UN ‘CAPITALE SOCIALE’ NEGATIVO CONDIZIONA LA QUALITA’ DEGLI ESITI SCOLASTICI NEL SUD D’ITALIA

I RISULTATI DI OCSE PISA 2012 E IL MEZZOGIORNO D’ITALIA

I risultati dell’ultima indagine Ocse- Pisa ( Programme for International Student Assessment = Programma di valutazione internazionale degli studenti ), presentati ufficialmente giorni fa, potrebbero risultare incoraggianti in relazione al dato complessivo che, pur rilevando la mancata acquisizione da parte dei nostri ragazzi quindicenni dei livelli di apprendimento corrispondenti alla media Ocse, riconosce all’Italia il merito di essere uno dei Paesi che ha registrato nel tempo medio -lungo i migliori progressi in matematica e in scienze.

Questo esito costituisce già un dato incoraggiante anche se ammonisce addetti ai lavori e classe dirigente sull’ulteriore necessità di darsi da fare in quanto si è ancora collocati per tutte e tre le competenze sottoposte a valutazione ( matematica, lettura e scienze ) più o meno a metà graduatoria tra i 65 Paesi che hanno partecipato alla valutazione Pisa del 2012.

Come si sa la scelta da parte dell’organismo internazionale di sottoporre a valutazione gli studenti quindicenni è dovuta alla necessità – opportunità di verificare l’andamento e la qualità degli apprendimenti poco prima della conclusione dell’obbligo scolastico.

Gli esiti ottenuti in matematica dai quindicenni in Italia ( 485 ), anche se inferiori alla media dei Paesi dell’Ocse ( 494 ) , confermano una tendenza generale al miglioramento a differenza di quanto si verifica nella lettura i cui livelli di competenza sono stabilmente fermi ai gradi raggiunti in sede di rilevazione Ocse – Pisa tra il 2000 e il 2012 ( Media Ocse 496 / Media Italia 490 ). Degni di attenzione,invece, i risultati acquisiti nelle scienze negli ultimi anni, non lontani dalla media Ocse ( 494 su 501 ).

Restano, invece, particolarmente gravi le differenze territoriali tra il Nord e il Sud della penisola. Infatti in matematica gli allievi frequentanti le istituzioni scolastiche del Nord Ovest ( 509 ) e del Nord Est (514 ) si collocano sopra la media nazionale ( 494 ) col Trentino ( 524 ), il Friuli – Venezia Giulia ( 523 ) , il Veneto (523 ) e la Lombardia ( 517 ) al top del successo. Purtroppo i risultati peggiori si hanno in Calabria ( 430 ), Sicilia ( 447 ) Campania ( 453 ), Sardegna ( 458 ). Puglia ( 478 ) ed Abruzzo ( 476 ), invece, ottengono esiti più incoraggianti, avvicinandosi alla media nazionale.

In aggiunta va sottolineato che proprio nel Mezzogiorno si concentrano gli allievi ‘ più poveri di conoscenze’: una scala graduata a sei livelli di competenze, infatti, colloca al più modesto gradino il 34 % del totale degli studenti residenti in questa area territoriale.

In lettura su una media Ocse di 496 ed italiana di 490 si rileva una differenza rilevante tra i quindicenni della Lombardia, del Trentino e del Veneto ( 521 ) e i loro coetanei della Calabria ( 434 ), Sicilia ( 455 ) e Campania e Sardegna ( 464 ). Anche nelle scienze, in rapporto alla media Ocse (501) e a quella dei quindicenni italiani (494 ), producono forte contrasto il Trentino ( 533 ), il Veneto e il Friuli Venezia Giulia (531 ) contro i livelli raggiunti dalla Calabria ( 431 ), dalla Sicilia ( 454 ) e dalla Campania ( 457 ).

Queste così considerevoli differenze territoriali tra i risultati raggiunti nelle regioni del Nord e gli esiti acquisiti nel Mezzogiorno d’Italia alimentano qualche considerazione:

a ) come si sa Campania, Puglia, Calabria e Sicilia fruiscono di fondi strutturali europei che finanziano i cosiddetti PON ( Programmi Operativi Nazionali ) da finalizzare proprio al raggiungimento di livelli di competenze di base idonei a determinare processi di coesione culturale tra le diverse regioni d’Italia. E’ dal 1994 che le scuole delle menzionate regioni del Sud ricevono queste risorse che, messe insieme ai Fesr (Fondi per la realizzazione di ambienti per l’apprendimento ) hanno raggiunto nel tempo somme non trascurabili. E’ sufficiente ricordare che soltanto nel corrente anno scolastico il fondo sociale europeo, impegnato a perseguire nelle quattro regioni citate l’obiettivo ‘ Convergenza’, ha messo a disposizione delle istituzioni scolastiche una somma superiore ai trenta milioni di euro ( 30.529.567 );

