UN 2012 SENZA PACE ANCHE NELLA SINISTRA ITALIANA : DALLE INVETTIVE DEL MAGISTRATO INGROIA CONTRO IL SUO COLLEGA E CORREGIONALE GRASSO APPRODATO NEL PD ALLA VENDETTA DEL SINDACO DI SALERNO DE LUCA CONTRO IL SENATORE ANDRIA DELLO STESSO PD

Salerno, 31 dicembre 2012

Ambrogio IETTO

La vendetta di De Luca su Andria

Gli esiti delle primarie salernitane confermano puntualmente quanto era stato programmato dal sindaco De Luca e docilmente implementato dal segretario provinciale del partito democratico, elevato a questo ruolo a patto che le decisioni  assunte lo caratterizzassero   quale fedele ed intransigente esecutore  delle direttive ricevute.

Tra le priorità poste in sede di conciliabolo intrigante rientrava il ridimensionamento politico di Alfonso Andria e, in prospettiva, la messa in discussione della sua ricandidatura al senato della Repubblica. Quale la strategia da attivare per rendere l’operazione efficace e apparentemente non riconducibile all’ostracismo mai nascosto da parte di De Luca nei confronti dell’ex presidente della provincia di Salerno ?

Consapevoli della sua positiva incidenza sull’elettorato del partito democratico operante nell’agro scafatese – nocerino, sulla costa amalfitana e nell’area del Calore – Sele e Vallo di Diano gli oligarchici del partito democratico hanno sollecitato alcuni referenti del senatore Andria nei rispettivi  territori a candidarsi.

E’ ben nota quanto sia consistente la fragilità dell’uomo quando viene circuito  in nome del partito o, addirittura, quando gli si lascia intravedere l’ipotesi di essere inserito nella competente lista elettorale circoscrizionale  secondo le allettanti regole del ‘ porcellum’.

Così i fedeli sostenitori di sempre del senatore Andria si sono venuti a trovare nell’antipatica posizione di candidati – avversari del proprio referente politico.

Ai lettori va ricordato che il rapporto De Luca – Andria non ha mai raggiunto livelli di autentica, reciproca stima. La fusione tra Margherita e PDS li vide intrappolati dentro il medesimo schieramento anche se collocati su posizioni evidentemente distanti. E mentre Andria, pur di non soccombere, ha evitato di collocarsi all’interno degli originari cattolici democratici del filone Fioroni, preferendo il poco carismatico Franceschini, De Luca, invece, ha continuato a dire peste e corna della dirigenza nazionale del partito democratico, consolidando la sua influenza anche ricattatoria sullo stesso Bersani e sul D’Alema pensiero. La fase propedeutica delle ultime primarie esprime a chiare lettere la vacuità e l’inconsistenza valoriale di questo partito, qualità che lo rendono secondo soltanto alle diverse, folli  miniaggregazioni generate dal vecchio PDL.

Alfonso Andria è stato sempre molto cordialmente antipatico a De Luca, una sorta di allergia determinata probabilmente  dall’atteggiamento etico – borghese del senatore in alternativa all’arroganza populista del primo cittadino.

Le elezioni del maggio – giugno 2006 toccarono la punta dell’iceberg del contrasto tra i due a seguito della rinuncia di fatto di De Luca a schierarsi col simbolo del partito e all’ingannevole coinvolgimento di Andria, in quell’epoca europarlamentare, nella qualità di suo concorrente nella corsa a primo cittadino della città capoluogo.

Si arrivò al ballottaggio col travaso di circa 7000 voti, potenzialmente di appannaggio delle liste di pertinenza di Andria nel primo turno, a favore di De Luca.

Quando il governo Berlusconi si riunì per decidere sulla questione relativa all’affidamento agli enti locali della responsabilità politica e gestionale dei rifiuti, episodio unico nel rapporto tra maggioranza ed opposizione, Bersani si presentò a palazzo Chigi per sostenere la tesi di De Luca che contestava il ruolo precedentemente assegnato alle province.

In quell’occasione l’attuale candidato a capo del governo si fece accompagnare, nella qualità di fedeli testimoni, da due parlamentari del Nord, rifiutando di fatto che a svolgere questo ruolo fossero, per l’occasione,  i parlamentari salernitani Iannuzzi ed Andria, quest’ultimo  addirittura consigliere comunale in carica a Salerno.

In conclusione: chi scrive, consapevole che in politica a pensar male forse non si sbaglia, ritiene che all’operazione anti Andria non sia del tutto da escludere lo zampino dello stesso Bersani.

Andria ha una sola, grave responsabilità: ha rinunciato da sempre ad affrontare e a contestare con chiara determinazione la posizione egemone di De Luca. Ha preferito comportarsi da galantuomo ma in politica le regole di monsignor Della Casa, purtroppo, non trovano applicazione.

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