FESTA DELLA DONNA: UNA RIFLESSIONE FUORI DAL CORO

 

Salerno, 8 Marzo 2012 – Festa della donna

Ambrogio IETTO

DONNE IN CARRIERA

 

Nel giorno in cui stampa quotidiana e periodica, emittenti televisive nazionali e locali dedicano doverosamente ampio spazio alla condizione femminile in senso lato e al ruolo della donna nella società del nostro tempo, non sembra fuori luogo tentare di esprimere qualche riflessione di fondo sull’itinerario sofferto, compiuto e tuttora in atto da parte della componente femminile, per vedere riconosciute, sia pure piuttosto parzialmente, capacità, competenze e sensibilità oggettivamente possedute.

Si tratta di un tentativo di ragionamento che non può non tenere conto, pregiudizialmente, dei tanti, troppi atti delittuosi, compiuti  anche in questi ultimi tempi in entità prevalente all’interno del vissuto familiare, a danno di donne.

Esperti del settore non possono non convenire che a fondamento della pressione omicida che spinge l’uomo a sopprimere la propria moglie, la convivente, la fidanzata, la compagna, a volte anche la figlia, ci sia in non pochi maschi l’antico, ancestrale condizionamento di poter disporre a proprio piacimento della donna che sta loro vicino. Si tratta di un limite di natura antropologica che va ad alimentare ulteriormente menti fragili e malate che, di fronte ad una donna  legittimamente impegnata a rivendicare la propria autonomia di pensiero e la bontà delle scelte compiute , sostenute da un sempre più elevato livello di scolarizzazione, non trovano altra soluzione che scaricare le proprie frustrazioni in atti criminali e tragici. Come si sa è da quel lontano otto marzo del 1917, quando le donne di San Pietroburgo guidarono la manifestazione che rivendicava la fine della guerra, offrendo alla seconda conferenza internazionale delle donne comuniste l’opportunità di fissare in questo giorno la ‘ giornata internazionale dell’operaia’, che ha preso ufficialmente avvio un percorso lungo e per niente semplice di richiesta di riconoscimento di essenziali diritti.

Pochi sanno, però, che in Italia un merito particolare in tal senso va attribuito alle insegnanti delle scuole elementari che, alle dipendenze dei comuni, pur ricoprendo nei primi anni del 1900 l’86% dei posti disponibili di maestro, ricevevano una retribuzione inferiore a quella già molto modesta dei colleghi maschi. Così nel 1903 a Milano, culla del movimento emancipazionista laico e cattolico, si costituì, all’interno della Camera del Lavoro e dell’Unione Magistrale, il ‘ Comitato per il Risveglio dell’attività femminile nelle organizzazioni magistrali’, sostenendo con forte determinazione l’unificazione delle carriere e degli stipendi fra uomini e donne.

Anche oggi le insegnanti  italiane di ogni ordine e grado di scuola raggiungono la ragguardevole percentuale dell’81% con punte del 99% nella scuola dell’infanzia e del 97% in quella primaria. Di conseguenza anche la categoria dei dirigenti scolastici è rappresentata in misura decisamente maggioritaria dal sesso femminile. Un dato emblematico è offerto anche dai risultati della prova preselettiva del concorso in atto svoltasi lo scorso novembre e superata da 6.586 donne contro 2.525 uomini. Dieci anni fa le donne dirigenti nella scuola si attestavano al 38,6% contro l’attuale 70%.

Anche  le donne impegnate in magistratura raggiungono oggi il 40%, percentuale notevole se si tiene conto che soltanto nel 1963 fu approvata la legge che consentiva l’accesso delle donne a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici compresa la magistratura. Va precisato, però, che molto contenuto rimane il numero di donne magistrato che occupano ruoli dirigenziali nell’esercizio della giurisdizione.

Poco soddisfacente anche la percentuale delle donne manager. Un’indagine di Manageritalia assegna  funzioni manageriali alle donne in misura dell’11,9%, collocandole, così, all’ultimo posto tra i paesi europei dopo Turchia ( 22,3% ) e Grecia ( 14,6% ). Nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa la percentuale si ferma addirittura al 3,2%.

Sta decisamente meglio la categoria delle giornaliste destinatarie di lavoro subordinato iscritte all’INPGI ( lo specifico Istituto di Previdenza ). Esse sono 11.016 su un totale di 26.552 ( 37,72% ). Il numero è raddoppiato, però, nell’ultimo decennio. Agli inizi del 2000, infatti, esse assommavano a 5.592, pari al 33,93%. E’ vero, comunque, che sono appena 10 le donne che dirigono quotidiani a fronte di 124 giornali diretti da uomini.  La loro posizione migliora decisamente nella lista dei redattori ordinari occupati in  RAI dove le donne battono i colleghi maschi 480 a 418 i quali, in sede di gossip, non indugiano a motivare il primato femminile per prevalenti meriti di natura estetica.

Al di là dei numeri e delle percentuali va riconosciuta alla categoria delle donne in carriera consistenti progressi compiuti in questi ultimi anni. I sociologi della famiglia attribuiscono anche alle legittime aspettative femminili  una delle cause che incidono in misura consistente sul preoccupante calo demografico da collegare anche ad una non soddisfacente rete di servizi a favore della prima e della seconda infanzia.

E’ fuor di dubbio che questi sono motivi indiscutibili da tenere doverosamente presenti. Non vanno  escluse, però, motivazioni più delicate di carattere più prevalentemente personale che vanno da preoccupazioni di natura estetica, correlate con l’ipotetica maternità, ad un ricorrente, marcato individualismo alimentato da una ricorrente spinta edonistica e da un calo preoccupante della cultura della donazione e del sacrificio.

I commenti sono chiusi.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi