DAGLI STATI UNITI UNA LEZIONE DI DEMOCRAZIA PER I NOSTRI POLITICI

 

 

Salerno, 8 Novembre 2012

Ambrogio Ietto

DAL DUO OBAMA – ROMNEY

AI NOSTRI PAROLAI

Anche dalla politica  è possibile, a volte, ricavare degli insegnamenti che ti sollecitano a riflettere, a compiere delle comparazioni, a renderti conto che per questo nostro  Paese e, soprattutto, per le nostre povere contrade del Mezzogiorno il futuro non solo è incerto ma decisamente problematico.

Così anche un evento importante, verificatosi concretamente al di là dell’oceano e i cui esiti sono stati seguiti in tempo reale in ogni angolo del mondo, si trasforma in occasione preziosa per fare il punto sul grado di cittadinanza attiva da te raggiunto, sul concetto di partecipazione e di democrazia che tu elabori di giorno in giorno, sull’idea, ahimè molto precaria che si va costruendo, dell’Italia e del comune senso di appartenenza ad un’identità nazionale, sulle prospettive di studio e di occupazione per i tuoi figli, i tuoi nipoti e per milioni di altri giovani che, nonostante l’oneroso carico di frustrazioni accumulato nel corso del tormentato loro itinerario formativo, non hanno perduto del tutto la dimensione del domani e, col domani, anche quella della speranza.  

Il messaggio offerto da Mitt Romney, il candidato repubblicano sconfitto nella corsa a presidente degli Stati Uniti, e di Barack Obama, il candidato democratico riconfermato alla presidenza, assume una valenza pedagogica di grande respiro che ci aiuta a considerare la distanza abissale che separa il modo di comportarsi e di esprimersi dei due esponenti politici di un Paese che, nell’ultimo mezzo secolo ha assunto la leadership nel mondo in fatto di democrazia e di tutela dei diritti umani, e quello dei nostri politicanti. Vale la pena, pertanto, di recuperare qualcuna delle loro espressioni più significative.

Ed è opportuno cominciare dallo sconfitto Romney che, convinto di farcela, era in attesa in un hotel della sua Boston per pronunciare un discorso da vincitore. Invece è stato costretto ad effettuare un intervento relativamente breve con l’amaro in bocca della sconfitta. Ma ha raccontato alla folla dei suoi sostenitori che aveva già provveduto a congratularsi col presidente riconfermato. Pur reduce da una campagna elettorale calda e non priva di polemiche ha evitato di ricercare alibi per l’insuccesso, anzi ha sottolineato più volte che ora è il momento di riunire il Paese  dopo le divisioni inevitabili della campagna elettorale. L’America, ha aggiunto, ha grandi sfide da affrontare e, con sofferta commozione, ha invocato Dio affinché ‘ il presidente abbia successo nel guidare la nostra nazione’.

Obama, invece, leggendo il testo del suo intervento, ha rimarcato concetti di rilevante significato: ‘ tutti insieme facciamo un passo avanti verso la realizzazione della nostra unione’, ‘siamo riusciti a rimetterci in piedi’, ‘per gli Stati Uniti d’America il meglio deve ancora venire’, ‘ non parlo di cieco ottimismo, di speranza inconsapevole dell’enormità del lavoro che ci aspetta’, ‘credo che saremo capaci di costruire sui progressi fatti finora’, ‘non importa se siamo neri, bianchi, ispanici, asiatici o nativi americani, giovani o vecchi, ricchi e poveri, abili o disabili, omosessuali o eterosessuali. Se ce la metterete tutta, qui in America potrete farcela’, ‘ tutti insieme, con il vostro aiuto e la grazia di Dio, proseguiremo il nostro cammino in avanti per ricordare al mondo che viviamo nella più grande nazione della terra ’. ‘Grazie America! Che Dio vi benedica. Dio benedica gli Stati Uniti’.

Sono espressioni di una chiarezza adamantina e di una profondità unica. Commentarle significherebbe snaturarle. Ma non è tutto. L’attenzione ai sentimenti più intimi da parte di entrambi i contendenti. Romney, lo sconfitto, che ha lasciato all’interno del suo comitato elettorale la moglie, i 5 figli e 16 dei suoi 18 nipoti, non può fare a meno, nel corso del brevissimo intervento, di ammettere che ‘ Ann sarebbe stata una first lady fantastica’. Obama arriva con Michelle e le due figlie Sasha e Malia. Alle due ragazze si rivolgerà nel corso del suo discorso di ringraziamento: ‘Vi vediamo crescere forti, intelligenti e belle, come vostra madre’. 

Cosa aggiungere?  Nulla. Solo l’amara constatazione di vivere in un Paese in cui verso la politica si avverte un sempre più diffuso senso di nausea e di repulsione, in una realtà territoriale in cui si ha pudore di recuperare dal vocabolario i lemmi ‘ Dio’, ‘ Nazione’, ‘ Patria’, ‘Italia’, in un contesto antropologico che  mortifica di continuo il senso di appartenenza all’identità nazionale nonostante le celebrazioni dei 150 anni trascorsi dall’unità ad oggi, in dinamiche relazionali che hanno distrutto l’entità coesa della famiglia e della genitorialità, in una città in cui, a detta del sindaco De Luca, saremmo non pochi i cafoni costretti ad ascoltare, fatta salva una percentuale molto ristretta di politici e di pubblici amministratori, referenti istituzionali parolai, insulsi, spesso sgrammaticati, in un ambiente di giovani ragazze dai 15 ai 20 anni che, secondo indagini recentemente condotte, praticherebbero sesso completo coi loro partner ma risultano tutte molto alfabetizzate nel coito interrotto e nell’uso del profilattico. Mala tempora currunt  …

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