Archivio per marzo, 2012

LEGAMBIENTE: AZIONARIATO POPOLARE PER ACQUISTARE I TERRENI PRIVATI IN CUI SI TROVA L’ABBANDONATA NECROPOLI DEL GAUDO A PAESTUM

29 marzo 2012

 

Salerno, 29 Marzo 2012

Ambrogio IETTO

 

LA VERGOGNA DI PAESTUM

Non c’è buon testo antologico su Paestum che non riporti la versione più leggendaria che storicamente confermata sulla scoperta dell’importante sito archeologico, redatta e pubblicata nel 1764 da P. J. Grosley, un francese doc che ritenne opportuno  accreditarsi come turista svedese per poter visitare con maggiore tranquillità il Regno delle Due Sicilie.

Questi scrive che verso l’anno 1755 un giovane di Capaccio, allievo di un noto pittore di Napoli, in vacanza nel luogo natio, allungando lo sguardo verso la piana e il mare, individuò una sorta di fattoria coperta di paglia, circondata in parte da terreno coltivato e in altra parte riservato al pascolo del bestiame. Il giovane aspirante artista, educato con l’occhio ad un’attività osservativa meno occasionale e più sistematica, rilevò, dall’alto delle colline, un qualcosa di diverso dal consueto paesaggio rustico  e paludoso e, alimentato dalla curiosità, che ha sempre costituito e continua a rappresentare il passe-partout per conoscere e conquistare il sapere, si avvicinò sempre più al luogo preso di mira, scoprendo ‘ con stupore – scriveva Grosley – delle mura con delle porte, delle strade, degli edifici pubblici e dei templi … ’.

Dagli anziani del paese il giovane apprese che quell’area risultava da sempre incolta ed abbandonata e che soltanto da una decina d’anni quel mezzadro aveva avviato in quelle zona la sua attività di contadino. Ritornato a Napoli riferì il tutto al  maestro che, favorevolmente  impressionato  dall’entusiasmo col quale il suo allievo riferiva i particolari della ‘scoperta ‘, decise di effettuare un sopralluogo e, quindi, di diffondere negli ambienti culturali ed artistici della città l’inestimabile patrimonio archeologico nascosto dall’incuria e dall’ignoranza dell’uomo nella pianura bagnata dal Sele.

Vera o verosimile la narrazione del turista – cronista francese è venuta in mente, leggendo,  il 19 marzo scorso un reportage di Alessandra Arachi sullo stato di autentica discarica in cui è stata ridotta la necropoli del  Gaudo: ‘ un cumulo di rovi, di macerie, di schifezze. Non si possono vedere le tombe, sono coperte dalle lastre di eternit. Dai filamenti di amianto. Dai copertoni bruciati. Dai materassi bucati. Dagli elettrodomestici buttati via … La civiltà del Gaudo, quella testimonianza preziosa dell’età eneolitica: con la diffusione della conoscenza del rame insegnò nei gruppi umani la nozione di ricchezza’.

Legambiente Nazionale, in collaborazione col circolo culturale ‘ Freewheeling ‘ di Paestum ( letteralmente in italiano ‘ Cha va a ruota libera ‘ ), presieduto da Maria Cristina De Geronimo, dirigente delle scuole primarie locali, al  fine di scuotere l’opinione pubblica sul vergognoso stato in cui trovasi l’area tombale e sepolcrale del Gaudo, ha lanciato il  progetto ‘ Paestumanità. Comprare per salvaguardare’, finalizzato a dar vita ad un’operazione di azionariato popolare per l’acquisto dei terreni compresi entro le mura della città achea, per oltre l’80 % di proprietà privata, sottoposti a sfruttamento agricolo con un oneroso impatto antropico.

A sostenere l’iniziativa  lunedì scorso è arrivato a Paestum Gian Antonio Stella per illustrare il progetto in una conferenza stampa. L’autorevole collaboratore del ‘ Corriere’ ed ormai affermato scrittore, ovviamente, non si è limitato a chiarire i vari aspetti della proposta. Il giorno dopo ha ritenuto giusto ed opportuno dedicare un ampio servizio sul quotidiano di via Solferino non solo per lanciare questa ‘colletta mondiale per comprare i terreni privati dell’area archeologica’ e ‘ metterli in salvo ‘, ma per ribadire che l’intera superficie circostante i resti archeologici è indegna di un sito Unesco, elevato alla dignità di ‘patrimonio dell’umanità’.

Egli, tra i tanti illustri visitatori che hanno decantato le singolari meraviglie del dorico coloniale di Paestum,  si è limitato a citare Nietzsche ma, se avesse voluto,  avrebbe potuto raccogliere, in un’antologia dedicata esclusivamente a quello che è uno dei più importanti centri archeologici italiani, le considerazioni suggestive espresse da turisti di eccezione come Johann Wolfgang Goethe, Hans Christian Andersen, Henry Swinburne, Louise Colet, irrequieta amante di Flaubert, il grande Amedeo Maiuri, il centenario professore di estetica e grande esperto d’arte Gillo Dorfles che, anche nella qualità di cittadino onorario di Capaccio – Paestum, scriveva nel luglio del 2009, sempre sul quotidiano milanese: “ Sono davvero molti anni ormai, che mi chiedo – e chiedo agli specialisti e alle autorità locali – come mai la solenne città di Poseidonia sia ancora per più della metà sottoterra, anzi sotto il granturco che la ricopre. Come mai non possiamo ammirare gli altri settori dell’antica città greca anche nel suo quartiere degli affari, delle botteghe e delle abitazioni ? “.

Ora fa  riflettere l’iniziativa di un senatore e di un deputato della nostra provincia, appartenenti ai due più consistenti partiti e parlamentari per la seconda volta,  che qualche giorno fa, soltanto dopo la pubblicazione dei servizi giornalistici richiamati, hanno presentato  nel merito un’interrogazione al ministro dei Beni Culturali. Eppure, in sette – otto anni di diretta rappresentatività partitico – politica, a Paestum entrambi saranno stati decine di volte. Sicuramente per incontrare qualche affiliato alla propria corrente o per partecipare alla festa nuziale di un grande elettore svoltasi in una delle tante strutture alberghiere operanti nella città dei templi. Purtroppo è mancato loro il  tempo per osservare lo stato di degrado che, da sempre, contraddistingue la necropoli del Gaudo.

‘ Non è mai troppo tardi ‘ è il caso di ripetere col compianto maestro Alberto Manzi, protagonista di una fortunata trasmissione televisiva finalizzata a favorire il processo di alfabetizzazione di noi italiani, purtroppo ancora da portare a compimento.

L’ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE: E’ POSSIBILE ESPRIMERE LIBERAMENTE IL PROPRIO PENSIERO SENZA ESSERE COLLOCATO A FAVORE O CONTRO DE LUCA O CIRIELLI ?

25 marzo 2012

 

Salerno, 25 Marzo 2012

Ambrogio  IETTO

Né pro né contro De Luca

 

 

L’altro giorno, in apertura del consueto appuntamento televisivo del giovedì su ‘Telecolore’, l’ottimo collega Peppe Leone diede avvio alla quotidiana trasmissione ‘ Ore 12’ con una simpatica, voluta provocazione nei miei riguardi con la quale venivo gratificato con l’attributo di ‘antideluchiano ‘. La scherzosa denominazione attribuitami faceva riferimento alle non rare considerazioni critiche che mi capita, nella qualità di modesto opinionista, di scrivere su ‘ ROMA CRONACA ‘ o di proferire nel corso del settimanale appuntamento televisivo verso atteggiamenti assunti o decisioni operate dal sindaco di Salerno, onorevole Vincenzo De Luca,  nella funzione di responsabile della vita amministrativa della città.

La rapida interlocuzione, propria del linguaggio televisivo, non consentì al bravo conduttore della trasmissione di attribuirmi anche l’apposizione di ‘anticirielliano’. Per fortuna, a darmi giustizia, interviene il mio blog www.ambrogioietto.com che, saturo al momento di ben 224 articoli a partire da settembre 2009, ospita numerosi miei contributi che esprimono anche apprezzamenti per niente lusinghieri nei riguardi dell’onorevole Edmondo Cirielli, presidente della Provincia e presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati.

Quello che può apparire come un problema personale mio verso due autorevoli esponenti della nostra vita politica ed amministrativa assume, invece, una rilevanza, sia pur modesta e relativa, dentro una più ampia riflessione che investe il rapporto tra referenti istituzionali, organi di stampa, emittenti televisive ed opinione pubblica.

