Archivio per ottobre, 2011

LA LISTA DEGLI ESPERTI: UN ALTRO ATTO DELETERIO PER IL MIUR

8 ottobre 2011

 

Salerno, 8 ottobre 2011

Ambrogio  IETTO

CONCORSO A DIRIGENTE SCOLASTICO

LA PUBBLICAZIONE DELLA LISTA DEGLI ESPERTI:

UN ATTO CHE DANNEGGIA LO STESSO MIUR

E  LA COMPONENTE TECNICO – SCIENTIFICA  DELLA SCUOLA

 

I vertici del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ora l’hanno fatta davvero grossa: letteralmente braccati dalle critiche loro piovute dopo la pubblicazione dei circa 1000 quesiti, ritenuti in sede di revisione errati o comunque improponibili per la prova preselettiva dei futuri dirigenti del 12 ottobre prossimo, hanno pensato bene, ritenendo così in modo pilatesco di lavarsi le mani e di risultare immuni da responsabilità, di pubblicare la lista dei circa 90 componenti della Commissione esterna degli esperti compilatori – estensori  delle domande.

L’intenzionale atto di denigrazione di una ventina di docenti di prima e di seconda fascia delle nostre università, tra i quali l’intero staff della storica Università Pontificia Salesiana, di una decina di ricercatori dell’Ansas, l’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, di un quintetto di avvocati dello Stato, di uno tra i più dignitosi e preparati direttori generali che l’Amministrazione scolastica abbia avuto nel corso dei suoi 150 di vita e di un nutrito drappello di dirigenti scolastici dotati sicuramente di buone qualità culturali e di significative esperienze professionali, può essere così semplicemente espresso:

ecco, riconosciamo che il Miur ha sbagliato, dando un’immagine per niente accettabile di dicastero deputato ad elevare sempre più la qualità dell’offerta formativa alle giovani generazioni sulle quali il Paese intende investire le poche risorse finanziarie disponibili.

Ora, però, va posto un limite alle tante maldicenze ed insinuazioni  espresse nei riguardi della dirigenza ministeriale accusata, in relazione al concorso a posti di dirigente scolastico, di incapacità, di ignoranza, di irresponsabilità, di pressapochismo.

Siamo arrivati ormai al punto di dover tutelare in tutti i modi la nostra dignità professionale. Allora, eccola qui la lista di coloro che hanno combinato il pasticciato dei quiz!’.

Ad avviso di chi scrive questo è l’unico  significato da dare alla decisione assunta dalla burocrazia di viale Trastevere.

Risulta, però, evidente che, nel manifestare dissenso e critica severa verso l’iniziativa ministeriale, non si vuole assolvere quanti hanno elaborato e composto le centinaia di domande espulse dalla batteria originaria. Anche persone incompetenti come chi scrive sanno bene che l’opzione fatta dal legislatore di ricorrere alla formulazione di domande a scelta multipla per preselezionare i dirigenti scolastici presupponeva l’intento di avvalersi di una tecnica valutativa estremamente precisa che impone contenuti decisamente netti ed inequivocabili.

La preparazione delle tre risposte non buone da associare a quella esatta per ogni domanda non è un’operazione banale. Esse, contraddistinte dai cosiddetti distrattori, debbono essere percepite dal candidato come risposte sensate, possibili, quasi giudiziose e, quindi, consentono di rappresentare il percorso logico compiuto dal concorrente e i riferimenti concettuali presi in considerazione per escludere  le tre risposte “non OK” e scegliere quella buona.

Considerazioni di questo tipo avrebbero dovuto orientare  l’Amministrazione scolastica a dettare alla commissione, nell’originaria fase di committenza, chiare prescrizioni: esclusione di ogni forma di nozionismo, di probabilismo, di relativismo, di ambiguità concettuale nelle domande da formulare.

C’è da ipotizzare che alle sottocommissioni ripartite per aree sia stata chiesta soltanto una certa quantità di domande e che i componenti delle stesse si siano riuniti sì e no qualche volta, evitando la necessaria, doverosa pratica della lettura – confronto dei quesiti proposti da ognuno di loro. Se ci fosse stata questa pratica di lavoro sarebbero venute fuori molte delle incongruenze,  delle contraddizioni, delle illogicità, delle carenze di conformità, delle evidenti improprietà espressive presenti in tante domande formulate.

