UN LIBRO ATIPICO
Ambrogio Ietto
Lettera postuma al padre
Perché questa lettera
Mentre il rapporto con la madre risulta quasi sempre segnato da quella tenera, delicatissima relazione che viene a costruirsi, giorno dopo giorno, dal momento in cui si scopre di portare nel proprio seno la creatura concepita, il legame col padre, invece, assume una sua specificità prodotta da tre essenziali fattori: il suo modo di essere e di agire, la qualità e la tenuta dell’intesa maturata con la donna diventata madre, il contesto umano e sociale in cui l’esperienza di padre viene a svolgersi e a manifestarsi.
In letteratura due grandi nomi, Giacomo Leopardi e Franz Kafka, hanno lasciato con una ‘Lettera al padre’, testimonianza del loro personale rapporto col rispettivo genitore: il primo, ‘odiando la vile prudenza che … rende incapaci d’ogni grande azione’ attribuisce alla ‘sola differenza di principi’ la decisione di lasciare la casa paterna e Recanati; il secondo, invece, che, nell’attribuire alla paura la causa primaria della difficile comunicazione col padre, scrive che avrebbe ‘avuto bisogno di un po’ di incoraggiamento, di un po’ di gentilezza, di avere un po’ spianata la strada’, risultata purtroppo sbarrata ‘ indubbiamente con la buona intenzione’ di farne ‘percorrere un’altra’.
Con l’umiltà dovuta all’intelligenza e alla sensibilità degli illustri personaggi richiamati, l’autore di questa ‘lettera’ intende semplicemente rivivere, con la personale esperienza di vita maturata con l’occhio benevolo di Dio, l’incontro quotidiano durato poco meno di mezzo secolo col proprio genitore in un periodo particolarmente tormentato della storia nazionale e locale e in un contesto socio-familiare di cui il padre è insostituibile punto di riferimento, osservatore attento alle dinamiche che emergono in una nascente comunità di persone e di cittadini, animatore instancabile di iniziative finalizzate ad assicurare autosufficienza alla prolifica famiglia e a far crescere il livello di cittadinanza attiva da parte della gente con la quale condivide disagi ed aspettative, sofferenze e speranze.
Se si vuole dalla ‘lettera’ è possibile ricavare anche un ‘metodo educativo’ che, sia pure privo di riferimenti teorici, più che dare risultati materiali ha avuto il merito di mirare alla formazione di persone libere con una sufficiente dose di autonomia critica.
Trattasi, in sostanza, di un atto d’amore diretto al destinatario ma per il tramite della donna che l’amò intensamente, l’accompagnò e lo sostenne generosamente nelle piccole e grandi imprese della vita, in tanti momenti bui e nelle poche ma significative esperienze di gioia e di speranza costituite prevalentemente dalla nascita di ben sette figli.
Il nostro tempo tende alla dimenticanza anche se cultura ed esperienza ci ricordano che un futuro pensato e costruito senza memoria non ha fondate prospettive di successo.
Le pagine di questa ‘lettera’, quindi, vanno anche lette quale doveroso atto di recupero di una identità e di un profilo che, oltre per il bene della famiglia, si adoperò generosamente per la nascente comunità civile di adozione.
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