Archivio per febbraio, 2012

L’IMMAGINE OFFERTA DAL SINDACO DE LUCA IN TRASFERTA

9 febbraio 2012

 

Salerno, 9 Febbraio 2012

Ambrogio IETTO

LE INTERVISTE DI DE LUCA

 

 

Fa davvero piacere leggere, a destra e a manca, interviste, dichiarazioni e comunicazioni più o meno eloquenti  rilasciate dall’onorevole Vincenzo De Luca, sindaco della città capoluogo. Le ultime fonti di riferimento, in ordine temporale, sono la pagina  ‘ Estense.com Ferrara ‘, un giornale online della città romagnola che ospita, col titolo ‘ L’altra faccia del Sud’, un ampio resoconto dell’incontro che De Luca ha avuto in quella  città nella qualità di ospite del Rotary Club Ferrara Est; il secondo intervento riguarda un’intervista rilasciata al periodico di cultura online ‘ Lapilli’ dell’associazione ‘Prometeo’ di Torre del Greco a firma di Maria Serritiello  col titolo ‘ Salerno, città modello ’ e, infine, un’altra intervista concessa a Simona Brandolini del Corriere del Mezzogiorno, arricchita sullo stesso giornale di martedì 7 febbraio, da una serie di domande,  poste dalla medesima redattrice ad Enzo Amendola, segretario regionale del partito democratico, e che richiamano alcune battute del sindaco riguardanti il partito di sua ufficiale appartenenza.

Nel tentativo di dare un certo ordine alla riflessione si riportano alcuni passaggi ripresi o da espressioni testuali dell’intervistato o dalla prosa dei redattori per poi esternare nel merito alcune essenziali considerazioni che osano dare una valutazione complessiva sull’immagine di Salerno offerta ad un pubblico forestiero e sul profilo  del sindaco ricavabile da quanto asserisce.

L’esordio di De Luca all’hotel Astra di Ferrara, alla presenza del sindaco Tiziano Tagliani  e della trentanovenne presidente della Provincia Marcella Zappaterra, entrambi esponenti significativi del partito democratico del concittadino Dario Franceschini, del prefetto Raimondo Provvidenza e del rettore della locale Università Pasquale Nappi, è definita dalla redattrice del pezzo una provocazione.

Questa, infatti, l’espressione di esordio di De Luca: “Molte persone quando pensano al Sud ricordano solo dei luoghi comuni: la camorra, i rifiuti, la cialtroneria. Al 90% tutto questo è realtà ma io voglio essere espressione di un altro Sud, minoritario, che pure esiste “.

Ovviamente subito dopo comincia la lista degli interventi operati  per la qualificazione urbana documentati da eloquenti diapositive. Nel soffermarsi sui tempi di realizzazione delle opere descritte (appena 18 mesi dall’avvio dei lavori! ) De Luca precisa che “ convincere le organizzazioni sindacali è stata una fatica ma la mia chiave di volta è che meno ascolto i sindacati meglio è”(sic! ) e che “ per realizzare piazza della Concordia sono obbligato a fare un abuso “( sic !).

La cronista a questo punto precisa che ‘ le affermazioni di De Luca hanno lasciato la platea a bocca aperta’. Il sindaco salernitano, così come gli capita nel corso delle settimanali omelie televisive, è un fiume in pieno: riferisce dell’intralcio frapposto dai comitati che “ nove volte su dieci nascondono interessi corposi e volgari” e dell’atteggiamento ‘ negativo del tribunale nei confronti delle variazioni urbanistiche’ che sono state sempre utilizzate  anche se “ tutte sono state oggetto di indagine “.

La cronista puntualizza che ‘ quest’argomento ha suscitato la curiosità di molti soci che hanno cercato di capire come si fosse applicato concretamente l’atteggiamento descritto e cosa avesse comportato in termini legali’.

De Luca ha risposto con ‘ grande semplicità’: “Decine e decine di ricorsi al Tar e alla Corte dei conti, noi ce la siamo cavata con una ventina di avvisi di garanzia”. La nota della cronista si chiude testualmente così: ‘L’entusiasmo dei presenti nei confronti di tanta determinazione è stato palesato a fine intervento con diversi apprezzamenti e ringraziamenti pubblici e il presidente del RotarY Ferrara Est, l’avv. Gianni Polizzi, ha anticipato come verrà presto organizzata una gita a Salerno’.

L’intervista sul periodico di cultura online  ‘Lapilli’ di Torre del Greco, nel riproporre i risultati già descritti a Ferrara con l’aggiunta del riferimento alla Metropolitana e alle attinenti, presunte responsabilità della regione Campania, offre elementi di conoscenza non nuovi ma, comunque, significativi per tentare di rendere più ricco il profilo del sindaco.

Egli, ricordando la stagione giovanile dedicata agli studi di filosofia, annota: “ ero affascinato dall’idea di poter contribuire a cambiare il destino di una comunità, di contribuire a liberare gli uomini e le donne dalla schiavitù del bisogno economico e morale” ( sic! ). L’attività di sindaco si concretizza in “ una fatica immane, un rapporto d’amore intensissimo con la città ed i salernitani che ispira ogni scelta “. Per il futuro l’onorevole De Luca spera di avere “ anche un poco di tempo in più da dedicare alla famiglia che spesso è stata sacrificata in questi anni di durissimo lavoro”.

Nell’intervista concessa qualche giorno fa a Simona Brandolini due sono gli obiettivi principali centrati: la giunta regionale presieduta dal suo avversario Caldoro e il partito democratico, a cominciare dai consiglieri che lo rappresentano in seno al consesso regionale. Il primo cittadino salernitano, dopo aver riferito dello “scandalo di un assessore che continua a fare il sindaco, nascondendosi dietro furbate da azzeccagarbugli “ ( il riferimento a Romano, sindaco di Mercato San Severino ed assessore all’ambiente, è piuttosto preciso ), si dichiara convinto che dentro il partito democratico “ permangono sottotraccia, più in generale, correnti e sottocorrenti sempre più rinsecchite; i retro pensieri sono tutti rivolti alle prossime candidature; un’apertura vera e coraggiosa a nuove energie stenta”.

L’estrapolazione puntuale di una serie di frasi, attribuite a De Luca e collocate tra  due virgole poste in alto, offrirebbe elementi sufficienti per un’analisi comparata tra quanto egli afferma in ambito locale e come si manifesta fuori sede. Se le informazioni e le considerazioni, proferite a Ferrara e  riportate dal giornale online ‘Estese.com’, sono state effettivamente quelle, non c’è molto da rallegrarsi.

Senza tener conto delle opere citate ma da anni ancora non trasformate in cantiere, sconcerta la descrizione del  rapporto in atto coi sindacati  da parte di un sindaco che ha avviato la sua carriera politica proprio da sindacalista del comparto agrario. Come non entusiasma  l’immagine lasciata nella capitale della dinastia degli Estensi, la cui corte si  configurò nel cinquecento come centro importante della civiltà rinascimentale, di un sindaco guascone e un po’ gradasso che è fiero di commettere abusi per realizzare una piazza, ostentando anche, con un certo orgoglio, di essere stato destinatario di “una ventina di avvisi di garanzia”.

Nulla da eccepire sul suo ‘amore intensissimo’ con la città e i salernitani. Nobilissima la ieratica missione di “ contribuire a liberare gli uomini e le donne dalla schiavitù del bisogno economico e morale “ anche se il suo strano concetto di democrazia fa sì che a sentire l’egemonico peso dell’intransigente  suo dispotismo siano in primo luogo e, necessariamente,  assessori,  consiglieri comunali, presidenti e componenti dei consigli di amministrazione delle società miste e quanti da lui e soltanto da lui sono scelti per incarichi di fiducia doverosamente retribuiti.

I riferimenti al partito democratico non fanno storia. Possono innervosire per dovere di ufficio  l’intelligente segretario regionale Enzo Amendola ma, di fatto, il dossier deluchiano, particolarmente nutrito, contiene nei confronti di Bassolino e dell’oligarchia partenopea del partito democratico, brani antologici ben più severi e coloriti.