b ) c’è da chiedersi, dunque, come mai i risultati scolastici continuano a collocare nella posizione di fanalino di coda i quindicenni del Sud Isole e del Sud nonostante i non trascurabili interventi convergenti verso una coesione culturale tra Nord e Mezzogiorno d’Italia. Un’accattivante tentazione potrebbe essere quella di andare a leggere i dati relativi agli indici di analfabetismo rielaborati nei 284 Circondari dell’epoca dal ‘Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 31 dicembre 1881’ ( “ Maestri e istruzione popolare in Italia tra otto e Novecento” a cura di Roberto Sani e Angelino Tedde, Vita e Pensiero Università, 2003, Milano ). Da questa tabella si rileva la percentuale degli analfabeti per 100 abitanti di età superiore ai sei anni: mentre nei Circondari di Torino e di Milano si riscontra rispettivamente il 21,77% e il 26,53% di analfabeti, scendendo verso il Sud si arriva a valori disarmanti: 59,30 % a Napoli, 76,64% a Salerno, 83,80% a Caltanisetta, 84,61% a Potenza, 85,69% ad Oristano, 86,08 % ad Alcamo ( Trapani ), 88,32 % a Paola (Cosenza ). Così si prende amaramente atto che 130 anni di alfabetizzazione strumentale di base non sono stati sufficienti a ridimensionare sensibilmente distanze così rilevanti ereditate da gestioni amministrativo – politiche diverse, anteriori al 1861 ( Regno di Piemonte – Sardegna a Torino, Regno Lombardo – Veneto dipendente dall’Austria a Milano e Regno delle due Sicilie al Sud);

c ) di certo non vanno trascurati fattori socio – economici e culturali che incidono in modo significativo sulla complessiva qualità della vita e, quindi, anche sugli esiti formativi e scolastici. Il documento Ocse Pisa 2012 diffuso dall’ Invalsi, nelle ‘ principali conclusioni ‘ sottolinea a pag. 4 che ‘ il rapporto tra spesa per studente e risultati non è più evidente’ e, a conferma dell’assunto, riporta il caso di Singapore che, pur spendendo la medesima somma dell’Italia per ogni allievo dai 6 ai 15 anni, ha il merito di vedere attribuito in matematica, ai suoi studenti quindicenni, un livello di competenza pari a 573 punti contro i 485 dei coetanei italiani. Condivide questa posizione Giovanni Belardelli sul ‘ Corriere della Sera ‘ del 4 dicembre u. s. secondo il quale il miglioramento complessivo del livello di competenza degli studenti italiani registrato nel Rapporto Ocse 2012 “ sembra smentire l’opinione corrente secondo il quale per risolvere ogni problema nel campo dell’istruzione ( e non solo ) basterebbe ottenere più soldi dallo Stato”. Intanto, però, la Sicilia è collocata addirittura sotto la Turchia con un punto in meno in matematica, nove in scienze e ben venti punti in lettura;

d ) ad avviso di chi scrive il Mezzogiorno d’Italia anche in questo delicato, determinante comparto della vita organizzata paga il prezzo di un discusso e discutibile capitale sociale che, secondo la definizione che ne dà l’economista Luigi Guiso, corrisponde all’insieme ‘ di aspetti della vita sociale, quali le reti relazionali, le norme e la fiducia reciproca che consentono ai membri di una comunità di agire assieme in modo più efficace nel raggiungimento di obiettivi condivisi ‘. Pierre Bourdieu, sociologo francese dei processi culturali e severo critico del sistema scolastico d’Oltralpe, sottolinea anche gli aspetti negativi del capitale sociale , elaborando l’originale concetto di violenza simbolica a suo parere connessa coi processi educativi. Pertanto non è espressione ardita né strumentale affermare che nel Mezzogiorno sfuggono al controllo e alla tutela dello Stato intere aree territoriali che si vanno slargando sempre più anche verso il Centro e il Nord del Paese. Rapporti interistituzionali e relazioni umane non di rado risentono di un clima omertoso, segnato da dubbi, timore e diffidenza. Le istituzioni scolastiche non possono non risentire di un simile contesto socio – culturale e politico anche se, sia pure formalmente, non rinunciano a rimarcare nel Piano dell’Offerta Formativa un’attenzione particolare al tema della legalità e della cittadinanza attiva;