Va subito evidenziato che, per quanto sancito in termini solenni dall’art. 21 della Carta Costituzionale, il diritto alla libertà di espressione anche attraverso la stampa e gli altri mezzi di comunicazione di massa non sempre trova di fatto possibilità di essere manifestato sia pure nei termini dettati dalla correttezza e dal rispetto che si deve alla dignità delle persone chiamate in causa.

Maggiori difficoltà si incontrano, in particolare, in realtà socio – politiche come le nostre in cui motivi essenziali di sopravvivenza di emittenti e di organi di stampa, di semplice opportunità, di contingenti e rispettabili posizioni personali di quanti operano nel settore, consigliano di riportare fatti e dichiarazioni nel testo integrale delle veline trasmesse dai vari uffici stampa accreditati presso le diverse sedi istituzionali.

Chi scrive è nella personale, fortunata condizione di poter esprimere in libertà le proprie discutibili opinioni e di essere ancora ospitato con gradimento da parte dei responsabili delle due testate menzionate. Nel caso dovesse venir meno il rapporto fiduciario l’attività pubblicistica continuerebbe nel ruolo, come si dice oggi in lingua anglofona, di blogger.

E’ pur vero che molti personaggi che reggono pubbliche istituzioni o ricoprono ruoli rappresentativi significativi  preferiscono i yes – man, persone accondiscendenti, a volte addirittura servili e tirapiedi.

E’ questo il limite più grave ed incorreggibile della nostra democrazia, determinato, in particolare nel Mezzogiorno d’Italia, dalle precarie condizioni generali del nostro assetto sociale, dal tasso molto elevato di disoccupazione giovanile ed intellettuale e da un deprecabile costume di natura antropologica fondato sul frequente patto che viene siglato tra chi ricerca e chi concede il consenso.

Mentre si riesce anche a comprendere il comportamento di chi vive oggettivamente in difficoltà ed invoca l’aiuto del potente di turno non può che essere severamente censurato il tacito, voluto assenso da parte di quanti godono di autonomia economica e di meccanismi cognitivi idonei a valutare con equilibrato senso critico le vicende che incidono sulla migliore qualità  della nostra vita e, in particolare, sul futuro dei nostri figli e nipoti.

I richiami valoriali posti a fondamento della mediazione culturale affidata al sistema scolastico ed universitario si riferiscono al rispetto della legalità da parte delle giovani generazioni e alla promozione in ogni allievo del senso vero della cittadinanza attiva, condizioni essenziali entrambe per non essere né pro né contro De Luca o Cirielli.

” GENITORI IN LIBERTA’ “: QUESTA L’ULTIMA, DUBBIA INIZIATIVA DEL SINDACO DI SALERNO

22 marzo 2012

 

Salerno, 22 Marzo 2012

Ambrogio IETTO

LA STRANA PEDAGOGIA DI DE LUCA

 

Manifesti di colore rosso affissi lungo le cantonate degli edifici della città e servizi televisivi sulle reti televisive nazionali e regionali della RAI annunciano, col vistoso ed emblematico titolo “ Genitori in libertà“, una nuova iniziativa dell’Amministrazione comunale a favore, così si afferma, delle famiglie, in particolare di quelle costituite da giovani coppie.

Già nei giorni scorsi l’ufficio – stampa del Comune di Salerno aveva anticipato l’impegno del sindaco De Luca a favore del potenziamento dei servizi dedicati alla prima e alla seconda infanzia con un più flessibile orario degli asili nido e col prolungamento della loro attività assistenziale- didattica fino alla prima parte dell’estate. La sintesi del comunicato faceva esplicito riferimento alla presa d’atto e alla positiva considerazione, da parte di De Luca, dei risultati di una recente ricerca del Censis che rileva un aumento apprezzabile di attenzione, da parte della comunità nazionale, verso l’istituzione familiare.

La lettura del testo dei manifesti affissi in città sui ‘ Genitori in libertà ‘, che annunciano  la possibilità per le coppie giovani di affidare i loro bambini, dalle ore 19 alle 24 dei giorni di venerdì e sabato, agli operatori di  una ‘casa famiglia ‘ funzionante nella zona di Torrione, desta, invece, non poche perplessità in quanti, dotati di un’essenziale dose di buonsenso, non riescono a cogliere, nell’iniziativa, una qualche valenza pedagogica funzionale al consolidamento dell’istituto della famiglia.

Sono note, infatti,  le percentuali sempre più crescenti, nell’ambito della circoscrizione cittadina e dell’intero territorio provinciale, delle coppie separate o divorziate e della loro giovane età. La letteratura psico – pedagogica evidenzia, da tempo, come la maggioranza di bambini, di ragazzi e di adolescenti di genitori separati si porti dietro dinamiche emotivo – affettivo – relazionali che risentono, in negativo, dell’avvenuta frammentazione del nucleo familiare di provenienza.

Oggettive manifestazioni di fragilità psicologica, di senso di insicurezza, di ansia, di carenza del senso di autostima, di aggressività, di mancanza di fiducia nelle personali potenzialità, di iperattività, in alcuni casi di vera e propria violenza, vengono ricondotte alla lacerazione del rapporto coniugale e alle dinamiche ricattatorie  che non di rado contraddistinguono la gestione del figlio minore.

Ormai ospiti fissi dei talk show e degli altri contenitori televisivi, quando gli stessi affrontano problematiche riguardanti la famiglia, l’educazione, la gioventù, la scuola, sono solo psicologi, neuropsichiatri infantili, psicoterapeuti, mediatori familiari, assistenti sociali. La figura del pedagogista è scomparsa come a significare che la riflessione sulle finalità, sui metodi, sui problemi inerenti all’educazione dei fanciulli e dei giovani è del tutto inutile tenuto conto che a prevalere oggi sono le problematiche derivanti da fragili situazioni familiari.

Ebbene De Luca viene incontro alle giovani coppie col dire più o meno: ‘ depositate i vostri bambini in un ambiente sicuramente educativo e andatevi a divertire alla movida o in discoteca’. Egli, che conosce bene i ritmi quotidiani cui è sottoposta  una giovane coppia dal lunedì al venerdì o al sabato, soprattutto se è impegnata anche la donna in attività extradomestiche, ritiene, sicuramente in buona fede, che liberarsi dell’adrenalina partecipando a balli o a cene di gruppo, costituisca una delle terapie che tengono più saldamente legata la coppia. Può darsi che la sua teoria pedagogica, anche se sembra piuttosto strana, abbia qualche fondamento.

Egli, però, opera così una scelta pro – adulto, di taglio giovanilistico e di chiaro sapore edonistico.  In concreto si dimentica proprio del bambino che preferirebbe di sicuro, in particolare nelle serate di primavera e di prima estate, andare a passeggio con mamma e papà, farsi tenere per mano, saltare e correre insieme a loro sul lungomare o al parco giochi. Anzi il piccolo sarebbe ancora più contento di comunicare con entrambi i genitori  nel salotto di casa o fare le capriole sul lettone della camera da letto col papà che, tornando spesso tardi dal lavoro, lo trova esausto e già addormentato.

La sua felicità raggiungerebbe addirittura l’acme se li vedesse impegnati con lui a giocare o a leggere e ad animare una fiaba, di tanto in tanto intervallata da una delicata carezza che mamma e padre si scambiano dinanzi a lui. Così avrebbe la certezza di vivere in un ambiente sereno ove i genitori si vogliono sicuramente bene, non gridano, non si bisticciano e sono contenti di trascorrere la serata gioiosamente col loro marmocchio.

In alternativa, è vero, potrebbe trovarsi anche meglio all’asilo nido o alla cosiddetta casa famiglia indicata sui manifesti. Qui troverebbe delle signore sorridenti, accoglienti, pazienti, al contrario del musone di mamma che sottolinea sempre le tante rinunce che è costretta a fare da quando egli è arrivato al mondo e al nervosismo del papà che vuole incontrare a tutti i costi i compagni di gioventù per trascorrere una serata diversa dal solito.

Al nido il marmocchio potrà giocare con altri coetanei che si portano dietro, come lui, il nascosto magone di aver visto andar via, sorridenti come non accade a casa, i rispettivi genitori.

Il piccolo ancora non sa che essi sono elettori ai quali è politicamente giusto offrire un altro servizio d’avanguardia così valutato dalla teorizzazione pedagogica del nostro tempo.  

 

‘ POETA per POETA ( BORGES legge DANTE ‘: ALFONSO LIGUORI IMPAREGGIABILE PROTAGONISTA DI UN ECCELLENTE MONOLOGO

19 marzo 2012

 

Salerno, 19 marzo 2012

Ambrogio IETTO

NEMO PROPHETA IN PATRIA    

 

Ci sono modi e modi di trascorrere il fine settimana. Animato ancora dalla gioia di vivere ma , fortunatamente, tuttora desideroso di imparare e di riconsiderare, ai fini di una possibile nuova interpretazione critica il sommo poeta, sabato sera mi sono ritrovato assiso su una comoda poltrona della platea del ‘Teatro Nuovo ‘ per accostarmi a Jorge Luis Borges , lo scrittore saggista, poeta e filosofo argentino, scomparso venticinque anni fa, che a Dante Alighieri dedicò ‘ Nove saggi danteschi’ pubblicati in Italia da Adelphi nel 2001.

A cesellare l’incontro di estrema raffinatezza tra uno dei massimi esponenti della cultura argentina e sudamericana del ventesimo secolo e l’incomparabile autore della ‘ Divina Commedia ‘, un attore salernitano doc: Alfonso Liguori, sicuramente non molto circuito da larga popolarità ma seriamente impegnato in un delicato lavoro di ricerca e di elaborazione concentratosi in questi ultimi tempi sulla complessa e variegata personalità di Borges che cominciò a leggere  la ‘ Commedia’ sui lenti  tranvai che ogni giorno lo conducevano al lavoro presso la Biblioteca Nazionale di Buenos Aires di cui nel 1955 era stato nominato direttore.

Afflitto da una forma incurabile di miopia, trasmessagli geneticamente, Borges, già completamente cieco, così dettò a chi gli stava vicino: “ Rileggo la ‘Commedia’ a mente, a voce alta o senza pronunciare una parola, lasciandomi scivolare nelle spirali di quei versi che traggono infinitamente verso l’infinito. Alla mia età, avrei il diritto di essere stanco. Ma, leggendo Dante, scivolo in un tempo senza tempo, e la mia immaginazione – impercettibilmente, a momenti – coglie l’eterno. Forse significa che l’Eterno esiste. Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine. Cogliere l’eterno, penetrare in un tempo senza tempo: ecco la risposta alla domanda ‘ Perché leggere la Divina Commedia?”.

Alfonso Liguori dal suo lungo, puntuale, operoso lavoro di ricerca ha ricavato un delicato, coinvolgente, per niente stancante monologo che lo ha visto, nelle vesti dello stesso Borges, esprimere, con ineccepibile maestria e significativo  pathos narrativo, le considerazioni critiche del saggista e filosofo argentino sull’opera del sommo poeta.

Molto acutamente Liguori ha selezionato dalla produzione borgesiana tre tra i più noti canti dell’inferno dantesco: il quinto con Francesca da Rimini che proferisce la ben nota terzina ‘Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona’; il ventiseiesimo canto con Ulisse che così sprona i suoi fratelli d’avventura: ‘ Considerate la vostra semenza: fatti non foste  a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza’; infine il trentatreesimo in cui il poeta tende a documentare il male imputabile alla società del suo tempo e del suo paese: ‘ Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino, e questi è l’arcivescovo Ruggieri: or ti dirò perch’i son tal vicino’.

La lettura integrale dei tre canti, che il più delle volte Liguori declama a memoria, col doveroso rispetto che pur va riconosciuto al grande Benigni, è resa con una ritmica straordinariamente accurata, rispondendo in modo ottimale al contesto generale, alla dinamica situazionale e alla scansione musicale dei versi.

Il monologo, interrotto di tanto in tanto da delicati motivi propri della tradizione musicale argentina, attentamente selezionati dall’ottimo Pasquale De Cristofaro, che ha curato la regia del lavoro, ha riproposto agli acclamanti spettatori presenti un attore eccellente, sicuramente non valorizzato come meriterebbe nei primari circuiti teatrali nazionali, inclusi quelli campani.

Dotato di un solido retroterra culturale, legittimato da una laurea in lettere con tesi in storia del teatro, da diploma in teoria musicale e solfeggio per strumentisti  e da quello di attore, rilasciato dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘ Silvio D’Amico ‘, Alfonso Liguori merita di calcare palcoscenici storici e di essere favorevolmente apprezzato da platee dai gusti artistici sempre più raffinati.

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