 

                                                                                               

 

LE FAMIGLIE CHIEDONO UNA SCUOLA SERIA, ACCOGLIENTE, OPEROSA, ATTENTA ALLE DINAMICHE DI SVILUPPO DELLA PERSONALITA’ DELL’ALLIEVO

7 febbraio 2012

 

Salerno, 07 febbraio 2012

Ambrogio IETTO

LA MODA DELL’OPEN DAY

 

Va trasformandosi  in lotta senza quartiere. Alludo alla moda, da qualche anno in uso,  dell’open day, vale a dire della pratica, da parte della generalità delle istituzioni scolastiche statali e paritarie, dell’apertura per uno o più giorni dei cancelli e dei portoni dei rispettivi edifici scolastici per accogliere visitatori, quasi sempre genitori, allievi e pochi nonni  fisicamente ancora idonei, interessati a conoscere, sia pure superficialmente,  le scuole ove, con qualche probabilità, si pensa di iscrivere figli e nipoti per il prossimo anno scolastico.

Lo spettacolo si svolge, ovviamente, nei capoluoghi di provincia e in tutti i centri urbani  popolosi ove funzionano più istituzioni del medesimo livello scolastico: direzioni didattiche, istituti comprensivi e scuole medie per bambini e ragazzi da iscrivere alla scuola dell’infanzia, alla primaria e alla secondaria di primo grado oppure licei, istituti tecnici e professionali per gli aspiranti alla frequenza di scuole secondarie di secondo grado.

Nei piccoli centri, ove è stato già difficile nel corso della recente revisione della rete scolastica, far sopravvivere una sola istituzione del primo ciclo di istruzione o un unico indirizzo di studi secondari di secondo grado, l’open day non si sa nemmeno cosa sia in quanto l’utenza, residente entro la contenuta circoscrizione territoriale, non ha scelta da compiere e dovrà accontentarsi dell’unico servizio educativo – scolastico erogato in zona.

Quando l’autonomia scolastica prese il volo, poco prima che venisse inserita addirittura nell’articolo 117 della Carta Costituzionale, il DPR n. 275/99, che ne regola il funzionamento, all’articolo 3 stabilì che  il Piano dell’offerta formativa, il cosiddetto POF, venisse reso pubblico e ‘ consegnato agli alunni e alle famiglie all’atto di iscrizione’.

L’Open Day ha anticipato e reso sostanzialmente inutile questo adempimento previsto dalla norma, trasformandosi in una sorta di area mercantile in cui viene partecipato alla corteggiata, potenziale utenza tutto ciò che la singola scuola è in grado di offrire al fine di potenziare il numero degli allievi e, quindi, quello delle classi.

A volte il ‘ giorno della scuola aperta’ è preceduto da visite mirate che i suoi docenti, su specifica autorizzazione dei propri competenti organi collegiali, vanno a compiere presso scuole del grado inferiore per proporre l’ipotetico itinerario formativo ai fanciulli che stanno per concludere il quinquennio della scuola primaria o ai ragazzi più grandi, pronti a chiudere l’ottavo anno di frequenza del primo ciclo di istruzione.

La cosiddetta offerta formativa viene presentata nella location ( laboratori, aula magna, palestra, eventuali ambienti polivalenti ), nelle strumentazioni tecnologiche più avanzate ( sala computer, internet, lavagne interattive multimediali, pagina web, radio web ), negli indirizzi di studio, nel curricolo integrato (teatro, danza, ginnastica ritmica, strumento musicale, educazione alimentare, scacchi, campionato interno ed esterno di basket, volley, calcetto, ecc. ).

In Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, le quattro regioni meridionali che fruiscono da anni dei fondi strutturali europei e, quindi,  di consistenti risorse finanziarie canalizzate verso i cosiddetti PON (Programma Operativo Nazionale ), l’offerta è straordinariamente variegata, non sempre resa davvero produttiva ai fini della conquista, da parte degli allievi, delle essenziali competenze di base riguardanti, in particolare, la matematica, le scienze e l’educazione linguistica.

Insomma chi più ne ha ne mette, alimentando sia nei ragazzi sia nei genitori ulteriore stato confusionale sull’indirizzo di studi da scegliere e sull’istituzione scolastica da preferire.

