Archivio per giugno, 2012

L’ENNESIMO SCANDALO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NON DISPENSA LA CLASSE POLITICA E IL MONDO IMPRENDITORIALE DI SALERNO DA RESPONSABILITA’ DI NATURA ETICA

14 giugno 2012

 

 

Salerno, 14 giugno 2012

Ambrogio IETTO

 

IL DIO DENARO E LA CORRUZIONE

 

E così ancora una volta l’Agenzia Ansa e i telegiornali delle reti nazionali lanciano l’allettante notizia dell’ennesimo sistema illecito di appalti pubblici in atto sul nostro territorio e scoperto dagli attenti e pazienti inquirenti. La bella, apparentemente adamantina  provincia salernitana riappare, quindi, agli onori di questo per niente nobile genere di cronaca con l’onesta puntualizzazione del procuratore capo della Repubblica che giudica gli eloquenti esiti dell’indagine ‘ Due Torri’ soltanto le manifestazioni di punta di un iceberg, lasciando intuire la presenza di tante altre, anche se meno complesse organizzazioni malavitose, che trovano nelle non proprio doviziose risorse della pubblica amministrazione la fonte dell’illecito arricchimento.

Che sia il dio denaro a corrodere il sottile, labile, sfuggente strato di presunta eticità della persona è fuor di dubbio. L’uomo spesso ha ceduto in passato e tuttora cede sempre più a questa tentazione. L’ingordigia è tale che non ci si accontenta di quel tanto che  consentirebbe di vivere ad un livello sia pur minimo di dignità. In molti scattano meccanismi perversi che spingono ciecamente a ricercare e ad ottenere sempre qualcosa di più e di meglio dalla vita.

Le comparazioni con le situazioni economico – finanziarie di amici, conoscenti, colleghi di lavoro e di attività avvengono utilizzando parametri di questo tipo: la cilindrata dell’auto da diporto, l’autenticità della pelliccia della propria donna, l’autorevolezza della sede o del tour delle più recenti vacanze, la notorietà del ristorante frequentato, le referenze del negozio di abbigliamento ove si rinnova il personale guardaroba ad ogni cambio di stagione. A manifestare queste fragilità sono, in particolare, i cosiddetti servitori dello Stato e delle pubbliche amministrazioni.

Essi sono a contatto diretto di persone impegnate a tempo pieno in politica o deputate a gestire istituzioni pubbliche che, nell’assumere molto spesso il ruolo di cattivi maestri, sono anche destinatari della peggiore forma di invidia. “ Se egli, pur  fruendo di una lauta indennità di carica, non si accontenta della stessa ed arrotonda le sue entrate con operazioni per niente ortodosse, perché non posso tentare anch’io di entrare in un circuito che consenta a me e ai miei di migliorare lo standard qualitativo della nostra vita ?”. Espressioni di questo tipo di tanto in tanto pur si ascoltano. E magari chi le proferisce si ricorda che a farlo entrare in quella pubblica amministrazione ( regione, provincia, comune o ufficio periferico dello Stato che sia ) fu proprio un tal faccendiere addetto alle pubbliche relazioni del deputato Tizio o del presidente Caio. Il mondo imprenditoriale di basso profilo, particolarmente esperto di queste dinamiche esistenziali, sa che l’avvenuta, netta divisione tra responsabilità politica e responsabilità tecnica, deliberatamente e strumentalmente voluta dal legislatore, rende più agevolmente disponibile l’anello debole del sistema individuato nel pubblico funzionario o nell’impiegato di turno.

Questa consapevolezza rende ancora più grave la responsabilità di coloro che, disponendo di beni immobili e mobili più o meno consistenti, inducono a derogare ai doveri d’ufficio in cambio di denaro o di altri vantaggi personali.

Qualche giorno fa il ‘ Corriere della Sera’ ospitava un intelligente contributo dell’editorialista Salvatore Bragantini centrato sull’assunto  che solo il controllo della società civile costituisce il vero antidoto alla corruzione.

I casi di questo tipo, che si vanno susseguendo in epoca recente nel salernitano e nel Mezzogiorno, alimentano nella cosiddetta società civile  soprattutto rabbia, irritazione, disgusto, insofferenza verso un contesto che sta divorando il futuro dei nostri figli. E’ evidente, infatti, che le opere pubbliche realizzate con simili mezzi truffaldini finiscano col risultare di infimo livello e che dopo poco tempo esse evidenzieranno le loro precarietà strutturali anche ad occhio profano.

