre essenziali fattori: il suo modo di essere e di agire, la qualità e la tenuta dell’intesa maturata con la donna diventata madre, il contesto umano e sociale in cui l’esperienza di padre viene a svolgersi e a manifestarsi.

In letteratura due grandi nomi, Giacomo Leopardi e Franz Kafka, hanno lasciato con una ‘Lettera al padre’, testimonianza del loro personale rapporto col rispettivo genitore: il primo, ‘odiando la vile prudenza che … rende incapaci d’ogni grande azione’ attribuisce alla ‘sola differenza di principi’ la decisione di lasciare la casa paterna e Recanati; il secondo, invece, che, nell’attribuire alla paura la causa primaria della difficile comunicazione col padre, scrive che avrebbe ‘avuto bisogno di un po’ di incoraggiamento, di un po’ di gentilezza, di avere un po’ spianata la strada’, risultata purtroppo sbarrata ‘ indubbiamente con la buona intenzione’ di farne ‘percorrere un’altra’.

Con l’umiltà dovuta all’intelligenza e alla sensibilità degli illustri personaggi richiamati, l’autore di questa ‘lettera’ intende semplicemente rivivere, con la personale esperienza di vita maturata con l’occhio benevolo di Dio, l’incontro quotidiano durato poco meno di mezzo secolo col proprio genitore in un periodo particolarmente tormentato della storia nazionale e locale e in un contesto socio-familiare di cui il padre è insostituibile punto di riferimento, osservatore attento alle dinamiche che emergono in una nascente comunità di persone e di cittadini, animatore instancabile di iniziative finalizzate ad assicurare autosufficienza alla prolifica famiglia e a far crescere il livello di cittadinanza attiva da parte della gente con la quale condivide disagi ed aspettative, sofferenze e speranze.

Se si vuole dalla ‘lettera’ è possibile ricavare anche un ‘metodo educativo’ che, sia pure privo di riferimenti teorici, più che dare risultati materiali ha avuto il merito di mirare alla formazione di persone libere con una sufficiente dose di autonomia critica.

Trattasi, in sostanza, di un atto d’amore diretto al destinatario ma per il tramite della donna che l’amò intensamente, l’accompagnò e lo sostenne generosamente nelle piccole e grandi imprese della vita, in tanti momenti bui e nelle poche ma significative esperienze di gioia e di speranza costituite prevalentemente dalla nascita di ben sette figli.

Il nostro tempo tende alla dimenticanza anche se cultura ed esperienza ci ricordano che un futuro pensato e costruito senza memoria non ha fondate prospettive di successo.

Le pagine di questa ‘lettera’, quindi, vanno anche lette quale doveroso atto di recupero di una identità e di un profilo che, oltre per il bene della famiglia, si adoperò generosamente per la nascente comunità civile di adozione.

Libro in formato PDF, liberamente scaricabile in versione integrale

QUI .

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