Nelle informazioni che si offrono alla potenziale utenza, spesso  mancano, però, elementi conoscitivi riguardanti, ad esempio, il numero degli alunni stranieri felicemente integrati a seguito di interventi mirati alla conquista e all’arricchimento del patrimonio linguistico italiano, non sono indicati quanti allievi, certificati in origine come portatori di disabilità, sono ormai privi di questa attestazione grazie ad un’organizzazione didattica di tipo collaborativo e cooperativo che ha consentito l’attivazione di una metodologia personalizzata e di mutuo insegnamento. Non c’è riferimento al piano annuale di formazione in servizio previsto per il personale docente e tecnico – amministrativo della scuola così come stabilito dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 165/2001, alla percentuale di assenze effettuate dal personale dipendente nell’anno precedente, al numero effettivo di lezioni svolte presso l’istituzione nell’ultimo triennio e così via.

Ad avviso di chi scrive, più che aprire al pubblico per una mezza giornata l’edificio che ospita la scuola o di commissionare a pagamento spot pubblicitari ad emittenti televisive e a giornali quotidiani locali, si tratta di offrire alla potenziale, futura utenza e alle rispettive famiglie, sulla base della pregressa attività svolta, la percezione chiara, netta che quella determinata scuola si pone come ambiente privilegiato in cui l’attenzione primaria è rivolta alla persona dell’allievo, ai suoi ritmi e al suo stile di apprendimento.

Essa è luogo di formazione in cui la necessità di costruire con la famiglia un rapporto privilegiato funzionale alla migliore valorizzazione delle capacità – potenzialità dell’alunno presuppone una comune elaborazione ed applicazione del patto di corresponsabilità educativa.

E’ importante che le famiglie, alla luce delle puntuali informazioni ricevute, prendano coscienza che a quella determinata istituzione scolastica corrisponde un ambiente sereno, laborioso, dinamico in cui, grazie ad una leadership culturalmente e professionalmente autorevole, tutte le risorse umane disponibili hanno maturato la piena, responsabile consapevolezza di fare squadra tanto da avvertire un comune senso di appartenenza e di identificazione con la stessa istituzione educativa.

A SALERNO LA QUESTIONE ‘ PROVINCE ‘ SI ACCENTUA PER LA CONSOLIDATA AVVERSITA’ TRA DE LUCA E CIRIELLI

2 febbraio 2012

 

Salerno, 2 Febbraio 2012

Ambrogio IETTO

IL DIBATTITO SULL’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE

 

Mentre avantieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita ufficiale a Bologna, se la prendeva con i ‘ conservatori istituzionali’, richiamando l’eterno tema dell’abolizione delle Province che ‘dopo gli accenni nel primo decreto Monti, è tempo di metterlo a fuoco’, nelle sedi dei 107 capoluoghi di provincia altrettanti consigli provinciali si disponevano a discutere e, nel migliore dei casi, ad approvare il documento – ordine del giorno predisposto dall’Unione Province d’Italia e finalizzato a sollecitare senatori e deputati del territorio a farsi promotori in Parlamento di ‘ iniziative volte a garantire l’esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo del territorio’. L’ordine del giorno, in verità, si rivolge anche a tutti i cittadini e ‘ agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato di manifestare il loro amore per il territorio ‘.

Ovviamente anche Palazzo Sant’Agostino, ospitando il cosiddetto parlamentino per deliberare sul predetto documento, ha rispettato la corretta forma di protesta suggerita dall’UPI. La cronaca apparsa sui quotidiani di ieri, nel riferire l’andamento della riunione, conclusasi come da previsione con l’approvazione dell’ordine del giorno da parte della maggioranza e la mancata partecipazione al voto della minoranza, registra che la discussione è andata avanti piuttosto stancamente ravvivata di tanto in tanto da ‘ un congiuntivo sbagliato e una vongola lessicale’ ( Corriere del Mezzogiorno, pag. 6 ).

La nostra riflessione non intende entrare nel merito della struttura sintattica né in quella relativa all’uso delle parole e delle locuzioni rilevabili dagli interventi verbali dei componenti del consesso. La nostra città ha consolidati precedenti in materia. Così, nella memoria dei coetanei di chi scrive, si ripropongono le argute battute, proferite dal compianto avvocato Mario Parrilli nel salone dei Marmi di Palazzo di Città nella qualità di consigliere comunale, quando, sorridendo, giocava linguisticamente con  l’onorevole Angrisani a proposito dei bisticci in atto tra congiuntivi e condizionali.

