GLI ACCADEMICI PRONTI A PONTIFICARE SULLO STATO DELLE CITTA’ POCO ACCOGLIENTI VERSO I GIOVANI. NON RECITANO, PERO’, IL MEA CULPA.

Salerno, 4 Aprile 2013

Ambrogio IETTO

I GIOVANI E LA CITTA’

Un precedente mio intervento sul rapporto tra la città e gli intellettuali, anche sufficientemente documentato, non ha avuto la fortuna di essere stato ripreso, commentato ed, eventualmente, anche severamente giudicato.

Interlocutori potenziali erano, oltre le centinaia di affermati esponenti delle libere professioni che vivono e lavorano nel capoluogo, gli oltre mille docenti stabilmente impegnati presso il nostro ateneo metà dei quali svolgono l’attività didattica e l’ordinario impegno di ricerca nella macroarea delle lettere, della filosofia, della sociologia, della comunicazione, degli studi giuridici e dell’economia, tutte discipline che, comunque, sono tenute, grazie ad un intelligente ed interattivo rapporto tra approfondimenti teorici e contesto socio – culturale di immediato riferimento, ad interrogarsi sulla complessiva qualità della vita nella città di cui riportano il nome nel logo ufficiale dell’Università con la quale sono incardinati, sull’attività di promozione culturale svolta dagli enti territoriali, sul tipo di contributo offerto dagli ordini professionali e dalle centinaia di associazioni presenti le cui finalità primarie interessano, almeno nei rispettivi statuti, l’area artistico – culturale , sui livelli di partecipazione del mondo giovanile ad esperienze di cittadinanza attiva, sulle scarne prospettive occupazionali in particolare per giovani laureati, sulle scelte urbanistiche operate e da ipotizzare per il futuro, sul tipo di identità economico – culturale che si va delineando per il capoluogo e il suo hinterland.

E’ pur vero che il personale blog e il giornale cartaceo che ospita questi contributi hanno un’utenza piuttosto contenuta e, quindi, indisponibile ad utilizzare vetrine che offrono poca luce. Sono entrambe, però, sedi privilegiate di pensieri e di proposte elaborate e socializzate in assoluta libertà. Il che, di questi tempi, non è poca cosa soprattutto quando si fa riferimento ad un governo locale fortemente egemonizzante.

L’odierna riflessione fa di nuovo riferimento ad un’apprezzabile iniziativa del ‘ Corriere del Mezzogiorno ‘ che raccoglie prima il fuitevenne rivolto ai giovani dell’attore salernitano Nuccio Siano e, quindi, la rasserenante esperienza dello scrittore Diego De Silva che a Salerno si trova bene anche per l’affezionato e consistente numero di lettori che sceglie di leggere i suoi libri.

Personalmente non riscontro una posizione di contrasto tra le due posizioni. De Silva, per l’elaborazione dei suoi ottimi lavori, trova nella città condizioni ambientali favorevoli per costruire le sue storie e delineare meglio gli identikit dei suoi simpatici personaggi. Il contesto circostante è sufficientemente quieto, non chiassoso e risulta più immediatamente a contatto con tratti distintivi delle diverse umanità in circolazione. Il pubblico dei suoi lettori è costituito prevalentemente da gente che trova nella lettura domestica, distensiva e gradita, una delle pochissime, personali opportunità per impegnare le strutture cognitive ed alimentare i necessari, auspicati processi di immedesimazione con il contesto antropologico descritto nel romanzo o nel racconto e coi suoi protagonisti.

Nuccio Siano, dal canto suo, è persona di cultura ma di professione fa l’attore e il regista, attività che presuppongono proposte di scritture con puntuali contratti e, soprattutto, spazi teatrali dignitosi in cui esibirsi. Siano, purtroppo, come altri suoi bravi colleghi di origine salernitana, non è entrato nel giro del Teatro Pubblico Campano, l’associazione regionale di enti locali, che compila e gestisce i cartelloni dei migliori teatri di Napoli, Salerno, Avellino, Caserta e Benevento.