Soddisfare in modo disonesto l’ingordigia famelica di centinaia di imprese, costituenti  il complesso sistema d’affari, significa condizionare per sempre ogni prospettiva di sviluppo soprattutto del nostro Sud. Nei casi richiamati, opportunamente evidenziati dai canali mediatici, la società civile più immediata, che può fare da rimedio, sia pure in parte, alla corruzione, è rappresentata, da una parte,  dai pubblici amministratori degli enti e delle istituzioni i quali  hanno un chiaro, preciso obbligo di vigilanza e di controllo.

L’essere sollevati penalmente da responsabilità diretta non dispensa dal verificare in itinere la correttezza non solo formale delle procedure ma anche  il livello di qualità delle opere in cantiere.

Sull’altro versante risulterebbe sicuramente salutare un fermo intervento di condanna di certi metodi da intrallazzo da parte degli organismi rappresentativi degli imprenditori del settore a salvaguardia dell’onestà della maggioranza di essi.

Ovviamente essere indagati non significa risultare colpevoli. E’ questa una considerazione che vale  sempre, in tutti i casi e nei diversi contesti istituzionali ove  vicende del genere vengono a verificarsi. L’assoluto silenzio, però, contribuisce ad allontanare sempre più il cittadino dalle istituzioni ed eleva il grado di diffidenza anche nei riguardi degli organismi rappresentativi e dei molteplici corpi sociali intermedi chiamati, invece, a rafforzare l’autonomia di giudizio del singolo cittadino e la sua responsabile partecipazione alla vita della comunità organizzata.

IL MISTERO DELLA NASCITA E LA SENSIBILITA’ DI UN NONNO

10 giugno 2012

 

 

Afragola, giugno 2012

 

Luigi Antonio GAMBUTI

 

Luigi Antonio Gambuti, nostro caro e antico amico, in questi giorni ha visto ampliare la rosa dei suoi diretti discendenti con l’arrivo di un tenero bambino, figlio del figlio. Secondo la nostra più radicata antropologia culturale la nascita di una creatura di sesso maschile, generata dall’incontro d’amore tra un proprio figlio e la sua compagna di vita, assume una sua peculiarità anche grazie all’ordinamento giuridico del nostro Paese che fa attribuire al neonato l’esclusivo cognome del padre.

Pur nel doveroso ed equo rispetto che va assicurato ai bambini generati da una propria figliola, la continuità di genere maschile tra le generazioni che si succedono è percepita con una sensibilità particolare.

Luigi Antonio Gambuti, che per la sua lunga e qualificata attività professionale all’infanzia ha dedicato la dimensione migliore della sua umanità e della sua intelligenza, ha compartecipato al lieto ed atteso evento, redigendo la lettera che segue il cui titolo recupera, con la semplice sostituzione dell’avverbio ‘ mai ‘ con l’omologo ‘appena ‘, lo straordinario, tenero dialogo che la grande, compianta Oriana Fallaci avvia con la sua creatura, “ una goccia di vita scappata dal nulla “ ( a. i. ).

 

Lettera ad un bambino appena nato

di Luigi Antonio Gambuti

 

E’ provocatoriamente chiara la luna questa sera.                                                                            Festeggia l’ arrivo di una vita, la tua bambino mio, con una luce placentare per non farti sentire duro il distacco dalla madre per lanciarti sullo scenario del mondo che la Napoli maliziosa e incantatrice rappresenta da una storia senza tempo.                                                                                                              Benvenuto ramoscello tenero e gentile d’ un tronco antico e forte di tante potature; benvenuto in mezzo a noi a condividere i giorni e le storie fatte di parole, come memoria per avvitarti saldo nel vorticoso correre del tempo, punto di rappresentanza di una generazione che rinnova il testimone di presenza sui sentieri consumati della terra.                                                                                                  Che tu possa camminare i tuoi passi, tanti e lievi sul tracciato della vita, che ti auguro lunga e sana. E santa, soprattutto. Cammina dritto, sempre, schivando volti tristi e scuri, buche e detriti, per risplendere vincente nel sole della gioia e dell’ amore. Ama la bellezza perché essa è  l’ armonia più bella che tu possa mai sentire; è l’ emozione più profonda che tu possa provare nel rappresentarti, specularmente, il bello che t’ alimenta passioni e desideri e ti rende piacevole e preziosa l’ esperienza della vita. Che ti sia culla e rifugio la famiglia, sorretta dall’ amore condiviso di mamma e di papà che insieme sempre uniti ti faranno compagnia e ti sosterranno nei momenti dell’ incertezza e del bisogno; chiedi loro più bene, quello come dono e perciò vero, perché senza valore di mercato e non crucciarti più di tanto per la scarsezza dei beni materiali. E che la scuola che ti accoglierà sia attenta ai tuoi bisogni, suscitandone dei nuovi e non ai suoi, reclamati con mille strategie. Augurati di essere allievo rispettato per la sorte tua; ribellati se serve, per farti sentire titolare di diritti e d’ attenzione, là dove nessuno si mette dalla parte tua e tutti restano indolenti dalla parte loro. Che la strada, la piazza, il mercato e non solo quello delle cose, ti siano palestra di vita quotidiana, frequentata da atleti onesti e competenti che nel rispetto condiviso dell’ alterità per tutti garantita, sollecitino i tuoi sforzi e ti aiutino a realizzare il progetto di cui sei portatore. Sii sempre te stesso; difendi ed esalta quello che sei e promuovi ciò che ti aiuta ad essere diverso per essere migliore; non essere quello che gli altri vorrebbero che tu fossi, se ciò contrasta col tuo disegno originale. E che tu possa godere della freschezza delle cose semplici; apprezzare e benedire il pane quotidiano e sentire la ammaliante nostalgia delle cose oneste e belle che hanno tracciato la storia di famiglia. Il profumo della terra ferita dall’aratura del maggese; l’ umida carezza del bosco al sole del mattino salutato dal gallo di Lionello e il discreto sonoro scorrere del fiume, teatro di giochi e dispensa per la cena della sera.                                                                                                   Benedici, nel ricordo dei tuoi geni, le mani consumate dal lavoro, la schiena curva di fatica e fa memoria di quegli occhi riconoscenti quando a sera stanchi e spenti di letture, si affidavano alla luce del Signore.                                                                                                                                    A questo io t’ affido, unico bene vero, unica luce che ti illumina il cammino senza velature. Come cristiano impara giorno dopo giorno ad amare la vita, nella gioia e nella gratitudine, come il dono più prezioso. Lunga vita a te bambino mio. E che la fortuna ti assista, sempre, per realizzare tutto quanto è scritto nel libro del destino. Ora ti saluto. Leggerai (lo farai?) un giorno questi pochi pensieri; pensati con intelletto d’ amore e ricorderai un uomo antico, raccontato dai tuoi padri e dai suoi sogni. E da qualche foglio ormai ingiallito e da qualche penna consumata.                          Così ti renderai conto del profondo mistero della vita. Il tramonto della luna s’ inabissa ai piedi dell’ ombroso colle del Santuario del Roseto e l’ orizzonte si sbalena vibrante per la nascente luce dell’ amore. Io e te piccole pedine sulla scacchiera del mondo.

 

 

A MARGINE DEL CONVEGNO DI SALERNO SU ” INIZIAZIONE CRISTIANA E FAMIGLIA “

7 giugno 2012

 

Salerno, 7 giugno 2012

Ambrogio IETTO

FAMIGLIA ED EMERGENZA EDUCATIVA

 

Questa sera, con l’intervento dell’arcivescovo Mons. Moretti, si conclude, presso il seminario ‘ Giovanni Paolo II di Pontecagnano – Faiano, il convegno pastorale diocesano sul tema ‘ Iniziazione cristiana e famiglia’.

La foltissima assise si è aperta martedì sera con un contributo di don Biagio Napoletano, vicario episcopale per il coordinamento delle pastorali, seguito dalla relazione di base di Mons. Giuseppe Mani, arcivescovo emerito di Cagliari che, dotato di particolare carisma comunicativo e di una vasta e variegata esperienza nel comparto specifico della pastorale familiare, è riuscito a coinvolgere in termini significativi l’attento uditorio. Ricca di efficaci richiami di fatti, persone, eventi acquisiti e rivissuti nel lungo itinerario di evangelizzazione sacerdotale  la comunicazione del presule ha offerto preziose indicazioni soprattutto per delineare il profilo ideale del sacerdote e di quanti, impegnati nelle realtà parrocchiali, vengono a diretto contatto con le tante situazioni delicate e, a volte, anche spinose che contraddistinguono le dinamiche familiari del nostro tempo: una vivida testimonianza di fede, la naturale disponibilità all’ascolto, ad una comunicazione interattiva caratterizzata da autentico interesse nei riguardi di chi vive sofferenze e tensioni prodotte da incomprensioni ed avversioni intrafamiliari, spiccata intuizione nel cogliere le fragilità in atto e il possibile itinerario da seguire per ridimensionarle e gestirle nel migliore dei modi.

Si dà per scontato, infatti, che laddove l’iniziazione cristiana è avviata o, addirittura, consolidata le dinamiche in atto tra i coniugi e i figli, tra ciascuno dei due ed ognuno dei  figlioli dovrebbero risultare non problematiche, anzi aperte ad una feconda e franca pratica della comunicazione, del dialogo, dell’interazione significativa, della comune ricerca di atti e scelte funzionali al miglioramento della qualità della vita sia all’interno dell’istituto familiare sia nella rete di contatti e di rapporti che ciascuno dei suoi componenti normalmente attiva e consolida nella più ampia comunità parrocchiale e sociale.

L’ampio dibattito scaturito nel recentissimo evento di Milano anche tra esperti del settore non ancorati alla visione cristiana della famiglia, considerata struttura di base fondata sul matrimonio tra due persone di sesso diverso, consente di convenire che essa è stata e non potrà cessare di essere una cellula primaria dell’universale umano sia pure soggetta a cambiamenti intensi ed oggi particolarmente confusi per una serie di motivi di natura ideologica, culturale, antropologica, di costume.

Questa affermazione di principio non esonera dal rilevare che il numero di separazioni e di divorzi aumenta vorticosamente anche in una realtà qual è la nostra, da sempre indicata come fortemente legata ad una visione della comunità strutturata su base familiare.

La Chiesa, nel momento in cui opportunamente pone come  prima emergenza da affrontare responsabilmente quella educativa, non può ignorare che deve pregiudizialmente tener conto che la maggioranza delle nostre famiglie, anche quando a livello di anagrafe ufficiale risultano aggregate con i due coniugi e i figli minori conviventi, dispongono o riservano troppo poco tempo alla costruzione e al consolidamento di una comunicazione significativa tra genitori e prole.

Docenti attenti alle dinamiche intrafamiliari dei loro allievi rilevano questa sofferenza spesso partecipata separatamente sia dagli stessi studenti sia dai loro genitori. L’incapacità o la mancanza di volontà a gestire e a controllare condizioni emotive emergenti spingono il padre o la madre a rompere l’unione originaria, approdando quasi sempre in contesti già frammentati o in via di lacerazione.

La famiglia cosiddetta allargata non è più un prototipo presentato dall’industria cinematografica. A risoluzioni di questo tipo, considerate prevalentemente liberatorie, si arriva quando più che nido d’amore la famiglia originaria si è trasformata in un covo di vipere.

Il problema più grave è prodotto dall’uso frequentemente ricattatorio e strumentale che si fa del minore sottoposto a frustrazioni e vessazioni che ne condizioneranno in modo negativo ed irreversibile la vita futura.

Con casi e situazioni di questo tipo che, purtroppo, si moltiplicano sempre più la Chiesa e, più concretamente, la parrocchia diventano ambienti insostituibili di accoglienza, di ascolto, di comunicazione, di speranza per bambini, ragazzi, adolescenti ed adulti che vivono drammaticamente situazioni logoranti di questo tipo.

La scuola può fare ben poco per il semplice motivo che i suoi docenti non di rado sono portatori della medesima situazione  psicologica e delle stesse fragilità comportamentali.

L’ASSENZA DI CIRIELLI E DE LUCA ALLA CELEBRAZIONE DEL 2 GIUGNO: UN MODO COME UN ALTRO PER FAR PARLARE E SCRIVERE DI SE’

4 giugno 2012

 

Salerno, 4 Giugno 2012

Ambrogio IETTO

A MARGINE DELLA CERIMONIA DEL DUE GIUGNO

 

Meno male che c’erano i bambini della scuola primaria di Calcedonia e i ragazzi più grandicelli del complesso orchestrale della scuola secondaria di primo grado Monterisi a dare vivacità e tono alla manifestazione celebrativa della festa della Repubblica nella storica piazza Amendola della città.

