Archivio per dicembre, 2011

L’INCONTRO DEL VESCOVO MORELLI COI DIRIGENTI SCOLASTICI

15 dicembre 2011

 

 

QUALE DOCENTE DI RELIGIONE CATTOLICA ?

Oggi l’Arcivescovo di Salerno Mons. Luigi Moretti incontra i circa 200 dirigenti scolastici di altrettante  scuole di ogni ordine e grado funzionanti nell’ambito territoriale corrispondente all’arcidiocesi di Salerno –Campagna ed Acerno. Trattasi di un appuntamento inserito nel classico calendario degli avvenimenti prenatalizi funzionali allo scambio degli auguri.

Il Presule ha ritenuto opportuno inserire, quale momento centrale della mattinata di lavoro, un suo intervento sull’odierna funzione della scuola quale luogo di educazione, istruzione e formazione delle nuove generazioni. Trattasi, ovviamente, di un tema abbastanza ovvio e scontato, da sempre al centro del dibattito culturale e più specificamente professionale, per quanti in modo diretto o indiretto operano all’interno del sistema scolastico pubblico.

Di certo egli, rivolgendo una particolare attenzione alla funzione educativa, si soffermerà sullo specifico ruolo assegnato, in un sistema pattizio, qual è quello italiano tra Stato e Chiesa, alla figura dell’insegnante di religione cattolica.

Papa Benedetto XVI è dall’inizio del suo pontificato che analizza molto frequentemente la questione dell’emergenza educativa. La nostra Carta Costituzionale, come è ben noto, assegna alla scuola l’esclusivo compito dell’istruire mentre la dimensione educativa dell’itinerario formativo è assegnata dall’articolo 30 ai genitori, depositari del ‘ dovere – diritto di mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del matrimonio ‘.

Quanti si interessano di pedagogia ( disciplina ormai  in assoluto disuso ) sanno bene che i concetti di istruzione, formazione, socializzazione, apprendimento, formazione, sviluppo hanno indubbiamente dei tratti in comune con l’educazione che ne costituisce la contestualizzazione generale di significato e di senso globale ( Acone ) in modo che l’istruire, il formare, il socializzare, l’apprendere, lo svilupparsi costituiscono condizioni necessarie ma non sufficienti per caratterizzarsi come educazione.

L’educare, infatti,  implica questioni di valore, significato alle cose ( Dewey ), comporta la conquista di conoscenze e di competenze in vista di un orizzonte di senso. Per la nostra scuola pubblica statale i richiami valoriali connessi con la dimensione educativa si limitano alla cultura della legalità e della cittadinanza attiva. A questa Weltanschschauung decisamente e necessariamente laica deve orientarsi l’attività di mediazione culturale dei docenti delle diverse discipline che contraddistinguono il curricolo di ciascuna scuola. Questo intento è stato di recente confermato dall’ultimo governo Berlusconi che ha inserito nel programma di storia una particolare riflessione sul rapporto tra Costituzione e cittadinanza.

C’è, quindi, da chiedersi, soprattutto da parte dei genitori e degli studenti che, in stragrande maggioranza confermano, ad ogni inizio di anno scolastico, il desiderio di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, quale messaggio essi sperano di ricevere dal componente del team dei docenti investito, grazie ad un forte rapporto fiduciario con l’Ordinario diocesano, cioè col proprio vescovo, della gravissima responsabilità di essere figura culturalmente autorevole di riferimento, dotata di saldo equilibrio emotivo, dalla condotta morale ineccepibile, dalla marcata disponibilità all’ascolto e al dialogo.

Il messaggio atteso è sicuramente quello previsto dai programmi specifici redatti dalla speciale Commissione della CEI e ratificati dallo Stato italiano. Il problema essenziale, però, sta nel modo, nel come, nella strategia didattico – metodologica adottata per dare una risposta impregnata non  soltanto di attualità alla richiesta del bambino, del fanciullo, dell’adolescente, del giovane, nella diversità delle differenti fasi dell’età evolutiva, ma anche ricco di  un  significato profondo,  di un orizzonte di senso che apra l’animo dell’educando alla speranza, ad una visione  meno edonistica e consumistica della vita, alla scoperta nell’altro come espressione e testimone di un  Padre comune.

Si sa che, a seguito del notevole calo di vocazioni sacerdotali, questo delicato mandato educativo oggi è affidato prevalentemente a donne ed uomini appositamente formati negli istituti diocesani di scienze religiose ed incardinati nei ruoli dello Stato grazie ad una straordinaria e vantaggiosa legge del penultimo governo Berlusconi.

Ebbene essi, a causa dell’incalzante processo di frammentazione della famiglia, della scarsa propensione e della frequente inadeguatezza della stessa  a portare avanti per i propri figli un progetto di vita coerente coi saldi principi  cristiani, in una società che è sempre più dentro la cappa dell’incertezza e di un individualismo marcato, sono chiamati a dare risposte adeguate e rasserenanti a bisogni formativi straordinariamente incalzanti.

Sicuramente Mons. Morelli, nell’odierno incontro coi dirigenti scolastici delle scuole statali, avrà posto l’accento su come gli ambasciatori del messaggio cristiano secondo la tradizione cattolica, da lui designati, intendono rispondere alle tante necessità di ordine spirituale avvertite da soggetti impegnati a costruire e a rafforzare la personale identità non solo dal punto di vista culturale ma, in particolare, anche sul delicato versante etico.

E’ questa che viviamo la stagione problematica dell’emergenza educativa ?

 

QUALE DOCENTE DI RELIGIONE CATTOLICA ?

Oggi l’Arcivescovo di Salerno Mons. Luigi Moretti incontra i circa 200 dirigenti scolastici di altrettante  scuole di ogni ordine e grado funzionanti nell’ambito territoriale corrispondente all’arcidiocesi di Salerno –Campagna ed Acerno. Trattasi di un appuntamento inserito nel classico calendario degli avvenimenti prenatalizi funzionali allo scambio degli auguri.

Il Presule ha ritenuto opportuno inserire, quale momento centrale della mattinata di lavoro, un suo intervento sull’odierna funzione della scuola quale luogo di educazione, istruzione e formazione delle nuove generazioni. Trattasi, ovviamente, di un tema abbastanza ovvio e scontato, da sempre al centro del dibattito culturale e più specificamente professionale, per quanti in modo diretto o indiretto operano all’interno del sistema scolastico pubblico.

Di certo egli, rivolgendo una particolare attenzione alla funzione educativa, si soffermerà sullo specifico ruolo assegnato, in un sistema pattizio, qual è quello italiano tra Stato e Chiesa, alla figura dell’insegnante di religione cattolica.

Papa Benedetto XVI è dall’inizio del suo pontificato che analizza molto frequentemente la questione dell’emergenza educativa. La nostra Carta Costituzionale, come è ben noto, assegna alla scuola l’esclusivo compito dell’istruire mentre la dimensione educativa dell’itinerario formativo è assegnata dall’articolo 30 ai genitori, depositari del ‘ dovere – diritto di mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del matrimonio ‘.

Quanti si interessano di pedagogia ( disciplina ormai  in assoluto disuso ) sanno bene che i concetti di istruzione, formazione, socializzazione, apprendimento, formazione, sviluppo hanno indubbiamente dei tratti in comune con l’educazione che ne costituisce la contestualizzazione generale di significato e di senso globale ( Acone ) in modo che l’istruire, il formare, il socializzare, l’apprendere, lo svilupparsi costituiscono condizioni necessarie ma non sufficienti per caratterizzarsi come educazione.

L’educare, infatti,  implica questioni di valore, significato alle cose ( Dewey ), comporta la conquista di conoscenze e di competenze in vista di un orizzonte di senso. Per la nostra scuola pubblica statale i richiami valoriali connessi con la dimensione educativa si limitano alla cultura della legalità e della cittadinanza attiva. A questa Weltanschschauung decisamente e necessariamente laica deve orientarsi l’attività di mediazione culturale dei docenti delle diverse discipline che contraddistinguono il curricolo di ciascuna scuola. Questo intento è stato di recente confermato dall’ultimo governo Berlusconi che ha inserito nel programma di storia una particolare riflessione sul rapporto tra Costituzione e cittadinanza.

C’è, quindi, da chiedersi, soprattutto da parte dei genitori e degli studenti che, in stragrande maggioranza confermano, ad ogni inizio di anno scolastico, il desiderio di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, quale messaggio essi sperano di ricevere dal componente del team dei docenti investito, grazie ad un forte rapporto fiduciario con l’Ordinario diocesano, cioè col proprio vescovo, della gravissima responsabilità di essere figura culturalmente autorevole di riferimento, dotata di saldo equilibrio emotivo, dalla condotta morale ineccepibile, dalla marcata disponibilità all’ascolto e al dialogo.