In questa rete si entra se, oltre ad essere bravi, si è favorevolmente accreditati da uno o più comuni proprietari di teatri rientranti nel circuito. Da sempre il Teatro Pubblico Campano è gestito da amministratori politicamente molto prossimi alla sinistra. Da circa un decennio ne è presidente l’ottimo prof. D’Onofrio, già docente di latino e greco ed attualmente dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Amalfi.

Anni fa la straordinaria Monica Guerritore, nata a Roma ma di origini salernitane, a conclusione della sua Giovanna D’Arco data al Teatro delle Arti di Salerno, partecipò all’entusiastica platea l’amarezza di non aver mai potuto calcare il palco del ‘Verdi’ ove, in compagnia dello zio e nella qualità di interessata spettatrice, pur si recava da adolescente a seguire gli spettacoli in programma. In questa stagione la Guerritore finalmente è arrivata meritatamente al ‘ Verdi’ col suo lavoro su Oriana Fallaci. Spero che non sia stata costretta a ricercare uno sponsor per esaudire un umano, comprensibile e meritato desiderio.

Il giudizio critico di Siani, dunque, tocca indirettamente anche la programmazione teatrale del nostro massimo che, come quella relativa alla lirica, è di delega esclusiva del primo cittadino. Questi, pur enfatizzando il principio della cosiddetta salernitanità, evidentemente non considera gli artisti salernitani degni di esibirsi in quel sacro luogo.

La mia riflessione ritorna, quindi, sul tema centrale della città e dei giovani che, ad esempio, non godono di speciali agevolazioni per assistere in numero consistente e a costi accessibili alla stessa stagione lirica. La lontananza fisica del Campus dal centro cittadino incide e come sulla possibilità di predisporre un’offerta formativa integrativa che avrebbe dovuto e potrebbe migliorare la qualità del tempo libero degli studenti. Le responsabilità su questo punto sono del Comune che non ha voluto affrontare il delicato problema della concretizzazione di un efficace ed efficiente trait d’union tra ateneo e capoluogo con una dignitosa programmazione di eventi culturali da tenere in città da parte dei singoli Dipartimenti.

La stessa Università ha nicchiato, preferendo chiamare al Campus , nel migliore dei casi, personaggi dubbi come il Fabrizio Corona osannato all’epoca da migliaia di studenti. Questo evento, verificatosi a fine febbraio del 2010, fu salutato da Aldo Grasso, critico televisivo del ‘Corriere della Sera’ e docente di ‘Storia della radio e della televisione’ alla Cattolica di Milano, con questo scritto: “ Corona che diventa prof ? Un fatto che segnala non la miseria di Corona stesso ma dell’Università Italiana che ormai, per sentirsi viva e per avere qualche richiamo mediatico, non esita a proporre agli studenti occasioni come questa”.

Infatti si può far male ai giovani in tanti modi. Anche mandandoli a studiare fuori sede, bocciando a volte se stessi.

Chi scrive si accontentò per i suoi due figli della sgarrupata ed improvvisata sede di via Prudente al quartiere Carmine. I risultati, grazie a Dio, alla serietà del curricolo seguito, alla qualità e alla caparbietà dell’impegno espresso da entrambi, sono stati più che soddisfacenti.

Migliorare la qualità di ciascun curricolo di studi, elevare il tasso di serietà dei corsi, non rinunciare ad una giusta severità lungo il continuum formativo, studiare non solo per superare l’esame ma soprattutto per affrontare la necessaria competitività che la vita necessariamente impone, sono tutti ingredienti di una vecchia ma sempre condivisibile ricetta.

Al resto deve pensare la buona ed onesta politica per attivare provvedimenti finalizzati a ridimensionare notevolmente il livello di disoccupazione giovanile arrivato in Italia, per i ragazzi al di sotto dei 25 anni, ad un preoccupante 37,8%, collocato al terzo posto, solo dopo Spagna e Grecia.

I commenti sono chiusi.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi