LA SALERNO PRIMA DI DE LUCA: ” SCONOSCIUTA ED INSIGNIFICANTE “. QUANTA VANAGLORIA !

Salerno, 18 dicembre 2013

Ambrogio IETTO

Il magone di De Luca

Ho voluto deliberatamente riascoltare su you tube l’intervista rilasciata dal sindaco di Salerno a Franco Esposito, direttore di Telecolore, ed andata in onda ieri nel telegiornale delle ore 14. Oltre ad essere interessato a verificare l’esattezza o meno di due aggettivi proferiti nel contesto delle risposte e da me percepiti, come accade in tante famiglie mentre consumavo il pasto principale della giornata, desideravo anche ritornare con maggiore attenzione sull’espressività facciale del sindaco, decisamente diversa dal solito anche se mascherata dal consueto piglio arrogante.

L’osservazione meno occasionale e più sistematica del volto del sindaco lascia trasparire l’ulteriore, forzosa accentuazione di un’apparente solennità del suo dire di taglio pontificale finalizzata ad attutire, senza poterlo nascondere del tutto, il grosso magone che l’onorevole De Luca si porta dentro.

Di ragioni ne ha da vendere e non riguarda soltanto i sigilli che si sono estesi dal Crescent all’intera piazza della Libertà, l’agorà dei tanti suoi desideri ma anche del sogno di gloria di lasciare ai posteri le proprie ceneri a garanzia e a tutela della propria grandeur d’âme.

Le sue espressioni, così poco generose nei riguardi del partito di cui è rappresentante anche in sede ministeriale, lasciano ipotizzare preavvisi probabilmente a lui già giunti della mancata candidatura al governatorato della Campania.

D’altro canto è doveroso dare atto al nostro sindaco dell’incapacità sua a contenere linguisticamente le personali esternazioni. Ad esempio non solo è offensivo ma è anche scortese e per niente elegante riferirsi ad una giovane signora, parlamentare della Repubblica e sua collega di partito, ed evidenziare il suo modo di ‘ parlare a capocchia ‘ che in senso figurato significa ‘ parlare a casaccio, senza testa ‘, pur avendo consapevolezza che tutti i dizionari decodificano la capocchia in ‘estremità dilatata e convessa di una struttura lineare’( Sabatini – Coletti, pag. 387 ).

I due aggettivi realmente utilizzati nell’intervista e che mi convincono sull’incapacità – impossibilità per De Luca di mostrarsi persona dotata di essenziale equilibrio sono ‘ insignificante e sconosciuta ‘, due qualità attribuite alla città di Salerno del periodo antecedente l’avvio del suo sindacato.

Eppure questa città era ben conosciuta dallo scomparso suo papà che, con acume ed intuizione prospettica, ritenne che i 1000 abitanti isolati in quel di Ruvo del Monte ed abbarbicati a 674 metri sul livello del mare, non costituissero il capitale sociale positivo per assicurare al potenziale genio del suo figliolo la piena ed armonica realizzazione.

Il signor De Luca, desideroso di apprendere e di arricchire ulteriormente la sua intelligenza, aveva avuto modo di leggere che proprio non molto lontano da Ruvo, esattamente a Melfi, l’imperatore Federico II aveva firmato nel 1231 le Costituzioni ( il Liber Augustalis ) in cui veniva riconosciuta la notorietà di Salerno, sede dell’unica organizzazione formativa istituzionalizzata nel Regno ed abilitata a rilasciare il titolo di abilitazione alla professione medica.

De Luca padre sapeva bene che la città, mortificata poi dal figlio, si affacciava sul Mediterraneo e ricordava che il suo maestro insisteva tanto nel ribadire che la civiltà e il progresso hanno utilizzato sempre le vie del mare.

Onore, dunque, al compianto, onesto, piccolo commerciante di via Calenda e bocciatura piena per un figlio, sicuramente attivo amministratore, ma affetto da una delle più gravi patologie: la vanagloria, l’eccessivo ed immotivato compiacimento dei propri meriti.

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