LE CELEBRAZIONI A SALERNO DEL SETTANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DELL’ARCIVESCOVO DIFENSORE DELL’AUTONOMIA DELLA CHIESA NEI CONFRONTI DEL POTERE POLITICO

 

Salerno, 29 Marzo 2014

 

Ambrogio IETTO

 

Omaggio a Monsignor Nicola Monterisi

Oggi e domani domenica alcune significative iniziative in città ricordano la figura di monsignor Nicola Monterisi, arcivescovo primate di Salerno dal 5 ottobre 1929 al 30 marzo 1944, giorno della morte avvenuta presso la ‘ Pia Casa di Ricovero dei Vecchi’.

Tra le manifestazioni odierne si segnalano l’incontro con la dirigente, i docenti e gli allievi della scuola secondaria di primo grado inaugurata  cinquant’anni fa ed intitolata al presule ed il convegno  programmato nel pomeriggio presso il ‘ museo dello sbarco di Salerno’ in Via Generale Clark.

Alle ore 12 di domenica,  presso il duomo, solenne concelebrazione eucaristica presieduta da Sua Eminenza il cardinale Francesco Monterisi, Arciprete emerito di San Paolo Fuori le Mura, nipote del compianto arcivescovo Nicola e Cappellano dell’Ordine di Malta la cui Delegazione campana compartecipa attivamente all’evento.

L’odierna riflessione si sofferma prevalentemente sulla figura di mons. Monterisi in quanto presule impegnato, in una fase storico- culturale particolarmente complessa e problematica, a salvaguardare l’autonomia della Chiesa  nella delicata realtà meridionale. Nel contributo di domani ci si soffermerà sull’incisiva azione dottrinale e pastorale  svolta nell’archidiocesi di Salerno per una costruttiva revisione della religiosità popolare ed una rifondazione culturale e pastorale del clero.

A Salerno l’arcivescovo Monterisi arrivava dopo essere stato presule di Monopoli e della sede metropolitana di Chieti col contemporaneo incarico di amministratore della diocesi di Vasto.

Già nel corso del primo conflitto mondiale Monterisi non condivise il diffuso ed accentuato atteggiamento patriottico dell’episcopato meridionale. Nel definire la guerra un ‘ immane flagello ’  evidenziava la particolare fragilità, anche su questo tema, del mondo cattolico del Mezzogiorno. Originariamente simpatizzante per l’intransigentismo cattolico e, quindi, con non celata ostilità verso le strutture dello Stato sorto dal travaglio del Risorgimento e in aperto dissenso con le correnti politiche e culturali di ispirazione liberale, il presule si accostò al partito di don Sturzo, manifestando una netta presa di distanza nei confronti del fascismo.

Egli considerò non più procrastinabile in quegli anni un intervento attivo nella vita civile al fine di contrastare il diffuso processo di secolarizzazione alimentato da radicali, repubblicani e socialisti. La presenza dei cattolici, pertanto, diventava a suo avviso indispensabile in tutte quelle forme che la legislazione dello Stato liberale e le disposizioni pontificie consentivano.  Una specifica sollecitazione veniva espressa per una presenza attiva e responsabile all’interno delle amministrazioni comunali ove si affrontavano, istituzionalmente, questioni delicate quali l’istruzione e la formazione delle giovani generazioni. Nella visione dei cattolici il Comune, in quanto espressione del legame tra gli abitanti in una comunanza di destini e di rapporti, si poneva   come esempio di rispetto delle leggi dello Stato.

Prima che arrivasse a Salerno, con una lettera pastorale redatta nel 1921, proibì la benedizione dei gagliardetti e delle sedi del partito fascista. Nel 1935 prescrisse ai sacerdoti della diocesi di Salerno di non partecipare agli elogi funebri che si pronunciavano a favore delle personalità defunte.

Convinto assertore della netta distinzione tra attività religiosa e pastorale e presenza politica la sua azione di presule non comportò alcun cedimento nei confronti dell’ideologia politica.

Gli storici del secondo conflitto mondiale richiamano spesso l’incontro che mons. Monterisi ebbe col colonnello americano Thomas Aloysius Lane, nominato governatore di Salerno, il quale il 9 settembre 1943 si recò al palazzo vescovile a rendere omaggio al vescovo, riconoscendo in lui la sola autorità cittadina con la quale interloquire e collaborare. D’altronde prefetto e sindaco si erano allontanati da Salerno, disponendo anche il trasferimento dei loro uffici a Cava de’ Tirreni.

Originariamente si oppose alle truppe del Comando Alleato che tendevano a requisire il seminario diocesano. Il capo del governo Pietro Badoglio espresse così dei dubbi sull’italianità del vescovo Monterisi che gli rispose molto fermamente, dichiarandosi più italiano dello stesso Badoglio.

Insediatosi a Salerno il governo proveniente da Brindisi, proprio presso il seminario  furono sistemati gli uffici di alcuni ministeri.

Ricorda Antonio Cestaro che l’arcivescovo Monterisi ritenne suo dovere, come massima autorità religiosa, di far visita al capo del governo. Testimone mons. Balducci, segretario ed archivista della diocesi, Badoglio rimise nelle mani dell’ormai anziano presule ventimila lire per provvedere alle urgenti necessità della diocesi.

Molto opportunamente Gabriele De Rosa, in apertura del convegno del maggio 1994 su Monterisi , ebbe a sottolineare che “ Gerolamo Seripando, l’irpino Angelo Anzani, vescovo di Campagna, e Nicola Monterisi  sono “ i vertici di quella storia della spiritualità che da noi non si fa, molto spesso la si riduce a storia della mentalità”.

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