L’osservatore esterno è portato a rilevare che preoccupazione unica della dirigenza ministeriale sia stata quella di procedere ad un acritico assemblaggio di una quantità consistente di quesiti in modo da raggiungere necessariamente un tetto non prescritto da nessuna norma.

Al danno prodotto per la probabile, scarsa chiarezza di compito originariamente assegnato alla commissione, sarebbe stato  possibile porre riparo almeno nella fase finale con un’operazione di spurgo, di raccolta differenziata da compiere al fine di mettere i candidati alla prova preselettiva nelle condizioni di far cogliere le potenziali, personali attitudini a svolgere una professione che richiede un dignitoso retroterra culturale, una sicura conoscenza del complesso quadro normativo entro cui essa è tenuta ad esprimersi, un saldo equilibrio comportamentale nella fitta rete di relazioni da attivare e vivificare, una dose non trascurabile di buon senso.

Questa mancata operazione di rimozione del materiale valutativo inidoneo alla preselezione prevista per un profilo professionale così delicato e determinante per il futuro della nostra scuola, da non confondere con l’ansiogena estromissione dei quasi 1000 quesiti giudicati errati o improponibili, fa correre il rischio di ritrovarsi, dopo il 12 ottobre prossimo, candidati più pronti a concorrere alla trasmissione ‘L’eredità’ di Conte o a quella del ‘milionario’ di Scotti che a rivelarsi possibili protagonisti del necessario processo di cambiamento del sistema scolastico del Paese.

Conclusione: avere elevato ulteriormente l’indice di inaffidabilità, non solo dell’apparato ministeriale ma anche di quello tecnico-scientifico correlato con le scienze della formazione e della gestione dei sistemi complessi qual è oggi la scuola, non salva assolutamente i capitani ma travolge irreversibilmente l’intero equipaggio del naviglio.

L’ISTRUZIONE E LA CULTURA NON SONO PIU’ DI PERTINENZA DEL MIUR

6 ottobre 2011

 

Salerno, 6 ottobre 2011

Ambrogio IETTO

 

 

I QUESITI ESCLUSI DALLA PROVA PRESELETTIVA

 DEL CONCORSO A POSTI DI DIRIGENTE SCOLASTICO

 

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, rispettando, anche se procrastinata alle ore 23 la scadenza annunciata nel precedente comunicato,  ha reso nota la lista dei quesiti esclusi dalla batteria a suo tempo predisposta per la prova pre-selettiva del concorso a posti di dirigente scolastico, dalla quale saranno sorteggiate le cento domande a risposta multipla che impegneranno i candidati mercoledì 12 ottobre presso gli istituti scolastici dei capoluoghi di regione.

Gli items estrapolati dall’originaria banca dati sono stati collocati in tre elenchi diversi:

a ) il primo raccoglie i quesiti contenenti ‘ errori o imprecisioni tali da incidere sulla correttezza delle domande e/o delle risposte ‘ quantificabili in 250 unità;

b ) la seconda lista, particolarmente doviziosa con ben 586 quesiti, contiene ‘ tutti quegli items con formulazioni che potrebbero in qualche modo indurre in errore i candidati o presentare problemi interpretativi o refusi che l’Amministrazione ha ritenuto comunque opportuno escludere dall’estrazione “;

c ) infine il terzo elenco di  126 domande riguardanti le quattro lingue straniere, digitate con errori tipografici che avrebbero potuto produrre erronee interpretazioni da parte dei concorrenti.

In sostanza sono cancellati 962 quesiti.

