SOLO COLPA DELLE MODESTE RISORSE FINANZIARIE DISPONIBILI SE LA SCUOLA ITALIANA VA COSI’ MALE ?

Salerno, 12 ottobre 2013

Ambrogio IETTO

Dove va la scuola di oggi

Ieri mi sono trovato, per puro caso, al corso Vittorio Emanuele della città, al centro di un lungo e rumoroso corteo di studenti giunti a Salerno anche da altri centri della provincia. Ancora non guarito dal ‘ mal di scuola’ ho osato dispormi ad ascoltare con attenzione slogan ritmati al seguito di un furgone da dove sventolava una bandiera rossa con la scritta ‘Alleanza studenti’.

Sapevo dell’avvenuta indizione, per l’11 di ottobre, di una giornata nazionale di protesta per ‘ il diritto allo studio e per migliorare la scuola e l’università’, così come si legge in un comunicato della Cgil.

Una ragazza con piercing al naso e lineari tatuaggi sulle guance, con innegabile garbo, ha chiesto della mia identità. Le ho risposto, con altrettanta gentilezza, di essere soltanto un nonno impegnato a ricercare nel gruppo l’ipotetica presenza della nipote liceale.

In considerazione della spontanea, positiva relazione comunicativa avviata ho chiesto all’occasionale interlocutrice i motivi della protesta e quale fosse l’istituto scolastico da lei frequentato. Ho appreso subito che la ragazza da tempo aveva lasciato gli studi e che la sua programmata partecipazione al corteo rientrava in un doveroso atto di solidarietà. Poi ha sciorinato la lunga lista delle motivazioni apertasi, ovviamente, con la grave crisi economica e coi tagli al sistema scolastico pubblico. Ho ringraziato, quindi, la giovane, occasionale amica, lasciandola libera di riassumere la leadership del vivace gruppo che assecondava pedissequamente le sue sollecitazioni.

Così sono rimasto coi miei pensieri a riflettere sui dati che proprio ieri erano stati pubblicati dall’European University Institute a firma di Andrea Ichino sul ‘Corriere della Sera’.

Ne recupero alcuni che confrontano, tra la media dei Paesi aderenti all’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e l’Italia, la spesa annua per studente in rapporto al prodotto interno lordo ( Pil ), il numero degli studenti per insegnante e le ore di istruzione, la retribuzione del personale docente in rapporto al Pil.

Le cifre si riferiscono all’anno scolastico 2008/2009. L’Italia spende per ogni allievo della scuola dell’infanzia 7.980 euro contro 6.670 dei Paesi Ocse, 8.669 euro per ogni alunno della scuola primaria al posto di 7.719, e 9.112 per lo studente dell’istruzione secondaria che costa 9.312 negli altri Stati.

Così in Italia un docente ha, di media, 11,8 alunni nella scuola dell’infanzia, 11,3 nella primaria e 12 nella secondaria, al contrario del suo collega, di media Ocse, che ne ha rispettivamente 11,4; 15,8 e 13,8. Il confronto a livello di salario sul Pil pro capite è nell’ordine di 1,09 (1,23), 1,18 ( 1,26 ), 1,22 ( 1,33 ), quindi a leggero vantaggio dei docenti dei Paesi aderenti all’Ocse.

Gli ultimi dati riferiti alle competenze possedute da noi italiani della fascia 16 /65 anni, in rapporto alle acquisizioni di analoga popolazione dei Paesi Ocse, ci vedono al di sotto di 22,3 punti nelle competenze linguistiche e di 22 punti in quelle matematiche.

Alla luce di questi richiami oggettivi, che fanno riferimento a ben 24 Paesi, è semplice rilevare che il quadro è disastroso e che, grazie al calo demografico riscontrato negli ultimi anni, lo Stato italiano non spende poco per i suoi studenti. Impegna, invece, piuttosto male le risorse riservate alla scuola.

A chi attribuire la responsabilità di questo disastro ? A mio avviso in equa parte alle diverse componenti interessate: agli studenti indisponibili a comprendere che la conquista del sapere e delle relative competenze implica impegno costante, forte motivazione, spirito di sacrifico, contenuta rinuncia all’improduttiva logica di un edonismo fine a se stesso.

Gli stessi genitori non sono esenti da responsabilità, catturati come sono da un disimpegno sconcertante, da un atteggiamento eccessivamente indulgente nei riguardi dei figli e da un complice giovanilismo.

Gli insegnanti, reclutati dopo una fragile formazione iniziale e decenni di cosiddetto precariato, sono privi di valutazione e contrattualmente tutelati per il mancato obbligo alla formazione in servizio. Gli stessi dirigenti, rappresentanti legali di un’istituzione dotata di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e di sviluppo ed investiti di personalità giuridica, chiamati ad essere i veri promotori dei processi innovativi, orientano la loro attenzione verso una ricorrente manovra difensivistica nei confronti di enti locali inadempienti, di famiglie frammentate ed iperprotettive, di contenziosi sindacali e di proteste varie.

E dire che la norma li vuole ‘responsabili dei risultati’ ma, per loro fortuna, da 12 anni i rappresentanti della loro categoria fanno la melina quando si accenna ad una valutazione di merito della complessa attività dirigenziale.

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