” LA STANZA DELLE MELE “, L’ULTIMA OPERA LETTERARIA DI BARBARA D’ALTO

Salerno, 22 Giugno 2013

Ambrogio Ietto

I 521 morti di Balvano

Questa sera al palazzo Marone di Monte San Giacomo si presenta l’atteso libro ‘ La stanza delle mele’ (Edizioni Guida ) di Barbara D’Alto, affermata scrittrice del Vallo di Diano, vincitrice nel 2007 della prima edizione del premio letterario ‘ Torre Petrosa’.

L’evento culturale richiama, grazie allo straordinario potenziale di creatività e alla fresca, limpida e correttissima prosa dell’autrice, la più grave catastrofe ferroviaria del mondo verificatasi nella galleria delle Armi, collocata tra le stazioni di Balvano e di Bella – Muro.

Il treno merci n. 8017, stracarico di circa 600 passeggeri in prevalenza improvvisati operatori di borsanera, cioè di compravendita clandestina di carni insaccate e prodotti caseari, curati direttamente nell’entroterra al confine tra la provincia salernitana e la Lucania e venduti in prevalenza a Napoli, era giunto allo scalo di Balvano – Ricigliano alle 0.12 del 3 marzo 1944.

Ripartito alle 0.50 il convoglio, con un carico di circa 470 tonnellate e composto da 47 carri trainati da due locomotive del tipo 476 di alta montagna, una delle quali era stata aggiunta alla stazione di Romagnano, procedeva molto lentamente tanto da fermarsi 300 metri dopo avere imboccato la galleria detta delle ‘Armi’.

Il blocco del convoglio e la pessima qualità del carbone bruciato dalle due locomotive determinarono, nel luogo chiuso, lungo e cupo del tunnel, una generalizzata impossibilità di praticare la normale attività respiratoria. La conseguente, mancata ossigenazione del sangue portò alla morte 521 passeggeri.

Il quotidiano napoletano ‘Risorgimento’, unico giornale autorizzato all’uscita dalle autorità alleate, nell’edizione del 7 marzo accennò vagamente al fatto in poche righe della sua cronaca regionale. Soltanto nel 1951 due giornalisti napoletani, liberi professionisti, pubblicarono su alcuni quotidiani nazionali il resoconto dettagliato della catastrofe. Successivamente Giulio Frisioli, su tre numeri del settimanale ‘L’Europeo’ del mese di marzo del 1956, potette entrare nei dettagli del disastroso evento.

Barbara D’Alto deve lo spunto della sua narrazione ad un puntuale contributo del giornalista Alberto Alfredo Tristano, pubblicato su ‘Il riformista’ del luglio 2009, che commentava il libro di Gianluca Barneschi ‘Balvano 1944’ curato nelle edizioni Mursia.

La documentata lettura di alcune attendibili fonti ha attivato lo straordinario estro creativo della D’Alto che costruisce una storia notturna, favorita dall’apporto di un ipotetico ed immaginario medium e contraddistinta da una serie di ‘ visioni allucinate’ che si ripropongono preferibilmente di notte con ‘ un gioco di immagini, il regno di un altro regno ’.

Sono visioni che trovano riscontro nella realtà: il treno merci ‘ traballante e sferragliante nella fredda notte di marzo, col vento che sbatacchiava i finestrini’. E’ la ‘stanza delle mele ‘ che si trasforma nell’ambiente in cui, per strano gioco del destino, si ritrovano ‘imprigionati’ alcuni personaggi morti d’asfissia quella notte tra il 2 e il 3 di marzo del 1944.

A volte tacciono per lunghi periodi, poi emergono sprazzi di conversazioni preceduti dal morso di una mela dalla ‘ polpa succosa e croccante, una limoncella, forse, oblunga, gialla, appena un po’ rosata da un lato e punteggiata come un viso di ragazza cosparso di lentiggini’.

Si percepiscono le voci di Mattia col violino, di don Ferdinando che offre a tutti i passeggeri a lui più prossimi due dita del ‘ vino che frizzava sotto il naso’, di Rosaria la giovane donna che è presa dalle doglie del parto, generosamente aiutata da Bettina piuttosto adusa a gestire situazioni difficili di questo tipo.

La protagonista decide di ritornare definitivamente a Trifugati, paese immaginario col quale l’autrice identifica Balvano. Non sa dare una spiegazione a questa sua decisione.

Qui ritrova la sua nuova casa eretta ‘ sulle radici del vecchio caseggiato, quello con la stanza delle mele, che nelle notti di luna strabica palpitava come un cuore vivo’.

Barbara D’Alto conferma le sue doti di scrittrice intelligente, imprevedibile nella costruzione e nell’inanellamento di situazioni, contesti, personaggi, finissima nella selezione a volte pignola, meticolosa dei vocaboli. Sono qualità già significativamente emerse nelle precedenti sue opere, in particolare ne ‘ Le notti del carrubo lunato’ (2010).

In quest’ultimo lavoro si rivela dotata anche di una straordinaria sensibilità più che sufficiente per entrare dentro i personaggi colti in situazioni drammatiche e in espressioni molto prossime alla fase conclusiva della catastrofe.

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