La maglia nera delle domande escluse va ingloriosamente assegnata, nell’ordine,  agli esperti ( ? ) dell’Area 5 (n. 170 ) comprendente le  questioni  ‘organizzativa, relazionale e comunicativa con particolare riguardo alla integrazione interculturale e alle varie modalità di comunicazione istituzionale’, dell’Area 6 ( n. 152 ) riferita ai problemi di cui alle ‘ modalità di conduzione delle organizzazioni complesse’ e ‘ la gestione dell’istituzione scolastica con particolare riferimento alle strategie di direzione ‘,  dell’Area 2 ( n. 111 ) con domande riferite alla ‘ gestione dell’istituzione scolastica, predisposizione e gestione del piano dell’offerta formativa nel quadro dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e in rapporto alle esigenze formative del territorio ‘, dell’Area 3 ( n. 63 ) aggregativa di argomenti di natura ‘ giuridico – amministrativo – finanziaria con particolare riferimento alla gestione integrata del piano dell’offerta formativa e del programma annuale ‘.

L’analisi dei quesiti giudicati irreversibilmente sbagliati o imprecisi consente di rilevare che un quinto degli stessi ( 51 su 250 ) fanno parte dell’Area  1 che accorpa ‘ Unione Europea, le sue politiche e i suoi programmi in materia di istruzione e formazione, i sistemi formativi e gli ordinamenti degli studi in Italia e nei paesi dell’Unione europea con particolare riferimento al rapporto tra le autonomie scolastiche e quelle territoriali e ai processi di riforme ordinamentali in atto’ e poco più dell’8% si riferiscono alle non meno importanti questioni riguardanti la dimensione socio – psicopedagogica con ‘ particolare riferimento ai processi di apprendimento, alla valutazione dell’apprendimento e dell’istituzione scolastica, alla motivazione, alle difficoltà di apprendimento, all’uso dei linguaggi multimediali nell’insegnamento e alla valutazione del servizio offerto dalle istituzioni scolastiche’.

Il quadro sopra descritto consente di esprimere non con saccenteria ma con l’umiliazione e la vergogna proprie di chi ha dato all’Amministrazione scolastica oltre 45 anni del suo impegno lavorativo alcune essenziali considerazioni:

  • gli attuali vertici tecnici e non politici del Miur, con il ripetuto  riferimento alla ‘commissione esterna di esperti’, tentano con  infantile faccia di bronzo di additare ai componenti della stessa la responsabilità della frittata fatta;
  • essi, così, finiscono di fatto col dichiarare di non essere tenuti al controllo di quanto prodotto dagli esperti ( ? ), facendo finta di dimenticare che è dovere dell’Amministrazione stessa, in quanto committente, di procedere alla verifica del prodotto ordinato a soggetti esterni;
  • l’analisi di cui sopra evidenzia che i danni prodotti fanno riferimento a  quesiti riguardanti questioni essenziali per la direzione e la gestione di un’unità scolastica ( autonomia, organizzazione, conduzione, piano dell’offerta formativa, piano annuale, rapporto scuola – territorio, dinamiche relazionali, gestione delle risorse umane e finanziarie ). Queste materie sono ampiamente conosciute e approfondite, almeno sulla carta, da tutti i quadri dirigenti interni al Miur. Quelle dell’Area 1 sono di specifica pertinenza di una struttura servile del Miur che è l’ex Indire, l’attuale Ansas, responsabile di EurydiceItalia, cioè dell’Agenzia europea preposta ai sistemi di insegnamento e di formazione del vecchio continente. Infine sull’Area 4 l’Amministrazione può contare su dirigenti tecnici e dirigenti scolastici operanti presso gli uffici centrali del Miur e presso le Direzioni Generali regionali;
  •  sembra, pertanto, naturale chiedersi: era proprio indispensabile assegnare il compito ad una Commissione esterna di esperti ? Ed anche se giudicata indispensabile la committenza, sarebbe stata possibile l’utilizzazione delle risorse interne almeno ai fini della dovuta operazione  di controllo ?
  • il continuo riferimento alla Commissione esterna di esperti , giudicata responsabile del pasticciato eseguito, apre un serio interrogativo sulla qualità del livello culturale e professionale dei soggetti coinvolti e sul livello di affidabilità degli stessi;
  • al di là della vicenda concorsuale che, per i suoi limiti, le sue conflittualità, le sue incongruenze, i suoi ritardi, le sue dubbie procedure ha prodotto danni non secondari all’equilibrio psico – fisico dei concorrenti, rimane irreversibile la brutta figura fatta dal dicastero che sovrintende alle politiche dell’istruzione, della formazione e della ricerca del Paese fino a qualche tempo fa universalmente identificato  con la sede della cultura e del sapere.

L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DELL’INSEGNANTE

5 ottobre 2011

 

Salerno, 5 ottobre 2011

Ambrogio IETTO

 

IL RICONOSCIMENTO SOCIALE DELLA PROFESSIONE DOCENTE

PRESUPPONE LA CONQUISTA DI UNA DIGNITOSA

AUTOREVOLEZZA CULTURALE

 

 

Fu  nel 1993 che l’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, nel corso della Conferenza Internazionale sull’Educazione, decise di dedicare la giornata del 5 ottobre alla professione dell’insegnante.

La deliberazione fu assunta nella responsabile consapevolezza della funzione strategica assunta in passato  da questa figura  nei Paesi  avanzati grazie ad una preziosa, diffusa  opera di alfabetizzazione delle giovani generazioni e ad un contestuale impegno di promozione culturale e di sostegno al diritto della persona ad una cittadinanza attiva nel contesto socio – politico di riferimento.

Questo stesso impegno si auspicava e continua ad essere richiesto per una dimensione internazionale ed una prospettiva mondiale dell’educazione a tutti i livelli con particolare attenzione ai tanti Paesi ove la povertà e la mancanza delle libertà fondamentali privano di fatto il cittadino  della fruizione dei suoi diritti primari.

C’è da chiedersi se ha un senso la celebrazione di questa ‘ Giornata ‘, ad inizio del secondo decennio del duemila, un una realtà, quale quella italiana, che – come le altre nazioni del vecchio continente – non è riuscita a concretizzare l’impegno assunto nel 2000 a Lisbona di assicurare all’Europa, entro il decorso 2010, la leadership dell’economia fondata sulla conoscenza più competitiva al mondo, con particolare riferimento  alla valorizzazione della ricerca e delle possibili strategie innovative.

I vari organismi comunitari hanno preso atto del mancato traguardo, interrogandosi sui motivi, collegati anche e, soprattutto, alla crisi economico – finanziaria tuttora in atto, che hanno reso non possibile il raggiungimento di un obiettivo di per sé già piuttosto ambizioso.

Ricordarsi della professione insegnante oggi ed alimentare qualche essenziale considerazione sulla sua funzione sembra, dunque, che non si tratti di  un inutile esercizio mentale. Va detto a chiare lettere che tutte le ricerche realizzate in questi ultimi anni sulla percezione sociale di questa figura sono giunte a questa non positiva conclusione: la comunità italiana non considera la funzione docente un’attività da collocare nei piani alti di un’ipotetica classifica.

Due i motivi principali: l’esorbitante quantità di operatori del settore ( circa 800.000 tra titolari e supplenti temporanei impegnati nelle scuole statali )  e  la modesta retribuzione mensile.

In una società condizionata da parametri comparativi imposti quasi esclusivamente dalla sindrome di un perverso consumismo, alimentato da un individualismo di facciata, e dal grado di esclusività del ruolo professionale svolto, è evidente che stipendio modesto  e quantità pletorica di addetti non giocano a favore di un riconoscimento sociale ampiamente condiviso.

L’eventuale apprezzamento delle personali qualità, vere o presunte, del professionista di scuola emerge quando l’allievo è tenuto ad avviare la sua avventura  verso la conoscenza nella scuola primaria e a continuarla presso il corso quinquennale del liceo classico o del liceo scientifico. Allora sono sottoposti a valutazione severa, non disancorata dall’immancabile gossip, i singoli insegnanti impegnati nel corso ‘x’ o nella sezione ‘y’ della scuola prescelta per il futuro studente.

