LA TRAGEDIA IMMANE DEL CANALE DI SICILIA E L’ODIERNA GIORNATA DELL’INSEGNANTE

Salerno, 5 ottobre 2013

Ambrogio IETTO

L’insegnante: figura professionale che, per il tramite della cultura,

accompagna l’allievo all’aurora della vita

Nel commentare l’entità della tragedia ancora in corso nel Canale di Sicilia per il mancato recupero di duecento, forse trecento corpi, dei migranti ammucchiati ad oltre quaranta metri di profondità intorno al barcone della morte, è molto prossimo il rischio di fare del ‘cristianesimo da pasticceria’ così come eloquentemente ha sottolineato ieri Papa Francesco in quel di Assisi.

Di certo è molto più giusto, per chi ha fede, raccogliersi in preghiera, attivare il proprio pensiero riflessivo e valutare in quale modo e con quali mezzi darsi da fare per testimoniare concretamente la personale sofferenza e la convinta solidarietà.

Le cifre ci ricordano che sono oltre 30.000 le persone arrivate dal mese di gennaio ad oggi, via mare, lungo le nostre coste. Tra queste si contano 7.557 siriani, 7.504 eritrei e 2.946 somali.

In Siria, si sa, è in corso da mesi una vera e propria guerra civile con probabile utilizzazione anche di armi chimiche; la Somalia è fatta a pezzi da un conflitto civile mai terminato ed è attraversata tuttora da spinte integraliste violente; dall’Eritrea, ex nostra colonia rimasta nel cuore degli italiani, sono scappate all’estero dal 2000 ad oggi oltre 250.000 persone che non sono poche se si considera che risultano appena 6 milioni gli abitanti di questo paese diventato indipendente dall’Etiopia soltanto nel 1993. E’ gente che da vent’anni subisce il sistema oppressivo del presidente Isaias Afewerki con arresti arbitrari, torture brutali e condanne ai lavori forzati. Addirittura le guardie di frontiera sono autorizzate a ‘sparare per uccidere’.

Sempre le aride cifre ci ricordano che sono oltre 4000 i bambini che dall’inizio dell’anno sono sbarcati lungo le coste italiane. Molti di loro sono rimasti privi dei genitori e sono ospiti di nostre associazioni di volontariato.

Ed è la presenza di questi piccoli a riprendere il filo della speranza muovendo ancora una volta dall’immane tragedia dell’altro giorno. Essi appartenevano ed appartengono a nuclei familiari perseguitati perché invisi a sistemi politici egemoni ed autoritari. La loro fuga era e rimane la fuga non solo verso la vita ma anche e, soprattutto, verso la libera espressione della persona umana.

Oggi la comunità internazionale, su iniziativa dell’Onu e dell’Unesco, celebra la giornata dell’insegnante, chiedendo anche che questi e tanti altri Paesi disseminati sull’intero pianeta possano fruire in misura maggiore di mediatori culturali in grado di accompagnare le giovani generazioni verso un’esistenza contraddistinta dalla piena valorizzazione delle straordinarie potenzialità cognitivo – creative ed umane di cui sono portatrici.

Una cultura di base più solida, frutto del libero confronto e del rispetto dell’altro, ridimensiona di molto la volontà prevaricatrice ed assassina di altri uomini.

Trattasi di un percorso lungo, non facile, sottoposto a logiche disumane ed egocentriche.

E’ questa una considerazione che vale anche per il nostro Paese. Qui non mancano insegnanti, anzi ce ne sono troppi, precari e disoccupati del tutto.

La parte buona e seria della società italiana li desidera, però, culturalmente e professionalmente preparati, attenti ai processi di cambiamento in atto ed in grado di svolgere una funzione che risulta sempre più difficile non solo per la generale crisi economica e socio – culturale ma anche per la grave frammentazione di cui rimane vittima la famiglia tradizionale.

Il fascino della speranza autorizza a sognare come anche da una tragedia immane qual è quella del Canale di Sicilia risulti possibile auspicare l’aurora della vita.

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