Essi, accompagnati dai genitori e dai loro bravi insegnanti, non solo hanno reso quantitativamente più consistente la presenza del pubblico ma hanno anche manifestato, mediante l’espressività facciale ed oculare, la loro partecipazione sentita, responsabile ad una cerimonia percepita nel suo giusto significato e la contestuale soddisfazione per essere i coprotagonisti più graditi ed applauditi soprattutto dalle rappresentanze delle storiche associazioni d’armi che, presenziando con viva commozione a queste celebrazioni, rivivono stagioni e momenti di alto respiro etico e patriottico.

Per il resto il solito stanco rito se si esclude la pedagogica esibizione del gruppo dei vigili del fuoco che, dopo aver scalato, con l’apporto della fune in fibra sintetica, utilizzata nella pratica dell’alpinismo, la facciata del Palazzo del Governo, hanno steso sulla stessa un enorme tricolore salutati dagli applausi sentiti degli astanti.

La ritualità della manifestazione va colta nella sostanziale indisponibilità dei rappresentanti delle istituzioni a dare significato e lustro alla stessa. Va scritto a chiare lettere, pur nel doveroso rispetto che si deve ad assessori e a consiglieri che hanno assunto la poco gratificante funzione di supplenti o ‘panchinari’ dei titolari degli organismi rappresentati , che snobbare questa cerimonia significa manifestare non solo scarso rispetto nei riguardi di quanti, militari e civili, giovani e vecchi, autorevoli ed umili cittadini, hanno contribuito nel costruire senso e dignità per lo Stato repubblicano,  ma anche dare man forte a personaggi di discutibile spessore culturale e civico, quali i Di Pietro, gli Alemanno, i Maroni, i Grillo che, strumentalmente,  hanno speculato sulla decisione, sostenuta soprattutto dal presidente Napolitano, di dar corso, sia pure in tono minore, alla celebrazione nonostante il sisma costringa ancora sotto le tende i terremotati dell’Emilia.

A Salerno tutto è sempre avvenuto, come l’altro giorno, in nome della sobrietà. Non c’erano parate particolari cui dar vita. Se si vuole c’era un atto di cortesia particolare da esprimere nei riguardi di una donna, la dottoressa Gerarda Maria Pantalone, che, proveniente dalla sede di Siena, per la prima volta partecipava ad una pubblica cerimonia qui a Salerno nella qualità di responsabile  dell’ufficio territoriale del Governo.  

Grazie al naturale modo dell’essere femminile il prefetto ha confermato stile ed eleganza anche nel corso del breve tratto ufficiale percorso per l’omaggio alla bandiera. Non se la prenda la dr. ssa Pantalone per l’assenza del presidente della Provincia e del sindaco di Salerno né si sorprenda a fare la conta sul numero dei sindaci o dei loro delegati  presenti in rappresentanza delle 158 autonomie locali disseminate da Positano a Sapri e da Scafati a Montesano sulla Marcellana, comune confinante con la Lucania.

Cirielli ha perduto una buona occasione, soprattutto nella qualità di presidente della Commissione Difesa della Camera e di ufficiale dei Carabinieri in aspettativa parlamentare, per differenziarsi dall’ex suo leader Alemanno.

De Luca, che la sera precedente era in una scuola della città per  consegnare una targa guadagnata altrove dagli allievi e che è pronto  ad inaugurare anche  il negozio di pescheria di un suo sostenitore, da sempre non si degna di presenziare alla cerimonia del due giugno. Anche per lui non  vale la pena di prendersela. Tanto buona parte degli adulti presenti alla manifestazione sono già vaccinati in politica e sono a loro volta emissari dei rispettivi sindaci impediti a partecipare perché occupati, come si suole dire, in altri ‘ compiti istituzionali’.

Pur entro i limiti oggettivi dettati dalla norma,  per il prefetto dr.ssa Pantalone un compito importante e delicato si impone: pianificare un programma di visite sistematiche ai 158 comuni della provincia di Salerno e, in quella occasione, ricordare alla comunità locale che il sindaco, ai sensi dell’art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000, è anche ufficiale di governo e che, quindi, tra le sue specifiche attribuzioni, c’è anche quella di vigilare su quanto possa interessare pubblica sicurezza e ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto. 

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