L’odierna ‘ Giornata’, ad avviso di chi scrive, deve innanzitutto servire ad alimentare in chi svolge la funzione docente un processo di ripensamento sulla sua identità professionale, abbandonando per una volta la troppo facile tendenza alla stesura della lunga lista delle lamentazioni: paga contenuta, troppe riunioni, scolaresche chiassose ed indisciplinate, dirigenti insopportabili, genitori pretenziosi o irresponsabili oppure indifferenti, ecc. ecc. .

C’è un solo modo per riconquistare una positiva considerazione sociale: mettersi continuamente in discussione, avvertire forte l’esigenza di interrogarsi sui processi continui di cambiamento del vissuto comunitario circostante, porsi in doveroso atteggiamento di ascolto innanzitutto nei riguardi di ciascun allievo, tener presente che molto spesso egli è alla disperata ricerca di un testimone adulto significativo in grado di sostituire almeno in parte genitori deludenti, affetti dalla perdente sindrome di un giovanilismo vacuo, combattere in ogni modo la noia invasiva che troppe volte l’aula scolastica genera a seguito di una didattica logocentrica, trasmissiva, lontana mille miglia da un’intelligente mediazione culturale fondata sull’individuazione di situazioni problematiche, le sole idonee ad alimentare la curiosità, la motivazione ad intraprendere la gioiosa e gratificante avventura verso la conoscenza e il conseguente piacere della ricerca. E’ fuor di dubbio che questo sforzo costa in termini di logorio psicologico, di fatica mentale e di sforzo fisico. Ma è l’unica via per guadagnarci in autorevolezza culturale, per determinare la  differenza tra chi giudica il prossimo in relazione all’entità del conto in banca, della villa al mare e ai monti, dell’autentica pelliccia di visone e della cilindrata dell’auto posseduta e non in rapporto alla qualità del sapere conquistato.

Mondo economico e comunità politica ritengono di poter disporre di tutto e di tutti grazie ad un potere derivante dal danaro e dalla  possibilità di collocare persone di fiducia in posti  chiave.

Il degrado culturale è deliberatamente voluto da chi, ai vari livelli e nelle realtà istituzionali ed aziendali che contano, preferisce gente poco o per niente dotata di autonomia critica, costretta a chiedere sostegno, disponibile alla più cieca esecutività.

L’odierna ‘ Giornata mondiale dell’insegnante ‘, vissuta con la piena consapevolezza del ruolo strategico e rivoluzionario che la professione docente può effettivamente svolgere, sollecita quanti svolgono questa nobilissima attività a trasformarsi in attendibili testimoni di un impegno responsabile di riscatto e di sfida.

 

                                                                                                 

 

I NONNI, LA FAMIGLIA E LA SOCIETA’ DEL NOSTRO TEMPO

2 ottobre 2011

 

 

Salerno, 2 ottobre 2011 – Festa degli Angeli Custodi

Ambrogio IETTO

ESSERE NONNI OGGI

 

Oggi domenica due ottobre la Chiesa cattolica celebra la festa degli Angeli Custodi, esseri puramente spirituali creati da Dio e deputati a proteggere ogni essere umano nelle vicende terrene contraddistinte, in particolare, da situazioni di pericolo, di sofferenza, di sconforto.

Chi ha seguito, nel corso dell’infanzia e della fanciullezza, lezioni di catechismo in parrocchia, ricorderà che una delle prime preghiere fatte imprimere nella memoria dei bambini era proprio quella rivolta all’angelo custode. Il nostro legislatore sia per determinare una condizione di par condicio tra le diverse figure parentali sia per recepire mutamenti radicali verificatisi anche nella società italiana del nostro tempo, con particolare riferimento all’istituto familiare, ha voluto offrire un messaggio indubbiamente significativo alla comunità nazionale con l’istituzione, attraverso un regolare provvedimento normativo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 agosto 2005, della ‘ festa dei nonni ‘, opportunamente collocata nel medesimo giorno in cui la Chiesa celebra gli angeli custodi.  

Essa sostanzialmente completa il ciclo delle manifestazioni già dedicate alla madre e al padre. Oggi, quindi, celebrazione liturgica e ricorrenza civile convergono nel porre  al centro dell’attenzione la figura del nonno e della nonna che, molto significativamente, la lingua inglese e quella francese denominano rispettivamente grandfather, grand-père e grandmother-grand-mère.

