LUCIA ANNUNZIATA, FEDELE EREDE DEL VETEROIDEOLOGISMO SESSANTOTTINO

 

Salerno, 11 Marzo 2012

Ambrogio IETTO

L’ OMOSESSUALITA’ DI DALLA

 

Vittima non della sua intelligenza ma del suo veteroideologismo  sessantottino la nostra concittadina Lucia Annunziata che, nella sua settimanale trasmissione televisiva ‘ In ½ ora’ di domenica scorsa su Rai Tre, al fine di  porre rimedio ad un’ infelice sua espressione proferita a commento del monologo sanremese di Celentano, ha individuato la soluzione migliore nel prendere di mira i funerali di Lucio Dalla definiti ‘ uno degli esempi più forti di quello che significa essere gay in Italia: vai in chiesa, ti concedono i funerali e ti seppelliscono con il rito cattolico, basta che non dici di essere gay. E’ il simbolo di quello che siamo, c’è il permissivismo purché ci si volti dall’altra parte ‘.

L’Annunziata, forse ricordando i tempi in cui dinanzi al liceo ‘Tasso’ di piazza San Francesco, insieme all’altro nostro illustre concittadino Michele Santoro, giocava a fare la rivoluzionaria, ha considerato lo svolgimento contestuale delle estreme onoranze funebri al cantante bolognese il momento clou per chiedere alla direzione della rete televisiva l’ulteriore  prolungamento della trasmissione e il coinvolgimento delle diverse associazioni gay per disquisire sulla discriminazione operata dalla Chiesa tra gay dichiarati e gay ‘ intimistici ‘ o discreti.

Così si è effettivamente concretizzato il desiderato scoop giornalistico tanto è vero che a distanza di una settimana ancora si scrive e si discute del fatto che il povero Dalla avrebbe preferito l’ipocrita posizione di non rendere pubblica la sua appartenenza alla realtà omosessuale al fine di guadagnarsi in morte funerali di chiaro rito cristiano – cattolico.

Aldo Busi, noto scrittore ed omosessuale dichiarato, è stato tra i primi a profittare della breccia aperta dall’ex presidente della Rai e, confermando le antiche posizioni apertamente anticlericali, ha ritenuto atto deontologicamente corretto lanciare nei riguardi di una persona deceduta affermazioni del tipo ’checchesco buontempone, chierichetto furbastro, gay represso cattolico, che si permette tutte le scorciatoie di comodo ( l’arte, il fine superiore e balle varie ) pur di non prendere la strada maestra più sensata della basilare affermazione di sé, anche se più accidentata’.

Su queste ed altrettanto velenose affermazioni sembra dialetticamente corretto esprimere in senso contrario qualche considerazione che va ad aggiungersi alle tante rispettabili argomentazioni che talk show televisivi, stampa quotidiana e rotocalchi ospitano da una settimana.

In primo luogo non sta scritto in alcun codice comportamentale che colui o colei che vive la dimensione della sessualità con un partner dello stesso genere debba ufficialmente partecipare a conoscenti e ad estranei questa sua identità.

Le associazioni gay pretendono che lo faccia il personaggio omosessuale che ha conquistato una solida fama in campo artistico, letterario, sportivo, giornalistico, politico. E’ questa una pretesa assurda che presuppone un’esibizione compiaciuta e vistosa, spesso anche esagerata, della personale identità.

I Gay Pride Parade, cioè le cosiddette marce dell’orgoglio omosessuale, quasi sempre producono tra gli osservatori atteggiamenti di scherno, di derisione sprezzante ed offensiva. A godere del percorso di sofferenza, compiuto da quanti scoprono e sono portati a prendere atto di provare attenzione verso soggetti del medesimo sesso, infatti, sono proprio  i portatori di schemi mentali riduttivi, ancorati a stupidi pregiudizi di presunta, accentuata virilità.

Non sono le manifestazioni ostentative, fiere o orgogliose che siano, a favorire un lento ma necessario processo di presa d’atto dell’esistenza di modi diversi di esprimere e di vivere la propria sessualità.

Lucio Dalla, come si suole ripetere, ha vissuto con discrezione, fin dalla sua adolescenza, questa sua identità. Ha preferito la riservatezza, il senso della misura, la moderazione alla volgarità, alla pubblica esibizione delle sue opzioni sessuali, ad un’eccessiva autostima del suo modo di soddisfare i suoi bisogni d’amore e del suo relazionarsi agli altri. Le sue canzoni non eludono il  problema del suo vissuto. Lo affrontano, come si conviene, in modo discreto, delicato, poetico.

Nella nostra realtà cittadina e in altre comunità del nostro territorio è capitato a molti di noi di incontrare personalità importanti dell’intellighenzia, della realtà accademica, della pubblica amministrazione di cui si conoscevano orientamenti omosessuali. Esse hanno vissuto e gestito la loro identità con delicatezza, con discrezione, con particolare ed ammirata signorilità, ricevendo stima profonda e rispetto autentico da parte di quanti, per motivi di lavoro o di studio, hanno avviato e consolidato rapporti con loro.

Che la Chiesa abbia manifestato colossale ipocrisia in questi casi o in quello di Dalla è convincimento di  quei gruppi e di quelle aggregazioni che  osano diffondere in rete  anche l’omosessualità di papa Ratzinger , citando magari David Berger, un teologo connazionale del pontefice  motivato a guadagnarsi una qualche notorietà con simili provocazioni.

E’ proprio Benedetto XVI°  che da cardinale,  in ‘De pastorali personarum homosexualium cura’’ si limita a definire l’omosessualità una tendenza e non un peccato in sé. Trattasi, però, di una tendenza verso un comportamento ‘ intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale ’ così come comportamenti non corretti sono quelli rifiutati e non condivisi dalla morale comune.

Lucio era un credente che credeva, comunque, anche nella forza rigeneratrice della confessione e, quindi, del sacramento della penitenza. Continuare a dissertare sulla sua omosessualità non ostentata significa perseverare nel dileggiare, a morte avvenuta, una persona che ha amato tanto la vita e l’intera umanità che continua ad  animarla  tra i pochi pregi e  i tanti difetti di ognuno di noi.

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