A BELLIZZI, NELL’AREA DELLO SBARCO DELLA QUINTA ARMATA DEL GENERALE CLARK

 

Salerno, 24 dicembre ( Vigilia di Natale ) del 2011

Ambrogio IETTO

QUEL NATALE 1943

 

 

A fine ottobre del 1943 i nove – dieci nuclei familiari che costituivano l’originaria popolazione insediatasi, tra gli anni venti e trenta  nel borgo rurale di Bellizzi, erano tutti rientrati dalle diverse località dei monti Picentini ove avevano cercato di trovare rifugio e protezione dalla serie di bombardamenti che, a partire dal famoso 21 giugno di quell’anno, avevano colpito a ripetizione i centri più nevralgici, dal punto di vista bellico,della Piana del Sele.

Lo spettacolo cui erano stati costretti ad assistere, non appena giunti all’incrocio tra la strada nazionale 18 e la provinciale per Montecorvino – Croci d’Acerno, apriva l’animo soltanto alla disperazione e allo sconforto: le abitazioni  abbattute almeno parzialmente, le travi di sostegno che reggevano a fatica i traballanti solai, le suppellettili perforate da colpi di moschetto e di mitragliatrice, la biancheria impregnata del sangue di militari feriti, le tante jeep dei militari della Quinta Armata del generale Clark in pieno movimento tra l’aeroporto militare di Montecorvino, oggi battezzato ‘Salerno – Costa d’Amalfi’, e lo scalo ferroviario martoriato di Battipaglia.

Tutto intorno i segni inequivocabili della distruzione: le sagome dei  pilastri portanti del vecchio tabacchificio della Saim, i capannoni della fabbrica di conserve alimentari dei fratelli Baratta distrutti ma vigilati dall’integra, annerita ciminiera, il granaio del Consorzio Agrario Provinciale rimasto in piedi con le sole mura perimetrali e trasformato in una vasta pubblica latrina, le Casermette occupate solo in parte da pochi soldati del contingente italiano lì allogato e già prese di mira da diverse famiglie che man mano, provenienti soprattutto dai paesi montani, giungevano a Bellizzi,  trasformata improvvisamente in terra di conquista per contrabbando e traffici poco limpidi.

Poco lontano, subito dopo Bivio Pratole, s’interrava ancora qualche  corpo di militare inglese della  Queen’s Brigade caduto nella carneficina prodotta dai blindati tedeschi.

Lo slancio fu corale. Occorreva ricominciare daccapo e viva, forte fu la solidarietà che maturò immediatamente tra gli uomini e le donne delle famiglie D’Aiutolo, Napoletano, Morretta, Apicella, Gagliardi, Fereoli, Grieco, Bove, Buoninfante, Moscariello, Supino, Volturale, Giocondo, Mascolo, Ietto e poche altre. Si scoprì il vero senso della sussidiarietà molto più tardi elevato a principio di dignità giuridica. L’aiuto si concretizzò in primo luogo tra vicini di casa per poi allargarsi a tutti i componenti della piccola comunità. Ad alimentare questa essenziale cultura del sostegno reciproco fu don Cesare Salvadori, sacerdote della Congregazione dei Padri Stimmatini, originario della Val di Sole nel trentino, primo parroco di Bellizzi, più volte sfuggito alla cattura da parte dei soldati tedeschi impegnati nella ritirata verso il Nord. Don Cesare, in tutta segretezza,  preparò noi pochi bambini piccoli a fargli da chierichetti  nel corso della messa di Mezzanotte di quel Natale del 1943.

Egli era riuscito a recuperare e a rimetter su, con il determinante apporto degli adulti, la piccola sagrestia della  chiesa del Sacro Cuore parzialmente abbattuta da una bomba vagante. Qui aveva recuperato da uno scaffale il Bambinello, Maria, Giuseppe, il bue e l’asinello.

Dinanzi all’improvvisato presepio fu celebrata piuttosto rapidamente la S. Messa. Le nostre mamme con gli occhi umidi di lacrime intonarono ‘ Tu scendi dalle stelle’. I compianti Osvaldo Mancini ed Edoardo Vassallo accesero qualche stella filante. Gli adulti, tutti intorno,abbracciandosi,  si scambiarono commossi gli auguri. La guerra cominciava ad essere soltanto un terribile ricordo. Riprendeva, sia pure faticosamente, la vita.

Era arrivato il tanto atteso Salvatore del mondo che riproponeva agli uomini di buona volontà  l’invito ad essere portatori di pace in un contesto finalmente illuminato dalla luce della speranza.

 

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