In questo ‘grand ‘ che fa da elemento morfologico anteposto alle parole padre e madre va colta la vera o presunta  consapevolezza di un ruolo parentale austero, potenzialmente degno di considerazione sia per l’età più avanzata nel tempo sia per il patrimonio di esperienza e di auspicabile saggezza derivante da un’esistenza che ha consentito di vivere, in termini di comprensibile partecipazione emotivo- affettiva, per due volte la dimensione della paternità e quella della maternità.

In quel ‘ grand ‘ anglofono e francofono c’è il riconoscimento di una continuità generazionale che significa trasferimento di abitudini e stili di vita, di costumi, di tradizioni, di vicende e storie collegate a coloro che hanno preceduto nel tempo i nonni stessi e che furono a loro volta i trasmettitori di episodi di vita, di consuetudini, di modi di dire, di riti ricevuti in eredità da altri predecessori.

La storia dell’umanità, la civiltà, la stessa cultura antropologicamente intesa sono passate di generazione in generazione grazie soprattutto alla narrazione che i padri hanno partecipato ai figli e questi, a loro volta, a coloro che li hanno seguiti nell’ordine successivo.

La condizione di grave crisi che vive la famiglia del nostro tempo  è determinata soprattutto dall’estinzione ormai generalizzata della pratica della narrazione. E con la scomparsa della narrazione sono scomparsi anche i nonni, inesauribili portatori del bisogno vivissimo di comunicare, di partecipare le esperienze vissute, di rivivere, grazie al raccontare, gioie, sofferenze, avventure, amarezze, successi, amori del passato. La loro scomparsa dal comune ambiente di vita di un tempo, determinata da una molteplicità di fattori (carenza di spazi abitativi idonei ad ospitare anche queste figure parentali, organizzazione generale della famiglia in relazione agli impegni quotidiani dei suoi componenti, inevitabili condizionamenti prodotti dalla convivenza, oggettivi impedimenti fisici, ecc. ), ha incentivato il fenomeno delle badanti e dei badanti quantificati ufficialmente oggi in almeno 600.000 unità.

A questa soluzione, sarebbe manifestazione di ipocrisia non sottolinearlo, si arriva anche, se non soprattutto, per i problemi che la presenza di un anziano in casa pone alle generazioni più giovani. Il prolungarsi della vita si accompagna inevitabilmente a sofferenze fisiche, a patologie croniche, ad un bisogno di assistenza più o meno continuo.

L’insieme dei molteplici fattori appena accennati ha di fatto allontanato sempre di più le giovani generazioni da un rapporto, se non sistematico, almeno frequente coi rispettivi nonni. L’assenza di comunicazione interattiva con gli anziani, la mancata fruizione della pratica della narrazione  coincidono di fatto con la perdita del senso profondo della memoria. E, purtroppo, senza memoria esiste solo il presente mentre non è possibile costruire il futuro.

Ovviamente il discorso cambia se i nonni sono ancora in discrete condizioni fisiche e psichiche e possono rendersi utili. In simili situazioni essi  diventano davvero angeli custodi terreni, pronti e disponibili a tutto. La loro gradita e generosa disponibilità pone, però, nuovi problemi. Il conseguente, necessitato rapporto coi nipoti, infatti, fa emergere contesti situazionali e problemi verso i quali i punti di vista tra nonni e genitori sono decisamente contrastanti e, quindi, anche i comportamenti da assumere da parte di entrambe le figure sono radicalmente opposti. 

Culture diverse, visioni della vita e dei costumi differenti possono generare, generano di fatto conflitti. E’ auspicabile che anche tra nonni e i propri figli si alimenti e si consolidi la pratica del sereno scambio di vedute, della riflessione pacata, della necessaria ricerca di soluzioni condivise.

Ma si sa, i nonni sono vecchi, appartengono ad un mondo che non c’è più. I loro consigli, il più delle volte, non sono ascoltati proprio dai figli.

Soprattutto se si comincia il discorso col dire … ‘ ai miei tempi ‘.

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