e ) la cultura, di conseguenza, non è sempre percepita quale volano privilegiato per incidere positivamente sui comportamenti dei singoli e dei gruppi. Piuttosto carente risulta il controllo della comunità sulla scuola e sui processi educativi che essa riesce ad attivare e a gestire;

f ) troppo spesso i richiamati Pon costituiscono una sorta di molto parziale cassa integrazione per giovani laureati impreparati ad elaborare e a gestire una didattica di certo più problematica e delicata in quanto da raccordare con problematici ritmi e stili di apprendimento di allievi appartenenti ad un contesto socio – culturale debole, carente di stimoli significativi e, non di rado, frammentato dal punto di vista dell’identità familiare;

g ) il Rapporto Ocse 2012 fa anche larvati riferimenti all’incidenza negativa prodotta sui risultati dalle assenze degli allievi alle lezioni, il cui calendario risulta ormai da anni contraddistinto da proteste e strumentali occupazioni degli ambienti scolastici quasi sempre anticipatrici delle vacanze natalizie;

i ) si rileva una diffusa disattenzione, da parte di non poche istituzioni scolastiche della complessa e fragile realtà meridionale, verso gli esiti delle periodiche rilevazioni dell’Invalsi al fine di farne oggetto di pensiero riflessivo e, quindi, strumento efficace di miglioramento della complessiva qualità del servizio erogato dalla scuola;

l ) Italia del Sud e Italia del Nord risentono dei limiti di uno stato giuridico dei docenti e di un contratto per il Comparto Scuola che escludono del tutto l’attivazione di un’organizzazione didattica articolata anche sul merito e la pratica di una formazione in servizio funzionale al miglioramento continuo della mediazione didattica. D’altro canto la stessa dirigenza scolastica, nonostante il richiamo esplicito del decreto legislativo n. 165/2001, ancora è priva di un meccanismo valutativo idoneo a ravvivarne spirito d’iniziativa e tensione innovativa;

m ) le carenze richiamate il più delle volte determinano, in particolare nella comunità meridionale del Paese, scarsamente attenta al generale miglioramento della qualità del prodotto scolastico anche se piuttosto protettiva del percorso formativo interessante propri diretti giovani congiunti, una conduzione piuttosto ordinaria dell’istituzione scolastica autonoma, priva di slanci e di processi fondatamente innovativi;

n ) la figura del dirigente, secondo la norma unico responsabile dei risultati scolastici acquisiti dai singoli allievi, va perdendo sempre di più aspetti distintivi della personale identità professionale, essenziali per ‘leggere’ ed interpretare in modo corretto, bisogni educativi emergenti dal contesto socio- culturale in cui opera da correlare, però, con le più complesse esigenze della comunità nazionale e planetaria. Il graduale distacco da competenze di prevalente natura didattico – metodologica, necessitato da incombenti priorità riguardanti la gestione contabile – amministrativa dell’istituzione scolastica e le conseguenti responsabilità connesse al frequente ricorso alla pratica del contenzioso e della conflittualità, non può non produrre ricadute negative su una mediazione culturale e didattica, affidata ai singoli docenti e bisognevole di strategie di supporto, di integrazione e di sviluppo da riservare ad allievi fruitori di un non positivo capitale sociale condizionante una componente non trascurabile della comunità meridionale. Recenti provvedimenti amministrativi ( l’eliminazione dei due ‘ settori’ nelle procedure di assegnazione della sede ai dirigenti scolastici ) e legislativi ( il futuro meccanismo di reclutamento dei dirigenti scolastici collegato ad un corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale della pubblica amministrazione ) contribuiranno ad impoverire sempre di più il patrimonio didattico del dirigente derivante dalla stessa pregressa esperienza di docente.

Ovviamente i dichiarati limiti presenti all’interno della complessa struttura di ogni istituzione scolastica autonoma non ridimensionano le responsabilità proprie di una classe politica del Mezzogiorno che, per incapacità e, in non pochi casi, anche per riprovevoli intese e sospettosi silenzi, ha contribuito – nel lungo e nel breve periodo – a stravolgere la natura originaria di un capitale sociale, contraddistinto un tempo da una feconda, limpida paideia e da un paesaggio benedetto da Dio, oggi trasformato in ‘ terra dei fuochi’ e in una fitta rete di speculazioni, di compromessi, di malaffare.

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