Il messaggio atteso è sicuramente quello previsto dai programmi specifici redatti dalla speciale Commissione della CEI e ratificati dallo Stato italiano. Il problema essenziale, però, sta nel modo, nel come, nella strategia didattico – metodologica adottata per dare una risposta impregnata non  soltanto di attualità alla richiesta del bambino, del fanciullo, dell’adolescente, del giovane, nella diversità delle differenti fasi dell’età evolutiva, ma anche ricco di  un  significato profondo,  di un orizzonte di senso che apra l’animo dell’educando alla speranza, ad una visione  meno edonistica e consumistica della vita, alla scoperta nell’altro come espressione e testimone di un  Padre comune.

Si sa che, a seguito del notevole calo di vocazioni sacerdotali, questo delicato mandato educativo oggi è affidato prevalentemente a donne ed uomini appositamente formati negli istituti diocesani di scienze religiose ed incardinati nei ruoli dello Stato grazie ad una straordinaria e vantaggiosa legge del penultimo governo Berlusconi.

Ebbene essi, a causa dell’incalzante processo di frammentazione della famiglia, della scarsa propensione e della frequente inadeguatezza della stessa  a portare avanti per i propri figli un progetto di vita coerente coi saldi principi  cristiani, in una società che è sempre più dentro la cappa dell’incertezza e di un individualismo marcato, sono chiamati a dare risposte adeguate e rasserenanti a bisogni formativi straordinariamente incalzanti.

Sicuramente Mons. Morelli, nell’odierno incontro coi dirigenti scolastici delle scuole statali, avrà posto l’accento su come gli ambasciatori del messaggio cristiano secondo la tradizione cattolica, da lui designati, intendono rispondere alle tante necessità di ordine spirituale avvertite da soggetti impegnati a costruire e a rafforzare la personale identità non solo dal punto di vista culturale ma, in particolare, anche sul delicato versante etico.

E’ questa che viviamo la stagione problematica dell’emergenza educativa ?

CONTINUA LA SCENEGGIATA DEL CONCORSO A POSTI DI DIRIGENTE SCOLASTICO

14 dicembre 2011

 

Salerno, 14 dicembre 2011

Ambrogio IETTO

MA C’E’ UN SOLO GIUDICE A ROMA E IN ITALIA ?

 

Non sono un giurista. Sono semplicemente un povero ammalato di scuola che, dopo aver lavorato per 47 anni effettivi all’interno del sistema scolastico statale in ruoli diversi e con differenti responsabilità anche di ampio respiro istituzionale ( Consiglio superiore della pubblica istruzione, presidenza dell’Istituto Regionale di Aggiornamento, Ricerca e Sperimentazione Educativi della Campania, presidenza Consiglio scolastico provinciale di Salerno, tutte cariche elettive ), fortunatamente senza avere fruito di comandi e di distacchi vari, non si riconosce più, non solo come rotellina sbilanciata del cosiddetto pianeta scuola, ma anche come cittadino della nostra Repubblica che un tempo, però in epoca di monarchia sabauda, fu conclamata come patria del diritto.

Come si sa sono in svolgimento, proprio in questi giorni, le prove scritte del concorso ad oltre 2000 posti di dirigente scolastico che ormai offre da tempo spunti e note di colore anche alla grande stampa quotidiana. Dopo la pubblicazione di un bando non privo di incongruenze e di alcuni essenziali principi regolamentativi e l’autentica sceneggiata dei quiz pubblicati e successivamente depurati, ecco assistere al teatrino delle differenziate sentenze di alcuni Tribunali Amministrativi Regionali e dello stesso Consiglio di Stato sia pure nella funzione monocratica del presidente della Sesta Sezione.

All’ignorante di diritto, quale sono, ha prodotto già scandalosa meraviglia che nel merito di una prova unica, aperta a tutti i candidati, svoltasi nel medesimo giorno dalle Alpi ad oltre lo Stretto e, quindi, avente valenza nazionale, abbiano avuto diritto di pronunciamento alcuni TAR.

Transeat, ad esempio, per i Tar di Calabria e di Lombardia, che, da quanto risulta, si sono espressi nel merito di due ricorrenti singoli le cui motivazioni facevano riferimento ad incongruenze verificatesi durante lo svolgimento della prova preselettiva, ipoteticamente attribuibili a disfunzioni prodotte dai corrispondenti uffici regionali scolastici responsabili dell’organizzazione in loco del concorso, ma in Puglia, sempre per citare un esempio, la decisione di ammettere alle prove scritte ha riguardato schiere di candidati, adducendo motivazioni riguardanti la natura della prova nazionale e le modalità di svolgimento della stessa. Frattanto il Tar laziale, cui si erano correttamente rivolti migliaia di concorrenti con la sponsorizzazione diretta o indiretta di buona parte delle sigle sindacali di settore, bocciava, come si sa, tutti i ricorsi e, di fatto, determinava la decisione, assunta in secondo grado dal presidente della Sesta Sezione del Consiglio di Stato con un proprio decreto monocratico, di non concedere l’ammissione dei docenti ricorrenti alle prove di concorso del 14 e del 15 dicembre.

Questo provvedimento, per quanto indigesto per i ricorrenti, sembrava porre un po’ di ordine in materia. Tanto è vero che il Tar Puglia, così sollecito il 23 novembre a sospendere provvisoriamente l’efficacia degli atti impugnati, nella parte in cui impediscono la partecipazione dei ricorrenti alle due prove, alla vigilia degli esami scritti ha accolto l’istanza di riesame e, per l’effetto, ha revocato il proprio decreto depositato in data 24 novembre. Quindi niente prove scritte per i ricorrenti pugliesi precedentemente ammessi.

Dentro questo coacervo di decisioni s’inserisce, da vero primato Oscar, il Tar della Campania che, guarda caso, proprio il 13 dicembre, a meno di 24 ore dalla prima prova scritta, salva in calcio d’angolo oltre 200 ricorrenti targati Uil di Napoli e li ammette alle richiamate prove in quanto ‘ ricorrono i requisiti dell’estrema gravità e urgenza a cui nella previsione normativa è subordinata la concessione delle misure cautelari monocratiche, anche in relazione alle date di svolgimento delle prove scritte del concorso de quo già fissate per i giorni 14 e 15 dicembre 2011’.

Non sono educato ad avanzare illazioni ma il tutto sembra proprio così strano sia nella tempistica sia nella lista dei candidati ricorrenti privilegiati dalla quale, oltre tutto, mancano decine di quadri Uil Scuola, in particolare delle altre quattro province campane, discretamente esclusi da questa straordinaria ed eccezionale concessione.

Forse la loro inclusione avrebbe prodotto troppa ‘ammuina ‘, compromettendo l’operazione abbastanza discreta e, tutto sommato, riservata  ad un paio di centinaia di intimi.

Ci si chiede: cosa dirà e cosa farà ora quel presidente della Sesta Sezione del Consiglio di Stato che aveva ritenuto di porsi come necessario, unico giudice a Roma ?

 

CAPODANNO A SALERNO. UN’OCCASIONE PERDUTA PER DARE UNA LEZIONE AGLI ESIGENTI ROCK STAR

8 dicembre 2011

 

DE LUCA E LA NANNINI

 

 

Non me ne vorrà il sindaco De Luca se ritorno con un’ulteriore  nota critica nei riguardi suoi per delle decisioni  che, soprattutto in  questo particolare periodo di crisi e alla vigilia del Santo Natale, appaiono non solo inopportune ma, soprattutto, diseducative.

So bene che egli più volte ha dichiarato di non leggere la stampa locale né di prestare attenzione a quanto viene riportato sul conto suo e dell’Amministrazione da lui diretta sulla fitta rete informatica. Il particolare, in verità, non mi preoccupa più di tanto, interessato come sono ad esprimere in assoluta libertà il mio molto opinabile pensiero a prescindere dagli effetti che può produrre.

Nel caso specifico non è proprio possibile ingoiare quest’altro rospo dei 290.000 euro deliberati per vivere la gioia di salutare il novello 2012 con la graffiante rocker Gianna Nannini. Non è stata sufficiente la consistente spesa impegnata per il logo di Vignelli, modificato ora radicalmente a seguito del  recupero di quell’Hippocratica Civitas che un po’ di storia pur l’ha data alla città. Era necessario, infatti, anche questo  botto di fine d’anno per completare l’opera.

L’Ente locale e il suo sindaco possono prendere tutte le decisioni che vogliono ma non sono autorizzati a manifestare la solita lamentazione nei confronti del governo di turno sugli inevitabili tagli disposti a danno delle amministrazioni locali né, ipocritamente, a prendersela con Monti e i suoi ministri, responsabili di avere dato, con la recente, ennesima manovra, ‘ un colpo pesante sui bilanci delle famiglie’, difficile da reggere.

Quelle risorse impegnate avrebbero potuto di certo alleviare, almeno in parte e limitatamente alle prossime festività, le molte, troppe famiglie della città che vivono momenti di eccezionale difficoltà e che, per consolidata dignità, non osano avvicinarsi al portone di Palazzo di Città, lasciando posto ai questuanti professionisti che da sempre circuiscono i reggitori di turno della cosa pubblica.

Il vero scandalo, però, sta nel dover sborsare la consistente somma per arricchire ulteriormente un personaggio pubblico che, per quanto bravo nel suo genere, non prende consapevolezza della opportunità – necessità di contenere le proprie richieste al fine di dare un segnale pedagogicamente significativo nei riguardi di tanti giovani suoi supporter.

De Luca avrebbe fatto bene a partecipare alla città e, in particolare, alle giovani generazioni che l’Amministrazione comunale, a seguito di un rapido sondaggio effettuato tra i procuratori delle star più affermate della canzone italiana, considerava esose e assolutamente insostenibili le loro richieste e che avrebbe assicurato, comunque, un gioioso Capodanno in piazza con gruppi di bravi musicisti locali disponibili ad accontentarsi di un dignitoso rimborso – spese.

E’ pur vero che, navigando per la rete, si leggono promozioni per un ‘Capodanno a Salerno con Gianna Nannini’ e si indicano anche due – tre ristoranti che offrono per l’occasione ‘ impepata di cozze’ e una ‘spettacolare ed enorme mozzarella di bufala’.

Che l’arrivo della Nannini possa fare arrivare ondate di giovani dai centri vicini e che i locali di ristorazione possano realizzare degli incassi soddisfacenti non ci sono dubbi. Ma da vecchio che sono e da antico animatore di tante serate rese straordinariamente  liete dai compianti Franco Deidda e Luciano Maysse mi permetto di aggiungere che avrei preferito, per questo particolare Capodanno, bravi, giovani artisti DOC, cioè a qualità e origine garantita, e un sindaco attento valutatore delle difficoltà oggettive che vive il Paese e, soprattutto, pedagogo responsabile.

DALLE ‘ CHIANCARELLE ‘ A NEW YORK : L’IMMAGINARIO VIAGGIO DEL SINDACO DI SALERNO

3 dicembre 2011

 

Salerno, 2 dicembre 2011

Ambrogio IETTO

DE LUCA, IL LOGO E LA CITTA’

 

Ancora una volta il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca è riuscito nell’intento: col logo commissionato a Massimo Vignelli e col volgare ed improprio riferimento al popolo delle ‘ chiancarelle’ ha fatto ‘ ammuina’, allo stesso modo di come si volle artatamente inserire, con un falso storico, nella ‘Collezione de’ regolamenti della Real Marina del 1841’ l’espressione “ Facimm’ ammuina”  attribuita a Francesco II di Borbone, popolarescamente chiamato Franceschiello.

Trattenuto nei giorni scorsi per motivi familiari  in una città del Nord è capitato anche a me di sentirmi chiedere ragguagli da due occasionali interlocutori, uno lettore de ‘ Il fatto quotidiano ‘ e l’altro facente parte della rete di un social network, sul brand del designer italiano e sulle polemiche generate.

De Luca, abile comunicatore di non ortodossa scuola berlusconiana a causa di quel cipiglio da permanente ‘incazzados ’ col quale è riuscito a far digerire ai pochi ‘indignados’ salernitani i progetti relativi ad opere quali il Crescent,  piazza della libertà e piazza della Concordia dello spagnolo Bofil, la cittadella giudiziaria dell’inglese Chipperfield, la stazione marittima dell’  irachena Zaha Hadid, il piano urbanistico e la marina di Arechi dei catalani Bohigas e Calatrava, il Grand Hotel Salerno dell’italiano Nicola Pagliara,  i futuri, ipotetici complessi edilizi del francese Jean Nouvel ( area ex Amato ), degli italiani Tobia Scarpa (Palasport ) e Massimiliano Fuksas ( riqualificazione di Fratte ), dello spagnolo Manuel Ruisanchez ( parco dunale marino), col logo affidato all’elaborazione creativa di Vignelli ha superato se stesso.

Infatti è stato capace, grazie all’efficace ufficio stampa del Comune, di offrire in anticipo l’estratto della Lectio Magistralis dell’ottantenne  designer italiano trapiantato a New York, precisando che con Vignelli i salernitani sarebbero entrati ‘ in contatto con la grande cultura’, vivendo una ‘esperienza di altissimo livello’.

Il giorno dopo il primo cittadino, sottolineando che ‘ ogni simbolo necessita di tempo e di osservazione’, è stato così garbato da spiegare che nel marchio di Salerno ci sono ben ‘ dieci concetti da sintetizzare’, nutriti di ‘ tutti i colori e gli elementi che caratterizzano la città’. Nella consueta omelia di venerdì 25 novembre  il sindaco, ben consapevole dei gusti del suo pubblico televisivo, ha rotto gli argini della delicatezza e del bon ton e ha descritto con l’abituale suo piglio il percorso compiuto dalla città dalle ‘ chiancarelle’ a New York, passando per Cannes, Salisburgo, Edimburgo, Bilbao, città quest’ultima, ove una sola opera, il Guggenheim di Frank Gehry, ha creato ‘ un flusso turistico impressionante’.

Sì, De Luca ha avuto l’ardire di citare anche il nome dell’architetto canadese, naturalizzato statunitense, che egli andò a prendere in giro oltreoceano quando gli chiese di progettare il termovalorizzatore la cui realizzazione era stata affidata a lui nella qualità di commissario straordinario.  

Il riferimento alle ‘chiancarelle’, come si sa, ha dato vita su facebook ad una rete protestataria costituita da migliaia di nostalgici della vecchia area a ridosso di Santa Teresa mentre ha generato interessanti riflessioni nell’architetto Alberto Cuomo, che non ha indugiato molto nel dare dell’ignorante al sindaco in quanto non conoscitore della genesi del termine, nel filosofo Giuseppe Cacciatore, in questa occasione piuttosto benevolo nei riguardi di un ex compagno di cordata, nell’italianista Rino Mele.

La mia modesta riflessione, invece, più che riguardare l’effetto provato nell’osservare il logo di Vignelli o nel constatare il suo per niente modico costo, si sofferma sull’uomo – personaggio De Luca che credo cominci ad interessare anche la psicoanalisi oltre la psicologia e la già esplorata strategia della comunicazione. L’indagine dei processi psichici del suo inconscio offrirebbe  ad un esperto di questo comparto disciplinare interessanti spunti per ulteriori approfondimenti.

Di certo egli, in perfetta buona fede, ama ogni oltre limite Salerno, città con la quale identifica la sua stessa persona. All’identificazione si accompagnano altri due processi: l’introiezione e la proiezione. Nel sistema dell’Io di De Luca si incorpora così la rappresentazione mentale della città che finisce con l’attribuire  automaticamente alla stessa, in diversa misura, elementi rappresentativi, emotivi, cognitivi che appartengono effettivamente soltanto alla personalità del sindaco.

Ovviamente da queste dinamiche, che investono in prevalente misura l’inconscio, scaturiscono comportamenti e condotte coinvolgenti il conscio, vale a dire ciò che, secondo Freud, corrisponde alla coscienza dei filosofi e dell’opinione comune.

In questa fase ecco che emergono la forte dimensione caratteriale del personaggio, l’alta opinione di sé e delle proprie capacità, la presa di coscienza di essere nel giusto, la convinzione acquisita autonomamente di dover perseverare con caparbietà nel perseguimento dell’obiettivo individuato.

Questi tratti distintivi della sua personalità s’intrecciano con la formazione ricevuta alle Frattocchie e a Botteghe Oscure e con la successiva esperienza sindacale e partitica orientate entrambe verso un’impostazione piuttosto rigida della leadership.

Il consenso plebiscitario più volte ricevuto dall’elettorato, nel consolidare ulteriormente il senso di autostima, probabilmente ha alimentato in De Luca il convincimento di operare sempre scelte giuste e proficue per la comunità amministrata.

Questa consapevolezza lo mette nelle condizioni favorevoli di valorizzare al meglio, a proprio piacimento, le risorse umane disponibili ciascuna delle quali è collocata, in occasione delle elezioni,  in questa o in quella lista per essere poi assegnata, in relazione a criteri e parametri da lui stabiliti, ad incarichi di giunta  o di sottogoverno o di partito.

Non è un mistero in città il particolare che la nomina a presidente o a componente del consiglio di amministrazione di una delle società miste si accompagna alla contestuale sottoscrizione della lettera di dimissioni dallo stesso incarico da parte del beneficiato.

In questo modo il designatore sa bene di tenere al suo servizio il designato. Così funziona il sistema e così si perpetua il ben collaudato metodo, mai ripudiato dal nostro sindaco, del centralismo democratico personalizzato.

 

 

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