DOPO LA FRANTUMAZIONE DEL PD. QUALI LE RICADUTE SU DE LUCA E SULLA POLITICA SALERNITANA ?

Salerno, 23 aprile 2013

Ambrogio IETTO

Dal Quirinale a Salerno

Non sembra del tutto inutile attivare una riflessione su quanto accaduto a Roma durante la lunga crisi politica post – elettorale e sulle possibili sue ricadute in terra salernitana. Va subito espressa una constatazione: i pochi personaggi entrati in campo, nel corso di questo lungo tiremmolla per la formazione del nuovo governo e per l’elezione del Capo dello Stato, non appartengono alla realtà politica della Campania.

Se si escludono i frequenti interventi televisivi affidati dalla dirigenza del PDL a Mara Carfagna e dalla stessa gestiti con puntuali argomentazioni di merito e con ineccepibile correttezza linguistica, per il resto l’intera deputazione parlamentare campana è stata tenuta fuori dal dibattito sostanzialmente intenso e conflittuale che si è venuto a sviluppare sulle reti televisive nazionali e sui più accreditati organi di stampa. Segno evidente dell’assenza di una leadership significativa in grado di emergere dall’acquitrino in cui si è impantanata una fase particolarmente critica della storia d’Italia.

La riflessione riguarda, in particolare, la vita interna del partito democratico le cui espressioni più significative sono rappresentate in sede romana dai parlamentari Iannuzzi, Bonavitacola e Vaccaro, non considerando evidentemente le new entry in fase di incerto e timoroso adattamento all’interno di una realtà composita e vischiosa.

Credo che i tanti errori commessi da Bersani abbiano di fatto travolto quanti, in modo diretto o indiretto, avevano fruito della sua tutela in occasione della composizione del cosiddetto listino di febbraio, funzionale ad un’elezione più o meno certa.

Nel valutare gli ultimi, dirompenti interventi di Renzi, privi idi fatto di contenuti politico – culturali affidabili, viene da domandarsi sui possibili motivi che hanno sconsigliato al sindaco De Luca una sua diretta discesa in campo in occasione delle primarie.

Egli avrebbe potuto presentare credenziali di certo più credibili di quelle esibite dal primo cittadino di Firenze: più volte collocato ai primissimi posti tra i sindaci italiani per indice di gradimento, con un passato politico di tutto rispetto all’interno del vecchio PCI e del PDS, espressione di un progetto di conduzione amministrativa, per quanto discutibile, sicuramente unico nella generale palude del mezzogiorno d’Italia, un retroterra culturale dignitoso soprattutto se spurgato da espressioni più o meno arroganti ed improprie. Tutti conosciamo la ricorrente idiosincrasia di De Luca nei confronti dell’attività parlamentare che ha svolto in precedenza a livelli di semimediocrità e senza forti motivazioni. Egli a Salerno non solo è tutto ma ritengo che, in assoluta autenticità, abbia dato vita con la città ad un processo di piena ed assoluta identificazione. La sua visione localistica della politica è stata favorita anche dalla presenza di un terreno istituzionale – partecipativo decisamente favorevole anche perché carente di autonomia critica ed abilmente costruito e costituito ad usum Delphini.

Non è un mistero, però, che l’ultima sua vigilia elettorale sia stata vissuta in funzione e nella prospettiva del successo pieno di Bersani. I suoi cortigiani di giunta e i suoi fan più diretti avevano anticipato futuri, lusinghieri incarichi ministeriali per il nostro sindaco.

La disfatta di Bersani, di cui è stato addirittura sponsor e testimone privilegiato, il già constatato successo campano del PDL, le aumentate difficoltà per lui di primeggiare in un’ipotetica, futura ricandidatura a presidente della giunta regionale della Campania ridimensionano di molto le sue aspettative e ripropongono il classico interrogativo: ‘ cosa farà De Luca da grande ? ‘.

La nostra città e l’intera sua provincia vivono di fatto della referenza di essere guidata da un sindaco decisionista e determinato qual è De Luca che è circondato, però, da una classe dirigente del PD in parte da lui dipendente e in parte, soprattutto sul territorio provinciale, costituita da amici ed estimatori dei diretti rappresentanti istituzionali ai vari livelli.

All’interno del centrodestra, se si esclude il più recente attivismo di Mara Carfagna, sembra un po’ calante la luna di Cirielli. L’ambito politico, infatti, è il contesto meno propenso a vivere e a testimoniare la cultura della gratitudine che resta, da sempre, il sentimento della vigilia.

All’osservatore estraneo alle dinamiche interne alle singole aggregazioni partitiche non sfugge il dato che a rappresentare le aspettative della Campania e dell’intero mezzogiorno rimane il solo conterraneo Giorgio Napolitano, un giovanotto di quasi 88 anni che anche ieri pomeriggio, nel corso della cerimonia del suo giuramento, ha dimostrato che è possibile commuoversi anche all’interno di quel contesto di falchi, ipocriti e traditori in cui si è ridotto il Parlamento della Repubblica Italiana.

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