SENZA VALUTAZIONE DEL MERITO LA SCUOLA VA IN ROVINA

 

Salerno, 16 febbraio 2012

Ambrogio IETTO

COSA NON VA NELLA SCUOLA

 

Nelle dichiarazioni pubbliche di uomini di governo, di parlamentari, di esponenti autorevoli del mondo della cultura e della produzione, di accademici referenziati nei più differenziati comparti disciplinari, di esponenti qualificati dei diversi ordini professionali e dei lavoratori autonomi ritornano di continuo riferimenti  all’esigenza primaria di investire risorse maggiori nei settori della ricerca e dell’istruzione.

Non c’è talk show televisivo in cui, discutendo delle tante forme e manifestazioni di disagio sociale, dei condizionamenti socio – culturali che negativamente incidono sull’itinerario formativo delle giovani generazioni, della precarietà del loro itinerario formativo, della genericità e vacuità delle competenze acquisite, non ci sia una riflessione sul sistema scolastico e non giunga abbastanza puntuale questa domanda da parte  di qualcuno degli interlocutori: ‘ Ma dov’è e cosa fa la scuola ?’.

L’interrogativo, il più delle volte mal posto perché non prende in considerazione né analizza fenomeni negativi quali la sempre più frammentata condizione della famiglia del nostro tempo, la perdita di autorevolezza pedagogica e di prestigio della stessa nei riguardi dei giovani suoi componenti, l’azione negativa portata avanti dalle televisioni pubbliche e private, l’incidenza non sempre positiva di internet e dei social news, il consolidamento di una subcultura consumistica ed edonistica, incontra oggettive difficoltà nell’ottenere una risposta, oltre che puntuale, anche sufficientemente franca.

Il mondo della scuola, anche quando è rappresentato da importanti sigle sindacali, tende a chiudersi in una sorta di autodifesa che molto spesso chiama in causa carenza di risorse finanziarie, condizioni mortificanti per migliaia di docenti condannati per un’intera esistenza a far parte di un precariato ormai inevitabilmente demotivato, retribuzioni indegne per un paese civile, ricorrente, scarsa motivazione all’apprendimento da parte degli allievi, locali inidonei adattati a scuole, mancanza di strumentazioni didattiche funzionali a processi di apprendimento significativo.

Queste difficoltà rispondono al vero  e meriterebbero da parte dei competenti referenti istituzionali, deputati a rendere migliore la qualità del servizio scolastico, una più seria attenzione, pur tenendo conto della ben nota carenza di risorse finanziarie che avverte il nostro Paese.

Non sempre, però, si ha l’onestà intellettuale di aggiungere altri motivi che pur incidono negativamente sulla qualità del prodotto scolastico e che potrebbero trovare almeno in parte, all’interno dello stesso sistema formativo, riscontri meno strumentali e più pertinenti.

Una delle questioni centrali sta nel mancato riconoscimento del merito. Dirigenti scolastici e docenti sono considerati tutti alla stessa stregua e in eguale misura. L’autonomia della scuola, giustamente elevata a dignità costituzionale, anziché essere strumento continuo di cambiamento migliorativo della qualità dell’istituzione educativa, grazie alle opportunità per una diversa organizzazione didattica, di una possibile, continua  ricerca di itinerari formativi innovativi, di  nuovi sistemi di verifica e di valutazione, di strategie metodologiche sperimentali, di contenuti rispondenti ai bisogni formativi del contesto socio – culturale di riferimento della singola istituzione scolastica, non di rado si è trasformata in fattore di sconcertante autoreferenzialità, acquisendo  addirittura, in alcuni casi, il  marchio di vero e proprio  organismo anarchico. Lo stesso dirigente scolastico, che da undici anni avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione periodica in quanto considerato dal legislatore primo ed esclusivo responsabile dei risultati raggiunti dall’istituzione, risulta ancora battitore libero non sottoposto, come tutti gli altri dirigenti della pubblica amministrazione, a valutazione.

Per i docenti una legge, portata avanti con caparbietà dall’ex ministro della funzione pubblica Brunetta, ancora non trova traduzione in ulteriori adempimenti politico – amministrativi. Anzi in questi giorni il Ministero dell’istruzione ha lanciato il progetto sperimentale ‘VALeS’ per la valutazione esterna delle scuole e dei dirigenti scolastici. Trattasi di un’ipotesi di intervento valutativo di durata triennale e limitata a 300 istituti su tutto il territorio nazionale che si renderanno disponibili a questo tipo di verifica. Il che significa che occorrerà attendere altri tre anni per verificare la fattibilità e l’estensione del progetto a tutte le istituzioni scolastiche della penisola.

Docenti e dirigenti scolastici, al momento, non sono nemmeno obbligati alla formazione in itinere. Succede, così, che tentativi di volontariato rivolti ad alimentare processi di riflessione e di autoformazione di docenti e dirigenti cadono  miseramente nel vuoto. Tanto per fare un esempio concreto riporto l’esperienza amara in cui ci siamo trovati  ieri nell’avviare un’esperienza di formazione in servizio finalizzata ad un approfondimento dei due documenti ministeriali che costituiscono o che dovrebbero costituire le indicazioni pedagogico – didattiche, emanate dal Miur, da seguire per l’elaborazione del curricolo da parte di tutte le scuole del primo ciclo di istruzione.

L’esperienza programmata avrebbe voluto rendere possibile ed agevolare un percorso di autoformazione in relazione al fatto che un atto di indirizzo ministeriale individua nel corrente anno scolastico il termine entro cui occorre relazionare al Ministero, da parte di tutte le direzione didattiche, gli istituti comprensivi e le ex scuole medie, sui due documenti nazionali in adozione nel tentativo di armonizzarli.

Ebbene sono state inviate per tempo oltre cento comunicazioni  scritte ad altrettante istituzioni scolastiche per poter contare poi sulla presenza effettiva di non più di dieci coraggiosi operatori della scuola pubblica. Di conseguenza sembra proprio giunto il momento, per i soli addetti ai lavori, di domandarsi: ‘ Cosa fa la nostra scuola pubblica per tentare di migliorare se stessa ?’.

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