SONO TRASCORSI SETTANT’ANNI MA QUEI RICORDI FLASH APPAIONO SEMPRE PIU’ NITIDI

Salerno, 8 settembre 2013

Ambrogio IETTO

Quell’otto settembre del 1943

Oggi prima domenica di un settembre che, climaticamente, restituisce ai vacanzieri di agosto le non poche giornate di mare e di sole perdute a causa del boicottaggio prodotto da puntuali, brevi e non di rado violenti scrosci d’acqua e di vento, manifestazioni proprie della tropea meridionale.

Oggi ricorrono, però, ben settant’anni da quell’otto settembre del 1943 quando, alle 19.45, gli ascoltatori dell’emittente EIAR (l’odierna RAI ) furono informati della brusca interruzione dei programmi per apprendere l’annuncio, precedentemente registrato dal generale Badoglio, sull’avvenuta firma a Cassibile, popolosa frazione di Siracusa, dell’armistizio con i futuri alleati americani ed inglesi.

Dai primi giorni di luglio di quell’anno mio padre aveva deciso di trasferire il suo nucleo familiare, costituito da mamma e da noi cinque figli, il primogenito di nove anni e l’ultima nata di 12 mesi, dalla masseria condotta dal generoso Gennarino Cerra, collocata poco dopo l’attuale area commerciale – industriale di Bellizzi, alla frazione San Martino di Montecorvino Rovella.

L’abbandono di quella casa colonica, prima tappa del nostro esodo, era stato motivato dalla necessità di raggiungere una località più a monte dell’area che il 21 giugno precedente era stata destinataria del sanguinoso bombardamento centrato sul nodo ferroviario di Battipaglia.

Mio padre, che ascoltava di nascosto Radio Londra, da dove parlava spesso il salernitano Carlo Petrone, un cattolico fuoriuscito dall’Italia per ragioni politiche, aveva appreso del viaggio preparatorio del generale Castellano a Lisbona e dei vari contatti intessuti in precedenza con autorità anglo – americane nell’intento di porre fine alle ostilità. Così conservava in segreto una rara bottiglia di Asti Gancia che sarebbe stata sturata all’annuncio dell’avvenuta firma dell’armistizio. Il proposito fu rispettato.

Anzi, elevando al massimo il volume della radio Magnadyne col vecchio disco verdiano ‘Libiam ne’ lieti calici’, fu operazione spontanea raccogliere decine di persone, prevalentemente vecchi, donne ed adolescenti, che improvvisarono un corteo festoso lungo le stradine di San Martino contigue alle fornaci della vecchia fabbrica Mazzarella.

La festa, però, durò troppo poco. Alle primissime luci dell’alba anche nella frazione di Montecorvino Rovella aerei tedeschi, per rappresaglia nei confronti dei ‘ traditori ‘ italiani, lanciarono alcune bombe assassine che stroncarono una ventina di vite umane. Più o meno alla stessa ora, lungo la litoranea, navigli da sbarco, carichi di artiglieria aerea, di mezzi corazzati, munizioni ed armi pesanti cominciavano a toccare la terra di Picciola e di Magazzeno.

Anche per noi il capofamiglia dispose l’abbandono della seconda tappa dell’esodo, cominciato intorno alle 14 di quel 21 giugno, quando, in assenza di papà recatosi con mezzi di fortuna a Salerno per reperire medicine indispensabili per salvare la vita di Anna ed Ida, nostre sorelle molto ammalate, mamma ci fece nascondere dentro il campo dorato di grano le cui spighe, ancora non falciate, coprivano generosamente la chioccia coi suoi cinque pulcini.

L’esodo riprenderà senza meta quella stessa notte tra l’otto e il nove di settembre. L’umana solidarietà, però, non venne meno quando mamma, disperata, bussò al grande portone di un’altra casa colonica. Ci aprì gente amica che ci accolse con squisita ospitalità.

Apprendemmo, così, di trovarci ad Occiano, altro piccolo borgo rurale di Montecorvino Rovella.

Il coincidente digiuno di ieri, desiderato da Papa Francesco e praticato con convinzione da tante persone di idee e credi religiosi diversi , ha richiamato nella mente di chi scrive ricordi flash di un bimbo di meno di sette anni che da allora identifica la guerra con le bombe, il sangue, la fame, la distruzione, la disperazione e, purtroppo, anche con la morte.

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