Oggetto di questo intervento  è anche la messa in discussione dell’articolo 23, commi 14-22 della legge di conversione del decreto legge 201/2011, che prefigura il graduale svuotamento dell’istituzione Provincia. Nel merito bene ha fatto il presidente leghista della regione Piemonte Roberto Cota a formalizzare il ricorso alla Consulta, giudicando incostituzionale la legge.

E che ci sia bisogno di una modifica della Carta Costituzionale riescono a comprenderlo anche i fanciulli che frequentano la scuola primaria. E’ sufficiente, infatti, leggere in particolare gli articoli 114,117, 118 e 119, facenti parte del Titolo V, per rendersi conto della necessità di procedere, ai fini dell’abolizione delle Province, con legge di revisione costituzionale.

Il dibattito in corso nel merito di questa questione, a sostegno del mantenimento di un’ autonomia locale intermedia  tra regione e comuni, rileva adesioni significative bipartisan quali quelle di Roberto Formigoni presidente della giunta regionale della Lombardia e di Piero Fassino, attuale sindaco di Torino.

Che sia esplosa negli ultimi due decenni una sorta di sindrome a favore dell’ente provincia lo conferma il dato inequivocabile di essere passati dalle 70 province del 1948 alle attuali 107. Due  salernitani, Franco Brusco e Antonio Oricchio, all’epoca parlamentari della Repubblica, entrarono in competizione, sostenendo il primo l’istituzione di una provincia a sud di Salerno con capoluogo Sala Consilina e il secondo optando per la sua Vallo della Lucania. Risulta accettabile, pertanto, l’auspicio espresso nell’ordine del giorno in ‘un intervento immediato di razionalizzazione delle Province attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni’ grazie ad ‘ accorpamenti’ collegati ad una ridefinizione dei compiti delle stesse.

Oggi, invece, particolare avversità al mantenimento delle Province è espressa, anche nel corso delle sue omelie settimanali, dal sindaco di Salerno Vincenzo De Luca che, prima delle elezioni a presidente dell’ente con sede a Palazzo Sant’Agostino di Edmondo Cirielli, non ebbe mai ad esprimersi in tal senso. Anzi si ricorda un suo comizio alla Sala Vittoria in occasione della campagna elettorale per le provinciali in cui, pur proferendo una poco felice battuta nei riguardi del candidato del partito democratico Angelo Villani,  sostenne la necessità, da parte del suo elettorato, di sostenere quella candidatura anche considerando i vantaggi che da quella elezione derivavano per la città di Salerno.

Non per caso De Luca ha schierato in passato, in qualità di candidati nei collegi del capoluogo, suoi uomini di attacco come Guerra, Buonaiuto, Savastano. E che la giunta Villani sia stata generosa nel compensare, con consistenti contributi finanziari, il comune capoluogo per iniziative riguardanti, in particolare, i comparti dello spettacolo e della cultura, è dimostrato dagli atti disponibili negli uffici contabili della provincia e di palazzo di Città.

La posizione assunta dal Partito Democratico anche sulla questione dell’incompatibilità di Cirielli va interpretata, dunque,  come tentativo di ridimensionare una personalità, come quella del parlamentare del PDL, che all’ente provincia ha cercato di dare in ogni modo autorevolezza e ruolo, ridimensionando l’incidenza del partito democratico sul territorio che va da Scafati a Sapri il cui consenso è limitato alla stima personale di cui godono i parlamentari Andria e Iannuzzi e i consiglieri regionali Pica e il duo  Valiante Antonio e Valiante Gianfranco.

Questioni delicate quali quelle dei rifiuti, dell’aeroporto e della metropolitana hanno trovato in Cirielli un competitore duro, determinato, caratterialmente molto simile allo stesso De Luca col vantaggio di essere lui sul territorio il plenipotenziario del presidente della giunta regionale Caldoro.

Dell’opera di Cirielli, invece, non può risultare condivisibile, almeno da parte di chi scrive,  l’avvicendamento continuo tra assessori a Palazzo Sant’Agostino che, accentuando il suo ruolo di presidente egemone e la conseguente, deteriore personalizzazione della politica, non consente ai componenti della giunta di studiare le reali esigenze del territorio e, quindi, di elaborare una coordinata politica di programmazione e di coordinamento che rimane il compito primario  delle province e ne giustifica ancora la  sopravvivenza.

 

 

 

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi