IL MISTERO DELLA NASCITA E LA SENSIBILITA’ DI UN NONNO

 

 

Afragola, giugno 2012

 

Luigi Antonio GAMBUTI

 

Luigi Antonio Gambuti, nostro caro e antico amico, in questi giorni ha visto ampliare la rosa dei suoi diretti discendenti con l’arrivo di un tenero bambino, figlio del figlio. Secondo la nostra più radicata antropologia culturale la nascita di una creatura di sesso maschile, generata dall’incontro d’amore tra un proprio figlio e la sua compagna di vita, assume una sua peculiarità anche grazie all’ordinamento giuridico del nostro Paese che fa attribuire al neonato l’esclusivo cognome del padre.

Pur nel doveroso ed equo rispetto che va assicurato ai bambini generati da una propria figliola, la continuità di genere maschile tra le generazioni che si succedono è percepita con una sensibilità particolare.

Luigi Antonio Gambuti, che per la sua lunga e qualificata attività professionale all’infanzia ha dedicato la dimensione migliore della sua umanità e della sua intelligenza, ha compartecipato al lieto ed atteso evento, redigendo la lettera che segue il cui titolo recupera, con la semplice sostituzione dell’avverbio ‘ mai ‘ con l’omologo ‘appena ‘, lo straordinario, tenero dialogo che la grande, compianta Oriana Fallaci avvia con la sua creatura, “ una goccia di vita scappata dal nulla “ ( a. i. ).

 

Lettera ad un bambino appena nato

di Luigi Antonio Gambuti

 

E’ provocatoriamente chiara la luna questa sera.                                                                            Festeggia l’ arrivo di una vita, la tua bambino mio, con una luce placentare per non farti sentire duro il distacco dalla madre per lanciarti sullo scenario del mondo che la Napoli maliziosa e incantatrice rappresenta da una storia senza tempo.                                                                                                              Benvenuto ramoscello tenero e gentile d’ un tronco antico e forte di tante potature; benvenuto in mezzo a noi a condividere i giorni e le storie fatte di parole, come memoria per avvitarti saldo nel vorticoso correre del tempo, punto di rappresentanza di una generazione che rinnova il testimone di presenza sui sentieri consumati della terra.                                                                                                  Che tu possa camminare i tuoi passi, tanti e lievi sul tracciato della vita, che ti auguro lunga e sana. E santa, soprattutto. Cammina dritto, sempre, schivando volti tristi e scuri, buche e detriti, per risplendere vincente nel sole della gioia e dell’ amore. Ama la bellezza perché essa è  l’ armonia più bella che tu possa mai sentire; è l’ emozione più profonda che tu possa provare nel rappresentarti, specularmente, il bello che t’ alimenta passioni e desideri e ti rende piacevole e preziosa l’ esperienza della vita. Che ti sia culla e rifugio la famiglia, sorretta dall’ amore condiviso di mamma e di papà che insieme sempre uniti ti faranno compagnia e ti sosterranno nei momenti dell’ incertezza e del bisogno; chiedi loro più bene, quello come dono e perciò vero, perché senza valore di mercato e non crucciarti più di tanto per la scarsezza dei beni materiali. E che la scuola che ti accoglierà sia attenta ai tuoi bisogni, suscitandone dei nuovi e non ai suoi, reclamati con mille strategie. Augurati di essere allievo rispettato per la sorte tua; ribellati se serve, per farti sentire titolare di diritti e d’ attenzione, là dove nessuno si mette dalla parte tua e tutti restano indolenti dalla parte loro. Che la strada, la piazza, il mercato e non solo quello delle cose, ti siano palestra di vita quotidiana, frequentata da atleti onesti e competenti che nel rispetto condiviso dell’ alterità per tutti garantita, sollecitino i tuoi sforzi e ti aiutino a realizzare il progetto di cui sei portatore. Sii sempre te stesso; difendi ed esalta quello che sei e promuovi ciò che ti aiuta ad essere diverso per essere migliore; non essere quello che gli altri vorrebbero che tu fossi, se ciò contrasta col tuo disegno originale. E che tu possa godere della freschezza delle cose semplici; apprezzare e benedire il pane quotidiano e sentire la ammaliante nostalgia delle cose oneste e belle che hanno tracciato la storia di famiglia. Il profumo della terra ferita dall’aratura del maggese; l’ umida carezza del bosco al sole del mattino salutato dal gallo di Lionello e il discreto sonoro scorrere del fiume, teatro di giochi e dispensa per la cena della sera.                                                                                                   Benedici, nel ricordo dei tuoi geni, le mani consumate dal lavoro, la schiena curva di fatica e fa memoria di quegli occhi riconoscenti quando a sera stanchi e spenti di letture, si affidavano alla luce del Signore.                                                                                                                                    A questo io t’ affido, unico bene vero, unica luce che ti illumina il cammino senza velature. Come cristiano impara giorno dopo giorno ad amare la vita, nella gioia e nella gratitudine, come il dono più prezioso. Lunga vita a te bambino mio. E che la fortuna ti assista, sempre, per realizzare tutto quanto è scritto nel libro del destino. Ora ti saluto. Leggerai (lo farai?) un giorno questi pochi pensieri; pensati con intelletto d’ amore e ricorderai un uomo antico, raccontato dai tuoi padri e dai suoi sogni. E da qualche foglio ormai ingiallito e da qualche penna consumata.                          Così ti renderai conto del profondo mistero della vita. Il tramonto della luna s’ inabissa ai piedi dell’ ombroso colle del Santuario del Roseto e l’ orizzonte si sbalena vibrante per la nascente luce dell’ amore. Io e te piccole pedine sulla scacchiera del mondo.

 

 

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